alla Russia, la supremazia mondiale che gli Stati Uniti speravano fosse riservata loro dalla recente vittoria. Come struttura d'appoggio di regimi debilitati dall'enorme recente conflitto, o in profonda crisi istituzionale, la dottrina di Truman, dell'intervento americano in ogni luogo ,ove l'infiltrazione comunista, 1aperta o meno, minacciava di spostare l'equilibrio politico, aveva una certa logica; le sue conseguenze, il piano Marshall, !'alleanza atlantica, fino ad un certo punto l'intervento in Corea, furono un successo; in altri casi, come la campagna di Grecia, che servì a imporre di nuovo un regime semi fascista su una disgraziata nazione, come il perdono facilmente concesso ai gruppi nazionalisti e "revanchisti" tedeschi, come la tolleranza di regimi apertamente fascisti, come lo spagnuolo e il portoghese, e l'aiuto largito a loro, come la seconda parte del conflitto coreano, furono sparsi i semi di futuri pericoli e radicate le cause di più aspri contrasti. . . . . Per altro, vent'anni sono trascorsi. La configurazione internazionale mondiale è radicalmente cambiata. L'Europa non è più un continente dissanguato, dipendente dagli aiuti americani a costo di una velata servitù, o per lo meno di una accettata subordinazione dei propri programmi agli interessi degli Stati Uniti. Gli imperi coloniali hanno lasciato il luogo a un centinaio di nuove nazioni in fermento, lacerate da cruenti conflitti, insidiate da problemi economici e sociali di estrema difficoltà, ma ben decise a non accettare di nuovo la protezione interessata, o peggio 'ancora l'aperto servaggio a quegli imperi. L'educazione, sia pure limitata, fornita a centinaia di milioni di esseri umani, ha servito ad aprire gli occhi a grandi masse fino a poco fa trattate come schiavi. D'altra parte una grande rivoluzione industriale è in progresso, le cui conseguenze sono più nettamente sentite dai paesi più industrializzati, ma che pure rende più ingiustificata la permanenza di sistemi sociali inadeguati al momento, incapaci di rinnovamento profondo, in vaste aree. . . . . Ma più di tutto due fattori hanno cambiato profondamente i rapporti internazionali. Il primo di essi è l'innegabile vitalità della rivoluzione cinese, il seoondo è il problema del progressivo immìs<>rìmento dei paesi sotto-sviluppati, di fronte ad un vcr• tiginoso aumento della ricchezza dei popoli economicamente e tecnologicamente più progrediti, fenomeno diventato acuto negli ultimi dieci anni, e che pone la Russia, almeno fino ad un certo punto, nella stessa classe dei paesi tradizionalmente capitalistici. La rivoluzione cinese è una rivoluzione comunista, ma con caratteristiche diverse da quelle russe. La rivoluzione del 1917 fu esclusivamente una rivoluzione sociale. Lenin non ebbe da liberare la Russia da un dominio straniero, ma soltanto da debellare e distruggere la classe nobiliare e della limitata borghesia nazionale che prevenivano lo sviluppo della nazione russa oltre una fase feudale. Mao-Tse-tung è invece il profeta di una rivoluzione che è essenzialmente nazionalista, che è in pari tempo comunista perchè il compromesso tentato dai rivoluzionari cinesi che lo precedettero, attraverso a cui gli interessi di una piccola minoranza locale e sopratutto i privilegi di imperialisti stranieri dovevano essere preservati nella nuova Cina, si dimostrò fallimentare. Per Lenin la rivoluzione comunista fu il mezzo di disincagliare il suo paese da un sistema sociale che ne impediV'8 lo sviluppo, per i cinesi la rivoluzione comunista ,aggiunse a questo scopo la liberazione da sfruttamenti stranieri. La lezione non dovrebbe andar perduta per alcuno: e certamente essa non è perduta per i dirigenti russi. Ma per Washington la rivoluzione cinese deve essere trattata esattamente nello stesso modo come fu confrontata quasi una generazione fa la minaccia di espansione russa sospinta dalla propaganda comunista. Forse perfino meno intelligentemente: perchè se diciassette o diciotto anni fa, quando apparvero in Jugoslavia i primi sintomi di tendenze di indipendenza dalla Russia, l'atteggiamento americano fosse stato ortodossamente 'anticomunista, ed avesse minacciato un attacco al regime di Tito, solamente perchè questi guidava la sua nazione sull'esempio rivoluzionario russo, oggi la Jugoslavia sarebbe rigidamente ancorata al seguito di Mosca. Non si riconosce ora che, se la Cina rappresenta un esempio e, perchè no, una speranza di aiuto per molti popoli in lotta per la propria liberazione da privilegi locali o colonialisti, la sua •rivoluzione insegna pure a resistere contro ingerenze straniere 4 CONTROCORRENTE - Boston, Summe,· 1965
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