Controcorrente - anno XXII - n. 48 - inverno 1966

in un paese dove tutti I presidenti del Con• sigllo avevan saputo per anni, per decenni che l'elezione di almeno trecento "Moretti" dipendevano dal numero limitato di biglietti da cinque lire tagliati a metà, non c'era proprio bisogno di misure straordinarie per farsi una camera di centurioni della Milizia, di funzionari della Ceka, di uomini ligi al capo del Governo per la "bustarella" di fine mese ciò non ostante, per quella smania di esagerazione che lo contraddistingue, per quella dispettosa voglia di spira ch'è in lui una seconda natura, a renderle una burletta atroce. In Intere provincie gli elettori, caricati su autocarri dalla Milizia armata, eran trascinati alle cabine eletto• rali a viva forza e nelle cabine trovavano nascoste camicie nere che, tenendo loro il revolver alla tempia, facevano scrivere e firmare la scheda fascista, in intere provincie erano stabiliti severissimi controlli individuali. E tutto questo dopo che l'intimidazione governativa e fascista aveva reso impossibile ovunque la propaganda avversaria e In talune circoscrizioni persino la presentazione delle liste d'opposizioni. S'aggiunga che, là dove tali sistemi non avevan raggiunto l'effetto voluto o per la furberia o per Il sacrificio di socialisti o popolari, la rappresaglia appena conosciuti i risultati fu terribile. La Brianza, la parte più ridente della regione lombarda fu saccheggiata, devastata, Incendiata barbaramente e migliaia furono le vittime di bastonature e ferimenti solo perchè la zona ricchissima cristiano-sociale non aveva dato al fascismo il numero di voti desiderato e ,previsto. ,Le rappresaglie già sferratesi e ancora temute non avevan nemmeno permesso che si trovassero le firme necessarie per i ricorsi alla Giunta delle elezioni per le proteste doverose; Il fascismo sperava che il terrore bastasse a soffocare una odiosa impresa di terrore, che nessuno levasse una voce di vibrante protesta ad Infirmare la legittimità di una camera nata dalla violenza. Ed Invece quella voce si trovò, si levò. Solo per il discorso del trenta Aprile ogni deputato della maggioranza fu Indicato alla nazione con gli attributi che gli aspettavano, si rivelò l'eletto del manganello dell'olio di ricino, del revolver alla tempia, dell'autocarro della questura, dell'imposizione prefettizia poliziesca padronale, della minaccia al deputato Imposto da Mussolini pena la morte, la galera, l'esilio, l'a!famamento. L'accusatore accusava per l'Incarico d'un partito, ma, come sempre accade, portava nell'espletamento della sua funzione tutta la rigida severità, tutta la pacata baldanza del suo temperamento? Qualunque altro segretario del Partito dei lavoratori avrebbe smussato le punte, architettato frasi ambigue, dato prova di quella diplomazia ch'era ormai, per tutti coloro che volevan salvarsi la pelle, una impellente necessità. Giacomo Matteotti fu freddamente inesorabile. Terminato il discorso, fra gli urli e le minacce della maggioranza, egli si allontanò dalla camera dicendo agli amici che si congratulavano con lui: Stabben, ma adesso preparatemi l'elogio funebre. Era perfettamente conscio del suo destino. E infatti, forse a pochi passi da lui, forse nello stesso corridoio il despota, i cui sistemi erano stati smascherati, pronunciava, forse nello stesso minuto, l'altra frase, rimasta parimenti storica: Quella bocca bisogna chiuderla con un colpo di revolver. Era la sentenza di morte. Ma cl sono degli uomini per i quali la sfida alla morte è un dovere d'ufficio. Tale doveva considerarla Giacomo Matteotti che In tutta la sua opera antifascista aveva portato la meticolosa precisione di un diagnostico curioso dei minimi particolari. Dicono che fosse malato d'un male che non perdona, ma quel male l'anima sua sapeva, superando, obliare. C'erano tre bambini che gli si avvinghiavano alle ginocchia ed anche quei bimbi egli seppe, forse con uno strappo angoscioso alle più intime fibre del cuore, superando, obliare. Perchè egli non s'llludeva ... E questa è la sua gloria maggiore; egli non era della schiera d'imbecillì che sentenziavano: fin qui non arriva. Egli aveva sentito da tempo - tutti quelli che l'accostavano hanno riferito i suoi presentimenti - aveva sentito che, a un tratto, per infamia delle alte sfere governative, delle consorterie, della borghesia tutta, ma soprattutto per l'Infamia d'un transfuga del socialismo impazzito di rancore e d'ambizione e pel cieco fanatismo dei suoi segugi prezzolati, tutto il sistema della lotta politica si mutava e alla battaglia d'idee, alla polemica più o meno aspra, succedeva una guerra tormentosa perchè mascherata e perfida. Egli sapeva che, In tal forma di guerra, ognuno doveva essere al suo posto - in trincea o di pattuglia - fra trabocchetti ed agguati. Eppure non si ritirò. Egli ricco, egli già seviziato una volta, egli che la moglie giovane e tre piccole voci di bimbi richiamavano verso la pace d'un tiepido focolare. Non si ritirò. Lo scuro presagio gli aveva piegato la bocca In un arco lievemente doloroso, gli aveva cerchiato gli occhi d'azzurro, glieli aveva fatti gravi di malinconia e vaghi di lontananza. Ma la fronte era ampia e spavalda e l'andatura sciolta, elastica, giovanile. Andava senza ·cappello. Sembrava il soldato che si protende fuor dello spalto per Irridere al nemico ed al fato si scopre Il capo; nell'Ignoto non si entra che a capo scoperto. Ed egli andava Incontro agli assassini, cosi. Intorno al modo e alla data della costituzione della Ceca fascista alla quale appartenevano tutti I mandatari dell'assasslCONTROCORRENTE - Boston, Winter 1966 37

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