Controcorrente - anno XXII - n. 51 - autunno 1966

riflettuto a quello ch'io gli avevo detto.• Allora feci allusione alla possibilità d'una personale immortalità e dissi che, pur sapendo di conoscere le difficoltà in una credenza dell'immortalità purnondimeno io avevo la certezza - se questa personale immortalità realmente esistesse - che egli potrebbe sperare nel condividerla. Questo mio commento venne ricevuto in silenzio. Riportò poi la discussione sull'ingiustizia nella struttura dell'attuale società dicendo che l'essenza del male era l'opportunità ch'essa accordava ad individui - che erano potenti solamente per la loro abilità o per la strategica pos1Z1one economica - di opprimere gli ingenui e gli idealisti tra il loro simile, aggiungendo che egli temeva che solo una violenta resistenza poteva abbattere l'egoismo ch'era la base costituzionale della presente società e la causa che rendeva disposti i pochi a perpetuare un sistema che li metteva in grado di sfruttare i molti. Ho dato qui soltando la sostanza di questa conversazione ma credo di aver riportato tutti i punti discussi ed ho presentato un vero quadro sul tenore generale delle conversazioni e dei commenti fatti da Vanzetti. Durante tutta la conversazione, a meno le poche eccezioni che ne ho già fatto menzione, il pensiero che dominava la sua mente era quello della verità delle idee nelle quali credeva per il benessere dell'umanità e nella possibilità di queste nel prevalere. Io rimasi impressionato dalla forza mentale di Vanzetti e dall'estensione della sua lettura e sapere. Egli non parlava come un fanatico. Anche se intensamente convinto della verità delle sue proprie vedute, egli era ancora capace di ascoltare con calma e con tolleranza, espressioni di vedute con le quali non era d'accordo. In questa scena finale la mia impressione su lui, che per tre anni fu in continuo aumento, ne riusci più profonda e confermò che egli era dotato d'una possente capacità mentale e di sentimenti altruistici; ed era un uomo di carattere stagionato e di devozioni ad alti ideali. D'innanzi alla morte che si avvicinava non ci fu alcun segno di collasso o di terrore. Nell'addio mi diede una ferma stretta di mano e risoluto mi fissò negli occhi rivelandomi con indubitabile chiarezza la profondità dei suoi sentimenti e la fermezza nella padronanza di se stesso. Dopo questo mi voltai a Sacco che giaceva su una branda nella cella adiacente dalla quale egli poteva facilmente udire ed indubbiamente sentì la mia conversazione con Vanzetti. Il mio colloquio con Sacco fu molto breve. Egli s'alzò dal lettino, ricordò sensitivamente, ma in via generale, certi punti di disaccordo nel passato, fra noi due. Disse che s'augurava che le nostre divergenti opinioni non avessero turbato le nostre amichevoli relazioni, mi ringraziò per ciò ch'io avevo fatto per lui, mi strinse fermamente la mano dandomi l'addio. Anch'egli mostrò una completa assenza di spavento ed il suo comportamento fu d'una schietta sincerità. E ci fu del magnanimo in lui nel non riferire più specificamente nelle antecedenti nostre opposte vedute poichè in fondo a tutto vivevano la sue convinzioni, che spesso mi esprimeva, e cioè che tutti gli sforzi a suo favore sia nel tribunale o attraverso le pubbliche autorità, sarebbero stati inutili poichè una società borghese non poteva accordavgli giustizia. Io avevo sostenuto l'opposta veduta ed in quest'ultimo incontro egli non fece alcuna allusione al fatto che il risultato rivendicava le sue vedute e non le mie.•• William G. Thompson • Da fonti attendibili è stato riportato che poche ore dopo, quando Vanzetti stava per raggiungere la sedia elettrica,. si ferm,<> per un istante, strinse la mano al direttore del carcere, al suo assistente ed alle guardie ringraziandoli per le gentilezze usategli e rivolgendosi agli spettatori disse loro di ricordare che egli perdonava non tutti i S1wi nemici ''some o/ his enemies." •• Poco dopo parlai con la guardia alla quale ho riferito in questo scritto. Egli mi disse che quando ritornò al suo sedile egli udì tutto quello che fu detto da me e da Vanzetti. __Nella stanza regnava la quiete e nel f1·attempo nessun altro parlava. Mostrai alla guardia le mie annotazioni, al completo, sttll'intervista non escluso quel che Vanzetti aveva detflo intorno a Wahey e Graham. Il carceriere lesse attentamente quanto avevo annotato dicendo che tutto corrispondeva con la S1ta memoria, tranne che avevo omesso la dichiarazione di Vanzetti in torno a do,ine e bambini. Mi 1•icordai allora dell'omissione di quel oommento e l'aggittnsi a queste note. ' Dalla rivista "Atlantic Monthly" Febbraio 1928 CONTROCORRENTE - Boston, Autumn 1966 15

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