Controcorrente - anno XXII - n. 49 - primavera 1966

~ONTBO~O SPRING 1966 In questo numero Cli amici della rivista .............................. . 2 Viet Nam: questione morale e questione politica, di Davide Jona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 L'ammazzatoio comunista, di Brand . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Rose Pesotta: leggendaria prima della morte, di John Nicholas Beffel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 L'obbiezione di coscienza, oggi, di C. R. Viola . . . . . . 11 TRIBUNA LIBERA - C. Delfino - Maria Crudeli - Solitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Perche' mi rifiuto di diventare un soldato, di Ivo Della Savia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 Il problema dell'esperienza e la chiesa, di Emilia Renai 19 La lussuria, di Domenico Pastorello . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Amilcare Cipriani nelle cronache del 1888 . . . . . . . . . . . . 23 Il massacro alle Cave Ardeatine, di Andrea Rapisarda 25 La chiesa rossa, di Rolland MartÌgnac . . . . . . . . . . . . . . 27 Cala il sipario sul penitenziario di S. Stefano, di Carlo Cavalli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Tributo a Mario Mariani (III), di Domenico Falco . . . .33 A PIOMBO, di "Il Muratore" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 PICCOLA POSTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

Gli QffilCl della rivista CONTROCORRENTE, pubbliauione dedicata alla lolta conlro il J,ucùmo •• • lnlere•• 1cmlwima pubblicuione. Un tiero piccone demolilore di lulte le impo11ure /oacùle; un flagellatore implacabile del regime 101ali1ario Jaacukl. Scrilto con cono,cen:a di Ja11i, da genie che •a lenere le penna in mano e colpiace a .egno, con preci,ione, con allacchi ,errali, il giornale di B011011 ,; legge con piacere. Allamenle ialrultitio. Lo raccomandiamo a 1u11i i noalri letlori. "IL MARTELLOn 14 Maggio 1939 CARLO TRESCA Durham, N. C.: Duke University, completa serie di "Controcorrenten la Vecchia Serie ............................. $75.00 Stanford, Cal.: Hoover lnstitute, Stan· ford University, "Controcorrente" Ve<:chia Serie, Voi. 1, 3, 8, 9, 11-13 51.00 Cincinnati, O.: J>. Morelli . . . . . . . . . . 2.00 Paterson, N.J.: D. Guarino ........ 3.00 Paterson, N.J.: R. Succurro ...... 5.00 Brighton, Mass.: A. Cedrone .. . . . . 5.00 Brooklyn, N. Y. : T. Rosa . . . . . . . . . . 2.00 Westfleld, N. J. : C. Briguglio . . . . . . 25.00 Phoeni.X, Ariz.: A. lppoliti . . . . . . . . 5.00 Flushing, N.Y.: G. Cupelli ........ 10.00 Worcester, Mass.: L. De Santis ..... 2.00 Roma, ltaly: M. Catone . . . . . . . . . . . . 2.00 Flushing, N.Y.: F. Coen ............ 2.00 New Britain, Conn.: C. Pagella . . . . 4.00 Newtonville, Mass.: P. Belsanti . . . . 5.00 Boston, Mass.: A. Cucchiara . . . . . . . . 5.00 Dearborn, Mich.: G. Mascio ........ 10.00 Utica, N. Y.: A. Albanese . . . . . . . . . . 5.00 Woodbridge, Conn.: J. Leggierl, ricordando Sacco e Vanzetti . . . . . . . . 4.00 Melvindale, Mich.: J. Angellotti ...... 10.00 Brighton, Mass.: J. Rufo .......... 10.00 Barre Plains, Mass.: J. Neri . . . . . . 1.00 Hollywood, Ca!.: A. Verrico ........ 5.00 Long Island City, N.Y.: J. Mobilia .. 5.00 Detroit, Mich.: N. Zilioli . . . . . . . . . . 5.00 Kensington, Conn.: A. Tedesco . . . . . . 1.00 Worcester, Mass.: I. Ciani . . . .. . . . . . 3.00 Tampa, Fla.: A. Coniglio . . . . . . . . . . 3.00 Worcester, Mass.: M. Lombardi . . 5.00 New York, N.Y.: F. Lanza ........ 3.00 Philadelphia, Pa.: M. Vannelli . . . . 5.00 Revere, Mass.: L. Monticelli . . . . . . 5.00 Los Angeles, Calif.: M. Giardinelli . . 4.00 Upper Darby, Pa.: A. Gasbarro .... 10.00 Ontario, Ca!.: A. Marangio 3.00 Chicago, Ili.: A. Tiberi . . . . . . . . . . . . 5.00 New York, N. Y.: L. Puccio . . . . . . . . 2.00 Youngstown, O.: A. Strollo . . . . . . . . 5.00 Blue Island, Ili.: P. Martino . . . . . . . . 10.00 Chester, Mass.: L. Cardarelli . . . . . . 1.00 New Haven, Conn.: A. Burro . . . . . . 5.00 Lake Park, Fla.: F. Alberti . . . . . . . . 5.00 Albany, Ca!.: M. Civello ............ 10.00 Leominster, Mass.: M. Saladini . . . . . . 5.00 Watervliet, N. Y.: A. Mori . . . . . . . . . . 2.00 Chicago, Ili.: D. Favia . . . . . . . . . . . . 5.00 Troy, N.Y.: G. Fabrizzi ............ 2.00 Washinçton, D. C.: S. Romualdi . .. . 5.00 Willow Creek, Ca!.: V. Caprile .... 4.00 Rivesville, W. Va.: G. J>opolizio . . . . 5.00 Seattle, Wash.: L. Patricelli . . . . . . . . 5.00 Sharpsburg, Pa.: V. Bruno . . . . . . . . 2.00 New Haven, Conn.: J. Esposito . . . . 2.00 Wildwood, N.J. : L. Moresco . . . . . . 5.00 Bronx, N.Y.: L. ~ier . . . . . . . . . . . . . . 5.00 San Diego, Ca!.: L. Valle . . . . . . . . . . 5.00 Chicago, Ili.: G. Prioriello . . . . . . . . 5.00 Chicago, Ill.: S. Scarufft . . . . . . . . . . 5.00 Ar!ington, Mass.: A. Petricone . . . . . . 3.00 Elizabeth, N.J.: E. Neri .......... 2.00 Amesbury, Mass.: E. Ponzini . . . . . . 5.00 Lake Worth, Fla.: S. Cinci .......... 30.00 Lake Forest, Ili.: D. Capitani . . . . . . . . 5.00 Cambridge, Mass.: E. Palmacci . . . . . . 5.00 Newton Center, Mass.: L. DiGiovanni in memoria di Aurelio D'Onofrio.. 5.00 Garfleld, N.J.: M. Liberti, in memoria di Frank Liberti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10.00 Albany, N.Y.: G. Russo . . . . . . . . . . . . 5.00 West Quincy, Mass.: C. Petitti . . . . 6.00 Lincroft, N. J. : G. Salani . . . . . . . . . . 4.00 Cliffside Park, N.J.: G. Amoroso . . . . 4.00 Detroit, Mich.: M. Valente . . . . . . . . 1.00 Brockton, Mass.: S. Moscatelli . . . . . . 3.00 Avonmore, Pa.: M. Pesci . . .. . . . . . . 3.00 Forlì, ltaly: Maria Crudeli . . . . . . . . . . 5.00 San Diego, Ca!.: P. Pagliei . . . . . . . . . . 5.00 Brooklyn, N.Y.: A. Conticelli . . . . 5.00 Boston, Mass.: M. Magliaro . . . . . . . . 5.00 Somerville, Mass.: D. Cicia . . . . . . . . 3.00 Somerville, Mass.: S. Tuccelli . . . . . . 5.00 TOTALE $528.00 BILANCIO No. 49 Uacile Deficit precedente .............. $2329.03 Uscite No. 49 . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . 480.00 Second class deposit . . . . . . . . . . . . 30.00 Totale uscite ................ 2839.03 En1rale Abbonamenti e sottos. . ......... $ 528.00 Deficit 1-4-66 ................. $2311.03 DATECI UNA l',lANO Siamo confidenli che i compagni ci aiule• ranno a apa.z::are tiia il dejìci1. Facendolo ci mettera,w in condi=ione di migliorarci. Desideriamo di respirare più liberamente. Abbiamo bùogno di 1pacio. Clii tiuol con• tribuire a queat'opera t,eramente nece,aaria, ci dia una mano. Ripetiamo, è no1tra con.,inzione che la riviota riaponde ad un bi,ogno. Rappre1en1a lo ,pirilo dei lempi andali quando le pubblica:,ioni d'atianguardia erano eapre,- aioni di volontti. Lt auacco contro i nemici della Liberia detJe conlinuare aen::a w11a. L'ambienle è cambialo. La lolla non è quella di ieri. 1 mililanli •i •ano falli più rari. Noi tiogliamo continuare a /are echeggiare la prole11a umana conlro lutli I 1opruli. Conlinueremo fino a quando atiremo il ao11egno e la cooperuione di coloro che ci apprOt>Gno.

RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANI Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Mille: Street, Boston, Mass. 02109 CONTROCORRENTEls publlshtd quart,,ly. Mali addms: 157 Mlik SL, Boston, Aldino Follcanl, Editor and Publishtr. 0fflct -' publlcatlon 157 Mlik Stre<t, Boston, Mass. 02109. S<cond-class mali prlvlieges authorlzod at Boston, Mass. Subsa-iptlon U a jW,r. Voi. 22-No. 3-(New Serles #49) BOSTON, MASS. Spring 1966 Panorama . americano VietNamQ: uestioneMorale Politica Molto sovente la tragica situazione dei rapporti fra gli Stati Uniti e le popolazioni dell'Asia meridionale viene valutata in termini di potenza militare. Qualche voce di esperto militare, è vero, si solleva talora a mettere in guardia l'opinione pubblica contro i pericoli di una campagna combattuta su un terreno molto aspro, con problemi logistici di difficoltà estenuante, fatalmente molt;plicati da ogni incremento nelle forze impegnate. Ma ciò sta diventando ogni giorno più raro, e anche coloro che finora prospettavano una campagna militare nelle giungle e nelle paludi della Indocina come una pericolosa trappola per l'esercito americano ora si limitano a consigliare prudenza, pressati come sono da considerazioni di prestigio e di convenienza politica immediata. D'altra parte gli argomenti di coloro che sostengono un atteggiamento di intransigenza e di incrementata azione militare sono presentati con insistenza. Non c'è dubbio alcuno che al giorno d'oggi gli Stati Uniti dispongono della più formidabile potenza militare che mai sia apparsa sulla terra. La ricchezza di mezzi ,be!lici, capaci di provvedere un volwne di fuoco per unità combattente di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altra nazione, la estrema mobilità concessa da mezzi meccanici vasti ed efficienti, l'appoggio di basi sicure in vicinanza della costa asiatica, di flotte aeree e navali che sfidano ogni confronto, la minaccia di un arsenale di armi atomiche superiore ad ogni altro esistente possono fare apparire ragionevole la speranza che, anche se con! frontato dalla superiorità della Cina, l'esercito americano potrebbe immobilizzarne le orde, se la situazione peggiorasse al punto in cui l'apertura delle ostilità fra gli Stati Uniti e la Cina diventasse inevitabile. Se questa speranza sia veramente ragionevole, se, più ancora, il gigantesco conflitto che ne risulterebbe ,potrebbe mai essere composto senza la materiale occupazione di un vasti~simo t'erritorio nemic,o, eventualità che nessuno considera possibile, sono questioni a cui noi non possiamo rispondere. Ma, se pure il problema in termini puramente militari potesse essere risolto in modo favorevole per gli Stati Uniti, c'è un altro aspetto della questione che viene sorvolato da chi si limita a considerarne unicamente gli aspetti militari. Difatti il punto di vista morale e quello politico, quello della giustificazione della richiesta del sacrificio di decine di migliaia, molto probabilmente di centinaia di migliaia, e forse anche assai di più vite umane. quello del prospetto della finale composizione e pacificazione del conflitto vengono oscurati. La civiltà che noi chiamiamo occidentale è basata, fra gli altri, su un principio ai preminente validità: il rispetto della vita umana, dono prezioso e insostituibile. Parallelamente ·a questo, e appena di poco meno essenziale, è ritenuta fondamentale la necessità che l'ordinamento sociale garantisca ad ogni individuo la possibilità di sviluppare la sua personalità in libertà, di

adoperarsi per migliorare le proprie condizioni materiali e spirituali, per ottenere che giustizia sia fatta senza interferenze. Quasi automaticamente, senza pensarci, noi ammettiamo comunemente che queste siano le caratteristiche fondamentali :lella civiltà occidentale, e riteniamo che, all'opposto, la civiltà orientale sottopong,, i fondamentali diritti dell'individuo agli interessi di una entità trascendentale, per cui vita, libertà di ogni uomo, giustizia possano essere sacrificate. Molto probabil1nente ciò non è nemmeno vero; ma non è il caso qui di dibattere questa questione. Per certo però ·per noi soltanto ragioni impellenti possono giustificare il sacrificio di una vita umana: e ciò si applica non soltanto alla vita dei nemici, ma anche, a più forte ragione, a quella dei nostri figli, fratelli, v1c1m, alla nostra stessa. In altre parole, noi possiamo ammettere questo sacrificio soltanto se esso serve a • preservare, in termini più vasti e più brillanti, il principio generale della santità inviolabile della vita umana, fisicamente e spiritualmente. Ma quando noi consideriamo quanto si sta svolgendo in Viet Nam, siamo sicurii che questo principio rimane inviolato; quando bombe piovono dal cielo a massacrare inermi e ignare popolazioni? Siamo sicuri di essere giustificati, se infliggiamo distruzione e sofferenze su chi, esasperato da un sistema sociale incapace di garru1tire giustizia per tutti, deve prendere le armi come ribelle contro un governo che rimane sordo alle richieste di pacifica evoluzione'/ Siamo sicuri che possiamo veramente invocare la necessità di preservare quel princ1p10, quando esponiamo la nostra gioventù al sacrificio supremo? Senza dubbio l'amministrazione americana è ben conscia di questo problema; ed è questa la ragione per cui sostiene le sue richieste per un incremento neJlo sforzo bellico in Viet Nam coll'argomento che le nostre truppe sono colà unicamente per difendere la libertà di quel popolo, perchè richieste dal legale governo di quel paese. Perciò a questo governo viene facilmente attribuita la qualità di essere il campione deJle forze libere e progressive locali. Ma facilmente si può risalire agli avvenimenti che si svolsero nel Viet Nrun negli ultimi quindici anni, e constatare quanto fragile, sia la difesa del presente governo di Saigon in quel campo, quanto la verità sia forzata dalla pressione per difendere interessi e privilegi costituiti. Alla conclusione della guerra di liberazione contro la Francia, e dopo la divisione del territorio del Viet Nam in due parti, la porzione meridionale fu posta per breve tempo sotto il controllo dell'imperatore Bao Dai, il cui governo inetto e corrotto dovette cedere il posto a nuove forze. Per quanto si può congetturare però dallo svolgersi degli avvenimenti successivi, queste nuove forze non insorsero per garantire libertà e progresso al popolo, ma solamente perchè esse realizzarono che il governo ai Bao Dai, andando aJla deriva e al fallimento, poteva facilmente dare occasione a elementi di sinistra di impadronirsi del potere, sull'esempio di quanto era avvenuto a nord del diciassettesimo parallelo, e di soppiantare l'ordine sociale esistente. Indubbiamente questa fu la ragione che indusse il governo di