Controcorrente - anno XX - n. 40 - gen.-feb. 1964

~DNDT~BOBR l'EBRUARY 1964 Giovanni Bovio

IN MEMORIADI GIOVANNIBOVIO Mai crune in questo periodo in cui la decadenza del costume politico è discesa al più basso del livelli, l'animo nostro può meglio assaporare la voluttà di Immergersi nei ricordi rimettendo in luce uomini, che il nostro tempo ha dimenticati, pel quali la probità politica fu un culto. Uno di questi Giovanni Bovio. Quando alla Camera italiana sedevano non dei Marlnelli, degli Albertini, dei Farinacci o dei Bellonl, ma dei valori intellettuali e morali come Giuseppe Ceneri, Matteo Renato Imbriani, Francesco De Sanctis, Benedetto Cairoli, Francesco Perez, Petruccelli della Gattina e cento altri, accadeva sovente che nei brevi intervalli della seduta si ponessero tra questi uomini del quesiti bizzarri ed originali. Una volta fu posto questo quesito: "quale è il verso più bello di tutta la letteratura universale?" La risposta non era facile. Lungo fu il raccoglimento, numerose furono le citazioni: chi citò Shakespeare, chi Shelley, chi Leopardi: ma nessun verso parve il più bello. Venne il tul'no di Bovio. "Il verso più bello di tutte le letterature?" disse il filosofo, è quello di Dante: Sotto l'usbergo di sentirsi puro. Ed In questa citazicme è tutto Bovio che mai smenti se stesso. Il suo disinteresse, nella più cupa miseria, resta sempre la lettera famosa all'intermediario di un gruppo di banchieri francesi il quale gll offriva un milione duecento mila llre per ottenere l'Intervento in un prestito col governo Italiano. Lettera che qul riproduciamo: Napoli, 3 dicembre 1888. Pregiatissimo Sig11ore La proposizione fattami indica chiaramente che voi mi avete veduto e uàUo, ma non mi avete conosciuto. Per fare a me siffatta proposta, voi avete dovuto indicare ai banchieri che verranno in Roma il mio nome, e permettete che lo difenda io che non ho altro da custodirei e da tra-Smettere. Lo difenderò spiegandovi in poche parole il fatto e me. n fatto comunque colorito e velato ò di quelli che si chiamano affari e che i deputati 11011 debbono trattare nò coi ministri ttò con ufficii e compagnie dipendenti dal Governo. Non c'ò legge che si opponga, ma i fatti peggiori non sono quelli che cadono sotto le sanzioni. Quan.to a me, •iil a voi che siete stato a Napoli, nò ad altri può essere ignoto che io sostento me e la mia famiglia dì per dì i11-Segnando e scrivendo filosofia, congiunta con tm po' di matematica, ma con aritmetica che non {I mai arrivata al milione. Se il lavoro mi frutta l'indipendenza, il milione mi {I soverchio. Voi scrivete che tutto sarebbe fatto di cheto in Roma, senza che altri ne sappia. E non ?.o saprei ioY E non porto nella mia coscienza un codicet I banchieri possono lasciar la loro coscienza a piè delle Alpi e ripigliarsela al ritorno, ma io la porto dovunqiw, percM lii. dentro ci sono gli ultimi ideali che ho potuto salvare dalle delusioni. Voi scrivete che {I opera di buon cittadino questa mediazione, ed io vi dico che {I opera di onesto uomo non far mai ciò che si ha bisogno di tacere o di coprire. Giovanni BOVIO. E le ultime parole che in punto di morte Bovio rivolse ai figli furono "siate liberi e onesti". Monito solenne, aspra rampogna per questa nostra epoca in cui si danno il braccio la più sfrenata tirannia e la corruzione più sfacciata. NOI. Non sacrificare il Vero alla setta, al potere, alla piccola convenienza del minuto, alle petulanze opportunità di un giorno, al mestiere ed alla carriera, alla simpatia ed all'odio; dire il Vero perchè è degno di uomo llbero e di nazione civile, dirlo perchè altri lo ripetano da te e con te, dirlo perchè è il Vero. GIOVANNI BOVIO

RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA. Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANI Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Mlllt Street, Boston 9, Mass. CONTROCORRENTE ls publidled bl-ly. Mail adchss: 157 Mllk SL, Boston.AldinoFtllWII, Ultor 111d PlbllN .. Olflco al publiatk>n 157 'Mllk StrHt, Bostm 9, Mass. 5-ld•clus mali prMI- IUlhorlztdal Bmton, Mass. Subsalptlm $3 a -· Vol. 20-No. 4 (New Series #40) BOSTON, MASS. Jan.