sono care si sono sviluppate ed han fatto progressi che qualche decina di anni fa non si sareboero forse immaginati o sperati. • • • M'è capitato per caso fra le mani in questi giorni la collezione dei primi anni della Critica Sociale, fondata e diretta a Mllano da Filippo Turati dal gennaio del 1891. Vecchio lettore di questa rivista fin dal 1894, tanto da poter dire di dovere anche a lei un po' della mia educazione politica, non mi era riuscito mai di leggerne le prime due o tre annate, in principio per m,a noncuranza ed in seguito per essere quelle divenute estremamente rare. Ho quindi sfogliato con avidità queste pagine di più di trent'anni addietro e lette con interesse tante cose che oggi sembrano lontane ed hanno il lieve profumo dei fiori secchi. Ma vi ho trovato molte cose che possono interessare anche oggi, sia dal punto di vista storico che da quello teorico, come revisioni di passati errori e come ammaestramento valevole anche ai giorni nostri. Quando nasceva la Critica Sociale il sociaHsmo italiano non era più quello di dieci anni prima, tutto anarchico e rivoluzionario. La conversione a destra - allora si diceva tradimento - dl Andrea Costa aveva dato i suoi frutti; ed il gruppetto "legalitario" che prima del 1880 faceva capo al Bignami era diventato assai più numeroso, specie dopo che nel movimento erano entrati Prampolini, Bissolati e Turati, provenienti tutti (se non erro) dalle correnti della de• mocrazia di sinistra. Questi elementi, che dovevano un anno dopo, al congresso di Genova del 1892, con una specie di colpo dl mano interno, precipitare la soluzione e la separazione delle varie correnti socialiste, specialmente di quella social-democratlca da quella socialista-anarchica, allora erano già risoluta• mente avversari degli anarchici, ma si appoggiavano con evidente simpatia ai repubblicani, che nel nord d'Italia erano meno settari ed antisocialistl, meno "carbonari " dei repubblicani delle Romagne e delle Marche, sopratutto per l'influenza moderna e larga che vl esercitavano uomini come Dario Papa, Arcangelo Ghlsleri e Ga• briele Rosa. Molti repubblicani allora erano in fondo dei socialisti (molti, del resto, lo sono anche oggi> ed alcuni professavano apertamente il socialismo. Napoleone Colaianni passava in quegli anni più per un teorico socialista che repubblicano. VI furono anche delle organizzazioni, in quel tempo, che si chiamavano repubblicane-collettiviste. Il Ghl• sieri a Bergamo, dal 1887, faceva la rivista Cuore e Critica in cui collaboravano repubblicani e socialisti. Sarebbe Interessante, certo, consultare anche quest'altra rivista che durò fino al 1890; ma io non ne so altro, se non che il Ghisleri, non potendola più continuare, perchè assorbito da altri lavori, la cedette al Turati, che la continuò cambiandone il nome ln quello di Critica Sociale, e conservandone iJ. vecchio solo per un anno come sottotitolo. La prima annata della Critica Sociale conserva ancora un poco delle sue origini. La collaborazione del Ghislerl e più ancora di Gabriele Rosa v'è abbondante; nè vi manca qualche articolo di Dario Papa e dl Giovanni Bovio. Nel secondo 'anno collabora parecchio anche il Colaianni; ma assai meno gli altri, ed a poco a poco la rivista si chiude in una specie di torre di avorio marxista, che allontana ancor più che gli anarchici da un lato (nel primo anno vi si era pubblicata una poesia di Pjetro Gori) ed i repubblicani dall'altro. A proposito della collaborazione alla Critica di Gabriele Rosa, bisogna lamentare che questo scrittore sia stato cosi dimenticato in tante decine di anni. Oggi che gli studiosi anelanti a libertà cercano negli scritti dei primi repubblicani Italiani, specialmente ln Cattaneo e Ferrar!, argomenti per la loro battaglia intellettuale contro le sorgenti tirannidi, anche le opere di Gabriele Rosa potrebbero utilmente essere consultate. Gli articoli che di lui leggiamo nella Critica sono completamente socialistici, benchè non marxisti ed altresl lontanj dall'anarchismo. • • • Una curiosità, che ho ritrovato nel secondo anno di questa rivista (16 gennaio 1892), è un articolo di Federico Engels dal titolo "L'imminente trionfo del socialismo in Germania. Non è la prima volta che questo articolo viene rammentato; ma io non l'avevo prima d'ora letto nel suo testo. Dopo aver accennato alle peripezie, lotte, rovesci e trionfi del partito socialista tedesco, l'Engels faceva il conto dei voti socialisti raccolti nelle elezioni tedesche: da 101.927 nel 1871, salirono a 351.670 nel 1874, pol a 493.447 nel 1877, a 549.990 nel 1884 a 763.128 nel 1887 ed infine ad 1.427.298 nel 1890. "Alle elezioni del 1895 - concludeva trionfalmente l'Engels - nol potremo contare su due milioni e mezzo di voti almeno, che verso il 1900 raggiunge• ranno da 3 milioni e mezzo a 4 su 10 milioni di elettori inscritti ... " Continuando i suoi compiti, Federico Engels dimostrava con cifre come di fronte alla massa compatta e crescente dei socialisti i partiti borghesi, divisi, erano ciascuno più debole di numero: "ecco una situazione in cui un partito solido, che conti 2 mllioni e mezzo di voti, basterà per far capitolare qualsiasi governo". (A dir vero a tanto ottimismo la redazione della rivista faceva in nota delle ampie riserve). Ma Engels estendeva i suoi calcoli otti· misti anche all'esercito tedesco! "Oggi - el diceva, computando le forze dei socialisti - noi abbiamo un soldato su cinque, fra pochi anni ne avremo uno su tre, e verso il 1900 l'esercito sarà socialista nella sua grande maggioranza". Quale illusione! venticinque anni dopo, cioè quindici anni più tardi della data fissata per un " esercito socialista tedesco", a capo della Germania e del suo esercito c'era ancora il Kaiser, e questo esercito iniziava con la maggiore brutalità la più grande guerra della storia mondiale. CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1966 27
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