Controcorrente - anno XX - n. 42 - mag.-giu. 1964

\ .JUNE 1964 Michele Bakunin

RICORDANDO Il 30 lnlglio 1946 aveva luogo al cimitero di Bema una manifestazione di compagni di varie località e paesi per commemorare il 70.o anniversario della morte di Bakunin. In quell'occasione, Luigi Bertoni pronunciava in francese un discorso di cui riproduciamo i seguenti passaggi: Ricordare qui, anche solo a grandi linee, la vita piena di Bakunin, mi pare impossibile. Siamo venuti qui per evocare il suo grande pensiero di emancipatore universale e integrale, per testimoniare che essa dimora nei nostri cuori, nei nostri spiriti e nelle nostre coscienze, per vivere a ·nuovo i suoi entusiasmi, le sue aspirazioni, le sue speranze, con la stessa intensità che furono da lui vissuti. La morte non poteva spegnere una sì grande fiamma di pensiero e d'azione; essa vibra e risplende ovunque l'idea di libertà e di solidarietà, commuove delle intelligenze e arma delle braccia. Le ore da noi attraversate non sono meno dolorose di quelle che Bakunin conobbe fra due rivoluzioni abortive, quelle del 1848 e 1871. Le sue opinioni sono nate e si sono maturate attraverso quelle due grandi esperienze tragiche .•. Nei suoi attlacchi contro il mondo borghese, Bakunin precisa chiaramente che egli intende che la liquidazione del passato sia radicale e definitiva, 'Perchè la rivoluzione si compia non solo a parole ma coi fatti, non solo nelle forme ma nella sostanza. Per lui, lo Stato, la Chiesa e il Capitale non formano che un tutto, ed. egli insiste particolarmente sul fantasma divino, sulla divinità, negazione anche essa dell'umanità. La religione nella quale gli opportunisti di ogni tinta non volevano vedere ohe una faccenda privata, occupa oggi un primo posto nella cosa pubblica e il clericalismo prevale in una gran parte dell'Europa. Tutte le 'tattiche parlamentari ed elettorali dovevano condurre forzatamente al tradimento dell'idea socialista primitiva, E qui ancora possiamo constatare la chiaroveggenza di Bakunin nella sua condanna di qualsiasi politica, di qualsiasi credenza religiosa, di qualsiasi alleanza coi 'Partiti borghesi. Lo Stato marxista o sedicente 'tale è esso forse meno militlarlsta e imperialista di qualsiasi Stato detto capitalista, e i metodi adoperati contro i piccoli paesi dell'Europa orientale non sono forse gli stessi di quelli ,già adoperati dai governi dell'asse? Bakunin non ha lasciato una grande opera letteraria e quasi tutti i suoi scritti sono incompiuti. Si direbbe che egli esita a concludere allorchè sogna di un mondo del pensiero e dell'azione sempre in cammino. Nessuno più di iBakunin ha saputo alleare, senza mai sacrificare l"uno all'altro, quei due grandi sentimenti di azione: la libertà e la solidarietà. L'uno è inconcepibile senza l'altro ... Ma l'idea di emancipazione integrale da ogni forma di servitù, d'autorità e di sfruttamento si era incarnatla in una figura cosi alta per il pensiero e l'azione, come in iBakunin. Egli non si cullò molto In un vano idealismo, ma volle tendere tutte le nostre energie verso la rivoluzione, di cui la possibiltà può sorgere da un momento all'altro. Nelle ore delle esitazioni, degli scoraggiamenti, dei dubbi, possiamo noi evocare sempre il grande rivoluzionario la cui voce non cesserà di risuonare attraverso i tempi sino a quando i popoli si faranno giustizia. LUIGI BERTONI INQUISIZIONE HUGO DE GREGORY è un cittadino che le autorità dello stato del New Hampshire perseguitano con un accanimento che rivela la perfidia dell'inquisitore. La persecuzione è incominciata durante il periodo del terrorismo maccartista. Molta gente crede che il maccartismo sia morto con McCarthy. Il caso di Hugo De Gregory prova il contrario. I politicanti dello stato del New Hampshire perseguitano De Gregory perchè egli faccia i nomi di coloro che appartenevano con ,lui al partito durante il periodo della guerra. Egli è stato sottoposto a centinaia di interrogatori, ma ha sempre rifiutato di fare la spia spia. Quasi ogni anno De Gregory è stato costretto a comparire in corte per essere sottoposto allo stesso interrogatorio. Il risultato è sempre stato lo stesso. Questa persistenza delle autorità rivelano la determinazione di rendere la vita difficile e.d un lavoratore che vuol vivere in pace con la propria coscienza. L'ultimo interrogatorio ha avuto luogo verso la fine di maggio. De Gregory ha persistito a non voler fare l'informatore. E' stato condannato ad un anno di prigione. De Gregory è ricorso in appello. E' stato rilasciato in libertà prowisoria. L'odissea di questo lavoratore dimostra che nelle sentine poliziesche si persiste a perseguitare i galantuomini, mentre si lasciano a piede libero i delinquenti di alto rango specializzati in frodi e malversazioni a danno del pubblico erario.

RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANI Indirizzo: CONTROCORRENTE, 15'1Mllk Street, Boston 9, Mass. CONTROCORRENTE ls publlslled bl-monthly. M•II &dchss:157 Mllt SL, Bostai. Aldino FtllWll, Editor and Publl...... Olflco of pal)I- 157 "Milt Stntt, Bostm 9, Mass. Seanklass mail prl•II- llltllorlztd al IIGstoa,Mass. SwsaiptlCIIU a ,-. Voi. 20-No. 6 (New Series H2) BOSTON, MASS. May-June, 1964 ANNIVERSARIO Abbiamo raggiunto il No. 42 della nuova serie. Questo numero completa la settima annata dopo la ripresa. In tutto CONTROCORRENTE completa 20 anni di esistenza. Venti anni non sono molti, ma non sono neanche. pochi. Nel tirare le somme possiamo concludere che CONTROCORRENTE ha lasciato dietro di se molti ricordi. Sopratutto infiniti rancori. Le nostre frustale sono state sempre dirette contro la disonestà, l'arbitrio e l'ingiustizia e la prepotenza. Per nostri bersagli abbiamo scelto di proposito sgorbi umani di ogni colore. Gente che per noi ha rap· presentalo il malcostume perchè ha cercato di servirsi di ogni mezzo per colpire militanti che non hanno esitato a manifestare e difendere opinioni definitivamente in conflitto con la rettitudine e la giustizia sociale. CONTROCORRENTE è orgogliosa del suo lavoro. Se potesse vivere ancora venti anni, continuerebbe a seguire la stessa s'trada senza esitare. Gli ultimi anni, complicazioni di indole estranea alla buon'a volontà hanno Interferito col nostro lavoro, ad intervalli. Abbiamo fatto del nostro meglio per continuare, senza lanciare appelli speciali perchè i compagni ci assistano a superare le difficoltà che ci confrontano. Il deficit della rivista dovrebbe far realizzare ai compagni che se ci verrà meno il loro aiuto dovremo ripiegare. Noi non siamo ricchi, non abbiamo mezzi per finanziare indefinitamente la pubblicazione. Continueremo il nostro lavoro, fino a tanto la buona volontà e la salute ce lo permetteranno. Chi è d'accordo con la linea da noi seguita, ci dia una mano. Negli ultimi anni molti dei compagni che erano d'accordo con l'opera di CONTROCORRENTE se ne sono andati. Mancano i giovani che prendano il loro posto. Noi siamo determinati a continuare li nostro lavoro contro la corruzione e la malvagità, gl'inlrighi che minacciano di divenire espressione di qualche gruppo. Aiutateci a rimanere in piedi, decisi a denunziare la cattiveria, il malcostume, la bigotteria, ovunque queste si manifestino. a. f. Consideruzionisu un vecchio libro Nel 1937, Emilio Lussu, evaso dal confino di Lipari, dopo anni di carcere, obbligato a un periodo di riposo per curare le conseguenze dei suoi patimenti, scrisse un libro: "Un anno sull'Altipiano". In esso egli ricorda la campagna e gli avvenimenti di dieci anni prima, quando, tenente di complemento, egli partecipò alla difesa dell'altipiano di Asiago, da cui l'offensiva austriaca del 1916 minacciava di dilagare nel Veneto e di aggirare alle spalle l'esercito italiano schierato sul Carso. E' un breve libro, scritto da una persona il cui coraggio e la cui persistenza furono provati, se pure ce ne fosse stato bisogno, dalla lotta contro il fascismo a cui egli partecipò: un libro scritto da chi non nega di aver preso parte al movimento interventista del 1914-15, e di aver accettato di dividere le responsabilità delle sue manifestazioni. Lussu descrive in esso, oltre e forse più intensamente ancora che le sofferenze imposte dalle condizioni fisiche della guerra sui poveri soldati, quali sono le conseguenze della mentalità militare degli ufficiali superiori. Egli si fa critico asprissimo della condotta delle operazioni di guerra, come progettate e dirette dai generali; egli ,pone in evidenza la stupidità, la irrazionalità di decisioni fatte da individui che, perchè ingranati in un ordinamento gerarchico che non ammette critiche, ma esige invece obbedienza cieca ed esecuzione di ordini senza esitazione, a costo della vita stessa. diventano arbitri del comportamento di gruppi umani immensi. Non è che i generali siano inerentemente assetati di sangue. o che essi siano esseri senza cuore, dechl alle sofferenze che la loro condotta impone ad altri esseri umani. Tutt'altro, anzi essi adempiono ad un dovere imposto loro dalle

tondizìonì ìn cuì essi sì trovano, flduciosì di evitare pene più gravi ai proprii concittadini. Però purtroppo anche le persone più intelligenti e più lungimiranti possono commettere errori, anche le persone dalla mente più aperta non possono evitare di essere guidate da un sottofondo di convinzioni, che sono essenzialmente basate su elementi irrazionali. In particolare chi fin da giovane si è adattato ad accettare senza discutere una disciplina restrittiva della sua libertà di giudizio, più difficilmente reagisce umanamente alla brutalità òi situazioni quando Il suo giudizio deve in ,brevissimo tempo decidere della vita o della morte di altri uomini. E più ancora difficilmente egli rpuò valutare elementi di azione che non appartengono al suo campo; quasi fatalmente egli è condotto a risolvere problemi di tensione politica e sociale nei termini di violenza mllitare. E' pertanto essenziale che le decisioni fondamentali che determinano la sorte dei popoli siano riservate a chi, per attitudine e per esperienza, ha modd di valutare l'influenza di varie correnti di opinione, a chi intende l'essenziale valore della critica, e la riguarda non una manifestazione di insubordinazione, ma un elemento necessario per la condotta degli affari sociali e politici. ••• In questi tempi è perciò importante ritornare alla lettura di libri simili a quello scritto da Lussu: questo è solamente uno dei mille che videro la luce negli ultimi quarantacinque anni. L'America è sul punto di una decisione radicale, le cui conseguenze saranno risentite non soltanto dai cittadini degli Stati Uniti. Le prossime elezioni presidenziali, da quanto appare al momento in cui queste linee sono scritte, saranno il campo di battaglia fra òue mentalità politiche. L'una, sotto la veste di sottrarre gli individui al controllo dell'organizzazione sociale rappresentata da istituzioni centralizzate, copre in realtà il ,programma di soffocare ogni critica e di condurre la nazione verso soluzioni politiche estremamente gravi. Ne è la prova la campagna per una "politica forte" verso l'estero, che, di fronte alla evidente mancanza di entusiasmo popolare per avventure militari in Asia e In America latina, impegnerebbe irreparabilmente la nazione in campagne militari che, nella migliore delle ipotesi, e cioè escludendo la eventualità di estensione delle azioni militari in operazioni basate su armamenti atomici, Imporrebbero la limitazione della pubblica critica e proclamerebbero la necessità di impegnare l'onore della nazione, forse la stabilità del suo sistema sociale e politico, certamente' almeno il suo prestigio nel monòo, sul successo