Diem, succeduto a Bao Dai, a rifiutare di interpellare il popolo Vietnan1ese in una votazione quale era richiesta dagli accordi di Ginevra, che ratificarono l'indipendenza dalla Francia delle varie parti dell'Indocina. Perciò 11 governo di Diem, senza alcuna sanzion<:• popolare, rimase in potere per vari anni, finchè la sua incapacità e corruzione infiammò una rivolta popolare che ne minò l'esistenza. A quel tempo le organizzazioni di controllo dell'America, in particolare la Centrai Intelligence Agency, che già avevano penetrato la macchina governativa vietnamese, ritennero che non convenisse appoggiare ulteriormente un governo che ogni giorno più diventava infido: forse anche, secondo alcune accuse, proprio queste organizzazioni diedero la spinta alla rivolta di alcuni dei militari, che ancora una volta senza interpellare la pubblica opinione, si impadronirono del potere. A questo primo governo militare diversi altri si seguirono, sempre colla promessa di pacificare il paese, di provvedere per un nuovo ordine sociale e politico, sempre incapaci di mantenere le promesse, o forse anche decisi a non mantenerle e sempre senza sanzione popolare. Alla fine da sette o otto mesi, in seguito ad un altro pronunciamento militare, il potere è passato nelle mani del maresciallo Ky. Chi è costui? quali garanzie può egli dare di assicurare al suo paese le riforme che sono urgentemen te necessarie? Egli ha imposto al paese, o almeno alla varte del paese. che CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966

ancora domina, un controllo ferreo, impedendo con pene gravissime ogni espressione di dissenso. La sua energia nel contenere l'opinione pubblica nelle città è probabilmente la ragione della fiducia che Washington gli concede: ma d'altra parte l'amministrazione americana riconosce la sua incapacità a provvedere alle riforme che il paese richiede, al punto che anche in questo campo, oltre che a quello militare, l'interferenza degli Stati Uniti diviene più estesa. E' tuttavia impossibile che questo compito sia devoluto alla iniziativa di stranieri: anche se ispirati dalla più santa volontà di far bene, gli stranieri che imponessero riforme ad un qualsiasi paese, se non sono fiancheggiati da importanti forze locali, non potrebbero tar altro che errori, sperperare energie e ricchezze e alla fine attirarsi l'odio generale. Chi è dunque Ky, quegli che lo State Department sostiene, quegli che dovrebbe apportare la luce di libertà, di giustizia, di pace ad un popolo ridotto alla fame, profondamente diviso da passioni, dissanguato da una guerra civile durata da oltre dieci anni? Ky, ricordiamolo bene, ammira come statista ideale Hitler, e si augura che il suo paese ne abbia uno, molto probabilmente proponendo la sua candidatura alla posizione. A parte la repulsione che ognuno di noi prova ,per chi si propone di imitare un mostro, in termini puramente politici una simile proporzione non significa forse la più profonda incapacità di interpretare le tendenze dell'umanità? Infatti bisogna ammettere che il tentativo di Hitler di cambiare il corso della storia fu un fallimento, indipendentemente del disastro militare che un pazzo richiamò sulla sua patria. Hitler demoli il movimento tedesco verso una più vasta giustizia sociale, verso un incremento della capacità politica di classi oppresse, e tentò di sostituire alle naturali aspirazioni del suo popolo il mito della superiorità della razza tedesca su ogni altro gruppo umano, un piano di politica che facesse della Germania l'arbitro del destino del mondo, piegando tutti gli altri popoli a schiavi, a bruti destinati soltanto a provvedere ai bisogni di una nuova casta di padroni, di militari. Quando si pensa che ciò avvenne quando già il fermento verso l'indipendenza e la libertà aveva preso piede sicuro fra tutti i popoli coloniali, quando si pensa che ciò disconosceva la profondità dell'attaccamento alle proprie istituzioni che i popoli dell'Inghil· terra, dell'America e della Russia provavano, bisogna proprio dire che il programma politico di Hitler non aveva senso comune. Se anche avesse vinto la guerra, non avrebbe fatto altro che provocare una colossale tacita unione per resistere alle sopraffazioni e ai saccheggi che Hitler sognava avrebbero garantito il •benessere della Germania. Il movimento verso giu• stizia e libertà si era fatto esplosivo, se pure con ricadute occasionali, e nessuna forza poteva defletterne il corso. Ora cosa si propone Ky? Vuole egli imporre al suo popolo di fermarsi su questa via, piegare il collo sotto un semifeudale sistema sociale, rinunciare alle aspirazioni verso una più equa distribuzione di ricchezza, necessità riconosciuta da ogni persona che esaminò la situazione sociale del Viet Nam? Oppure, seguendo le orme del suo eroe, pensa di proclamare la superiorità del suo popolo? E su chi? Qui il problema della scelta della via da seguire diventa per l'America un problema politico, oltre che morale. Non basta certamente riaffermare che gli Stati Uniti impegnano in un lontano paese risorse che potrebbero essere usa te molto meglio in altri campi, sperperano colà la preziosa vita della loro migliore gioventù, massacrano innocenti soltanto per garantire al popolo del Viet Nam la possibilità di esprimere la propria opinione, se allo stesso momento si accorda sostegno materiale e morale a chi, per sua convinzione, ammette di negare ogni valore a tale espressione e, per seguire quello che egli considera il più grande statista, è fatalmente condotto ad evitare che .una consultazione popolare avvenga. Per gli Stati Uniti, il disincaglio da questa situazione è difficilissimo; prestigio, ri• spetto di impegni presi (se pure non con un governo sostenuto da sanzione popolare) sono barriere aspre a superare. E da altra parte gli argomenti di coloro che indicano nella Cina il prosSimo futuro nemico, che bisognerà combattere in ogni modo, in condizioni forse più sfavorevoli, fanno facilmente presa sulle fobie e sui timori delle masse. Per altro con ciò si sorvola sul fatto che la innegabile tendenza cinese di interferire nella vita ài altri popoli, di imporre ad essi istituzioni, di espandere nel modo più grossolano la propria influenza ha dei limiti naturali, CONTROCORRENTE - 11oston;· Spring· 1966 5

