Controcorrente - anno XXII - n. 51 - autunno 1966

tando ì suoi amici contro atti dì rappresaglia a base di violenza. Aggiunsi che da quel che avevo appreso nella storia la verità ebbe poca fortuna nel prevalere quando la violenza venne seguita dalla contro-violenza. Dissi pure che come lui ben sapeva io non potevo sottoscrivere alle sue vedute o alla sua filosofia della vita, ma che dall'altra parte io non potevo che rispettare un uomo che consistentemente visse di principii altruistici e che era disposto a dare la sua vita per essi. Continuai dicendo che se io mi sbagliavo e che se le sue vedute risultassero vere nessuna cosa poteva ritardare l'universale approvazione di esse come l'avrebbero ritardate l'odio e lo spavento generati da una violenta rappresaglia. Vanzetti rispose che come io ben dovevo sapere ch'egli non desiderava alcuna vendetta personale per le crudeltà inflitte su lui, ma, come egli aveva letto nella storia, ogni grande causa per il benessere dell'umanità ebbe a lottare per la sua esistenza contro la prepotenza del potere e del male e per questa ragione egli non poteva dare ai suoi amici un così disarmante consiglio come io lo avevo pregato di fare. Aggiunse che in tali lotte egli si opponeva alla violenza a danno di donne e bambini. Mi disse di ricordare la crudeltà di quei sette anni di imprigionamento con alternate speranze e sgomenti. Mi ricordò del commento attribuito al giudice 'l'hayer da alcuni testimoni e più specialmente dal Prof. Richardson, domandandomi quale stato mentale indicava, a mio parere, una tale dichiarazione. Mi domandò come un uomo cosciente poteva credere che un giudice capace di riferirsi a due uomini accusati davanti a lui, come "bastardi anarchici", poteva essere imparziale e se io credevo che tale raffinatezza di crudeltà come fu praticata su lui e su Sacco dovesse andare impunita. Risposi che egli conosceva molto bene la mia opinione su questi fatti ma che i suoi ragionamenti, mi sem• brava, non venivano ad affrontare il punto di vista ch'io avevo sollevato e cioè: non avrebbe egli preferito il prevalere delle sue idee all'infliggere punizione su individui, non importa quanto, secondo lui, fortemente meritassero? Ciò creò una pausa nella conversazione. Poi senza rispondere direttamente alla mia domanda Vanzetti cominciò a parlare su le origini, le prime lotte e sul progresso di altri grandi movimentì per il miglioramento del genere umano. Disse che tutti i grandi ed altruistici movimenti originarono dal cervello di alcuni uomini di genio ma che più tardi divennero mal compresi e pervertiti sia dall'ignoranza popolare che dal sinistro interesse personale. Disse ancora che tutte le grandi imprese che vennero a cozzare contro le norme tradizionali, le opinioni accolte, le istituzioni stabilite e la grettezza umana nel principio vennero affrontate dalla violenza e la persecuzione. Riferì a Socrate, Galileo, Giordano Bruno ed altri i cui nomi ora non ricordo, qualche italiano ed alcuni russi. Poi citò il cristianesimo dicendo che esso cominciò nella semplicità e sincerità le quali vennero ricevute con la persecuzione e l'oppressione ma più tardi passarono quietamente nell'ecclesiasticismo e tirannia. Io dissi che non credevo che il progresso del cristianesimo era stato completamente arrestato dalla convenzione e dall'ecclesiasticismo ma al contrario, esso ancora attrasse a se migliaia di umili e che l'essenza di quest'attrazione fu la suprema fiducia dimostrata da Gesù nella verità delle sue vedute col perdonare, anche dalla croce, i suoi nemici, persecutori e denigratori. Ora, per la prima e sola volta nella conversazione, Yanzetti dimostrò un risen· timento personale contro i suoi nemici. Con eloquenza parlò delle sue sofferenze e mi chiese se io ritenevo possibile ch'egli potesse perdonare coloro che lo avevano perseguitato e torturato attraverso sette anni di inesprimibili sofferenze. Gli dissi che lui ben sapeva come profondamente simpatizzavo con lui e che gli chiedevo di riflettere sull'agire di colui che è infinitamente superiore a me ed a lui e su una forza infinitamente più grande di quella dell'odio e della vendetta. Aggiunsi, che dopotutto la forza alla quale il mondo potrà reagire sarà quella dell'amore e non dell'odio e per questo io suggerivo a lui di perdonare i suoi nemici, non per riguardo a loro, ma per dar più sollievo al suo animo ed anche perchè l'esempio d'un tale perdono, più d'ogni altra cosa possibile, darebbe maggior impeto nel guadagnare aderenze alla sua causa, ed alla persuasione della sua innocenza. Dopo questo, ci fu un'altra pausa nella conversazione. M'alzai e ci guardammo fissamente in silenzio per un minuto o due. Vanzetti finalmente disse che avrebbe 14 CONTROCORRENTE - Boston, Autumn 1966

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