-Feb., 1964 PANORAMA Poche settimane fa, commentando la tragica morte del presidente Kennedy, abbiamo rilevato quanto delicata fosse la situazione politica degli Stati Uniti. Per altro si poteva prevedere allora che, almeno perchè la commozione sentita in tutto Il mondo per la tragedia di Dallas avrebbe frenato emozioni e manifestazioni contrarie alla politica degli Stati Uniti, un breve periodo di calma avrebbe permesso alla nuova amministrazione di fare un assestamento della situazione prima di dover confrontare decisioni di fondamentale importanza. Invece le nubi, sul campo della politica estera in special modo, si sono venute addensando; ed anche per quanto si riferisce alla politica interna le tensioni sono andate crescendo. Poichè questo generale peggioramento avviene proprio all'apertura della campagna presidenziale, le sue conseguenze possono essere molto serie. Difatti I prossimi mesi apriranno le porte a ogni sorta di accuse e contro accuse fra I contendenti nelle elezioni: ma senza dubbio favoriranno le posizioni più demagogiche, Impediranno una valutazione calma degli eventi, intimidiranno coloro che tenteranno di prendere una posizione che apra la via ad aggiustamenti fra le potenze in conflitto, e inviteranno i più estremi attacchi ad ogni programma politico che non operi nella sfera dell'Intransigenza più testarda. • • • Nella sfera Internazionale, ove la tempesta va più paurosamente addensandosi, la tensione fra le nazioni sud-americane e gli Stati Uniti, esistente fin da quando questi conquistarono, oltre un secolo fa, posizione predominante nell'emisfero occidentale, si è accentuata ancor più per gli avvenimenti del Panama. Gli incidenti colà scoppiati, per la stolta provocazione di alcuni studenti a proposito di esposizione di bandiere nella zona del canale, Indicano uno sdegno ed una Insofferenza per una si tuazlone in tollerabile della popolazione locale che va ben al di là dell'incidente che dette origine ai moti. Se elementi sovversivi presero occasione dell'agitazione, come certamente non mancarono di fare, AMERICANO essi solamente sfruttarono una situazione che la loro propaganda non aveva creato. Ed li fatto che il presidente Chiari, certamen te ben !ontano dai sovversivi per Ideologia ed interessi, sia costretto ad assumere un contegno di sfida agli Stati Uniti, è indice che egli non può divergere l'opinione pubblica da una campagna popolare contro gli Stati Uniti. Ma il malcontento non è limitato al Panama: soltanto poche settimane fa il governo argentino !u condotto dalla pressione pubblica a nullificare patti che garantivano a compagnie petrolifere straniere, controllate in larga parte da interessi americani, benefici e privilegi che l'opinione popolare Indigena ritenne carpiti ingiustamente attraverso a pressioni su un debole precedente governo. In tutto il resto del continente sud americano, pure escludendo naturalmente Cuba, la situazione politica sta deteriorando con estrema rapidità. Il Brasile, come estensione territoriale, popolazione e potenziale ricchezza la potenza più grande del Sud America, è in completo collasso economico e sociale. Il suo governo stesso può ad ogni momento essere costretto a provvedimenti rivoluzionari, che gli Stati Uniti non possono, nel loro presente modo di vedere, far altro che temere. In Bolivia la miseria dei minatori di stagno e di argento dà conforto ad una propaganda di odio contro un ordinamento sociale, la cui permanenza viene attribuita agli appoggi di interessi stranieri. In Venezuela, la più ricca nazione dell'America del Sud, in proporzione alla popolazione, l'iniqua distribuzione della ricchezza e del potere sociale condanna la grandissima parte della popolazione alla fame, in cospetto del lusso sfacciato di una infima minoranza, mentre, giustamente o ingiustamente, le compagnie petrolifere e minerarie straniere, In maggioranza di nuovo sotto controllo americano, vengono accusate di esaurire le ricchezze naturali del paese, e di perpetuare in potere una classe locale di sfruttatori. In ogni altra republica sud-americana la situazione politica è oltremodo precaria: in essenza la proprietà terriera, che attraverso all'economia della produzione di basici prodotti,

