Dall'Avanti! ebbi questa lettera: Roma, 8 marzo 1962 . . . il direttore del mio giornale mi ha passato per competenza la sua del 7 u.s. in smentita ad un servizio da Cuneo da noi pubblicato nei giorni scorsi. La sua smentita ci ha molto meravigliati perchè noi avevamo ripreso il servizio da una delle maggiori agenzie di stampa alla quale sono abbon•ati tutti i giornali italiani. D'altro canto non dubitiamo della veridicità delle sue affermazioni ed è per questo che abbiamo vivamente protestato con l'agenzia in quistione, alla quale è giusto che lei indirizzi una circostanziata smentita. Per parte nostra siamo dolenti dell'inciòente e la preghiamo vivamente di volercene scusare. In avvenire saremo ben lieti, se ciò non le sarà di troppo disturbo, di ricevere direttamente da lei notizie sulla sua attività intorno al caso Sacco e Vanzetti. PIETRO A. BU.TTITTA Il responsabile dei servizi culturali Così i galantuomini. Soltanto il tartufo gonfio d'aria malsana alla direzione di Umanità Nova, ha trovato nell'episodio scusa per sfogare veleno. Se avesse avuto un centesimo di onestà, avrebbe potuto informarsi del vero presso le persone coinvolte a Cuneo. Avrebbe potuto inviare a investigare qualcuno dei suoi scagnozzi da Torino. Ora i suoi codini riprendono e ripetono la fantastica storia. Sono questi i signori che ai loro Congressi non permettono la presenza dei rappresentanti della stampa, taccian'doli da bugiardi. Proprio loro: i più bugiardi, i più scorretti, i :più falsi, i più cattivi degli scribi da lupanare. Italo Garinei, giornalista anche lui, vive solo a due passi da Cuneo. Nulla gli sarebbe costato a recarvisi e investigare la verità dei fatti. Ma Garinei ama troppo Borghi e la verità che potrebbe colpire il suo homo evidentemente lo disturba. * * * I due gnomi della ·Fai al serv1z10 del decrepito papino, informati e sollecitati dal loro sozio Osmar, notorio pescator di torbido e diffamatore di quanti non si sono mai prostrati in adorazione del suo piccolo dio, traggono fuori testo un periodo di una lettera da me diretta al •Prof. Ernesto Rossi duronte l'ultima campagna presidenziale negli Stati Uniti. Fui io stesso a render ,pubblica quella lettera scritta in difesa d'un diritto umano. Il Prof. Rossi aveva fatto, con la grande competenza che lo distingue in materia religiosa, una conferenza all'Eliseo di Roma, discutendo il soggetto della candidatura tlel cattolico Kennedy alla ,presidenza della repubblica noI'd americana. Il testo fu prima pubblicato ne Il Ponte e poi, tradotto in inglese, fu pubblicato e usato, - certamente all'insaputa dell'autore, da bigotti di tu tle le risme per combattere la candidatura del giovane Kennedy . Il Prof. Rossi, tra le altre cose storicamente vere e appropriatamente dette, sosteneva una tesi sbalorditiva. Riconosceva l'onestà e l'illibatezza del Kennedy ma allo stesso tempo ne propagava la bocciatura nell'assunzione che se tra una cinquantina o più anni un terzo o quarto presidente cattolico fosse stato eletto negli S. U., allora il pericolo dell'invadenza e controllo ecclesiastico sarebbe addivenuto un fatto, come in Italia. Io, ,pur condividendo quasi tutto quanto il Prof. aveva sostenuto con la sua tlotta conferenza, contestavo la sua proposta di condannare, punire una persona reputatamente onesta e sincera oggi, per la trasgressione ipotetica che altra persona avrebbe commesso cinquanta o più anni più tardi. Chiedevo al professore con quale diritto, in base a quale senso di giustizia potevamo noi, uomini che ci eravamo -battuti per la libertà dei popoli e primieramente per quella di pensiero; come ·potevamo noi condannare chi nulla di male aveva commesso in base ad una presunta azione prospettata un mezzo secolo più tardi. Per quella lettera fui complimentato da molti che la lessero, dai direttori della rivista Il Ponte, e lo stesso Prof. Rossi ammise, con lettera che conservo, la giustezza delle mie osservazioni. Come ho sostenuto ieri il diritto di Kennedy alla sua credenza religiosa, sosterrei domani quella di Goldwater se lo si assalisse in base alla sua origine parzialmente ebraica. Cosi pure sostengo il diritto di Chessa e Turroni ad essere quel che sono ... Da altri articoli da me pubblicati han fatto come per la lettera, tratto dal testo qualche periodo che letto da solo potesse prestarsi •alle luride interpretazioni delle loro menti. Difendo e sostengo tutto quello che ho scritto perchè rispontle al vero. Ora, più che mai, dopo la :pubblicazione della circolare Chessa-Turroni, ripeto e insisto: IGIENE MENTALE, per loro e tutti gli "arditi" ohe l'.lisonorono il movimento. A questo siam giunti nell'era della santità borghiana. I tre chierichetti divenuti apostoli faisti riusciranno forse con i loro trucchi da fiera a convincere altre menti troglodite come la loro, ma non certamente coloro i quali conservano ancoro il senso della ragione e della decenza. Prometto di non più occupal'Ini di questa faccenda e di lasciare che i selvaggi affoghino nel loro stesso sudiciume mentale. Hugo RoVland PS. Ho sul tavolo una lettera chiusa ma portante la dicitura "Stampe". L'indirizzo di ritorno è di Aurelio Chessa. Prima di aprirla vorrò assicurarmi la presenza di un igienista. CONTROCORRENTE - Giugno 1964 21
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