Controcorrente - anno XXII - n. 47 - autunno 1965

L'azzurro del cielo, del mare? Ammiratelo nel fiordo di Norvegia o in una isola dell'Egeo. Una notte di luna sul golfo di Napoli? Vogate tra Pera e Galata in una sera d'agosto. L'arte? Dovete essere ben dotti in storia dell'arte, per affermare certe superiorità con tanta sicurezza. lo preferisco l'abba• zia di Westminster al Duomo di Milano, l'Alhambra a Piazza San Marco, Velasquez a Raffaello, Rubens a Tiziano. Questione di gusti. li genio, il genio della stirpe? In Italia nascon più genii che fagioli. Peccato perchè i genli rompono le scatole e i fagioli bene o male cavan la fame. A ogni modo Keplero ha preceduto Galileo e la gravitazione universale l'ha scoperta Newton, la macchina a vapore Stephenson e il telaio meccanico Kartwright, la lampada elettrica e il fonografo Edison, il telefono senza fili Hertz - le onde si chiamano hertziane -, la cura del vaiolo Jenner, la cura antirabbica Pasteur. Italianissimi tutti, crune si vede. Anche la stampa l'ha scoperta un italiano: Guttenberg! E, dopo quattro secoli, un altro italaino autentico questo: Benito Mussolini - ha completato la scoperta, dimostran• do che la stampa serve a riprodurre soltanto il pensiero di ohi governa, specialmente quando chi governa è un semidiota criminale. Ma lasciamo stare ... Andai dunque. Dodici lunghi anni. .. Della mia vita di ventura ho detto troppo In altri libri per parlarne qui. Qualche volta mangiavo solo nel sogno. Ma c'era la gioventù, c'era la salute, lavoravo con un libro sott'occhio, divoravo i pochi stentati •bocconi leggendo, m'addormentavo solo quando il capo esausto mi piegava sui fogli meditati. La patria era lontana. Ohe cosa poteva importarle di me? Che cosa le importava di tutti quelli che aveva cacciato verso tutte le terre perdute ad implorare il più duro lavoro per la più scarsa mercede? Dodici lunghi anni, dodici mestieri forse. Lamentarsi a che pro•? Imprecare perchè? Adesso nei giorni di buon umore, tra la nausea e la risata, mi sovviene talvolta perchè la patria s'è ricordata di me. E' grottesco. Viracconto un episodio della mia vita che può darvi una vaga idea del come si arrivava in Italia, del perchè si arrivava. Il miracolo della letteratura, quando si caccia in un uomo, non sloggia più. E io, girando il mondo come uno zingaro, ogni tanto, mandavo qualche lettera, qualche corrispondenza ai giornali del bel paese. Ch'eran scritte bene non s'accorgeva nessuno. Ma siccome le pagavan poco le accettavano volentieri. Accadde cosi che il "Secolo" di Mi'ano pubblicò qualche lettera mia da Berlino e accadde anche, in quel tempo, che cambiò di proprietario e volle sviluppare maggiormente i suoi servizi. Il giornale lo aveva acquistato un banchiere che non lo leggeva e aveva nominato direttore un rappresen• tante di macchine da scrivere. In redazione era entrato il solito gregge di affamati i quali caplvan di letteratura, di giorna1ismo e di politica quanto io capisco di grammatica araba. Questo accadde sempre in Italia dove non si ha, purtroppo, l'orrore della responsabilità, ma dove li culto della incompetenza è diffusissimo e osservatissimo. 11 nuovo direttore mi scrisse proponendomi tre mesi di prova prima di affidarmi li nuovo importante servizio. Accettai. Se non che telefonate, telegrammi, lettere che costavano al giornale somme non irrilevanti, venivano spietatamente cestinate e io stavo per essere dichiarato Incapace. Venivano cestinate perchè in redazione, Ira l'esercito di affamati e di idioti, nessuno dei quali si noti, sapeva una parola di tedesco e aveva mai visto la Germania, tutti ardevano dal desiderio di diventare corrispondenti da Berlino. Una lontana sinecura, tranquilla!. .. Scoppiarono in quel tempo i moti di Moabit. Per fare un buon servizio rischia• vo la pelle tutte le sere cacciandomi a cercar notizie tra poliziotti e sollevati. Non giovava. Una sera un dattilografo del giornale, che non aveva odli speciali contro di me e non nutriva speranze di sostituirmi, mentre il direttore e il redattore capo si cacciavan le mani nei capelli per la mancanza di notizie da Berlino e perchè il "Corriere" aveva sempre due colonne sui moti di Moabit, ficcò le mani in un cestino e ne trasse uno stenogramma: "Ma Mariani di colonne ne ha mandate tre e a me sembran vive e sono sere e sere che Mariani manda un ottimo servizio! ... Finisce sempre nel cestino". Di sapere chi lo facesse finire nel cestino nessuno si curò. Fui proclamato un grande giornalista, confermato nell'impiego... Poi venne, con la guerra, il ritorno in Italia, la nomina al posto di primo corrispondente viaggiante, alla morte di Luigi Locatelll, la rivalità al fronte con Luigi Barzini, la popolarità. Ma tu, patria, non identificarti in quel povero dattilografo, ignaro della congiura, che trasse con due dita, da un cestino, la mia prosa condannata. Eh, no! Tu eri con gli affamati analfabeti che nascondevano i miei fonogrammi per rubarmi un posto cui non potevano aspirare. Il dattilografo era il caso. E io, a te, patria, non debbo nulla. E per la mia ultima liberazione, ti dico stassera, una verità amara, una verità che brucia. Ma debbo dirtela, serenamente. Patria, l'ora è venuta, facciamo i conti. Mi siedo davanti a te, con la stessa calma con la quale undicenne, mi sedetti davanti a mia madre, ti guardo in faccia e ti dico qualcosa che a te farà meno male di quel che fece a mia madre. Perchè tu, patria, sei più prostituta e più colpevole di lei. Io non t'amo. Non t'amo più. Triaverso anni di sacrifizi e di pianto, traverso ,anni di devozione senza limiti. dopo averti dato quanto un figlio poteva dare, senza mal misurare l'entità del dono, senza mai chiedere compenso alcuno, tu hai preteso, o CON'IIROCORRENTE - Boston, Autum.t1 1965 23

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