caffè, bananè, càcào, bestiame àa mace))o, legnami costituisce 1'ossatura finanziaria della più grande parte dell'America latina, è ancora ancorata nelle mani di un'infima minoranza. In molti casi poco più del cinque per cento della popolazione possiede più del novanta per cento del terreno agricolo sfruttabile. Le imprese industriali, limitate quasi esclusivamente alle industrie estrattive di petrolio, rame, alluminio, stagno, ferro, sono strettamente sotto controllo di grandi imprese straniere, con poche eccezioni americane. Malgrado la proclamata volontà del governo degli Stati Uniti di favorire lo sviluppo economico e sociale dell'America latina, nessuno può illudersi che questo possa avvenire senza rivolgimenti che vanno molto, ma molto al di là di quanto i cittadini degli Stati Uniti, oramai completamente permeati dal terrore della istaurazione di sistemi sociali diversi da quelli benvisti ad una miope conservazione, potrebbero tollerare senza impaurire. E, d'altra parte, anche gli aiuti finanziari offerti dagli Stati Uniti per la costruzione di scuole, ospedali e istituzioni sociali, creando o estendendo una classe di intellettuali spostati, educati a valutare le possibilità di benessere che il loro paese potrebbe offrire, ad apprezzare i vantaggi di una maggiore organizzazione produttiva, e favorendo il vertiginoso aumento della popolazione attraverso a provvidenze mediche, non possono far altro che ingigantire la pressione popolare per il rovesciamento di un ordine sociale incapace di modernizzazione. I controlli finanziari indicano che dall'America latina ogni anno fuggono capitali, posseduti dalla locale classe dirigente, per essere investiti in Svizzera, Germania e Stati Uniti in misura prossima, e forse talora perfino un po' superiore a quanto gli Stati Uniti contribuiscano attraverso alla Alleanza per il Progresso: ciò rende evidente la incapacità dei gruppi che controllano la politica locale sud-americana di provvedere alla modernizzazione delle loro strutture economico-sociali, e la mala volontà di fornire gli investimenti che permettano differenziazioni produttive e stabilimento di nuove industrie. Purtroppo, se pure con: buone intenzioni, l'effetto della politica di elevamento sociale ed economico, che doveva essere la base dell'Alleanza per il Progresso, lanciata dal governo degli Stati Uniti, risulta fallimentare. Lo scoppio dei disordini e l'acuirsi della tensione in Panama è solamente un sintomo dell'urgenza della crisi imminente. Certamente, durante la campagna che si apre, sentiremo augurare la mano forte, sentiremo proclamare la necessità del rispetto a trattati. Anzi, proprio a proposito delle crisi del Panama, già si sentì l'argomentazione che, siccome il Panama aderì a un trattato che concede diritti sempiterni sulla zona del Canale agli Stati Uniti, al momento in cui esso venne diviso, per istigazione ed aiuto dell'amministrazione di Teodoro Roosevelt, dalla Columbia e il canale fu tagliato, il governo nord americano dovrebbe rigettare ogni protesta, r"iflutarc alcuna minÌmà alterazione nl patto <malgrado che esso sia già stato prima d'ora riveduto) e, se occorre, rafforzare la guarnigione intorno al canale con qualche migliaio di "marines". Nessuno si avvede che tutta la storia umana insegna che non possono esistere trattati eterni, perchè i trattati riflettono una peculiare situazione del momento in cui essi furono conclusi, ma non possono essere formulati in modo da adattarsi a nuovi rapporti fra i contraenti, a nuove situazioni umane. Nessuno si avvede che un irrigidimento sarebbe il segnale di una nuova crisi, che porterebbe all'impiego non di un paio di battaglioni di marines, ma mobiliterebbe tutte le forze armate che gli Stati Uniti potrebbero mettere in campo, per controllare con un governo militare l'area che va dalla Terra del Fuoco all'istmo di Panama, se non alla frontiera del Rio Grande. Nessuno considera che nemmeno una occupazione militare potrebbe creare, nel giro di pochi anni, una classe media, economicamente e socialmente preparata ad assumersi il compito del rinnovamento tecnico, industriale, economico e sociale dell'America del Sud sui binari del sistema che fiorisce nell'America del Nord. Ed infine nessuno vuol ricordare che proprio agli Stati Uniti toccò la necessità di un esproprio, che fu il più imponente probabilmente fino allo scoppio della rivoluzione russa. I.ia emancipazione, senza compenso, degli schiavi alla fine della guerra civile fu tecnicamente una violazione dei principi costituzionali, per cui nessuno può esser privato della sua proprietà senza equo indennizzo. Eppure, nelle condizioni del paese stremato