di guerre combattute per la preservazione o la restaurazione di sistemi sociali incapaci di attrarre il supporto popolare locale. L'altra mentalità, sia rpure troppo timidamente, afferma la supremazia dell'ordinamento civile, organizzato nell'ambiente estremamente complesso della società moderna, aperto ad accettare la inevitabilità di evoluzione tanto all'interno che all'estero, giustamente sospettoso delle invadenze della mentalità militare nelle decisioni politiche. Che la prossima convenzione del partito repubblicano scelga come candidato alla suprema magistratura nazionale un rappresentante della tendenza rpiù rigida appare quasi certo. Per lo meno, il programma di esso, influenzato dalla abilità e dalla potenza dei gruppi più retrivi, dal disorientamento dei gruppi più moòerni e lungimiranti, rappresenterà ufficialmente il rigetto di quelle che furono le idee del partito di Lincoln. Di fronte ad esso alle urne elettorali si schiererà un partito multicolore, le cui aspirazioni sono tutt'altro che ben definite, in essenza diviso fra un'ala ancora animata dallo spirito che Wilson e Roosevelt seppero imprimere, e un segmento retrivo, razziale, rafforzato da privilegi parlamentari; però, in complesso, un partito che più facilmente può adattarsi ai bisogni di una società moderna. A questo punto ci si può domandare se non sia opportuna una chiarificazione della situazione politica americana. Se non sia cioè augurabile la definita classificazione dei partiti americani, finora soffocati dall'equivoco e dal compromesso, per cui nessuno dei due partiti può richiamarsi ad una specifica filosofia, ospitando ognuno di essi ogni gradazione di pensiero politico, dal più estremo conservatorismo al pragmatismo progressivo. Personalmente, io credo che la candidatura di un conservatore indubbio, come Goldwater, se anche arrischia di spezzare il rpartito repubblicano e di ridurlo ad un'ombra impotente l'opera di critica e di controllo che nel sistema americano è riservata al partito di opposizione, alla fine forse potrebbe essere di vantaggio·nel futuro. Per lo meno l'elettorato americano sarebbe posto apertamente di fronte alla decisione di affidare le proprie sorti alle forze della reazione o se confidare nella giuda di un governo moderatamente progressivo. Il protratto equivoco, per cui una amministrazione relativamente pronta a seguire nuove tendenze è fiancheggiata e controllata in ogni sua azione, in ogni iniziativa legislativa da gruppi che non si rassegnano all'avanzare dei tempi sarebbe troncato. Senza dubbio tale candidatura potrebbe significare seri pericoli. La tensione nel campo internazionale sta aumentando, e nessuno può escludere lo scoppio di nuove crisi prima di novembre. La campagna in Viet Nam e in Laos può volgere a situazioni disastrose, e l'amministrazione di Johnson, se pur sensibile alle evidenti manifestazioni dell'opinione pubblica, che non desidera impegn·are ulteriormente il paese in una campagna destinata a terminare nello stesso modo come fu quella combattuta dai francesi per la conservazione della colonia indocinese, è per altro controllata molto strettamente da una clamorosa opposizione nazionalista e dalle tendenze bellicose degli elementi militari. La scomparsa di Nehru significa un periodo di difficile adattamento 4 · CONTROCORRENTE- Giugno 1964

per l'India, perno dell'equilibrio fra occidente ed oriente in Asia, e i prospetti per un periodo di calma per quello smisurato paese, lungo tJanto da avviarlo verso una modernizzazione dei suoi sistemi economici e sociali senza farlo cadere negli schemi instaurati dai paesi comunisti, sono spaventosamente dubbi. Se anche un grande passo è stato fatto, stroncando finalmente il "filibuster" del Senato, verso il passaggio di una legge per proteggere i diritti civili della minoranza di colore, siamo ancora molto ma molto lontani da una effettiva accettazione della popolazione negra degli Stati Uniti a pari diritti dei bianchi nel complesso nazionale. L'animosità di elementi razzisti, inasprita dallo smantellamento delle loro iposizioni, l'impazienza di gruppi di colore, giustificata dalla constatazione che nemmeno la legge può far crollare una barriera di incompren• slone, possono provocare incidenti nei prossimi mesi tali da scuotere la nazione e rinforzare la reazione bianca, che già si manifesta. Ed infine, poichè ogni uomo è soggetto al processo di deterioramento fisico e alla finale morte, se pure ognuno si deve augurare che un simile disastro non colpisca alcuno dei candidati prima delle elezioni, pure una eventualità del genere non può esser esclusa. E, se essa avvenisse, l'elettorato potrebbe trovarsi di fronte ad una situazione in cui non ci sarebbe scelta fra due candidati. Perciò l'apprensione di coloro che temono di vedere il campo elettorale diviso nettamente fra una fazione retriva e una di moderato progressivismo fino alle elezioni è giustificata. * * * Pur tuttavia, il vero pericolo sta nel soccombere alle pressioni dei gruppi della reazione e del militarismo. ua pressione che questi eserciteranno nei prossimi mesi, per commuovere l'opinione pubblica in favore di soluzioni di forza sopratutto nei contrasti internazionali sarà immensa. Sarà perciò opportuno ricordare l'esperienza di Lussu. E sopratutto bisognerà tener presente che il carattere della guerra negli ultimi vent'anni ha cambiato radicalmente: se quaranta cinque anni fa, o anche soltanto vent'anni fa, le conseguenze degli errori, dell'albagia, dei pregiudizi delle gerarchie militari erano risentiti immediatamente dai poveri soldati, e solamente Indirettamente dalle popolazioni civili, ora ogni mossa imprudente che involga movimenti militari, o anche soltanto che possa essere interpretata come una minaccia militare, può facilmente scatenare una ritorsione con armi nucleari, che colpirebbe più di tutto le poplazioni clviii. DmJide Jona ---- UNPROFILO DI I miserabili che ordirono e consumarono a tradimento l'assassinio tolsero a Carlo Tresca pochi mesi, o pochi anni di vita e gli diedero l'aureola del martirio. Egli oggi ha la sua nicchia ,nel Panteon degli Immortali caduti per la libertà e la giustizia, per la redenzione dei diseredati e degli schiavi del salario. La bestialità umana davanti alla tragedia ebbe due espressioni, entrambe riportate dalla stampa nel momento di generale commozione. Un individuo rimasto ignoto, che fu fra i primi ad accorrere sul luogo del delitto, constatò: "E' Oarlo Tresca. Doveva fare questa fine da molto tempo!" Un'altra persona, che con l'assassinato aveva condiviso la mensa ed il talamo, sentenziò con ripugnante cinismo: "Sarà stato qualche marito geloso che s'è vendicato!" La coscienza pubblica si levò con una sola voce e soffocò l'ignobile tentativo di trasformare il martirio di un uomo in un volgare fattaccio di cronaca nera. Tresca