ben più forti di ogni esercito che gli Stati Uniti possono mettere in campo. E, proprio in questi ultimi tempi, la ,politica di espansione cinese ebbe a registrare scacchi che nessun organo militare o di spionaggio o di inftl trazione americani potè infliggere. Dall''.Lndonesia, all'Africa, a Cuba, la resistenza indigena contro una invasione e un pervertimento delle proprie istituzioni, che ingenuamente fu tentato dalla Cina, si i! ingigantita. E' tempo che Washington riconsideri con sangue freddo quanto sta veramente accadendo nel mondo: per molti popoli, per la maggioranza dell'umanità anzi, è necessario ricorrere ad istituzioni che sarebbero intollerabili qui. Il problema della libertà politica è importante, ma è oscurato da quello della creazione di una organizzazione sociale che consente un minimo di sussistenza fisica ad ogni cittadino, un minimo di sicurezza contro la fame e le più acute ingiustizie. Ma ciò non produce, non potrà produrre un blocco graninitico, abile a imporre ali' America istituzioni mvise. Gli avvenimenti provano che ogni popolo per necessità cercherà di risolvere i propri problemi a1ell'ambito dei suoi mezzi, delle sue necessità, creando non un blocco unico, ma una miriade di differenti applicazioni. In fondo, soltanto chi non ha fiducia nelle istituzioni che lo reggono, soltanto chi crede che esse non possono resistere se sottoposte al confronto di altri sistemi può pensare che il confronto non possa avvenire sulle vie della pacifica convivenza e competizione. Davide Jona L ~MMAZZATOIO COMUNISTA· Per non dimenticarsi mai del cara;;tere omicida del fascismo comunista, non bisogna dimenticare la storia fatta di tradimenti e di delitti del marxismo-leninismo incarnato nel comunismo totalitario. -Ovunque ha regnato in questo quasi mezzo secolo da che ha incominciato a prendere il potere, sopra le masse che era supposto di liberare dall'oppressione capitalista non gli ha innitto che sofferenza fisica e ~pirituale. Fame di alimenti per il loro corpo, !ame di alimenti per il loro cervello. Osservate tutti i regimi comunisti in esistenza, leggete la loro stampa, studiatP. la loro propaganda e vedrete che i popoli che vivono sotto il loro dominio non godono un momento di pace, di tranquillità, di gioia spensierata, di sicurezza personalP non minacciata. I popoli che sono oppressi dai regimi comunisti sono come tanti corpi attaccati alla ruota di tortura che si flagella colla non mai cessante propaganda - e falsa per sovrappiù; che si spingono a lavorare iino all'esaurimento; che sono mantenuti nel bisogno perenne anche delle necessità le più elementari. E poi vi è sempre la minaccia della privazione della libertà o magari la morte per i ribelli che si sottomettono a malavoglia o rifiutano di sottomettersi. Finisco di leggere proprio ora un articolo di Branko Lazltch: "Il Martirologio del Comintern" nel quale dà la lista di tutti i membri del Comintern - non russi - assassinati da Stalin. E' una cosa che fa orrore! Se gli assassinati comunisti non fossero sta ti pur loro assassini che prima di morire aiutarono Stalin ad assassil,are migliaia d'altri russi e non russi, per esseri! poi loro stessi liquidati da lui, si dovrebbe sentire per loro una immensa pietà. Non la sentiamo e neppure spargeremo una sola lacrima per la loro morte, perchè noi non sprechiamo lacrime sulla mala sorte del carnefici, comunisti e non. Se diamo qui i loro nomi è per illustrare la bile persecutrice ed assassina del marxismo-leninismo. 11 comunismo vorrebbe che si rlimenticassero i suoi delitti; ma come si può dimenticarli quando continua anche nell'attualità a commetterli? Si sa che quasi la totalità dei membri del Comintern furono liquidati da Stalin. Furono pure sterminati tutti i militanti rifugiati nella U.R.S.S. che seguirono o cooperarono con Lenin prima " dopo la rivoluzione. Furono pure liquidati da Stalin i comunisti stranieri dei paesi dove li ,partito era stato messo fuori legge e cercarono rifugio in Russia. La sinistra zimmervaldiana soffri la medesima sorte. Tutti pezzi grossi del comunismo. Ecco i nomi: Adolph Warski-Warszawski, Maximilian Waleski, Jacob Hanecki, Wladislav Stein-Krajewski, Paul Lewinson, Fritz CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966

Platten, Edmund Peluso, Franz Kolitschoner, Willy Munzenberg, Jan Berzine, JosepJh Unschlicht, Mieczyslaw Bronski e perfino Karl Radek morto nel 1939 in un campo di concentrazione. Dei capi comunisti polonesi furono liquidati: W. Kostrzewa, Julian LenskiLeszczynski, Edward Prouchniak, Jerzy Ryng, Bronislaw Bronkowski-Bortnowski. Henryk Henrikowski, Stefan Krulikowski, Tomasz Dombal, Stanislaw Lancuski, Kazimerz Ciszewski. Non do tutti i titoli e le posizioni che questi capi occupavano nella gerarchia nazionale ed internazionale del comunismo, per non sprecare spazio. Lo sterminio dei dirigenti comunisti iugoslavi comprende: Sima Markovitch, Philipe Philipovitch, Milan Gorkitch, Diouka Tsiyitch, Voya Vuoiovitch, Vlada Tchopitch, Anton Mavrak, Kosta Novakovitch, Kamil Horvatin, Ivo G,:,jetitch-Fleischer, Sima Miliouche e sua moglie, oltre a Mladen Tchonitch e Nikola Kotour. Fra i dirigenti tedeschi assassinati vi sono: Hugo Eberlein, Hermann Remmele, Hans Kippenberger, Leo Flieg, Heinz Neumann, Werner Hirsch, Hermann Schubert, Grete Wilde. Altre vittime del NKVD dalla Finlandia alla Grecia: Kullervo Manner, Edward Gylling, Eero Haapainen, Jan Anvelt, Bela Kun, Joseph Pogany, Bela Szekely, George Andreitchine, ed altre stelle comuniste minori le quali non vale la pena menzionar1, perchè quelle sono in numero infinito. Furon pure liquidati Arne Munch-Peterson, danese, Rose Cohen, inglese e Sultan Zadè, dell'Iran. I generali del partito comunista italiano si salvarono dallo sterminio staliniano perchè, interdetti da Mussolini, preferirono fissare la loro residenza nella Francia borghese piuttosto che nella loro patria proletaria russa. Si vede che si fidavano poco del loro caro "compagno" e generalissimo di tutti loro: Stalin. Fu cosi' che salvarono la pelle, che anche se l'avessero perduta ci sarebbe importato un fico. Ma non si salvò però il nostro compagno Francesco Ghezzi, che aveva creduto trovare rifugio in Russia, quando, disgraziatamente, ancora si conosceva poco o niente del tradimento comunista. I compagni si ricorderanno della campagna internazionale che facemmo nel 1929 per forzare i comunisti a lasciarlo . uscirè dalla Russia. Non ci riuscimmo. Stalin lo fece morire in prigione nel 1930. Nel 1929 trovandomi in Parigi la sua compagna russa, - che era comunista ed era venuta a Parigi per qualche missione per il partito - mi fece sapere che mi voleva parlare segretamente. Ci demmo l'appuntamento in un caffè e parlammo a lungo in due soli. Era Ghezzi che le aveva detto di cercarmi. Era disperata perchè malgrado il fatto che era del partito anche lei non aveva potuto fare nulla per farlo uscire dalla Russia. Se no mi fece capire che sarebbe rimasta fuori anche lei. Si racconta come il caro compagno Togliatti aiutò a fare liquidare Herbert Schubert, che denunciò in piena seduta del Comintern, operando come gesuita perfetto e coadiuvatore in fornire vittime al maniaco Stalin. Si è cercato d'indovinare le ragioni degli stermini di Stalin. Era un pazzo