momento è quello che minaccia di p1u quelle libertà che ancora possediamo, bisogna concentrare su di lui i nostri maggiori a ttJacchi, se vogliamo sfuggire a questo pe• ricolo mortale. Quell'anarchico che non lo fa è imprudente, perchè permette al tota• litarismo comunista di preparargli la tomba indisturbato. LA PACE LIBERATRICE! Che cosa meravigliosa sarebbe un mondo senza guerre nel quale tutti gli umani potessero vivere in fratellanza; cioè rispettandosi gli uni gli altri senza usarsi vio• lenze. Un mondo senza ingiustizie ed oppressioni politiche. Un mondo senza sfruttatori e senza tiranni! Vale a dire, un mondo anarchico nel quale ogni uomo è un mondo a se, nel quale avrà completa libertà di sviluppo intellettuale e libertà di vivere la sua vita. Ma tale pace è possibile in un mondo di autorità? Tale pace è possibile in regimi che si basano sull'arbitrio e la tirannia dei pochi? Tale libertà è realizzabile dove lo stato regna, soprattutto lo stato totalitario? Impossibile! La pace è inseparabile dalla libertà individuale. La pace non <può es• sere che il prodotto della libertà e dove vi è lo stato non potrà mai esistere pace permanente. Perché lo stato è esso stesso · il prodotto della violenza e dell'inganno, dell'arbitrio e della tirannia dei pochi che governano sui molti. La pace vera, la pace genuina, quindi, non può esistere che in una società libera, una società anarchica, nella quale l'uomo, ogni uomo è padrone assoluto della propria vita, e nessun potere, istituzione o individuo, può arrogarsi il diritto di impossessarsi di essa senza il con• senso dell'individuo stesso, diritto che ovunque lo stato regna nega all'individuo. La pace liberatrice è pace anarchica. Tutto i. resto non è che pseudo pace, come la giustizi•a, la libertà del mondo autoritario. Brand L'ULTIMDAICHIARAZIONE DIVANZETT LUNEDI' 22 AGOSTO 1927 Un memoriale di W. G. Thompson Sacco e Vanzetti erano nella carnera della morte nella prigione statale di Charlestown pienamente realizzando che poco dopo la mezzanotte dovevano morire. Il mio col• lega Ehrmann ed io dopo aver esaurito ogni mezzo legale che ci sembrava dispo• nibile ci ritirammo dalla direzione attiva del corpo di difesa mantenendoci, però, pronti a dare assistenza in ogni modo pos• sibile al nuovo difensore. Mi trovavo nello stato del New Hamp· shire quando mi arrivò un messaggio di Vanzetti il quale voleva vedermi ancora una volta <prima di morire. Immediatamente m'avviai per Boston con mio figlio, giungendo alla prigione nel tardi pomerig• gio o prima d'imbrunire e fui subito con• dotto dal direttore a Vanzetti il quale si trovava in una delle tre celle in una stanza alquanto stretta aprendosi immediatamente alla sedia elettrica. ,Nella cella più prossi· ma alla sedia trovavasi Madeiros, in quella di mezzo Sacco e nella terza trovai Van• zetti. C'era un tavolino nel mezzo e mi sembrò che egli stava scrivendo quando entrai. Le sbarre di ferro dinnanzi alla cella erano cosi costruite da lasciare in un punto uno spazio più largo attraverso il quale il condannato poteva ricevere ciò che richiedeva. Mi sembrò che Vanzetti mi aspettasse ed appena che entrai egli s'alzò dal tavolino e con quel suo caratteristico sorriso stese la sua mano tra le sbarre per stringere caldamente la mia. Mi fu fatto intendere di sedere innanzi alla cella ma non al dilà della striscia verniciata sul pavimento. E ciò feci. Avevo inteso dire che il governatore aveva detto che se Vanzetti svincolasse i due avvocati difensori nel processo di Bridgewater, dall'obbligo di non rivelare quello ch'egli (Vanzetti) aveva detto loro, il pubblico verrebbe a conoscere ch'egli fosse colpevole di quel delitto ed anche di quello di South Braintree. Cominciai, perciò, l'intervista col chiedere ad una delle due guardie carcerarie che sedevano in fondo alla parte opposta della camera, circa quindici piedi da dove eravamo noi, di ve• nire innanzi alla cella e di ascoltare le domande ch'io stavo per rivolgere a Vanzetti e le sue risposte. Dopo questo chiesi 12 CONTROCORRENTE - Boston, Autumn 1966
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