fu ucciso per eliminare un ostacolo insormontabile alle ambizioni politiche illegittime e smodate di volgari criminali. Carlo Tresca li denunziava, li sferzava a sangue, tagliava loro la via agli osceni connubi di interessate partitanze. Aveva fatto sempre cosi per circa quaranta anni, dal giorno che arrivò in Philadelphia e denunziò con la parola e con la stampa il prete porco, il "banchista" ladro, lo sfruttatore di miseri operai. La sua vita fu una lotta incessante e spietata contro questa gente, dovunque CARLOTRESCA la scovasse. Aveva molti nemici, è vero, fra coloro che nascondono l'anima meretrice sotto la maschera di un'apparente onestà; ma avev,a anche innumerevoli amici fra le masse operaie e la gente realmente onesta. Coloro che hanno congiurato l'assassinio di Carlo Tresca, e pagarono il prezzo del sangue, sono venuti su, alla ricchezza ed ai fasti di un effimero potere, dai bassifondi sociali attraverso ogni forma di maleficio. Ora, essi amano dimenticare e pretendono che altri dimentichi Il loro fosco passato e si proclamano patrio ti, difensori della legge e dell'ordine, rispettosi di ogni tradizione e di tutti i pregiudizi della gente per bene. Carlo Tresca, l'agitatore rivoluzionarlo che metteva l'onestà civica e la fratellanza umana al di sopra di dio, della patria e ò.ell' ordine capitalistico e borghese, era un 'Uomo virtualmente fuori legge. Con I tempi che corrono gli uomini del suo stampo sono pericolosi. Quel vecchio curvato dagll anni e dalle recenti domestiche sventure combatteva con fierezza ed energia la sua battaglia contro le vecchie e nuove frodi dei mercanti della patria e di dio. Bisognava ucciderlo per farlo tacere. E lo assassinarono. La polizia e la magistratura Inquirente finora non hanno trovato I colpevoli. E noi abbiamo la convinzione morale che non li troveranno mal. CONTROCORRENTE- Gtugno 1964 5

L'assassinio di Carlo Tresca è il Caso Matteotti dell'America, ha scritto il New Republic. No. E' qualche cosa dippiù: E' il fallimento completo della Giustizia, che non ha neanche il coraggio inscenare una burla giudiziaria come il ,processo di Chieti. Ma i delitti politici a lungo andare si pagano. Ed è trememlo il prezzo della vendetta delle masse •tradite quando insorgono. Constatiamo intanto, che siamo entrati in piena politica del terrore. • • • Carlo Tresca appartiene a quella generazione nata alla fine della prima decade dopo l'Unità dell'Italra con Roma capitale. L'atmosfera della vita nazionale era ancora satura di leggende eroiche e di spirito anticlericale e garibaldino, mentre cominciavano ad affermarsi le idee socialiste dell'internazionale operaia e della lotta di classe. La prima giovinezza di Carlo - fanciullo forte, irrequieto ed avido di sapere - fu permeata dalle nuove idee politiche e sociali ed egli senti ben presto che aveva una missione da compiere. Aveva terminato i suoi studi, che si fermarono alla licenza tecnica, ma completò la sua istruzione con la lettura e la meditazione di libri che tratl!avano la questione sociale e i problemi politici dal punto di vista che più lo sodisfaceva. Giovanissimo ancora si gettò con l'abnegazione d'un neofita nella lotta per la redenzione economica e morale dei lavoratori. Creò assieme ad altri amici di idee affini una sezione socialista nella sua Sulmona e cominciò ad organizzare i contadini in lega di resistem,a. Poco dopo fu nominato segretario della sezione locale dei fuochisti e macchinisti del Sindacato Nazionale Ferrovieri Italiani. In quel tempo, poco meno che ventenne, si rivelò la vocazione di Tresca per il giornalismo. La sua più grande gioia fu quando ,potè fondare un giornale, che chiamò Il Germe - una pubblicazione di formato minuscolo che divenne nelle sue mani un'arma potente. Erano quelli i tempi delle lotte contro le consorterie e le camorre. Carlo fece il suo dovere con fermezza. Sotto i colpi del Germe, che usava come una clava, caddero diversi amministratori comunali e si frantumarono diverse false reputazioni; le camorre abbruzzesi vennero sconquassate. Queste attività rivoluzionarie fruttarono al giovane ribelle una bestiale sentenza del tribunale di Sulmona, che lo condannò a dodici mesi di reclusione, sei mesi di segregazione cellulare e mme lire di multa. Nel 1904 Tresca lasciò l'Italia e venne In America. Poco dopo che era a Philadelphia gli fu affidata la direzione del Proletario. In una delle tante polemiche Tresca ricordò la sua andata al Proletario cosi: "Non chiesi nulla alla commissione esecutiva della Federazione Socialista Italiana d'America, editrice del giornale. Che cosa dovevo chiedere? I morti non danno nulla. Ma io ridiedi la vita al Proletario. Lo diCarlo Tresca ressi per qualche tempo senza percepire nulla; poi ebbi quattro dollari la settimana; poi otto, ed infine dodici. Per galvanizzare le masse che vi erano atJtorno sfiduciate, mi buttai a capo ,fitto in una lotl!a pericolosissima contro le camorre consolari d'America, lotta che mi costò tre mesi di prigione. Il deficit enorme spari. Allora mi dimisi. Nel 1906 ero in prigione ,a scontare tre mesi ottenuti per la lotta combattuta dalle colonne del Proletario. Uscito dal carcere, pubblicai La Plebe, un settimanale di battaglia, prima in Philadelphia e poi in Pittsburgh, dove affrontati audacemente senza esitanza una criminosa associazione di malviventi, di preti ed agenti consolari, che spadroneggiava su tutto e su tutti. Mi guadagnai qualche anno di galera. Mi si tentò di uccidere sulla pubblica strada, in pieno giorno, e sul viso ,porto i segni di questa aggressione patita dai sicari della chiesa e della monarchia". • • • La vera personalità di Carlo Tresca si sviluppò in America, conservando, anzi accentuando, !'irruente forza originaria in tutte le lotte alle quali partecipò. Si disse socialista, sindacalista, anarchico, ma in realtà dopo che si dimise dal partito socialista e dalla direzione del Proletario non fu membro tesserato di alcun partito; non fu organizzatore regolare di alcuna organizzazione e fu anarchico organizzatore a modo suo. In realtà, egli non fu che un Free Lance del lavoro, di tutte le battaglie e movimenti di avanguardia - fu un individualista, che dava molto fastidio per la sua esuberante attività e per il modo spregiudicato col quale affrontava e risolveva delle situazioni scabrose, tenendo sempre 6 CONTROCORRENTE - Gtugno 1964