omicida innalzato sul trono del primo regno comunista. Pazzi su altri troni non mancarono mai lungo la storia umana. Massacrò tutti i suoi più vicini associati e servitori per paura che gli facessero concorrenza? Ragione poco valida perchè tutti i liquidati che abbiamo menzionati erano tutti stranieri, non russi. Il suo trono in Russia, quindi, non era minacciato da loro. Ed erano anche ben contenti di essere I suoi servi e fornitori per i suoi picchetti d'esecuzione, o le sue bolgie Infernali dove si moriva, non a migliaia, ma a milioni. Li liquidò perchè la sua vanità gli faceva odiare la loro fama che offuscava la sua stella e la sua gloria? Speculazioni che non troveranno mai risposta. E la cosa curiosa è che Stalin liquidò al Comintern più stalinisti che trotskisti, zinoviettlstl e boucarinist!. Un fatto da ritenere è che la quasi totalità delle sue vittime straniere erano perseguitate nei loro paesi, dichiarati e messi in posizione di senza patria, i quali avevano quindi persa la protezione dei loro governi nazionali. Perciò li poteva ammazzare senza pericolo d'intervento consolare e scandali e complicazioni internazionali con altri governi. Erano uomini banditi dai loro paesi come comunisti e che cercavano una nuova 41atria e la libertà nel primo paese comunista vi trovarono invece la morte violenta per mano di altri comunisti, loro compagni e fratelli caini. CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966 7

Ammazzatoio comunista o gangsterismo comunista o fascismo comunista. Chiamatelo come volete, la sostanza non cambia. Il comunismo totalitario si è dimostralo da che regna su di una parte del mondo sempre più come uno dei movimenti più per- ,·ersi, più criminali, più ipocriti ed anche più retrogradi e crudeli che si siano manifestati nella storia dell'umanità. E certi anarchici dovrebbero abbandonare una volta per sempre l'etichetta di comunisti per non essere più confusi con questa zavorra umana. E' vero che al momento eh-~ gli anarchici adottarono la qualiilca di comunisti questo degenerato prodotto di comunismo totalitario non esisteva ancora al potere, quindi non si era ancora manifestato in pratica. Ma Bakunin e Stirner ne compresero bene il suo pericolo e la sua tendenza verso l'assolutismo, se un giorno fosse venuto a regnare sull'uomo. Bisognerebbe, quindi, eliminare il malinteso e la confusione coll'tliminare l'etichetta di comunismo dall'anarchismo onde distinguerci nettamente da questo falso comunismo, sopratutto che anche esso - per meglio ingannare le masse - sostiene che la sua meta è pure una specie di comuninmo libertario nel quale lo stato sarà dissolto, sparirà, svanirà come il fumo svanisce nell'aria. :f. :f. :f. Ci si vorrebbe far dimenticare gli orribili delitti commessi e che ancora commette il comunismo totalitario. Si vuole comparare gli assassinii dei comunisti con quelli del terrore della rivoluzione francese. Ma noi condanniamo entrambi, la differenza è fondamentale. Perchè il terrore della rivoluzione francese malgrado tutto distrussi, dei regimi assolutisti, mentre il comunismo totalitario li costruisce dove non esistevano e sorpassa tutti gli assolutismi che lo precedettero. E l'anima ignobile del fascismo comunista si dimostra ancora più quando non solo distrugge le sue vittime ftisicamente, ma vuole ucciderle pure moralmente. Non solo gli distrugge il corpo, ma vuole distruggergli pure l'onore. Si cerca di attribuire l'incubo di quel periodo orrendo solamente attribuendolo alla malavgità, Inumanità e follia omicida di un solo uomo: Giuseppe Stalin e non colpa del ,partito comunista che regna sulla Russia. Non come una degenerazione, una malattia, una barbarie di una dottrina: La marxista-leninista-stalinista. Ma quel lunatico assassino di Stalin regnò sulla Russia per ben 25 anni. Non un giorno, non un mese, non un anno, ma un quarto di secolo. Fu il padre spirituale del partito, l'uomo adorato ed esaltato da tutt<> le penne avariate del comunismo ed i suoi servi; l'uomo adorato ed esaltato come una deità infallibile. E si volle far credere in mille organi e da mille penne vigliacche che era il più nobile, il più onesto, il più leale, il più generoso degli esseri viventi. Migliaia di capi comunisti - e non tutti sotto il pugnale di Stalin - contribuirono a perpetrare questa truffa sul mondo, furono colpevoli di mantenere per un quarto di secolo questo inganno sul popolo internazionale. Non si dimentichi mai che quel lunatico assassino non regnò da solo. Necessitò molti arnesi tanto vili e sanguinari come lui. Tutto il partito lo aiutò a regnare, tutto il partito lo aiutò a sopprimere ogni opposizione, a liquidare fisicamente e moralmente coloro che si opponevano alla tirannia, al massacro organizzato ed eseguito dal bruto. Questo sadista omicida non poteva 1•iempire le carceri di vittime da solo, costruire e mantenere centinaia di campi di concentramento dove milioni di uomini e donne venivano fatti lavorare come le bestie e come e peggio delle bestie alloggiati e meno ancora nutriti, fln che morivano dallo esaurimento fisico per gli stenti e la fame che soffrivano. Questo Stalin, allora capo del comunismo russo ed universale, questo omicida in massa, per portare a teranine tutte queste atrocità e delitti aveva bisogno di complici che soffrissero della sua medesima follia, colla stessa mentalità omicida del loro capo. Questi torturatori, questi carnefici. questi massacratori volontari ausiliari suoi li trovò a milioni nel suo partito e nei partiti comunisti di altri paesi dai quali venne tutta quella feccia umana. Uomini come lui abbietti, falsi, crudeli, sanguinari, capaci di ogni infamia, di ogni tradimento. Uomini come il loro capo senza pietà, uomini senza coscienza, senza alcun senso di umanità, uomm1 senza lealtà, devozione verso amici e perfln parenti, pronti a mettergli il pugnale nelle reni al comando del loro capo. Uomini vili, infine, codardi, traditori, assassini nati o formati da una dottrina (che importa?), una dottrina che riduce l'uomo al livello della macchina, del 8 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966

