prestigio, ma noi, i vecchi militanti, vi abbiamo lutti, o quasi tutti, la nostra parte di responsabilità. Scrivendo oggi intorno a Kropot.kin io non ho l'intenzione di esaminare a fondo tutta la sua dottrina.. Io voglio solamente registrare qualche impressione e qualche ricordo, che potranno servire, io credo, a far meglio conoscere la sua personalità morale ed intellettuale e meglio comprendere i suoi meriti cd i suoi difetti. Ma innanzi tutto dirò qualche parola che parte dal mio cuore, perchè io non posso pensare a Kropot.kin senza essere commosso dal ricordo della sua immensa bontà. Io ricordo quello ch'egli fece a Genova nello inverno del 1879 per aiutare un gruppo di rifugiati italiani in miseria estrema, di cui io era un membro: ricordo le cure, ch'io chiamerei materne, ch'egli ebbe per me a Londra una notte che, essendo restalo vittima di un accidente, andiedi a bussare alla sua porta; ricordo i suoi mille atti di gentilezza verso tutti; ricordo l'atmosfera di cordialità che si respirava intorno a lui. Poichè egli era veramente buono, di quella bontà quasi incosciente che sente il bisogno di confortare tutte le sofferenze e di spandere intorno e sè il sorriso e la gioia. Si sarebbe detto infatti ch'egli era buono senza saperlo; in ogni modo egli non voleva che si dicesse e si mostrò offeso perchè in un articolo ch'io scrissi in occasione del suo 70.mo anniversario avevo detto che la bontà era la prima delle sue qualità. A lui piaceva piuttosto ostentar la sua energia e la sua fierezza - forse perchè queste ultime qualità si erano sviluppate nella lotta e per la lotta; mentre la bontà era l'espressione spontanea della sua intima natura. Io ebbi l'onore e la fortuna di cssem per lunghi anni legato a Kropotkin dalla più fraterna amicizia. Noi ci amavamo perchè animali dalla stessa passione, dalla stessa speranza.. . ed anche dalle stesse illusioni. Tutti e due di temperamento ottimista (io credo tuttavia che l'ottimismo di Kropot.kin sorpassava di mollo il mio e forse aveva una sorgente diversa) noi vedevamo le cose color di rosa, ahimè! troppo color di rosa - noi speravamo, sono già più di cinquant'anni, in una rivoluzione prossima che avrebbe dovuto realizzare il nostro ideale. Durante questo lungo periodo vi furono ben dei momenti di dubbio e di scoraggiamento. Ricordo, per esempio, che una volta Kropotkin mi disse: "Mio caro Errico, temo che siamo noi soli, tu cd io, che crediamo in una rivoluzione vicina". Ma erano dei momenti passeggeri, ben presto la fiducia tornava; ci si spiegava in un modo qualsiasi le difficoltà presenti e lo scetticismo dei compagni e si continuava a lavorare ed a sperare .. Nullameno non bisogna credere che noi avevamo in tutto le stesse opinioni. Al contrario, in molte idee fondamentali noi eravamo lungi dall'esser d'accordo, e quasi non c'era volta che c'incontrayamo senza che nascessero tra noi delle discussioni rumorose ed irritanti; ma siccome Kropotkin si sentiva sempre sicuro di aver ragione e non poteva sopportare con calma la contraddizione, e d'altra parte io avevo molto rispetto per il suo sapere e molti riguardi per la sua salute vacillante, si finiva sempre col cambiar d'argomento per non irritarsi troppo. Ma ciò 11011 nuoceva per nulla all'intimità dei nostri rapporti, perché noi ci amavamo e collaboravamo per delle ragioni sentimentali anzichè intellettuali. Qualunqu~ fosse la differenza del modo come spiega- ,·amo i fatti e degli argomenti coi quali giustificavamo la nostra condotta, in pratica noi volevamo le stesse cose ed eravamo spinti dallo stesso desiderio intenso di libertà, di giustizia, dt benessere per tutti. Noi pote,·amo dunque andare d'accordo. E infatti non vi fu mai tra noi un disaccordo serio lino al giorno in cui si presentò nel 1914, una questione di condotta pratica di un importanza capitale per me e per lui: quella dell'attitudine che gli anarchici dovevano prendere riguardo alla guerra. In quella funesta occasione si risvagliarono in Kropot.kin le sue vecchie preferenze per tutto ciò che è russo, o francese, ed egli si dichiarò partigiano appassionato della Intesa. Egli sembrò dimenticare ch'egli era internazionalista, socialista ed anarchico, dimenticò quello ch'egli stesso aveva detto poco tempo prima sulla guerra che i capitalisti preparavano, si mise ad ammirare i peggiori uomini di Stato e i generali dell'Intesa, trattò da vigliacchi gli anarchici che rifiuta,·ano di entrare nell'unione sacra, deplorando che l'età e la salute non gli peI'lllettessero di prendere un fucile e marciare contro I tedeschi. Non era dunque possibile intendersi: per me era un vero caso patologico. In ogni modo fu uno dei 18 CONTROCORRENTE - Boston, Summer 1966
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