presente di trarne la massima utilità per la causa che difendeva, sia in un conflitto fra capitale e lavoro, sia in un processo giudiziario o in una questione giurisdizionale fra unioni operaie. Tresca teneva in nessun conto la coerenza formale. Correva dove la massa si batteva, e nella mischia non era mai fra gli ultimi. "Alla massa - egli scrisse in una polemica - ho dato sempre il mio lavoro, la mia capacità, la mia fede, sia a Lawrence, sia a Paterson che a Little Falls ed al Mesaba Range; quando la massa, era guidata dall'IW.W., come a Columet, Mich., quando a guidarla era la Western Federation of Miners, o quando la guidava, in Pennsylvania, la United Mine Workers of America". Nel 1919 i lanifici di Lawrence, Mass. sono in isciopero e sono in isciopero anche i setifici di Paterson, dove quattro unioni dil·igono la lotta. Tresca scrive: "Avevo nell'animo un solo vivo, pungente, lancinante, bruciante desiderio: quello di recarmi a Paterson per combattere". Ma si incontra a Passaic con Adolph Lessig il quale gli fa comprendere che è "troppo radicale", troppo odiato dai padroni e dalle autorità cittadine. Anche a Lawrence voleva andare, la massa chiedeva di lui a piena voce, ma non potette andarvi perchè anche colà i padroni e le autorità l'odiavano. L'odiavano i nemici della classe operaia perchè a questla classe egli diede sempre con devozione tutte le sue energie. Era naturale che tanta attività data con disinteresse, lealtà e coraggio alla causa del lavoro da Carlo Tresca gli creassero una fama ed una popolarità che urtavano maledettamente la suscittibilità dei "compagni" ed affini. I giornali di Tresca erano diffusi ed apprezzati, le conferenze di Tresca avevano sempre dei pubblici numerosi. Perciò sovente gli invidiosi ricorrevano a mezzi deplorevoli per danneggiare la reputazione ed il lavoro di Carlo Tresca. Nel 1920 la Federazione Socialista Italiana ammonì le sezioni di non servirsi di Tresca rper conferenze di propaganda e agitazioni operaie. Tresca commentò la scomunica dichiarando che non aveva mai chiesto aiuto alle sezioni socialiste. "Ve ne sono state, egli scrisse, che hanno chiesto la mia opera di propagandista. Verissimo. Ed è vero pure che non l'ho negata. Ma non ho, in nessuna maniera, nè per iscritto nè colla parola, cercato di far credere a chi questa mia opera chiedeva che io sono ... quello che non sono". E rpoi continuò con un senso di sconforto, ma non di rinuncia: "A quale scopo la scomunica? per rendermi plil difficile la mia attività? non bastano forse a serrarmi i fianchi I nemici che mi odiano e incalzano? Non vedete? Non mi riesce piil di muovermi. Ho fatto un giro lo scorso dicembre. Il rpericolo era sempre imminente: i compagni sempre all'erta. Ero spiato, seguito, tenuto d'occhio. E il giro si chiuse tragicamente a Beaver Falls. Un uomo fu ucciso davanti ai miei occhi dalla sbirraglia che invase la casa chiedendo felinamente: dove sta Tresca? Il nemico incalza. Sono con le spalle al muro. Nelle organizzazioni economiche mi si sbarra il passo. Tresca? Troppo radicale. Troppo perseguitato dalla polizia. Durante gli scioperi dei camerieri, delle sartine, dei calzolai, dei tessitori mi sentii ripetere da chi dirigeva le masse: "no, non puoi parlare; scusaci, ma tu sei la bestia nera dei padroni e degli agenti di polizia". E la folla, la folla che conosce ed apprezza lo spirito mio di devozione, voleva. Sono con le spalle el muro, vedete? I compagni vogliono ancora l'opera mia, ardentemente; ma non c'è modo di vincere il cerchio di ferro del nemico implacato ed implacabile. Ole Hanson, l'ex sindaco di Seattle ha scritto un libro sul bolscevismo. In New York viene raccomandato in molte librerie con cartelloni sui quali è riprodotto il sottoscritto nell'atto di parlare agli scioperanti di Paterson con la dicitura: ecco una minaccia per l'America. Sono con le spalle al muro. E non già perchè fo la politica ambigua come voi villanamente affermate, ma perchè mi mantengo ancora fermo e deciso, al di qua del fosso, contro il nemico, cercando in lui e solo in lui il bersaglio sicuro ai miei strali ed alle mie passioni. Ed è ,perciò che sono ... una minaccia per l'America. Una minaccia per lor signori. Ma voi cosa volete? Volete spingermi a fare confessioni di fede che potrebbero cacciarmi sotto le forche caudine delle leggi conosciute coi nomi di 'criminal anarchy' e 'criminal syndacalism,' con relativi 10 anni di galera?" Carlo Tresca era un polemista/ ,aggressivo virulento e persuasivo, ma quasi sempre le sue polemiche non erano che attacchi personali per ragioni di pubblica moralità dai quali esulava ogni contrasto ideologico. L'ultima delle sue ma:ggiori fatiche è stata la ventennale lotta contro il dilagare del fascismo nelle comunità italiane degli Stati Uniti. E può dirsi con ragione che con la morte di Tresca l'antifascismo sovversivo ha rperduto il suo leader piil rappresentativo, attivo ed audace. Negli ultimi anni Tresca aveva ceduto molto a quei maestri di saggezza che sono gli anni e le esperienze della vita. Aveva partecipato a numerosi cruenti conflitti e n'era uscito illeso. Si riteneva immune e non pensava alla morte che l'attendeva in agguato. Egli visse la sua vita nella massima pienezza. Non era certo della farina che si fanno ostie; ebbe vizi e virtù comuni agli esseri umani. Ma quando fini la sua giornata, lasciò una vasta eredità d'affetti e una pagina lodevole nella storia e del divenire sociale. g. CONTROCORRENTE - Gtugno 1964 7

IL PARADISOCHIAMATORUSSIA E' possibile istituire un paragone tra il modo di vivere del lavoratore italiano e del suo collega sovietico? Fino a qualche tempo fà, a questo interrogativo bisognava dare una risposta negativa: trqppo poco se ne sapeva della "vita di tutti i giorni" quale si svolgeva nel ",pianeta Russia". Ma oggi l'Unione Sovietica non è più un "pianeta" misterioso. Molti viaggiatori e molte delegazioni di lavoratori occidentali ,sono potuti andare molto più a fondo, nella conoscenza della realtà comunista sovietica, di quanto non comportassero i programmi dell'lnturist. Disponiamo, in altre parole, di tutti i dati necessari per mettere a confronto i due modi di vita, quell<:1del lavoratore italiano e quello del lavoratore sovietico. E' possibile tirare le somme. Il quadr<>-<liciamolo subito - è tutt'altro che confortante per coloro che ancora si fanno vittime volontarie della propaganda comunista. Prendiamo, allo scopo di istituire un confronto quanto ,più possibile vicino alla realtà, due "tipi" di lavoratori. Chiamiamo col classico nome di Rossi il "tipo" medio del lavoratore italiano e col nome di Ivan il "tipo" dell'operaio sovietico. Facciamoli parlare. Avvertiamo il lettore che quanto essi ci diranno è tratto da documenti inoppugnabili e mai smentiti, quali il classico studio sull'attuale economia russa di Gregory Grossman, i noti volumi dei giornalisti Ronchey e Boffa (iscritto al PCI) e il recentissimo libro di Norberto Valentini, relativo alle esperienze compiute in URSS da un gruppo di comunisti carpigiani. E' evidente che gli operai Rossi e Ivan appartengono a due "tipi" sociologici omogenei e quindi ,perfettamente paragonabili tra loro. Sono entrambi operai di una grande fabbrica, vivono entrambi in una grande città industriale (Milano il ,primo e Mosca il secondo), adoperano