Controcorrente - anno XXII - n. 48 - inverno 1966

i fascisti milanesi cui era stato quasi imposto di sgozzare tutti i sovversivi un po' in vista, si limitavano all'omicidio di tre o quattro oscuri operai e a una cinquantina di ferimenti. Tutte le violenze sono sempre state imposte dal Capo del Governo che era sempre irritatissimo contro la longanimità dei fascisti e si proclamava l'unico uomo di punta del partito. Per quali ragioni Benito Mussolini scelse tra le sue vittime illustri Giacomo Matteotti? Giacomo Matteotti era nato a Fratta Polesine nel 1885. Laureatosi in legge e in scienze sociali all'università di Bologna, si era iscritto prestissimo al partito socialista. Ricco di famiglia propria e avendo sposato la signorina Velia Titta Ruffo, sorella del grande baritono, ricchissima anche essa, potè dedicarsi con passione alla politica del puro idealismo. Ma la sua attività s1 restrinse quasi tutta alla organizzazione dei contadini del Polesine e per parecchi anni la sua popolarità non fu nota oltre i limiti d'una provincia. Segui le direttive neutralistiche del Partito Socialista e il trionfo elettorale del '19 lo mandò per la prima volta al Parlamento. Non aveva straordinarie qualità oratorie, non era uno scrittore elegante. Era soprattutto un lavoratore coscienzioso. Queste sue qualità lo resero caro a Filippo Turati che lo considerava come uno dei suoi migliori figli spirituali e il cui consiglio giovò senza dubbio ad innalzarlo alla carica di segretario del Partito Unitario dopo il distacco dei Massimalisti - 1922. La lotta aspra sostenuta da Matteotti nel suo collegio contro i fascisti, il fatto che egli avesse già subito una volta sevizie e, ciò non ostante, non si fosse ritirato dall'agone, la pubblicazione di "Un anno di dittatura fascista" terribile atto d'accusa meticolosamente documentato degli errori e degli orrori del Regime, un suo viaggio all'estero, il discorso di Bruxelles e articoli suoi pubblicati in giornali inglesi contro Mussolini debbono avergli specialmente concitato l'odio del Duce. Si deve aggiungere a questo il fatto che Matteotti aveva sempre appartenuto a quella pattuglia riformista Turatiana cui Mussolini rimproverava la sua espulsione dal Partito Socialista e che perseguitava in particolar modo col suo odio da mentecatto e che Giacomo Matteotti professava sempre, anche nei privati conversari, non soltanto una avversione politica per il capo del governo, ma un disprezzo assoluto delle sue qualità Intellettuali. E' nell'estate del 1923 che il nuovo segretario del partito riformista comincia ad esser fatto segno alle condanne del Duce. I generici incitamenti a delinquere contenuti quasi in tutti i discorsi e in tutti gli articoli che il Presidente del Consiglio non ostante le gravi cure del governo, continua a mandare al Popolo d'Italia e a L'Impero, appunto nell'estate del 23 sl fanno più espliciti e designano senza sottintesi il Matteotti all'ira fascista. Con la consueta eleganza Benito Mussolini scrive In Il Popolo d'Italia nel 27 Maggio: "Ma i varii Turati e Modigliani e simili Matteotti sono pregati di ricomporsi nel silenzio dei trapassa ti perchè il fascismo comincia ad essere ripreso da una strana nostalgia degli anni passati". E il 3 Maggio: "Quanto al Matteotti volgare mistificatore, notissimo vigliacco e spregevolissimo ruffiano sarà proprio in diritto di dolersi, dopo tanta ignobiltà scritta e sottoscritta". S'è discusso se i testi di queste schifose ingiurie e minacce fossero o no usciti dal cervello del Presidente del CONSIGLIO. Ma, a parte il fatto che la prosa zoppicante con pretenzioni di efficacia di Benito Mussolini si riconosce subito, i manoscritti, di suo pugno, degli articoli da cui abbiamo tolto i brani suindicati sono nelle mani del comm. Fasciolo, oggi esule. Copie fotografiche di tali manoscritti furono spedite ai diplomatici radunati a Locarno assieme e Mussolini. Nelle elezioni del 1924 Matteotti riesce capolista del suo partito in due circoscrizioni: Veneto e Lazio. L'odio di Benito Mussolini contro di lui s'accresce e si accresce maggiormente per i due coraggiosi discorsi che irritarono la maggioranza; il Duce e determinano la catastrofe. Il primo denunciante l'atmosfera d'intimidazioni e di soprusi in cui s'era svolto lo scrutinio; il secondo per ricordare a Mussolini ch'egli aveva approvato dalle colonne di Il Popolo d'Italia quella amnistia Nittl ai disertori che in quel giorno - 2 Giugno 1924 - bollava come una vergogna. Il carattere di Benito Mussolini è tale - e sopra tutto è diventato tale dopo l'insperata fortuna, la dittatura e la suggestione del potere sconfinato - che egli non ammette smentite, nè può perdonarle. Giacomo Matteotti aveva radunato contro l'illegalismo governativo delle elezioni d'Aprile - 1924 - tali documenti. tante ,prove, tanta serena ironia e seppe resistere a parlare, tra le interruzioni, gli urli, le intimidazioni della maggioranza esasperata, con tanta tranquillità, pazienza, di repliche e di ritorsioni, che a Mussolini il discorso dovette apparire oltre che una sfida personale a lui e al Fascismo che, d'altra parte s'identifica in lui, una specie di tracotante spavalderia. Le elezioni eran state una commedia grottescamente mostruosa. Inutile anche quella; come la marcia su Roma. Parto anche quella della famosa e criminale fantasia del Presidente. Già Intimidita l'Italia con seicento assassinii e con persecuzioni senza precedenti, coalizzati tutti i partiti borghesi In un ignobile "Blocco Nazionale"; forzata una nuova legge elettorale ad hoc, Mussolini sapeva di poter contare sopra un trionfo elettorale senza bisogno di speciali provvedimenti. In un paese dove Giovanni Giolitti era riuscito a far cadere Matteo Ren·ato Imbrianl con un telegramma a un prefetto, 36 CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1966

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==