Controcorrente - anno XXII - n. 51 - autunno 1966

dlata ~ ll caos, Il. meno che ì1 controllo passì ad altre potenze. E' indubbio che molte delle nuove nazioni, sorte dallo sfacelo degli imperi coloniali, sono creazioni deboli, insicure, afflitte da aspre rivalità interne, prive di mezzi economici, mancanti di esperienza tecnica e politica sufficiente per avviarle sul cammino di una rivoluzione industriale, soluzione al problema di un rapido incremento di popolazione su territori sfruttati con mezzi primitivi. Le loro stesse speranze, appena conquistata la indipendenza, troppo rosee in confronto alle difficoltà della realtà, le rendono irrequiete, instabili, prone a colpi di mano politici, Insofferenti e sospettose: troppo sovente, purtroppo, esse divengono minaccie alla tranquillità e alla pace di tutto il mondo. Ma si può forse sperare che il ritorno a un sistema di controllo da parte di potenze più progredite e più stabili, ottenuto sia attraverso un diretto intervento, sfociante in una occupazione militare palese, sia attraverso a governi locali asserviti agli interessi esteri, possa risolvere il problema? Per coloro che, settant'anni dopo Kipling, dopo due guerre mondiali che sconvolsero il mondo, sottoscrivono ancora alla teoria che il ritiro di un controllo su un'area sottosviluppata induca fatalmente il richiamo ad un altro controllo oppure a disordine politico interno ed internazionale, la risposta non è dubbia. Ma un esame calmo dei fatti può rivelare la fallacia della teoria. Per quanto si riferisce alla possibilità di espansione della Russia, bisogna tener conto di quanto avvenne al momento del pericolo di un conflitto armato fra India a Pakistan. Allora la Russia, che dovrebbe avere avuto interesse a rinfocolare il conflitto fra due nazioni, ancora appartenenti al Commonwealth britannico, che l'lnghilterra stessa non era riuscita a condurre e un compromesso, non fosse altro perchè l'inevitabile indebolimento dei due contendenti in conseguenza di un confronto militare avrebbe facilitato la sua infiltrazione verso l'oceano Indiano, preferl offrire i suoi uffici per ottenere un compromesso: evidentemente, per la Russia, la stabilità e la pace nel sub-continente indiano era più importante che il principio "dividi e comanda". Forse più ancora, la Russia è trattenuta sulla via di una diretta espansione verso l'Asia meridionale dal peso della nuova Cina, comunista, ,ma essenzialmente nazionalista. Una !orma di equilibrio sì è probabilmente stabilita, in cui, più che al controllo attuale, le nuove grandi potenze mirano ad una reciproca neutralizzazione nelle aree uscite dagli ingranaggi coloniali. Per quanto si riferisce alla Cina, le cui tendenze espansionistiche non possono negarsi, bisogna tener in mente che essa ha dovuto registrare nel giro di pochi mesi degli smacchi sostanziali. Senza dubbio molte delle nuove nazioni sono incoraggiate dall'esempio cinese, in cui convergono le aspirazioni per un ordine sociale capace di svincolare le nazioni di catene feudali e da influenze economiche straniere insieme a una organizzazione politica nazionalistica. Però è anche vero che, appena la Cina credette giunto il momento di infiltrare altri passi e affermarsi come nuovo padrone, suscitò una immediata reazione, e perse In pochi mesi il terreno conquistato con anni di preparazione. Se non bastasse la storia di decenni di rivolte, questi ultimi esempi dovrebbero provare che la teoria del vuoto pòli tico non ha fondamento: quando un popolo è riuscito a liberarsi da un giogo straniero, esso non si sottomette più ad un altro, anche se ciò costa sangue e sofferenze. Il vuoto lasciato dalle potenze coloniali può essere soltanto colmato dalla autonomia dei popoli finora soggetti. • • • • Resta da esaminare l'aspetto economico della situazione dell'Asia meridionale. E, in verità, lo stesso esame può essere esteso a tutte le altre aree in cui l'America cerca di esercitare influenza, siano esse in Asia, come in Africa come nell'America latina. Per quanto il fattore economico sia tenuto nascosto dalla propaganda ufficiale, che anzi si sforza di provare che gli Stati Uniti non hanno mire di profitti a spese di altri popoli, che anzi sono pronti a sacrificare figli e ricchezze unicamente per assicurare la libertà delle nazioni meno fortunate, esso è, a mio parere, un elemento essenziale per spiegare come l'America si sia imbarcata in un'avventura che ciascuno ammette estremamente difficile, piena di pericoli, e, per arnm1ss1one della amministrazione stessa, destinata a pesare per moltissimi anni con spese e sacrifici di sangue sugli Stati Uniti, molto probabilmente senza raggiungere mai una soluzione vittoriosa, e colla implicita conseguenza di ridurre il ' CONTROCORRENTE - Boston, Autumn 1966

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==