sempre il sistema sovietico; ma non hanno la forza di confessarlo, non hanno l'ardire di gridarlo magari ai quattro venti perchè simile ammissione comporterebbe, coerentemente, una impegnativa presa di posizione. E dimostrano, cosi comportandosi, che in loro la Idea ha fallito lo scopo inquanto, e forse perchè mal digerita, ha ucciso l'Uomo anzichè spingerlo ad affermarsi prima di tutto come "ente morale". Ha ragione Brand, si, e non è difficile comprenderlo nella sua alta meraviglia; come si fa a star fuori se si vuole che ci sia coerenza non più fra la teoria, che non c'entra, e la pratica, che è quel che è, ma fra gli impulsi nostri interni, il nostro "sent;re", e la esterna attività? Se per una coerenza teorica assolutamente impossibile dobbiamo prendere a schiaffi la intelligenza ed il cuore tanto vale dire che non siamo anarchici ma vittime dell'Ideale! Se come anarchici dobbiamo volere quell'Anarchia che ancora e malgrado tutto osiamo considerare realizzabile, come soggetti anche soltanto elementarmente pensanti dobbiamo per forza scegliere fra tanti mali quello che dall'Anarchia meno ci allontana. E nella nostra scelta, fortunatamente, non c'è possibilità di errore. Il mondo borghese è quello che è ed è anche quello che tutti conosciamo molto bene, ma esso non impedisce il formarsi di una mentalità anarchica che, del resto, non si è mai compitamente formata, almeno in larghi strati sociali, prima di tutto per la infantile impostazione che l'anarchismo ha sempre dato a tutta la sua attività. Il mondo bolscevico invece non ha soltanto il gran torto di ch·amarsi addirittura "cimitero" per gli anarchici e per l'Anarchia; esso ha il torto ancora più grosso di voler deviare il corso delle umane cose senza accorgersi, forse, che la nuova Umanità sarà fatalmente ben poca cosa se in essa l'individuo, il soggetto Uomo di cui l'Umanità è conseguenza, non potrà liberamente affermarsi, tripudiare ed espandersi. In fondo non c'è proprio nessun bisogno di complicare tanto le cose per dare si o no alla gente quel certo benessere materiale che diverse nazioni borghesi hanno già dato senza far chiasso e semplicemente realizzando almeno in parte il fine ultimo che le guida ed in qualche modo le giustifica. Scegliere? Ma no, il problema non è li; non si può scegliere fra un male sicuramente inguaribile ed un male che, volere o no, può essere perlomeno contenuto. Se nella civiltà borghese !'•anarchismo •ha potuto nascere ed anche svilupparsi un po' malgrado le sue stesse sconcertanti incapacità, vuol dire che questa civiltà può anche dare molto di buono, e magari portare molto lontano, sebbene l'abitudine di combatterla ci abbia fatto dimenticare la possibilità di migliorarla. Potrebbe avvenire altrettanto in una civiltà comunista? Quali forze libertarie potrebbero mal nascere in un sistema ferocemente autoritario che può avverarsi e durare soltanto me• diante la trasformazione deleteria dell'ln• dividuo, potenzialmente "ente morale", in puro e semplice "strumento sociale"? Nella "Città del Sole" del Campanella abbiamo visto la generazione "A" sacrificarsi nell'interesse della generazione "B" e in sostanza, tutte le generazioni presenti sacrificarsi invariabilmente per le generazioni a venfre; abbiamo visto ed ammirato la bella costruzione del magnifico pensatore, ma non abbiamo proprio capito nel• l'interesse di chi dovevano consumarsi tanti sacrifici... Forse il Campanella pensava a Dio, magari a modo suo e gli doleva presentare, alla fine, una umanità perfetta; ma il comunismQ esclude anche Dio, e lo esclude nel nome di una scienza che si scopre sempre meno qualificata a giudicare, ed afferma di non essere che sistema di prosperità sociale. Ma a cosa potrà mai servire tutta questa prosperità ipotetica se non potrà avverarsi senza il soffocamento di quell'Io che è in noi tutti e che sembra la ragione stessa della nostra vita? Ma, no; non esiste un problema di scelta. Esiste soltanto, e come!, un problema di dignità e di coraggio. Bisogna decidersi a chiamare pane il pane e bisogna smettere di illudersi per timore di "sporcarsi". Chi vuole veramente oprare per una Idea non ha paura di nessun contatto e teme esclusivamente quelle forze che verso la Idea non lo possono portare. Bisogna soltanto riconoscere che unicamente e finalmente spostandosi su posizioni costruttive l'anarchismo militante potrà essere seriamente utile in senso sociale. Tanto, non servirebbe proprio a niente Il continuare a fare i rivoluzionari maldestri per giunta, In un mondo dove le rivoluzioni non sono nem'lleno più posslbill almeno se intese come cambiamento violento del· l'ordine costituito. Abbiamo visto tutti in terra di Spagna come le rivoluzioni, o controrivoluzioni ecc. fanno presto a tramutarsi In guerra, ed abbiamo anche perfettamente capito, con la morte del povero Berneri, che nel mondo e nella storia troppe cose sono ormai cambiate per poterci tuttavia trastullare con i vecchi schemi di lotta tanto cari ai romantici. Un problema di scelta esiste e si Impone ma si tratta di un problema di coerenza pratica e non teorica. Si tratta di sapere se si deve continuare ad esaurirsi in un rivoluzionarismo, da molto tempo perfettamente inutile, o controproducente, o se si deve Invece trovare I modi e le forme per inserirsi negli avvenimenti al fine di tenerli almeno nel limite del possibile, sulla strada della evoluzione umana. E tutto il resto non è che perdita di tempo prezioso, chiacchiera petulante destinata ad illudere noi stessi, a dare i la "carica•, a nascondere una spaventosa mancanza di buon senso ... AMLETO ASTOLFI Milano, Agooto 1964 CONTROCORRENTE - Winter 1965 17
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