rlalla guerra civile, tale esproprio era una ineluttabile necessità, e, se esso non fosse aYvenuto, a parte ogni considerazione morale, lo sviluppo verso la nuova civiltà industriale sarebbe stato tarpato dalla esistenza di lavoratori schiavi in concorrenza dei lavora tori liberi. Fuori dell'America latina, l'alleanza nordatlantica è in sfacelo. In realtà essa, creata per opporre un bastione armato alla espansione russa minacciante l'Europa occidentale, non corrisponde più alla situazione attuale, in cui le due grandi potenze sanno che non possono azzardare un colpo di testa militare, senza scatenare una guerra nucleare. La personalità di De Gaulle, deciso a far riacquistare alla Francia la posizione che egli sogna nel consesso delle grandi potenze, rende la vita dell'alleanza più aspra: ma il fatto resta, che una nuova Europa, ben diversa da quella di 15 anni fa, ha bisogni ed interessi che non hanno rispondenza nell'alleanza. Le tensioni fra Grecia e Turchia non possono che minare un settore essenziale dell'alleanza: esse indicano essenzialmente che due paesi, più immediatamente esposti ad una minaccia russa, credono che questa sia meno importante alla loro esistenza di altri problemi. Il riconoscimento della Cina di Mao da parte della Francia, la situazione diventata esplosiva in Cipro, mettono davanti alla amministrazione Johnson, senza possibilità CONTROCORRENTE - Febbraio 1964

di ulteriori rimandi, una decisione rondamentale sulle direttive politi<'he dell'alleanza occidentale. Nell'Asia meridionale il sistema di staterelli tenuti in linea d'\ aiuti americani, per costituire un cordone intorno alla Cina comunista sta andando tragicamente in sfacelo. Nel giro di poco più di due mesi due rivoluzioni di palazzo hanno spazzato due amministrazioni nel Viet Nam meridionale, ed una di esse con selvaggio spargimento di sangue. E pur tuttavia la guerra contro i partigiani comunisti non accenna nemmeno ad una possibilità di successo. L'America, immobilizzata nell'Asia meridionale dalla politica di Dulles e dai ricatti di Chiang-Kai-Sheck, arrischia di essere coinvolta apertamente in un'altra campagna con smisurati pericoli. Oramai l'esistenza e l'efficacia del governo comunista cinese non possono più essere negate. Ma proporre di giungere ad accomodamento con esso, in un momento come questo, significherebbe per gli Stati Uniti una mortificazione insostenibile, e scatenerebbe un finimondo alla vigilia delle elezioni. Eppure non vale affondare di più il capo nella sabbia ed illudersi che Mao è soltanto un fantasma. Il viaggio recente del suo primo ministro in Africa dimostra che la Cina ha conquistato una posizione di influenza immensa anche fuori dell'Asia. In India, dove l'attività di Nehru è soffocata dall'età e dalla malattia, dove i piani economici studia ti per sollevare una enorme e crescente popolazione da una miseria spaventosa sono stati rimandati, in seguito alle spese militari sostenute e da sostenere per resistere alla pressione cinese, ogni cosa può avvenire ad ogni momento. Solamente un radicale cambiamento nelle direttive che hanno fatto la base della politica estera degli Stati Uniti negli ultimi quindici anni può dare speranza che essi non si troveranno entro breve, abbandona li GLIUOMINIUOVI da ogni alleato, a confrontare un mondo ostile. Sarà ciò possibile? Non si schiereranno tutti i demagoghi contro un indirizzo che in essenza riconosca che la posizione di supremazia assoluta attribuita all'America alla conclusione della seconda guerra mondiale non è più attuale? * * * Di fronte ai terribili problemi imposti dalle relazioni internazionali, quelli interni sono forse minori, ma non sono però trascurabili, nè meno urgenti. Dopo il successo della marcia di Washington, parve per un momento che la nazione si adattasse alla necessità dell'integrazione razziale. Purtroppo gli ultimi mesi hanno visto un ritorno a posizioni più intransigenti. E questo avviene proprio dove la minoranza di colore era più vicina al riconoscimento dei suoi diritti, nelle città industriali del nord. L'irrigidimento delle amministrazioni scolastiche, che non vogliono nemmeno ammettere il fatto di una segregazione nelle scuole, /j un sintomo; come fu, molto chiaramente, un sintomo del regresso della opinione pubblica in Boston, la recente trionfale rielezione allo School