Parlano ancora dopo morti: MARIO MARIANI (uncombattentpeerla liberta'e per il socialismo) a curadi DomenicoFalco PARTE lii Al tempo dei vecchi ministri della destra o della sinistra storica, di quelli che i fascisti hanno chiamato tante volte dilapidatori dell'erario e accusato di corruzione e di disonestà, il milione di "Fondi Segreti" del Ministro dell'Interno non avrebbe bastato nemmeno a saldare i conti di Brecche, i con ti della Palazzina Valladier, della Bomboniera, della buvette dell'Excelsior, luoghi di delizia della nuova aristocrazia fascista. E' in quei ritrovi che, tra il lampeggiare degli occhi delle femmine, si sogna il lampeggiare del pugnale, e il gorgoglio dello champagne nelle coppe fa pensare il dolce gorgoglio del sangue socialista che sgorga dalle gole tagliate. Ivi fan bella mostra di sè: la nuova nobiltà di Giacomo Acerbo, faccia d'anima imbecille e cattiva, truffatore ipocrita e chiuso, la sottile eleganza ebraica di Aldo Finzi, farabuttello sportivo mariuolo sfruttatore di femmine e di case da gioco la spavalderia cinica e moschettiera di Italo Balbo, assassino di Don Minzoni. l'occhialuto di timidità perfida di Michele Bianchi la barba dignitosa e la senile lussuria di De Bono. E si mischian Ira loro le dame dell'aristocrazia e della borghesia in busca di brividi e gli sgherri da poco prezzo che aspettano ordini. Gli assassini prescelti per l'eroica gesta passan dunque due giorni a Roma per allietarsi lo spirito accanto all'orgia dei padroni Dumini, Yolpi, Malacria, Putato, Panzeri, .t'overomo... Quanti eroi contro un sol uomo debole fisicamente perchè malato di un male che non perdona! E quanti a conoscere, preparare, facilitare il delitto obbrobrioso, felici di servire l'implacabile, basso volgare rancore del Duce! Uno dei particolari, dei tanti particolari che comprovano la piena complicità delle altissime gerarchie del fascismo nella preparazione del delitto (è già stato rivelato dai giornali de l'epoca) è questo: l'agente investigativo che la Pubblica Sicurezza manteneva sempre alle calcagna del Matteotti, con lo scopo apparente di proteggerlo - oh, benignità paterna del Presidente per gli avversari! - ma con lo scopo reale di vigilarne le mosse e i contatti proprio il giorno del delitto fu ritirato. Non si poteva ritirarlo senza un ordine preciso di S.E. De Bono, Direttore Generale dei Servizi di Pubblica Sicurezza. Ora, quando e come fu avvertito il De Bono che tutto era pronto per il delitto e che la scorta doveva esser tolta di mezzo? Forse la mia fantasia di romanziere mi trascina ma siccome il Dumini per non dar nell'occhio non si rtcava più nell'Ufficio del De Bono e siccome i complici non avevano gran famigliarità con Sua Eccellenza il Direttore, io amo immaginare - è del resto l'ipotesi più verosimile - che il Dumini avvertisse il De Bono proprio in uno dei ricordati ritrovi notturni. Il De Bono era celebre anche tra i fascisti per la sua erotomania senile. Quando si reca va in una qualunque città per festeggiamenti, commemorazioni, parate aYeva cura d'av• vertire i capi del fascismo locale: "E per stasera, mi raccomando, un po' d'allegria; e che ci siano regazze eh!. . . e giovani!>. Perchè i fascisti sono straordinariamente moralisti. . . nelle gazzette e negli ordini del giorno. E' anche noto che il De Bono aveva appigionato assieme a Filippelli un "buen retiro" in cui i capi del fascismo e della Ceca si raccoglievano per orge intime. Io penso dunque che il Dumini si accostasse o alla buvete de l'Excelsior o in qualche altro lupanare elegante all'orecchio del generale per sussurrargli: Tutto pronto per domani. .. Mi raccomando, ritiri l'agente ... E il generale: provvederò. Poi, voi to a una delle oneste o disoneste prostitute che l'attorniavano: Un altro bicchiere di sciampagna, signora!.. . Al tempo dei Borgia - a quale mai altro regime può essere paragonato il fascismo? - cadde un episodio grazioso che, per la sua simbolica bellezza e per il freddo coraggio dimostrato dall'eroe protagonista, parve degno d'istoria e ci fu dai cronisti tramandato. Una sera, essendosi recato papa Alessandro VI con gran codazzo di cardinali e dignitari e casa una delle sue amanti, la contessa Vanozza, onde partecipare a una festa cui eran stati invitati diplomatici belle e nobili femmine. musici e poeti e quanti mai gentiluomini avevano in Roma fama di lussuriosi e cortesi, mentre sedevano costoro a banchettare gaiamente e i seni delle cortigiane splendevano di gemme e i calici di vini prelibati, - la facciata di Palazzo Vanozza splendea di luminarie veneziane e sul portale un bell'arco di lampioncini avvivava, in luci multicolori, il possente cognome dei Borgia. Un giovinotto di casa Orsina, ostile allora ai Borgia, passò a cavallo, in tutta armatura, celata bassa, avanti il Palazzo e, incurante del possibile impeto della sbirraglia papale, fermato il destriero, rizzatosi su l'arcione, ruppe con la lancia tutti i lampioncini che componevano il B. iniziale. Poi tranquillo spronò via. I cagnotti del papa stupiti di tanta audacia, estrerrefatti non osarono interrompere il lavoro bizzarro, nè inseguirlo. La pugnalata che ha spento Giacomo CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966 33
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