le stesse macchine secondo la stessa tecnologia. Nella nostra ipotesi, hanno entrambi una famiglia di quattro persone e anche le loro mogli lavorano come operaie. Riassumiamo dunque le loro rispettive esperienze giornaliere, raggruppandole secondo quattro grandi temi caratteristici del modo di vivere moderno: il lavoro, i prezzi e i salari, la casa e il tempo libero. L'operaio italiano Rossi, elemento dotato di una buona qualifica (potrebbe essere un tornitore specializzato dell'industria metalmeccanica o un tipografo linotipista, ecc.) ha una giornata di lavoro di otto ore, che spesso viene prolungata oltre questo termine mediante la ,pratica delle ore "straordinarie". Va in fabbrica a bordo della sua utilitaria o di una motoretta. II ritmo delle sue prestazioni d'opera è indubbiamente duro e defatigante, anche se l'ambiente che lo circonda è mediamente moderno e razionale. Due sono i suoi ,principali nemici nel corso della giornata produttiva. Il primo è rappresentato dai cosidetti "capi intermedi" e dai sorveglianti, che gli impongono continui "tagli" dei tempi e una disciplina spesso assai dura. II secondo è costituito dalla "alienazione". Rossi fa tutti i giorni lo stesso lavoro, ma è completamente estraniato dagli scopi ultimi di esso. II lavoro non lo soddisfa: non ha nè responsabilità umane nè sufficienti conoscenze generali per inserirsi compiutamente nel processo ,produttivo generale. II lavoro, dunque, lo stanca molto, saprattutto in senso psicologico, e sbocca da ultimo in ciò che i moderni sociologi Chiamano "la tristezza operaia". Veniamo all'operaio sovietico. L'orario me'dio di lavoro di Ivan è di sette ore. In compenso va in fabbrica su mezzi di trasporto collettivi, il che implica un più lungo tempo di trasferimento. L'ambiente di lavoro è meno razionalizzato di quello medio italiano. Oapi "intermedi", sorveglianti e cronometristi ci sono anche in Russia, ma forse meno duri che da noi. Anche tempi e ritmi di lavoro sono, in Unione Sovietica, più lenti che nelle fabbriche capitalistiche italiane. La fatica fisica e psicologica dell'operaio sovietico è dunque senz'altro minore di quena che sopporta il lavoratore italiano. Di eguale per i due "tipi" c'è invece sia la "alienazione" sia la "tristezza operaia". Lo •ha notato anche Vittorio Foa, uno dei sindacalisti della CGIL più vicini alle tesi e agli ideali comunisti, che ha recentemente scritto che i moderni processi ,produttivi sono tali da provocare l'estraneazione dei lavoratori sia in un ambiente capitalistico sia in una fabbrica di proprietà "colletti-va". LA BUSTA-PAGA PER I SOVIETICI E' indubbiamente questo il settore ove le differenze tra Rossi e Ivan sono maggiori ed ove l'esperienm sovietica si dimostra maggiormente fallimentare. Ci sembra inutile tediare il lettore con la pubblicazione delle tabelle salariali degli operai italiani. Ogni lavoratore, del resto, conosce perfettamente sia l'ammontare della sua busta paga sia il costo della vita. Il lavoratore sa ,bene che, oggi in Italia, la sua è spesso una vita di difficoltà e di rinunce. Sa che gli aumenti salariali conquistati in questi ultimi tempi sono stati in gran parte assorbiti dalla spirale dei ,prezzi crescenti. Sa inoltre che l'aumento della sua produttività è stato in questi ultimi anni estremamente maggiore dell'aumento delle paghe. Ma ecco quanto gua:dagna e quanto spende IJ)er vivere un lavoratore sovietico. SI tratta di dati che testimoniano di una condizione estremamente precaria, assai vicina alla miseria. L'operaio comune di Mosca guadagna dagli 80 ai 90 rubli al mese, equivalenti a una somma oscillante tra le 56.000 e le 8 CONTROCORRENTE - Giugno 1964

63.000 lire italiane. L"operaio specializzato guadagna tra i 130 e i 140 rubli, equivalenti a 91-98.000 lire. Le donne ricevono paghe largamente inferiori, aggimntisi in media intorno ai 50 rubli, pari a 35.000 lire. I sindacati sovietici, organi dello Stato e del partito comunista, si guardano bene, naturalmente, dal rivendicare la parità salariale tra i due sessi. Poichè la nostra ipotesi è che anche la moglie di Ivan lavori in fabbrica, fissiamo a 190 rubli (il massimo: pari a 133.000 lire) l'introito netto della famiglia. Dire a questo punto che, in Italia, la famiglia d'un operaio specializzato, in cui anche la donna lavori, gode di un introito mensile aggirentesi sulle 200-220.000 lire non significa nulla, se non si ,paragona questo reddito 1al costo della vita effettivo. PREZZI CORRENTI NELL'URSS Ecco qui sotto una tabella di prezzi correnti a Mosca, rilevati dai lavoratori carpigiani (comunisti in partenza, ma ex comunisti al ritorno) che hanno visitato l'Unione Sovietica nell'agosto scorso. PRODOTTI ALIMENTARI. Un kg. di pomodori: rubli 0,60 (lire 420); un kg. di burro: rubli 3,60 (lire 2,500); un kg. di formaggio: rubli 2,50 (lire 1,750); un litro di latte: rubli 0,30 (lire 210); un kg. di carne da brodo con osso: rubli 2 (lire 1,400); un kg. di 'J)asta: rubli 0,58 (lire 406); un kg. di pane bianco: rubli 0,26 (lire 182); un kg. di mele di terza scelta: rubli 0,80 (lire 560); mezzo etto di cioccolato: rubli 0,96 Oire 672). Si potrebbe continuare a lungo: un pollo costa rubli 2,65 al kg. (lire 1,855), le frattaglie rubli 1,40 al kg. (lire 980). Si tratta, In sostanza, di prezzi alimentari sempre più alti, in alcuni casi notevolmente più alti, di quelli correnti in Italia. La sostam,a è che se la famiglia operaia il!aliana "tipo" spende per la sua alimentazione circa 90,000 lire al mese, pari alla media nazionale di spesa per l'alimentazione (meno del 45 per cento del reddito netto totale) la famiglia moscovita del nostro Ivan spenderebbe, se dovesse mantenersi al livello quantitativo e qualitativo della alimentazione italiana, non meno di 100,000 lire mensili, vale a dire oltre il 70 per cento dei suoi introiti mensili. La conclusione è che Ivan e la sua famiglia mangiano meno e meno bene del collega italiano Rossi. VESTIARIO. Il capitolo relativo alle spese di vestiario è veramente drammatico. I dati statistici corrispondono a quel grigio, miserabile aspetto che ha ancora la folla sovietica. Un kg, di lana costa 3,7 rubli pari a 2,450 lire. Una camicia da uomo di qualità scadente 7,5 rubli pari a 5,250 lire; una camicia appena più decente, con cravatba, 10,7 rubli pari a 7.490 lire. Un cappotto scadentissimo, che in Italia non sarebbe possibile vendere, costa 45 rubli, e cioè 31 mila lire; un cappotto migliore cosl!a ben 128 rubli, pari a oltre 89.000 lire, e cioè quanto l'intera paga mensile di un operaio non qualificato! Le c.alze da donna trasparenti costano 2 rubli (1.400 lire al paio). Un paio di scarpe da donna col tacco alto - evidentemen te considerate una "deviazione'' Imperia- ! si.a - costa l'equivalente di 17.500 lire. Un paio di calzini da uomo, di qualità inferiore, qualcosa come 