Committee dell'elemento che più rigidamente aveva bloccato ogni rimedio alle lagnanze della minoranza di colore locale. • • * In un momento come questo l'ancorarsi a posizioni statiche, chiudere gli occhi al continuo evolversi delle masse umane, tentare di comprimere i loro bisogni per proteggere un mondo che sta passando conduce senza dubbio alla catastrofe. Sarà la nuova amministrazione capace a resistere alle pressioni dei demagoghi, e a perseguire un programma che accetti la necessità della evoluzione e inserisca la nazione nella corrnete da questa creata? Davide ]ona "Uomini nuovi! E' cosi che si chiamano. Nuovi, infatti. Strani, inauditi, mostruosi. L'iniquità, il furto, l'assassinio eretti in dipartimenti ministeriali; la truffa applicata al suffragio universale; il governo con il falso; il dovere chiamato delitto e il delitto chiamato dovere. Uno vuole il denaro, l'altro i posti; uno un cordone al collo, l'altro una piuma sul cappello; uno un ricamo sull'uniforme, l'altro delle donne; uno il potere, l'altro i giochi in Borsa, le ferrovie. Lo credo che son contenti! Figuratevi un povero diavolo che, tre anni or sono, domandava In prestito di mezzo franco al suo portinaio, e che oggi, leggendo voluttuosamente il giornale ufficiale, non deve che firmare un decreto per avere un milione ... Governare è una gioia. Ciò non impedisce di tradire. Al contrario. I piccoli traditori tradiscono i grandi traditori. Si spiano, si tradiscono. E' la pienezza folle del potere che cerca i limiti e non li trova. Egli è il padrone dei voti, padrone delle coscienze, padrone del popolo. Nomina il suo successore; regna per sempre sugli scrutini futuri, dispone dell'eternità e mette l'avvenire In busta suggellata. Il suo Senato, Il suo corpo legislativo, il suo consiglio di Stato, teste basse dietro a lui, gli leccano i talloni. Egli conduce al laccio i vescovi e i cardinali. Cammina sulla giustizia. Trenta coITispondenti informano il mondo che egli ha corruscato il sopracciglio. Ebbene un uomo solo si leva contro questo trionfatore, questo vincitore, questo dittatore, questo imperatore, questo onnipossente. Un uomo solo, errante, spogliato, rovinato, atterrato, proscritto. E' un grano di polvere, nell'ombra, un esiliato senza asilo, un vagabondo senza passaporto, ma ha al suo fianco due potenze: il diritto che è invincibile, la verità, che è Immortale"· VICTOR HUGO " Histoire d'un crime." CONTROCORRENTE- Febbraio 1964 5

Corriere Italiano VIAGGIE FATICHE DELPAPA Quando Giovanni XXJII iniziò le sue piccole sorti te romane e poi il non lungo viaggio che lo portò a Assisi e Loreto, gli eventi suscitarono sorpresa e meraviglia. In questi giorni il suo successore Paolo VI ha compiuto il primo viaggio aereo d'un Papa, portandosi in due paesi rivali del medio oriente, per visitare la cosi detta "terra santa". Se santità vi è in quella terra, quel poco che ve n'è, è da trovarsi soltanto in quel piccolo territorio nel quale l'hanno apportata gli ebrei, seminandola col loro lavoro e il loro sudore. Ci si domanda quale veramente sia stato l'obiettivo papale a intraprendere il viaggio. La visita ai luoghi sacri, in pellegrinaggio di preghiera e di pace, o per facilitare l'incontro con Atenagoras, capo della chiesa ortodossa di Costantinopoli, (oggi Istanbul), e altri pezzi grossi della stessa denominazione nel bacino orientale mediterraneo, non sembra essere stata una ragione convincente. Gli incontri, con un po' di quella scaltrezza diplomatica che distingue la chiesa di Roma, avrebbero potuto esser concordati per la stessa Roma. Il primato della chiesa anglicana non ha incontrato alcuna difficoltà a far visita a Papa Roncalli; e il Vaticano, durante i passati cinque o sei anni è sembrato essere la mecca ove molti dei potenti uomini e donne della terra si son diretti, a fare atto di omaggio al capo del cattolicesimo. Durante la prima e la seconda fase del Concilio Ecumenico, molte delle denominazioni religiose derivate dal cristianesimo sono state presenti con i loro osservatori ufficiali. Prima che Paolo VI iniziasse il viaggio, si è tanto parlato della ansietà di Atenagoras ad incontrarsi col Papa. Ingenuo credere che tanta ansia si sia manifestata tutta d'un colpo con l'annunzio del progettato viaggio. Degli uomini tra i possenti della terra, soltanto Krusciev e De Gaullei non hanno ancora