caffè, bananè, càcào, bestiame àa mace))o, legnami costituisce 1'ossatura finanziaria della più grande parte dell'America latina, è ancora ancorata nelle mani di un'infima minoranza. In molti casi poco più del cinque per cento della popolazione possiede più del novanta per cento del terreno agricolo sfruttabile. Le imprese industriali, limitate quasi esclusivamente alle industrie estrattive di petrolio, rame, alluminio, stagno, ferro, sono strettamente sotto controllo di grandi imprese straniere, con poche eccezioni americane. Malgrado la proclamata volontà del governo degli Stati Uniti di favorire lo sviluppo economico e sociale dell'America latina, nessuno può illudersi che questo possa avvenire senza rivolgimenti che vanno molto, ma molto al di là di quanto i cittadini degli Stati Uniti, oramai completamente permeati dal terrore della istaurazione di sistemi sociali diversi da quelli benvisti ad una miope conservazione, potrebbero tollerare senza impaurire. E, d'altra parte, anche gli aiuti finanziari offerti dagli Stati Uniti per la costruzione di scuole, ospedali e istituzioni sociali, creando o estendendo una classe di intellettuali spostati, educati a valutare le possibilità di benessere che il loro paese potrebbe offrire, ad apprezzare i vantaggi di una maggiore organizzazione produttiva, e favorendo il vertiginoso aumento della popolazione attraverso a provvidenze mediche, non possono far altro che ingigantire la pressione popolare per il rovesciamento di un ordine sociale incapace di modernizzazione. I controlli finanziari indicano che dall'America latina ogni anno fuggono capitali, posseduti dalla locale classe dirigente, per essere investiti in Svizzera, Germania e Stati Uniti in misura prossima, e forse talora perfino un po' superiore a quanto gli Stati Uniti contribuiscano attraverso alla Alleanza per il Progresso: ciò rende evidente la incapacità dei gruppi che controllano la politica locale sud-americana di provvedere alla modernizzazione delle loro strutture economico-sociali, e la mala volontà di fornire gli investimenti che permettano differenziazioni produttive e stabilimento di nuove industrie. Purtroppo, se pure con: buone intenzioni, l'effetto della politica di elevamento sociale ed economico, che doveva essere la base dell'Alleanza per il Progresso, lanciata dal governo degli Stati Uniti, risulta fallimentare. Lo scoppio dei disordini e l'acuirsi della tensione in Panama è solamente un sintomo dell'urgenza della crisi imminente. Certamente, durante la campagna che si apre, sentiremo augurare la mano forte, sentiremo proclamare la necessità del rispetto a trattati. Anzi, proprio a proposito delle crisi del Panama, già si sentì l'argomentazione che, siccome il Panama aderì a un trattato che concede diritti sempiterni sulla zona del Canale agli Stati Uniti, al momento in cui esso venne diviso, per istigazione ed aiuto dell'amministrazione di Teodoro Roosevelt, dalla Columbia e il canale fu tagliato, il governo nord americano dovrebbe rigettare ogni protesta, r"iflutarc alcuna minÌmà alterazione nl patto <malgrado che esso sia già stato prima d'ora riveduto) e, se occorre, rafforzare la guarnigione intorno al canale con qualche migliaio di "marines". Nessuno si avvede che tutta la storia umana insegna che non possono esistere trattati eterni, perchè i trattati riflettono una peculiare situazione del momento in cui essi furono conclusi, ma non possono essere formulati in modo da adattarsi a nuovi rapporti fra i contraenti, a nuove situazioni umane. Nessuno si avvede che un irrigidimento sarebbe il segnale di una nuova crisi, che porterebbe all'impiego non di un paio di battaglioni di marines, ma mobiliterebbe tutte le forze armate che gli Stati Uniti potrebbero mettere in campo, per controllare con un governo militare l'area che va dalla Terra del Fuoco all'istmo di Panama, se non alla frontiera del Rio Grande. Nessuno considera che nemmeno una occupazione militare potrebbe creare, nel giro di pochi anni, una classe media, economicamente e socialmente preparata ad assumersi il compito del rinnovamento tecnico, industriale, economico e sociale dell'America del Sud sui binari del sistema che fiorisce nell'America del Nord. Ed infine nessuno vuol ricordare che proprio agli Stati Uniti toccò la necessità di un esproprio, che fu il più imponente probabilmente fino allo scoppio della rivoluzione russa. I.ia emancipazione, senza compenso, degli schiavi alla fine della guerra civile fu tecnicamente una violazione dei principi costituzionali, per cui nessuno può esser privato della sua proprietà senza equo indennizzo. Eppure, nelle condizioni del paese stremato rlalla guerra civile, tale esproprio era una ineluttabile necessità, e, se esso non fosse aYvenuto, a parte ogni considerazione morale, lo sviluppo verso la nuova civiltà industriale sarebbe stato tarpato dalla esistenza di lavoratori schiavi in concorrenza dei lavora tori liberi. Fuori dell'America latina, l'alleanza nordatlantica è in sfacelo. In realtà essa, creata per opporre un bastione armato alla espansione russa minacciante l'Europa occidentale, non corrisponde più alla situazione attuale, in cui le due grandi potenze sanno che non possono azzardare un colpo di testa militare, senza scatenare una guerra nucleare. La personalità di De Gaulle, deciso a far riacquistare alla Francia la posizione che egli sogna nel consesso delle grandi potenze, rende la vita dell'alleanza più aspra: ma il fatto resta, che una nuova Europa, ben diversa da quella di 15 anni fa, ha bisogni ed interessi che non hanno rispondenza nell'alleanza. Le tensioni fra Grecia e Turchia non possono che minare un settore essenziale dell'alleanza: esse indicano essenzialmente che due paesi, più immediatamente esposti ad una minaccia russa, credono che questa sia meno importante alla loro esistenza di altri problemi. Il riconoscimento della Cina di Mao da parte della Francia, la situazione diventata esplosiva in Cipro, mettono davanti alla amministrazione Johnson, senza possibilità CONTROCORRENTE - Febbraio 1964
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==