1.330 lire. Un paio di sandali di cuoio da uomo 12 rubli, pari a 8.400 lire ila.liane. Ecco, a questo punto, alcuni brani di dialogo testuale tra i visitatori italiani e gli operai sovietici. Domanda: (a un autista di piazza>: Quanto guadagnate? Risposta: Ottantacinque rubli (59.500 lire al mese). Domanda: Sono sufficienti ,per vivere? Risposta: Assolutamente no. Domanda: Come fate allora per vivere? Risposta: Altri lavoretti nelle ore libere. Domanda <a un operaio): Perchè non sciopera te? Risposta: Perchè non è permesso. Domanda: Da chi non è permesso? Risposta: Dalla polizia e dai commissari politici. IL COMMENTO DI UN COMUNISTA Ecco co.me un comunista italiano ($altini) in visita a Mosca ha commentato questa situazione: "E' una pazzia! Se non avessi visto questi prezzi con i miei occhi non ci crederei: un ravanello sette lire!". E un altro comunista (Sassi) aggiunge: "Adesso capisco perchè dicono che uno stipendio di 100.000 nell'URSS è come uno di 40.000 da noi. Qui la roba costa tre-quattro volte tanto che in Italia ... ". Il "paradiso dei lavoratori" presenta questa tristissima realtà, dopo quasi mezzo secolo di potere in mano non ai lavoratori, ma al partito comunista. Veniamo ad un altro capitolo disastroso. Solo ,apparentemente l'incidenza delle spese per abitazione è minore in Russia che in Italia. In Italia i lavoratori spendono in media il 15-20 per cento del loro reddito per assicurarsi un tetto. In URSS le statistiche ufficiali e le rilevazioni dirette dei viaggiatori garantiscono che si spende invece non più l:lel 10 per cento del reddito. Ma la sostanza della faccenda è veramente vergognosa, per un governo che si dice popolare e per quei giornalisti e propagandisti del PCI, che per anni hanno ingannato i lavoratori italiani sulla realtà delle condizioni di vita esistenti nel cosiddetto "Stato guida". A Mosca la media di spazio corperto a disposizione di ciascun cittadino si aggira sui 6 metri quadrati a testa! Il programma di nuove costruzioni (dovrebbe essere portato a termine In un ventennio) ll)revede uno spazio pro capite di 14 metri, pari cioè allo spazio individuale delle case popolari italiane costruite quindici anni fa, In piena crisi degli alloggi, e oggi giudicato assolutamente insufficiente. La vera tragedia "comunista" è però la coabitazione forzata. CONTROCORRENTE - Giugno 1964 9

Si può fare un vivido quadro delle due situazioni. Il nostro R,ossi torna a casa dal lavoro e trova solitamente: un piccolo ingresso, una cucina non troppo spaziosa ma abbastanza razionale, una camera da letto con iug,ale nella quale dorme anche l'ultimo nato della famiglia, un soggiorno-camera da pranzo che contiene anche un divano letto per il figlio maggiore, un gabinetto dotato di doccia. Non è una sistemazione ideale. Ma il sovietico Ivan torna a casa e trova: una stanza unica dove vivono dalle quattro fino alle sette persone, spesso appartenenti a C,amiglie diverse. I vari "ambienti" sono divisi da tende spostabili, la cucina è comune, il gabinetto è comune. DIFFERENZE SOSTANZIALI iDice un operaio d"una fabbrica di birra moscovita: "Siamo quattordici persone divise in tre famiglie e occupiamo tre stanze. Il posto per dormire lo ricaviamo tirando delle tende da un capo all'altro della camera più ·grande, la cucina è in. comune, il gabinetto anche. Cosl succede che nessuno si prende mai la briga di pulire e di tenere dietro a niente". Un vero "iparadiso" per la massaia! "Siamo sempre in attesa di una sistemazione migliore - dice una signora - Ci hanno promesso una casa per ogni famiglia entro i prossimi dieci •anni". "Siamo una famiglia di tre ,persone e abbiamo a disposizione ventuno metri quadrati", aggiunge un operaio d"una centrale elettrica. Tutto ciò non ha bisogno di commenti. Anche il modo di trascorrere il tempo libero è profondamente diverso per il "tipo" operaio italiano che abbiamo chiamato Rossi e il "tipo" sovietico Ivan. La differenza maggiore è forse data dal fatto che l'operaio italiano, al livello in cui abbiamo collocato questa inchiesta, è quasi sempre possessore di un mezzo di trasporto individuale o familiare, Il che gli permette di muoversi a suo piacere, mentre l'operaio sovietico dello stesso livello sociologico non possiede spesso neppure la bicicletta. Ma ci sono altre differenze. Le ferie dell'operaio italiano sono solitamente più lunghe (in Russia non superano i dodici giorni complessivi). La parte del reddito che resta nelle tasche degli italiani, detratte le spese per l'alimentlazione, l'abitazione, il vestiario e i trasporti, è notevolmente superiore a quella che resta per i divertimenti all'operaio sovietico. In compenso certi •divertimenti o mezzi di passare il tempo libero costano a Mosca molto meno che a Milano, come per esempio il teatro, il cinematografo, il circo equestre, il balletto. Ci sono ,più !biblioteche e più circoli culturali. Il guaio è, naturalmente, che forniscono libri e cultura strettamente censurati (ad esmpio, non è stato tradotto neppure Gramsci, giudicato poco comunista dai censori sovietici). Costano moltissimo di più che in Italia, invece, hobby e divertimenti quali la pesca o la caccia. In compenso, il lavoratore sovietico ha p,u opportunità di fare dello sport attivo che non ii lavoratore italiano. Tutto sommato ciò che contraddistingue il tempo libero del lavoratore sovietico è che non è tempo propriamente "libero", e cioè lasciato al gusto e all'iniziativa individuale. Esso, al contrario, è regolato, forse più duramente che non lo stesso tempo di lavoro, dalle autorità statali e dal partito onnipresente. Il lavoratore è convogliato nei parchi della cultura, nei cinema di Stato, nei teatri conformisti. Tutto ciò ingenera nella vita "comunista" di tutti i giorni uno squallore, un grigiore, una noia soffo• cante. I RISULTATI DI UN CONFRONTO Un particolare appare estremamente indicativo. In tutta l'Unione sovietica non esistono bar, quei bar dove il lavoratore italiano organizza spontaneamente il primo gradino della sua vita sociale, che servono da luogo d'incontro e di scambio di idee e di opinioni liberamente espresse. Non esistono bar, ha dichiarato un lavoratore moscovita, "per non dare possibilità alla gente di rad11111arsi e di scambiarre opinioni". Possiamo ricav•are qualche conclusione dalla serie di llati e di testimonianze che ci sono ormai dinnanzi agli occhi, in rela• zione al way o/ li/e sovietico comunista? Ohe insegnamento possiamo trarre dal confronto instaurato tra la vita di tutti i giorni, il lavoro, la casa, le spese e il tempo libero del lavoratore italiano e i suoi corrispettivi nel "paradiso sovietico"? Non occorre spendere molte parole. Un regime che si diceva sorto per llJJ)rire alle classi lavoratrici le più ampie prospettive di avvenire di ricchezza, di libertà e di giustizia, è sboccato in uno stlato di miseria, di "alienazione" operaia, di censura, di com .. pressione materiale e spirituale. L'esperimento comunista è fallito. Per ottenere I risultati di cui sopra il partito comunista ha fatto massacrare e deportare milioni di persone, ha fatto morire di fame milioni di operai e di contadini. Piero MoneJli NOTA - Abbiamo trovato questo lntere1Sante arti• colo In un rnente numero di UMANITA', stornale 80elallsta che st pubblica a Roma.. E' li primo scrttto che cl capita sottomano, In cuJ e' fatto Il confronto sul salari che tono In vigore nella patria del prole.tarlato con quelli eslstenU bt Italia. I.e clfr& si cmmmentano da se. Opuno puo' tare l propri commenti. Se nol tentasaslmo di fa.re 11 paragone del salari e&tstentt ln Russia con quelli In visore negli Stati Uniti, slamo eert1 non mancherebbero gU sceml a earatter.lzzare 11 nostro stono «-ne d.Hesa del capltallsmo. I..&lclamo ehe le e.lire pa.rlln.o da se. I.A eente di buon aenao non tara• tat1ea a 1rlunrere alla eonctulone. CONTROCORRENTE- Giugno 1964