espresso di persona il loro rispetto alla romana san ti tà. La figlia e il genero del dittatore russo resero omaggio a Roncalli, e certamente non lo avrebbero fatto senza il consenso di Nik'ita. Ma se questo ha significato un primo contatto tra chiesa e bolscevismo, il suo significato è lontano da quel che potrebbe essere una visita di Krusciev. Per questa vi sono un certo numero di problemi diplomatici da risolvere. Lo Stato Vaticano è in quello italiano, e se tecnicamente l'un da l'altro indi· pendenti, non è mistero il Chi controlla Chi. Una visita del capo del governo russo, non importa da qual parte nasca l'iniziativa, non potrebbe effettuarsi senza una visita alla nazione italiana. Il governo italiano fino a questo momento non è del calibro d'affrontare le critiche che si leverebbero da tutte le destre e da certi settori del centro se un invito fosse fatto a Krusciev. Rimane sempre lo spauracchio di "baffone", pur se i bollori bolscevichi han perduto tanta pressione del vapore generato dai disaggi di guerra e la susseguente miseria. Il gran passo sarà eventualmente fatto con un giro di piroetta. Per il generalepresidente francese la soluzione è più sem• plice. Non si è mal parlato di una sua visita in Italia. Egli aspetta che altri siano primi a rendergli omaggio. In giugno il Presidente italiano si recherà ad ossequiare il socio francese. E se ciò non tosse, ad aprirgli la via a una visita in Italia, un incontro di De Gaulle con il Papa potrebbe esser facilitato da un pellegrinaggio del Montini a Lourdes. Giovanni XXIII lo aveva progettato, ma il viaggio non fu fatto, probabilmente restando chiusa la porta di De Gaulle, ai termini da lui voluti. Il viaggio di Segni a Parigi metterà le cose a posto. Il Papa ha significato la sua disposizione a viaggiare. Il DC-8 messo a sua disposi• zione da Alitalia, con stemma papale affisso a tutta la parafernalia del rituale, passerà, in qualche maniera In possesso del Vaticano. L'invito al Papa di recarsi in India è già stato accettato, e si ventolano altri viaggi in Europa e in Egitto. Atenagoras lo ha invitato in Turchia. Il Presidente Johnson ha chiesto al pontefice la benedizione alla sua opera di pace. Cosi han riportato alcuni giornali italiani. Non tarderanno a lungo il cardinale Spellman e le alte gerarchie cattoliche degli S. U. a sollecitare un invito ufficiale del governo per una visita del Papa. Si allude già ad una sua visita alle Nazioni Unite. Non mancherà presto la ressa d'inviti da tutte le parti. Come la stampa russa, la chiesa ortodossa di quel paese è rimasta muta sul viaggio papale. Non così ha fattd la stampa comunista italiana. Togliatti non permetterebbe che rimanesse accantonato il suo padrone di Mosca, per non rimanere accantonato lui stesso. Nulla da stupirsi quindi se il Papa, prima che faccia troppo altro cammino in Europa e verso le Americhe, non trovi la formula di riconciliare l'acqua santa del Tevere con quella indemoniata del Neva. Quel che fecero Von Ribentrof e Molotow è ripetibile. * * * Di ritorno a Roma dal suo viaggio, Il Papa è stato accolto trionfalmente come un Cesare o un Napoleone, reduce da gloriosa impresa. E' mancato soltanto che li suo corteo fosse fatto passare sotto l'Arco 6 CONTROCORRENTE - Febbraio 1964

di Costantino e che le bande suonassero la Marcia Trionfale dell'Aida. La reazione popolare è stata esattamente quella di un popolo il quale in un passato non tanto remoto ha inneggiato al fascismo e poi ha atteso le carezze di "baffone". Dello stesso popolo che un giorno diviene Isterico per una causa comunista e un altro in adorazione papale. Il rappresentante in terra delle divinità celesti, ha detto che il suo viaggio è foriero di grandi futuri avvenimenti. Di quali, non ha dato cenno alcuno. Non ha detto se tra i prospettati avvenimenti si profila la pace tra i popoli arabi e quello israeliano. Se i parassiti che vivono sul groppone dei poveri arabi si decideranno a seguire l'esempio dell'operosa Israele, dando alle popolazioni loro soggette l'opportunità di vivere una vita meno stentata. Non ha detto neppure se egli, fatto scalo a Amman ha notato la squallida miseria del popolo giordano, e se più tardi ha percepito nel dignitoso comportamento degli sraeliani quel senso di sicurezza e volontà a progredire con arduo lavoro che ha reso fertili e rigogliose