bruto. Automati servili. Uomini che formano l'essenza, la direzione spirituale di ogni partito comunista al potere o no, che ne sono le loro guide, i loro capi, i loro dittatori. E non ve n'è uno dei presenti uomini che governano la Russia, oggi, che non abbia le mani piene di sangue sparso dal loro predecessore e maestro. Non uno che non abbia aiutato il paranoico Stalin a commettere i suol milioni di delitti. Sono tutti colpevoli! Furono tutti in gradi differenti i suoi ausiliari nelle sue denuncie. persecuzioni, incarcerazioni, liquidazioni. E si salvarono solo perchè erano tanto vili, tanto gesuiti, tanto crudeli e tanto paranoici come lui. Infatti io son convinto pagatori, degli applicatori di regimi totalitari. Altrimenti come si spiegherebbe il godimento sadico che costoro provano a sopprimere i loro avversari, a strozzare la libertà di milioni di esseri umani ed a ridurre gli stessi alla più assoluta schiavitù e per dippiù, vantarsene? Non vi è dubbio sulla loro malattia mentale! Non bisogna dimenticarlo! L'ammazzatoio comunista continun anche oggi su molte tera-e. Dove i capi fasci-comunisti non si liquidano fra dl loro, non si tradiscono fra di loro per impossessarsi del potere, continuano a tradire ed a assassinare coloro che si oppongono alla loro follia. Ricordarsi! Il fascismo comunista si sostiene col delitto! Come tutti I fascismi. che solamente dei paranoici con istinti omi- O non sarebbe totalitario. cicli possono essere dei sostenitori, dei pro- Brand RosePesolloL:eggendarpiraimadellamorte Rose Pesotta, una rara figura, fu una delle più conosciute donne nel movimento operaio d'America e di lei si può ben dire che diventò una leggenda ancor prima di morire. Per un decennio ricopri la caricn di vice-presidente della "Internatlonal Ladies' Garment Worker's Union" e per lungo tempo fu anche organizzatrice nazionale dello stesso sindacato. Ella è ricordata anche quale efficace oratrice ed illuminante autoressa. Una moltitudine d'amici ed ex compagni di lotta e di lavoro, in molte città attraverso il paese, a Montreal nel Canada e a Puerto Rico rimasero colpiti dal triste annunzio della morte avvenuta lo scorso sette dicembre al Mount Sinai Hospital in Miami alla età di 69 anni. Era andata in Florid:i quattro settimane prima dopo sei mesi di malattia. Oltre quattrocento persone presero parte alla cerimonia funebre il 9 dicembre nella Gramercy Park a breve distanza da "Union square." Rose Pesotta nacque in Derazhnyya nell'Ucraina, un attivo capoluogo di mercati ch'era parte, allora, del vasto ghetto conosciuto come il "Seno della colonia ebraica." Nel 1913, all'età di 17 anni venne a New York seguendo cosi la sorella Esther la quale aveva già preso parte nel 1909 nella "Rivolta dei Ventimila" l'istorico sciopero dei camiciai emigrati scesi in lotta a causq delle intollerabili condizioni di lavoro. E cosi anche Rose divenne sartina ricevendo come salario sei dollari per una settimana di 49 ore di lavoro. Presto si registrò In una scuola serale per apprendere l'inglese e col ipassar del tempo ella leggeva avidamente e più spe-· cialmente la storia d'America. Poi incominciò a far parte della Locai 25, la sezione giovanile della I.L.G.W.U. che lottava allora contro i pericoli d'Infortunio nelle fabbriche e cancellare per sempre le inumane condizioni di lavoro. Ella ricordava ancora il tragico incendio d'una fabbrica nel 1911 ove perirono 146 cucitrici. Esther Pesotta aveva lavorato in quel posto l'anno prima. La sorella, insieme ad altre compagne di lavoro, insegnava a Rose metodi onde ottenere più facilità nel cucire. Infatti, dopo un anno ella divenne un'esperta. Divenuta sartina fu trasferita alla Locale 22 e si slanciò con ardore nelle attività unionistiche e nel 1922 fu eletta nel comitato esecutivo della locale e negli anni susseguenti faceva parte dei vari comitati pro scioperi ricavandone un'esperienza inestimabile nella tattica della lotta militante. Dal 1920 in poi ella si trovava sempre in prima linea nella lotta contro i comunist\ che minacciavano d'impadronirsi del controllo nella IL.W.G.U. CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966 9

Nel frattempo il terrore era disceso nel suo paese nativo. L'armata del teppisti del "generale" Simon Petllura di notte come uno sciame di topi Invasero Dera:zhnya ed a colpi di fucile uccisero il padre presso la porta di casa. Sette anni dopo PeUlura caduto in discredito, usurpatore che aveva cercato di soggiogare l'Ucraina, esiliato a Parigi fu assassinato da un'orologiaio israelita. L'estate del 1922 fu per la Pesotta, molto fruttifera. Una borsa di studio che ella aveva ricevuto la mandò a studiare presso il Bryn Mawr College. Poi un'altra borsa la portò al Brookwood College specializ7.andosi in scienze sociali e completando altri studi Sin dal 1916, ad intervalli, e ciotl! nei ,periodi stagionali quando la manodopera dell'industria dell'ago era più ricercata, ella a\·eva fatto dimora e lavorato a Boston la città di un triste ricordo anche per lei: La tragedia Sacco e Vanzetti. Recentemente aveva, ancora una volta, rievocato ht scena di quell'ambiente dal 1920 in poi. Ricordava le visite al due condannati, IP. corrispondenza con essi, i giri di conferenze a favor loro nei centri industriali, il picchetto al palazzo statale negli ultimi giomi prima che il governatore Fuller rese pubblica la sua decisione di mandarli alla sedia elettrica. "Con un giudice cosi ostile e con una giuria scelta a modo loro' ella scrisse nel suo primo libro "Sacco e Vanzetti furono condannati per furto e per doppia uccisione. In verità, chiunque conosceva la debole ed inconsistente deposizione da parte della accusa, sapeva ch'essi furono sentenziati per le loro idee politiche. Aderenti ad un gruppo anarchico di tendenza filosofica essi ebbero la sfortuna di cadere nelle mani della ,polizia in quel tempo quando l'isteria del dopo guerra e la caccia al "rossi·• c\i A. Mitchell Palmer era al colmo. Il ::2 agosto 1927 rimarrà la data più nefanda nella storia del Massachusetts. Per anni dopo la tragedia son rimasta sempre lontana da Boston". Nella cappella funeraria, Israel Broslow della locale 22 ebbe a dire: "Rose Pesotta ha vissuto una vita fruttifera di azione. I suoi anni furono colmi di emozioni e di dramma. Ella venne In questa libera terra dalla Russia ove la libertà non era che un sogno. Nel periodo turbolento che vu dal 1935 al 1944 ella fu un'attiva dirigente Rose Pesotta about 1935 di scioperi ed organizzatrice che posseùeva fervore e fascino. Ella sape\·a come attrarre i giovani nel sindacato. La sua vita fu tutta dedicata al benessere dei lavoratori". Gus Tyler della direzione del I.L.G.W.U. in rappresentanza del presidente Dubinsky disse "Rose aveva il dono della favella ed un innato amore e simpatia per il popolo. Destinata a dirigere , il fato la fuse nel tradizionale stampo della donna guerriera. Ella fu un generale, ma un generale benigno e naturalmente le operaie si rivolgevano a lei considerandola un'esperta. Sapeva essere dirigente e nello stesso tempo anche seguace ed appunto per questo nulla mai le sembrò troppo alto per lanciare rassalto o troppo In basso per difendere. Traboccante d'ardore ella fu sempre l'autentica giovane ribelle". Bernard Shane un altro dirigente della I.L.G.W.U. di Montreal, Canadà osservò: "Ella condusse una vita Indipendente e completa, piena di vigore e di ardore e fu altamente efficace nell'infondere nella massa la sua fiducia e la fede nella causa che rappresentava. Ricordo ancora quando a Montreal dirigeva uno sciopero ed il cardinale cattolico di quella città pubblicò una pastorale, che fu letta in tutte le chiese, richiamando le scioperanti ad abbandonare "quei comunisti" e ritornare al lavoro. Ma le sartine non l'ubbidirono. Seguirono Invece Rose Pesotta e vinsero lo sciopero". 10 CONTROCORRENTE - B08ton, Spring 1966

