nemmeno parlare con noi; aveva paura di esser anche soltanto informato della faccenda. Parlammo d'altro. Del passato. E avendogli !o chiesto: Di chi fu la colpa per la mancata sollevazione del tredici Giugno a Roma? Le masse erano in fermento; bastava dar l'ordine ai fornaciai, ai republicani, agli anarchici, ai socialisti di scendere in piazza Colonna. Tre revolverate e Mussouni scappava da Palazzo Chigi. Avevate perso la testa ... Egli si rizzò. "Mia, tutta mia, la responsabilità. E l'assumo intera. Sarebbe corso inutilmente sangue. Assumo l'intera responsabilità, e se si presentasse la stessa situazione, ridarei i consigli di calma che detti allora. Non ho rimorsi". Anch'io scossi il capo e interruppi il colloquio inutile. Tra noi c'era un abisso oltre il quale le parole mutano di senso, assumono persino un suono diverso: trent"anni ho riflettuto a lungo varie volte a quelle sue parole, a quel suo atteggiamento. Ed ho proprio concluso questo: che il materialismo storico evidentemente non riconosce l'onore come elemento della vita dei partiti. Io sono certo che fino al 15 Giugno un solo urlo, un sol colpo di revolver avrebbe rovesciato Mussolini e il fascismo. Ma se anche la Milizia avesse resistito, se anche lo sforzo fosse stato vano, se la monarchia avesse coperto ancora con l'esercito il fascismo, se il temuto spargimento di sangue non avesse giovato a nulla, proprio a nulla, avrebbe giovato senza dubbio a salvare quella cosa di cui il materialismo storico non tiene conto: l'onore di un partito, l'onore di un popolo. Tre chiazze di sangue in piazza Colonna e quel sangue lavava l'onta del sangue di Giacomo Matteotti, tre chiazze di sangue e quelle sole tre chiazze bastavano a lavare le mani rosse, le mani lorde di tutto un popolo che, come le mani di Machbeth. nemmeno l'acqua di tutti gli oceani potrà lavare mai più. Dopo? ... Dopo, lo stillicidio lento ed inutile di quella campagna giornalistica che i fascisti inorridivano battezzandola "Battaglia di carta". Dopo, la solidarietà della Corona col mandante, il re che si rifugia nella Costituzione che Mussolini demolisce giorno per giorno, per dichiarare a Zaniboni: "lo sono un re costituzionale, sono con voi se il paese è con voi; datemi la sensazione che il paese è con voi e soltanto allora potrò intervenire". Dopo, la viltà del Senato che, mentre si ,precisano le responsabilità. dà soltanto venticinque voti contrari all'assassino. Dopo, la controffensiva fascista il discorso del tre Gennaio 1925, l'abolizione della libertà di stampa, le ultime ondate reazionarie, la pena di morte, il domicilio coatto. Dopo ... la farsa di Chieti; il processo al morto e la parte civile che non s'impersona in un eroe e non interviene a Chieti dove è presente la stampa estera e il mondo civile attende almeno un urlo umano che spezzi la cinematografia ignobilmente preparata. E, difronte all'estero che aspetta, a Chieti l'esibizionismo di un Danese, avvocato di professione e sedicente galantuomo che ha il coraggio di dichiarare additando Albino Volpi: Uomini come Albino Volpi onorano In Italia. Avvocato, perdoni, ha dimenticato un aggettivo, allora: Permetta a me d'aggiungerlo adesso. Ella intendeva dire: L'Italia fascista. D'accordo. Del resto ... Ricordo le parole di uno in cui sperammo un giorno e che è ,partito per una strada d'esiglio scegliendola buia di silenzio: Raffaele R.ossetti. E' uno scomparso adesso. Muto per disdegno. Ma nel ventiquattro e nel venticinque sventolammo il nome della Viribus Unitis, ci raccogliemmo attorno al suo coraggio come attorno a una bandiera. Quanti nomi non demmo invano al vento della rivolta eluse anch'esso!... E non ne sappiamo più nulla. Egli fascia forse nelle nebbie grigie di Londra le infinite delusioni e le infinite amarezze che lo condussero a disperare del suo popolo, rumina nell'anima triste le parole accorate che mi disse in quella notte di plenilunio. Ero andato a cercare anche lui. Chi non avevo cercato? Nell'angosciata sfiducia che cominciava a tenere il mio spirito io mi trascinavo, povero inutile zingaro, smanioso d'agire comunque e dovunque, di città in città, di porta in porta a incitare chi aveva autorità sulle masse; comandava a fedeli, possedeva mezzi. Discutevo, imploravo. pregavo, bestemmiavo ... Proponevo società segrete, congiure, complotti. Parlavo al muro. Incontravo in ogni dove una specie di stanca rassegnazione, di cinica indifferenza. In taluni la sgattaiolante diplomazia di chi non vuole assumere responsabilità di tempo stesso, cavilla per nascondere la propria vigliaccheria, in altri la convinta elucubrazione di teorie scusa,,ti l'inazione, spieganti la vanità di ogni tentativo di riscossa, in pochi la smania di fare sempre, accompagnata dall'incertezza del come. del dove, del quando e dalla certezza dell'inutilità di sacrificio. Tale certezza era anche in lui, quella notte sulla terrazza della sua villa a Rapallo, egli perlò nella luce del plenilunio mentre l'arco del golfo splendeva d'argento e la punta bruna di Santa Margherita si cacciava come una prora nel mare calmo leggermente increspato. Il lume della luna gli faceva più pallido il volto raso, severo, da domenicano del quattrocento. Disse: "Io non sono un condottiere d'uomini. Il metallo lo piego e lo domino; gli uomini, no. Marinaio e ingegnere, io mi sono avvezzo, fin dalla prima gioventù a lottare con gli elementi e con i numeri aridi, con l'onda labile e con le formule precise. Ma l'onda è meno labile degli spiriti e l'acciaio è più malleabile e più obbediente delle anime sorde o volubili o inerti. Le macchine sono più intelligenti degli uomini che le hanno costruite. Bisognerebbe convincere!. . . Hanno voluto ch'io parlassi a Milano ... Una delusione! ... Io non sono oratore". Basta un grido! - Oh! no. Io l'ho lanciato quel grido solo, fra quattro o cinque mila fascisti. E' caduto senza CONTROCORRENTE - Boston, Spri.ng 1966 37
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