contrade che soltanto pochi anni or sono erano aridi deserti. A questo popolo gagliardo e fiero li Pontefice di Roma ha voluto ricordare certe benemerenze sospette di Pio XII. Lo avrà fatto per polemizzare con lo scrittore tedesco autore del dramma "Il Vicario", col quale l'autore fissa nella storia l'Incuria, --se non la complicità di Pio XII vls-à-vls delle stragi naziste. E' stata la parte del discorso del santo padre, per lo meno di cattivo gusto, e quindi malamente ingoiato dagli Israeliani. Perchè la nota dell'accento politico nel corso di un viaggio di preghiera e di pacef Neppure con ottimismo si è espresso il Pontefice circa la possibilità di unificazione tra cattolici romani e ortodossi. Molti esponenti della chiesa greca vi si oppongono violentemente e con sdegno e acerbità criticano il patriarca Atenagoras. Se questi eventi non sono prossimi, quali allora I portanti nella visione papale? La unificazione delle sette cattoliche e protestanti potrebbe significare un grande evento storico, ma cosa ne guadagnerebbero i popoli? Le chiese sentono il bisogno di stringersi insieme in una specie di Internazionale religiosa. Men tre le popolazioni accrescono allarma;ntemente, i praticanti religiosi diminuiscono. Tutte le denominazioni ne sono preoccupate. Inoltre, v'è penuria di seminaristi verso il sacerdozio. Si sfollano I conventi, non di monaci soltanto, ma vi è grande penuria di monache. Le giovanette non credono più tanto di sposarsi simbolicamente con Gesù. Deside1·ano andare a letto in compagnia di qualcosa più reale e palpabile. Se il viaggio papale ha voluto essere il principio di un grande movimento di rivitalizzazione del sentimento religioso, un saggio per quelli che potranno essere I risultati di viaggi futuri, i grandi eventi nella v1S1one del Papa potranno essere le folle tumultuanti che lo riceveranno. Ii tumultuare delle folle potrà cambiare di significato da un giorno all'altro e creare grandi disillusioni. A lavorare per la Pace tra gli esseri umani della terra durante I passati cento anni sono stati tutti I movimenti del socialismo e con essi certi gruppi religiosi pacifisti come I Quacheri. Sono stati questi I perseguitati mentre le chiese han continuato a benedire le armi degli eserciti in conflitto. Come la mosca appollaiata tutto il giorno su le corna del bue che arava, a sera gli diceva: "Quanto lavoro abbiamo fatto Insieme". Peggio ancora, se trionferà la Pace, la mosca si approprierà di tutto. Il viaggio fatto e quelli che seguiranno avranno carattere propagandista. Antanagora ha detto la verità: "Stiamo rimanendo in pochi e dobbiamo stringerci insieme". • • • • . . .E LE TRIBOLAZIONI SOCIALISTE "I lavoratori sono al governo", o almeno, cosi ora si dice. Soltanto, ad accorgersene meno di tutti, sono proprio i lavoratori, se per "lavoratori" si intendono quelli che lavorano e producono con le mani. Lo affermano i dirigenti del Partito Socialista Italiano, e Togliatti lo nega. Palmiro contesta ai socialisti la pretesa di essere i rappresentanti dei lavoratori, insistendo che I soli genuini rappresentanti dei "lavoratori" sono i comunisti, ora esclusi dal governo. La stessa specie di ragionamento fa la chiesa cattolica romana alle altre confessioni "cristiane". "La sola vera religione è la nostra". Noi non vogliamo entrare nella battaglia che comunisti e socialisti oggi combattono tra loro per contestare la pretesa di essere loro i soli legittimi proprietari dei lavoratori. Abbiamo avuto la nostra buona parte nelle lotte per il miglioramento sociale delle classi degli sfruttati, senza mai reclamare l'esclusività. Lasciamo a parte la lotta tra chi è arrivato e chi vuole arrivare a masticare una fetta del potere, e limitiamoci a analizzare un poco di presente disordine politico italiano. In tutta probabilità oggi il paese sarebbe in piena crisi politica, amministrato dal non-governo Leone, incaricato alla sorveglianza della fiera elettorale e per dare al paese un nuovo parlamento; se a un certo momento, quando i lunghi negoziati tra Moro, Nenni, Saragat e Reale minacciavano di fallire Irrimediabilmente, - non fosse intervenuto li monito severo dell'"Osservatore Romano" a Mario Scelba, e far cosi rientrare nell'ordine della disciplina I ribelli delle destre della democrazia cristiana. Non tanto semplice li contenere la rivolta della sinistra del partito socialista. La Curia romana non è ancor giunta a esercitare il controllo del p.s. Una trentina di deputati e una quindicina di senatori si sono rifiutati di votare la CONTROCORRENTE - Febbraio 1964 7

