Monumenti e ... semantica No, non sento offesa per quanto ha scritto Giuseppe Mangano e neppure ho Inteso offendere lui e quanti altri come lui sono rimasti fedeli alla vecchia scuola del sindacalismo Pelloutieriano, di St. John e Haywood e a quello che un giorno fu anche di Armando Borghi, di Meschi, e, in minor misura, il mio. Dico "in minor misura" perchè non ho mai dato al movimento operaio la costante attività di un Mangano o un Meschi. Le mie attività nel campo sindacale sono state occasionali, diremo cosi, dal di fuori. Non dimeno ho partecipato a molte lotte proletarie, una delle quali certamente ricorderà il compagno Mangano: il grande sciopero degli scaricatori del porto di N. Y. nel 1918-19. (Se erro data, mi corregga.) Se Mangano - che io ho conosciuto tanto quanto egli ha conosciuto me - (mi meraviglia la sua innocenza in materia), - avesse letto più attentamente e riflettuto su quanto del mio scritto ha provocato i suoi appunti, egli avrebbe notato che io parlo di un Meschi "diluito in veste di sindacalista puro e semplice, termine che oggi ha perduto ogni significato in rispetto a quello che aveva nei giorni in cui le lotte proletarie si combattevano affrontando la violenza padronale e poliziesca." Con questo mi riferivo appunto ai mestieranti del socialismo dei Gompers e Rigola-<!'Aragona, a una specie nuova di "sindacalismo" che oggi, in Italia almeno, è assai più di prima svertebrato e svirilizzato. Meglio sarebbe lo si chiamasse "politicalismo" o altro nome meglio appropriato che io non so coniare. E' vero che Meschi non si è mai detto "sindacalista", neppure nel senso inteso da Mangano, perchè egli mirava ad una finalità politica da raggiungere con i sindacati elevati ciascuno alla direzione della propria industria e tutti federati nell'amministrazione della produzione, distribuzione e scambio dei prodotti dell'opera dell'uomo per il bene pubblico. Nulla di più naturale dunque se nelle relazioni epistolari tra loro Meschi e Mangano si scambiassero l'appellativo di "compagno". Quelli erano altri tempi, compagno Mangano. . . I pochi fuutori del vecchio "sindacalismo" rimasti oggi in Italia, per distinguersi dai mestieranti della politica che gravita, specula e vive su i lavoratori, si danno il nome di anarco-sindacalisti. Cosi si chiamavano e si chiamano tuttora molti dei compagni che in Spagna seppero dimostrare con i fatti l'efficienza rivoluzionaria dei sindacati non tenuti a balia dai politicanti. Il nostro è un malinteso attribuibile a interpretazione semantica di facile rettifica. h. r. Firenze, Agoeto 19M Discussioni utili Caro compagno Felicani, Plaudo all'iniziativa di "Tribuna Libera" in "Controcorrente", siccome dà modo a molti compagni di esporre la propria opinione intorno ad avvenimenti che loro interessano da vicino, che accadono per il mondo e dei quali è bene che se ne parli tra di no;, affinchè ne esca quell'esperienza che meglio può aiutarci ad evitare qualche errore, non solo nell'interpretazione dei medesimi ma sl anche circa le nostre pratiche attività quotidiane. "Tribuna Libera", vista da questo lato, appare come un "congresso" sempre aperto tra compagni. Della sua importanza si veda l'opinione del compagno M. Valente (No. 40 Febbraio 1964) circa la "Dittatura Marxista", che la saluta come indispensabile se si vuole la "rivoluzione proletaria"; quando l'esperienza ci avverte del contrario. "Le rivoluzioni le fanno i popoli, ma senza un capo, esse falliscono". "Senza la Rivoluzione Marxista non ci sarà mai rivoluzione proletaria, e senza una rivoluzione! proletaria, non cesserà mai la schiavitù del salario pel profitto. Non si cerchi la "libertà" ... campata in aria, ma la fine dello sfruttamento della vita umana da parte del privilegio". Vorrei fare osservare al compagno Valente che Spartaco - presso i romani -può essere considerato un autentico "proletario" e che il movimento che dalla sua rivolta ebbe seguito può benissimo essere considerato un inizio di "rivoluzione proletaria" ben lungi dall'essere "marxista"; che la rivoluzione in Russia del 1917-1920 può essere considerata una rivoluzione proletaria tradita dal marxismo-leninista: che in Italia nel 1919-1922, non si ebbe la rivoluzione proletaria perchè il marxistaleninista Mussolini volle fare il dittatore. E lo stesso dicasi della rivoluzione di Spagna del 1936, che il marxismo leninista staliniano fece spegnere in un mare di sangue (cosa: che non si esclude si debba attendere succeda della rivoluzione di Cuba). Non è affatto vero che in Cina sia stato il comunismo, o il capo Mao, ad abolire la prostituzione e mettere la donna a pari dignità dell'uomo. Prima di tutto perchè, cadendo sotto la dominazione del capo Mao, il popolo cinese, non vuol dire che abbia acquistato dignità. Quel tanto di miglioramento morale e sociale che vuolsi sia possibile riscontrare essere avvenuto presso le moltitudiru cinesi negli ultimi lustri, non può essere attribuito al comunismo marxista colà imperversante - siccome costringe con tutti I mezzi - milioni di esseri umani ad inauditi sacrifici nello stolto proposito di coltivare il "diritto del più forte", di schierare eserciti potentemente armati, di costruire armi assolute ... ma sl lo si deve alla volontà di emancipazione che l'uomo - in generale - da sempre coltiva. 18 CONTROCORRENTE - Wtnter 1965
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==