patria, da me, quanto nessuna madre poteva chiedere a un figlio, mi hai domandato di diventare schiavo, di rinnegare il mio pensiero, di <rinnegare il mio essere, tutta la mia personalià. Ah! per Dio, no, basta! Se veramente il tuo volto è il volto di Benito Mussolini e del fascismo, Patria io ti sputo in faccia e non solo non t'amo, ma t'odio. Per la civiltà e per la libertà, per quanto in me tende verso un ideale di giustizia e di bellezza, che tu sia maledetta, patria, maledetta col tuo salvatore, col tuo ricostruttore, con l'ignobile orda de' suoi sgherri neri. Meledetta nei secoli. Certo fa male al cuore, ma giova, lungo il cammino lungo, per chi abbia gli occhi fissi, a una mèta, gittare ogni tanto un po' di fardello. Il fiore non allega e non diventa frutto, se non lascia cadere a calcio del tronco, vizzi, i suoi lievi petali versicolori. E quanto ci si sgrava da un peso, ci si svincola, si riprende il cammino con novella lena. Si potrebbe cantare, andando. Parlo a voi, figliuoli del domani e dei miei pensieri; ricordatevi che soltanto la morte genera la vita e che resta eternamente giovane solo chi osi, senza pietà, sgozzare ogni mattina, nel fondo del suo cuore profondo, un •pregiudizio millenario. Si sanguina certo; ma si ristrada novi: diversi e più ilari. Aridità, si dice da chi non comprende. No: Energia. L'arida nudità del combattente che nulla porta seco nella prova, se non !'arme sua lucida e tagliente. Per uccidere o per morire. E rifiottano a galla, in questo grigio inverno parigino, trapun• tato di stelle artificiali, come dentro una torva nuvolaglia, anche !'ore di ieri. Io colgo, delle Immagini che passano, solo quelle che arridono o compiangono al tormento dell'ora. E mi sovviene anche, con uno stridulo riso d'ironia che fa ballare lo stomaco, perchè e quando tu, patria, nuovamente ti ricordasti di me. Era l'ora in cui avevi bisogno di tutti i tuoi figli, di quelli anche cui avevi negato un pane e un sorriso; ne avevi bisogno per mandarli a morire. Solo per questo ti ricordavi di essere madre. Patria, guardami in faccia, come mia madre quando avevo undici anni; Patria, l'ora è venuta, facciamo i conti. Un colpo enorme sul gong della storia. Ne rinbombarono le vecchie montagne d'Europa e le onde sonore si fransero sui continenti lontani, oltre gli oceani. Parve che qualche stella, la notte, ne tremasse. Passarono torme di pallidi condannati dentro le foreste, sulle sterminate pianure, nella fanchiglia delle paludi, sulle nevi eterne, ascurandone l'incontaminato biancore. Andavano cosl trasognati, sul limite della vita e della morte fattosi improvvisamente labile, Andavano immemori entro il turbine, entro l'uragano, nella fornace e nello inferno, per passare al mondo delle ombre. Ricordo che scappai dal mio lavoro, dal mio ufficio per correre ad avvertire coloro che nicchiavano frastornati dalla minaccia che passava sul mondo. La Germania minava il piedistallo della mia Dea, di quella che credevo la Dea di tutti i popoli, la Libertà. · Se avessi compreso allora, potuto supporre, potuto immaginare che la nostra ribellione alla Germania, il nostro sacrificio, il nostro dolore ci avrebbero resi schiavi di un idiota impazzito e sanguinario, invece di ammonire e di urlare avrei riso. A Lindau un ordine della Cancelleria tedesca mi fermò. Stabilita la censura, tagliato dal mondo l'impero che mobilitava, che cosa poteva voler dire al suo paese già dichiaratosi neutrale, un piccolo ,giornalista ohe non sapeva mentire? Tre giorni e tre notti restai fermo a Lindau, sorvegliato, quasi in istato d'arresto. Ne l'ansia. E l'ansia in me non era per me. Poco mi sarebbe importato che l'ufficiale tedesco che doveva decidere del mio destino, tagliato con la squadra e con una faccia da patata energica, m'avesse chiuso con fredda cortesia la strada del mio paese e indicata quella d'un carcere o d'un campo di concentrazione. Quel che temevo era che mi chiudesse la bocca, che mi spuntasse la penna. Anche oggi è la stessa cosa. Molte volte mi son trovato, nella mia vita, a temere più che per me per la mia verità non detta, che ha bisogno di esplodere, di brillare nel slole come uno scoppio di sole. E quando un uomo crede di essere l'unico portatore di una verità o il solo che può conclamarla, con la dovuta efficacia, nulla più teme per se, ,per la sua libertà, teme soltanto che uccidono o imprigionino in lui la sua verità che preme, che urge. Non appena egli l'abbia consegnata alla storia ogni tuo timore svanisce. Sente di aver compiuto un dovere, sente di poter anche morire. Fu al terzo giorno che la Cancelleria dell'Impero comunicò a Lindau che io potevo partire. Era una mattina in cui il sole viaggiava, sul lago di Costanza, tra folti vlluppi di nuvole. Nuvole bianche, accavalcate, che si rotolavano l'une su !'altre come cuccioli pazzarelloni, ruzzanti sopra un tappeto azzurro. Quando toccai la Svizzera, a Romanshora, mi parve di essere salvo di un pericolo enorme, poi che parlando, svegliandoti, potevo salvarti: Patria, dall'oppressione che minacciava te e l'Europa tutta, il mondo. E parlai e scrissi. Primo interventista nel tempo volli l'Intervento senza odiare il popolo tedesco che aveva visto crescere la mia virilità, il mio ingegno, la mia cultura, cui mi sentivo un po' fratello: odiavo il militarismo prussiano, gli junker, gli Hoenzollern, odiavo tutto quello che minacciava la libertà. Irrisione! Combattendo per la libertà dovevo contribuire a rendere Il mio paese schiavo. Oggi maledico la guerra e la vittoria, compiango i seicentomila morti che chiusero le palpebre sul mio sogno. Più ,felici di me essi CONTROCORRENTE - Boston, Autu?M 1965
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