. GENTE 52 - Pagina di Diario New York, N. Y., 15 Luglio 1914 La grande metropoli è febbricitante di attività. L'elemento liberale e sovversivo è impegnato nell'agitazione contro JO'hn D. Rockefeller, per il massacro avvenuto il 29 dello scorso Aprile a Ludlow, nel Colorado. Un fattaccio simile non si dimentica. Gioverà riesumare i particolari di quel massacro e delle cause che lo provocarono. L'intero Stato del Colorado era stato la scena di una intensa agitazione operaia fin dai tprincipi del secolo. La pazienza degli schiavi era esaurita. Le condizioni a cui erano sottoposti i minatori erano incredibili. Episodi di violen~ erano avvenuti di tempo m tempo con risultati sanguinosi. I lavoratori del sotrosuolo erano spesso il bersaglio di violenze criminali delle guardie assoldate dai padroni per soffocare le loro richieste. Agli inizi del 1914 la lotta fra minatori e padroni si era intensiflcaba. I minatori sono in sciopero da oltre un anno, determinati a vincere. Le condizioni alle quali li assoggettano i padroni sono inumane. Non è possibile vivere con un salario di $1.65 al giorno per una giornata di lavoro di dodici ore. La United Mine Workers of America aveva deciso di andare in fondo. I padroni delle miniere, abituati a far genuflettere i lavoratori quando questi reclamassero dei diritti, questa volba avevano trovato determinazione e resistenza insolite. Diverse centinaia di uomini sono trincerati nelle montagne e nei boschi, •armati di fucili e mitragliatrici, decisi a non deporre le armi se non a vittoria ottenuta. I padroni di fronte a questà resistenza, ricorrono come sempre al terrore. La grande lotta ha il suo epilogo nel massacro di Ludlow. Gli scioperanti sono sfrattati dalle loro case. Le case da essi abitate sono di pro- ,prietà della Colorado Fuel and Iron Company, compagnia sussidiaria della Standard Oil, controllata da Rockefeller. In seguito allo sfratto i minatori hanno improvvisato, nelle vicinanze delle miniere, una colonia con tende per riparare le loro famiglie dalla neve e dalle intemperie. Ques~a improvvisata comunità è circondata dalla milizia armata fino ai denti. Ognuno sa che i corpi della milizia sono composti da un'accoz~glia di rifiuti umani e di delinquenti. Essi sono sempre ,pronti ad usare ogni genere di violen~ contro la gente del lavoro. Le donne risentono la presenza della milizia e prevedono che qualche cosa di sinistro sta per succedere. Per tranquillizzarsi esse fanno scavare delle buche profonde sotto le tende onde proteggere i loro bambini durante la notte. Il 29 Aprile i bravi della milizia danno l'assalto alla improvvisata colonia. Servendosi di petrolio e di altro materiale incendiario danno fuoco alle tende. Il pretesto per questo atto di rappresaglia contro le famiglie dei minatori è che "un fuggitivo della giustizia" è li nascosto. Numerose donne e molti bambini muoiono in quell'inferno, arsi dalle fiamme e soffocati dal fumo. Chiunque tenti opera di salvataggio è fucilato ... Molti minatori sono uccisi nella ,batbaglia che segue questa rappresaglia ·inaudita. La signora Maria Petrucci, una superstite dell'indimenticabile carneficina, si salvò dalle fiamme ma perse tre bambini. Comparsa davanti alla Commissione Federale per le Relazioni Industriali, la -Petrucci ricostrulv,a così la storia del massacro: Dopo che i minatori scioperanti furono per rappresaglia sfrattati dalle case di proprietà della Compagnia, essi flttarono una spede di spianata e vi eressero degli attendamenti nei quali condussero le loro famiglie. Le tende ospitavano dalle 600 alle 700 persone. Direttamente alle spalle della tenda abitata da me, mio marito ed i nostri figli, ve n'era un'altra più grande che aveva il pavimento di legno sotto il quale vi era uno spazio vuoto della larghez~ della tenda stessa e che serviva da "celiar". Questa tenda era adibita ad ospedale di maternità. Ai primi colpi di mitragliatrice tirati dalla milizia, la tenda della mia famiglia fu la prima a prendere fuoco. Annottava. Spaventata, mio primo pensiero fu quello di portare in salvo i miei figli. Messomi il più piccolo fra le braccia, prendendo per una mano il secondo e facendomi seguire dal più grandicello fuggii dalla tenda e mi diressi verso il "celiar". Mentre percorrevo il breve spazio fra i due luoghi, i soldati, che erano ad una trentina di "yards" di distanza, tirarono fucilate contro di me e le mie creature. Nessuna però mi colpi. Nel "celiar", profondo sei piedi e la cui porta era aper!Ja, troV'B.i altre tre donne e otto bambini. Furono due di queste donne e tutti gli otto innocenti, più i miei che trovarono la morte nella "fossa nera" come da allora in poi chiamiamo Il "celiar". 11 più piccolo dei miei figli era lattante avendo appena sei mesi; il secondo, che era una bambina, aveva due anni e mezzo ed Il terzo, maschio come il primo, ne aveva quattro. Erano ;passati una diecina di minuti da quando mi trovavo nel "celiar", ~he anche la tenda che lo 50vrastava prendeva fuoco. Siccome giungeva fino a noi il rumore delle fucilate che i soldati incessantemente tiravano, cosl avemmo paura di uscire dal nascondiglio. Ma anche se avessimo voluto uscir fuori non lo avremmo potuto perchè la portJa del "celiar•, non so come e da chi, era stata chiusa. Intianto il pavimento in legno che direttamente ci sovrastava incominciava a bruciare ed il fumo aveva già invaso il "celiar". ua respirazione divenne difficoltosissima. Una donna prese delle coperte e le mise addosso a si!/ ed ai suoi due figli per tener lontano il fumo. La pregai di darmene qualcuna per i miei bambini, ma ella rispose che non ne avev,a più. Intanto il fumo divenne più soffocante ed in pochi minuti cessarono le grida ed i pianti; eravamo rimasti tutti CONTROCORRENTE- Giugno 1964 11

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