Sol Lipnick del Workmen Circle ricordò il grande coraggio ch'ella possedeva. Non vacillò mai dinanzi alla forza brutale della polizia e dei gangsters nelle linee di picchetto. E parlò con veemenza oratoria anche contro l'oppressione degli ebrei nell'Unione Sovietica. Harry Rappaport, presidente della Leugue for Mutuai Aid disse: "Rose Pesotta fu ricca di pensieri e d'ispirazione, una forza indomabile. Sempre in prima fila nelle linee di battaglia, volente rosa nel servire in capacità più umili ma necessarie, cucinando e servendo a tavola gli scioperanti quando il bisogno lo richiedeva... All'età di 17 anni, tanti e tanti anni prima che il termine "anti-poverty" fu messo in voga dai politicanti, ella si uni con le forze miranti alla abolizione della povertà. Ella fu un'ardente libertaria e tutti i suoi sforzi si condensarono ad un amore per l'umanità". La Pesotta faceva parte del comitato esecutivo della "League for Mutuai Aid", del "Workers' Defense League", "Jewish Labor Committee", "Freie Arbiter Stimme" <Voce Libera del Lavoro) della "League for Industriai Democracy", fu promotrice della "Confederated Spanish Societies" e dei "Libertarian Book Club". Fu anche l'autoressa di due libri. Nel primo• ella rifà la cronologia della sua carriera e documenta uomini e cose nel Corrispondenza italiana movimento unionista. Nel secondo•• descrive i primi anni in Russia. Norman Thomas, il portabandiera del Partito Socialista d'America, nella prefazione dl questo ultimo, scrisse: "La ragazza che vive in queste pagine ha trionfato in America i: da americana. Dinamica, istruitissima, donna affascinante che ha dato la sua vita e le sue energie al movimento americano del lavoro. ... Noi siamo i suoi debitori per questa storia della sua infanzia e giovinezza". John Nicholas Beffel :,r. :,r. :,r. John Nicholas Beffe! che per molti anni fu giornalista e scrittore pubblicitario e che servi in tale capacità p!'r la difesa di Sacco e Vanzetti ,prima e durante il processo nel 1921 collaborò in ambedue i libri di Rose Pesotta. (N.d.D.) •Bread Upon the Waters (Dood-Mead 1944.) •• Days of Our Lives (Excelsior Press, Boston 1958). Facendo uno st,·appo alle regole (ed anche alla modestia dell'editore del libro) voglio aggiungere che la "Excelsior Press" è la tipografia del nostro amato ed instancabile compagno Aldino Felicani. (N.d.T.) L'OBBIEZIONDEI COSCIENZOA,GGI di C. R. VIOLA Dopo la Francia, l'obbiezione di coscienza imperversa ,anche in Italia. E' un'ennesima prova della contaggiosità dei fenomeni psicologici. Forse, anzi niente è più contaggioso delle reazioni dello spirito. Ondate di gregarismo o di eroismo, di panico o di entusiasmo possono determinare o caratterizzare un avvenimento o un'epoca storica. Ma sarebbe meglio dire automatismo psichico, la cui molla di scatto o miccia di accensione è la suggestione. Guerra e rivoluzioni trovano nella carica suggestiva un terreno naturale di attuazione, e non solo queste. La moda, il mercato, la ,pubblicità, il favore pubblico, ubbidiscono alla stessa legge. Paura e coraggio sono parimenti "accendibili". Ma non devo divagare. Voglio arrivare a formulare una precisa ipotesi: "Se l'obbiezione di coscienza acquistasse la caratteristica di una vera epidemia sociale, quali potrebbero esserne le conseguenze?" Se si interrogasse uno per uno i militari d'ogni rango e se questi potessero dare risposte senza timori e quindi senza riserve, si arriverebbe certamente ad una conclusione sconcertante: che la stragrande maggioranza di costoro fanno quello che fanno, perchè ogni altra scelta presenta maggiori rischi personali ed immediati ... La condizione determinante di ultima istanza è, quindi, la paura del rischio, ovvero non l'amore di patria, ma l'istinto di conservazione. Eppure, allo scoppiare d'ogni conflitto bellico, costoro uccidono o vengono uccisi, pur non avendo motivi di rancore verso gli "avversari convenzionali" ed esCONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966 11

sendo spesso tutt'altro che inclini ad atti di Yiolenza e di vendetta. Le leggi punitive del rifiuto di obbedienza militare sono molto pesanti, ma ciò non impedisce che la repressione generale trovi la coraggiosa iniziativa di uno di pochi che, facendosi interpreti della generalità affrontano a viso aperto, tutte le possibili conseguenze penali. E' il caso di coloro che pospongono il calcolo degli immediati rischi personali a quello dei rischi che incombono sugli uomini tutti dall'esercizio legale della violenza. E' la riprova del concetto rensiano della morale come follia, in quanto dà tutto senza chiedere alcuna contropartita che non sia l'approvazione della propria coscienza. Non è detto che la priorità della "propria coscienza miri sempre giusto, ma chi oserebbe dire che la lealtà valga meno della viltà? Non nascondere le proprie convinzioni, qualunque esse siano, è un primo passo verso la pacificazione degli uomini, ma nel caso specifico è qualcosa di più. E se può essere implorato il contaggio psicologico - da me stesso richiamato - per tentare di inficiare il valore morale del gesto, bisogna aggiungere che la spinta suggestiva può servire a reprimere le proprie istanze, quanto a "sprigionarle". L'obbiezione di coscienza è il caso in cui si ha uno sprigionamento di esigenze già ricacciate nel segreto del proprio intimo dalla paura, sprigionamento che richiede una dose non ordinaria di coraggio. Questo è l'aspetto psicologico e morale dell'obbiezione di coscienza, la quale, come dicevo all'inizio, si va estendendo anche in Italia. Dal lato del diritto positivo, l'obbiezione di coscienza è reato per la stessa ragione per cui è reato tutto ciò che è proibito e punito dalla legge, perchè esso è l'espressione convenzionale basata non su verità esterne e immutabili, ma su presupposti di conservazione e di difesa degli interessi della classe dominante, i quali, per ovvia definizione, non coincidono con quelli della comunità "dominata". E' come dire che il diritto positivo è misura e giustificazione di se stesso. La struttura giuridica, tendenzialmente dittatoriale, specie al livello militare (per cui si dice che uno Stato dittatoriale è organizzato militarescamente!), non si evolverebbe e ancor meno migliorerebbe se non "urtasse" con l'ambiente in cui opera. E' la dinamica storica. Le rivoluzioni non si sarebbero