Controcorrente - anno XXI - n. 46 - estate 1965

P.C.I. non affronta la persistente persecuzione religiosa col pretesto del vilipendio? "La Ragione" la ignora addirittura: ma, in compenso, trova abbastanza spazio per riprendere articoli dalla stampa sovietica e per informare i lettori Italiani circa il buon trattamento che oltre-cortina è serbato al clero locale e per concludere che è ,poi ingiusto insistere troppo sulla "Chiesa del silenzio". Il P .e.I. e, quindi, "La Ragione" ci tengono a riscuotere riconoscenza dalla Chiesa per i servizi a questa resi! I "p.c.i.ni" della "Ragione" detengono un mandato già da tempo scaduto. Essi non hanno ottemperato agli obblighi di statuto nemmeno di fronte alle demissioni (protestatarie) di loro colleghi e alla defezione massiva di sezioni. Inoltre, lo Statuto condanna esplicitamente !'"attività partitica" quanto fa propria l'adesione al "metodo democratico", che non è quello del P.C.I. Tali "uomini o amici" del P.C.I. hanno usurpato "La Ragione", dal momento che se ne servono per scopi diversi da quelli stabiliti per statuto e continuano a tenerla in dispregio da Statuto stesso. La situazione attuale della "G. Bruno" sta tutta qui. Di questa rimane una miserabile parvenza. Sia però ben inteso che cio che si vuole affermare non è che la politica del P.C.I. non possa non essere errata, ma che la condotta della "G.B." (che s'identifica praticamente nella "Ragione"> non può essere subordinata alla linea politica di alcun ,partito. Consegue che anche l'atteggiamento politico del P.C.I. relativo ai problemi sociali del Libero Pensiero, può essere lealmente "proposto e discusso" in un organo per l'appunto di libero pensiero, assieme a tutti gli altri atteggiamenti laici. Nessuno avrebbe potuto impedire agli attuali "padroni-caporali" della "Ragione" di proporre e discutere lo atteggiamento del P.C.I.: ma da ciò alla imposizione di un "atteggiamento unico" ci corre la distanza che c'è tra la libera ricerca e. . . il dogma. Invece, i detti "p.c.i.ni", da bravi fedeli di un pessimo tatticismo, hanno voluto fare della politica propriamente detta intesa secondo la tradizione machiavellica della sopraffazione e dell'insincerità. Quando costoro interrogano se stessi (semmai ne sono capaci), probabilmente si rispondono: "SI, non sono sincero, ma ciò è utile alla politica del P.C.l.". Non vogliono comprendere che l'unico dialogo salutare tra gli uomini - tra tutti gli uomini - è quello dell'assoluta sincerità! Analizzata cosi la situazione, trovano sufficiente spiegazione il loro esclusivismo settario e il loro ipocri to paternalismo. E' ovvio che tutto ciò che non coincide con la politica del P.C.I. è per lo meno errato, quando non è reazionario o ... peggio. Perciò, il mio intervento sul dibattito da loro aperto sul dialogo comunisti-cattolici all'insegna delle "ultimissime" ordinanze dello scomparso Togliatti e di Longo - intervento da loro stessi sollecitato - non poteva non essere Informato 111. "rozzo anticomunismo", dal momento che respingeva la sincerità e quindi la validità del dialogo stesso e, in conseguenza, non essere inadatto alla "serietà" del giornale! Perciò, le dimissioni di uno Striuli non possono non significare attentato al verbo del P. C.I., ancor più quando lo sciagurato dimissionario osa censurare quel verbo su un organo di stampa come questo, su cui mi onoro discrivere. E allora l'esplosione del rancore non si limita a colpire le opinioni del reprobo, ma la persona del reprobo stesso e perfino la "personalità" del giornale ospitante, resosi complice di tanto delitto! Costoro si sentono cosi sicuri da contravvenire perfino ad una norma elementare del costume giornalistico: quella di ospitare la replica dell'attaccato. Il trafiletto (che lo Striuli conobbe solo per Iniziativa dello scrivente) è pertanto l'autoritratto morale degli autori. L'attuale "G. Bruno" è un "feudo, settariamente condotto, del P.C.I.": è mio dovere e diritto denunciarlo. Ti sono grato, caro Felicani, di avermi fornita una preziosa occasione. A lor signori ha detto molto di più e da parecchio tempo e con corrispondenze raccomandate, specificando d'essere disposto a seguirli ovunque nella, per me leale, discussione. Costoro o non rispondono o lo fanno molto evasivamente, credendo di fare i diplomatici. Tieni conto che, dopo una rottura di circa due anni fa, ero tornato a collaborare e cooperare con spirito fraterno e sereno, sperando in un loro ravvedimento, flnchè ho dovuto accettare, questa volta, a carattere definitivo, lo "stato di guerra" da loro stessi voluto. Nell'avere costoro attaccata la "persona" dello Striuli (persona che era assolutamente fuori causa!) sta l'indicazione (per 22 CONTROCORRENTE - Boston, Summer 1965

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