mai fatte se i rivoluzionari avessero aspettato !'"autorizzazione della legge"! Ora, la rivoluzione può anche essere personale e, in ogni caso, vuole le sue vittime generose. Le finalità dell'obbiezione di coscienza si possono riassumere in una sola: "NO·>t prepm·arsi alla guerra pe,· non fare la [Tuerra". L',antica sentenza di Vegezio: "Si vis pacem para bellum", ~emmai è stata valida, . comunque diventata la formula della preparazione sistematica della guerra stessa. Se è vero che il militarismo è la causa costante della guerra, ha avuto ragione lo scomparso Ezio Bartalini, l'indimenticabile animatore del bollettino pacifista "La Pace", a correggere quella sentenza cosi: "SI \'IS PACEM PARA PACEM". A parte tutto, oggi una guerra combattuta con gli ultimi mezzi della scienza, significherebbe solo la distruzione universale se non, chissà, la disintegrazione nucleare dello stesso pianeta su cui viviamo. Ecco la risposta al quesito: Se l'obbiezione di coscienza si generalizzasse, l'umanità 1zon corrnrebbe tale rischio! * * • Attualmente in Italia i detenuti per obbiezione di coscienza sarebbero circa trenta, ma i recenti avvenimenti ci auto-- rizzano a dedurre che il numero debba aumentare. Accanto ai casi clamorosi del cattolico Giorgio Viola e dell'anarchico Ivo Della Savia s'inquadra quello del credente Fabrizio Fabrini, l'ex-aviere che ha rifiutato d'indossare la divisa pochi giorni prima della cessazione della ferma. Secondo l'accusa, costui, un assistente universitario di diritto umano, si sarebbe macchiato di gravi reati di circostanza, per cui rischierebbe anche 16 (dicensi sedici!) anni di reclusione. Alla prima udienza del processo ((in atto mentre scrivo), Fabrini ha detto, tra l'altro: "L'obbiezione di ooscienza serve prima della guerra, ,ion quando spa1·ano i cannoni". Alla seconda udienza, il titolare della facoltà, deponendo come testimone, ha detto che il diritto romano non contempla il ... diritto di disubbedire alle leggi ingiuste. A parte il fatto che la legge della coscienza è superiore ad ogni altra, il professore ha dimenticato che ai tempi. .. romani non esistevano ancora le bombe atomiche! Caso più recente è quello dell'universitario (credente anche questo) Michelangelo Caponetto, pervenuto alla fatidica decisione dopo un anno di servizio. 12 CONTROCORRENTE - Boston, Sprin,g 1966

A Firenze, in data 6 febbraio c. a., il prete Luigi Donadoni ha scelto il pulpito per spiegare al pubblico le sue ragioni pacifiste, permettendo perfino che un universitario, certo Pietro Roggi, parlasse dallo stesso. Questi, dopo aver affermato che gli obiettori di coscienza non sono dei vili, bensì dei coraggiosi, ha esortato i presenti, dicendo che "in caso di gu,erra noi tt•tti dovremmo fare conte loro". La magistratura, com'era prevedibile, si sta occupando anche di questi. Davan ti ad una situazione incalzante anche il potere legislativo si è mosso. Una commissione parlamentare è giunta alla conclusione che l'obbiezione di coscienza non è anticostituzionale. E' già un punto fermo. Altro segno positivo è l'assoluzione con formula piena dell'ormai famoso Don Milani, autore di una lettera aperta ai cappellani militari in congedo, il cui Presidente nazionale Mons. G. Antognetti era giunto a parlare di "comodi scrupoli religiosi e umanitari che sono poi solamente quelli della viltà e del volgare egoismo" (sic et sempliciter!l. Intanto, il prete Balducci Ernesto è stato a suo tempo (15-10-65) condannato dalla Corte di Appello di Firenze ad otto mesi di reclusione con la sospensione condizionale, per apologia di reato. AURELIO D'ONOFRIO A Somerville, Mass., il 3 febbraio u. s. all'età di 74 anni è morto il compagno Aurelio D'Onofrio. Venuto in America giovanissimo, dalla natia Terracina, nei primi anni del secolo, non tardò a manifestare il suo entusiasmo per le idee di rivendicazione sociale, e più spiccatamente per quelle sindacaliste-libertarie. Fu uno dei fondatori del Circolo di Cultura Operaia, dove dette ogni sua migliore attività prendendo sempre parte prima in tutte le iniziative da questo promosse. e particolarmente in quelle della Filodrammatica. Durante l'agitazione pro Sacco e Vanzetti, e nella lotta contro il fascismo non fu mai secondo. Benchè da alcuni anni si era alquanto appartato, e più che altro per gli acciacchi fisici che lo torn1entavano, nulla era mutato nelle sue convinzioni. E per tanto riproduciamo ben volentieri, il contenuto di quanto egli ha lasciato scritto in un bi· glietto che la sua fedele compagna Elisa li libero pensatore Antonio Susini, nel ciclostilato del servizio Civile Volontario fa argutamente notare come la Resistenza cosi spesso ricordata ed osannata dall'Esercito, per essere stata possibile in virtù di un atto di disobbedienza alle autorità militari allora legittime, è in palese contraddizione con la coscrizione obbligatoria. C'è da aggiungere che se l'obbiezione di coscienza è reato, per esempio in Italia, non sappiamo perchè non dovrebbe esserlo, per i "buoni borghesi e cristiani", anche nel caso che i molti milioni di cittadini russi e cinesi si rifiutassero di venire a catechizzare con la forza delle armi la civiltà cristiano-occidentale, in ottemperanza a non impossibili "legittimi" ordini di Mosca e di Pechino! Si sa fin d'ora che la Chiesa al momento storico opportuno, parlerà dei suoi "pionieri dell'obbiezione di coscienza" e che magari cercherà di canonizzare qualcuno, ma la iniziativa di abrogare il paradossale diritto dello Stato di "imporre a uccidere" è sempre valida, anche quando viene da umili preti. Solo ci si chiede come mai questi uomini, sensibili ai problemi della cività odierna e dell'uomo come persona libera non si decidano a restituire alla ispide ortiche della Chiesa la Yeste che indossano, C. R. Viola ci ha fatto recapitare che conferma il suo attaccamento all'ideale. "Quando non sarò più in questo mondo e sarò rientrato in quello dell'infinita materia, che la legge inesorabile ci riserva a tutti gli esseri, desidero essere cremato, senza fiori e senza prete, ma una sola corona di garofani ROSSI, che è il simbolo della mia fede e della mia idealità. Viva sempre la Libertà e l'Anarchia". Aurelio V. D'Onofrio. In aggiunta a questo che potremmo chiamare il suo testamento ideale, per sua espressa volontà il suo corpo è stato messo a disposizione del Laboratorio Medico della Tuft University, per dare ai medici l'opportunità di indagare sul male che lo aveva colpito. Sarà ben ricordato da quanti lo conobbero. Alla sua memoria i sentimenti del nostro cordoglio. Alla buona compagna Elisa, ai suoi figli ed alle loro famiglie le nostre sentite condoglianze. O. F. CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1966 13

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==