fiducia al governo e sono stati sospesi dalle attività di partito, in violazione della disciplina all'obbedienza maggioritaria. Se avverrà la scissione tanto desiderata dalle destre reazionarie di tutti i partiti ma, almeno verbalmente, sconsigliata da Togliatti, sapremo tra non molto. Intanto il P.S. continuerà a vivere per un pezzo, salvochè non si acconci al destino, - alla maniera che vivono migliaia di coppie italiane: separate, nella stessa casa, ognuno a libertà di ricevere come desidera, in omaggio alla morale cattolica che non permette il divorzio. Non che i socialisti non possano divorziare, cioè, scindersi. Un complesso di ragioni che effettuano le due parti lo sconsigliano. Alla maggioranza (nenniana) non piace vedere la forza numerica del partito assottigliata, sia fuori che dentro il parlamento. Dall'altro canto, la sinistra che minaccia ma non scinde, ha alla sua base una forte corrente che insiste nell'unità del partito. Questo lascia la leadership nella precaria posizione di incorrere il rischio di mettersi fuori del partito non al fianco un numero esiguo di seguaci. La formazione di un terzo partito socialista apparirebbe ridicola e ai fuorusciti toccherebbe fare quello che dicono di non volere, entrare nel partito comunista. * * * E' sintomatico che in opposizione al nuovo esperimento di centro-sinistra siano schierati tutti gli elementi più conservativi e reazionari delle destre politico-economiche; dai fascisti ai monarchici, ai demo-cristiani del trinomio Scelba-Pella-Gonnella, ai liberali di Malagodi, a Randolfo Pacciardi. Come già detto, con trar i all'esperimento sono comunisti e sinistra socialista. Comprensibili gli scrupoli di questi ultimi. La loro opposizione è basata su principi che essi rispettano, mentre l'opposizione comunista ha per base la loro esclusione dal governo. Ci anderebbero anche soltanto in compagnia degli spegnimoccoli demo-cristiani. Intanto si associano all'opposizione e votano insieme a fascisti, monarchici, liberali e Pacciardi. A tutto l'imbroglio è strettamente legata la incerta situazione economica italiana del momento. Trattenersi sul soggetto in questo scritto non è il caso. Dovremmo discutere del perchè e del come della fuga di ingenti capitali italiani all'estero... Il discorso diverrebbe troppo lungo. Potremo riprenderlo altra volta. In compagnia di molti, sono stato un pessimo profeta. La scissione nel Partito Socialista Italiano è ora un fatto. E' nato un nuovo partito socialista che, non si sa in merito a quale logica, si definisce "unitario". Al momento, assai rumore e poco apparente danno. Il nuovo partito, (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria), ha l'aspetto di essere tutta testa. Un corpicino esile e piedi che somigliano ai tacchi spillo delle scarpe per donne, gran numero delle quali, quando camminano, sembrano navigare in un paio di zattere su mare agitato. Ma che testa! Una testa enorme: l'insieme di tutti i luminari della sinistra del partito nenniano. Or tutti sembrano esser felici, ad eccezione del povero Nenni. Yecchietti, Basso, Foà, Pertini ecc ... han salvato il loro onore ed hanno ii loro partito che, dividendo, unisce. Non importa se lo stato maggiore del partito è più numeroso dei seguaci alla base. Più felice di tutti è indubbiamente l'on. Giuseppe Saragat il quale ha ottenuto quello a cui mirava da tempo, il ministero per gli affari esteri, e indubbiamente si aspetta trarre altri vantaggi dalla scissione socialista. Egli è ora il pezzo più importante del governo di centro-sinistra, dopo Aldo Moro, presidente del consiglio. La vecchia e vuota cal'ica della quale Saragat è stato più volte titolare, è andata a Nenni. La qual cosa rende il non più tanto focoso Pietro assai infelice. La carica di "vice primo ministro'' è qualcosa di non troppo dissimile di quella del paggio porta messaggi o degli altri ministri, "senza portafoglio". Sono cariche che gonfiano i cercatori di prestigio e assicurano degli onoral'i che tengono la fame lontano dalla porta di casa. Invero, paragonare il Vice Primo al paggio è ingiusto. Egli ha il privilegio di rimaner seduto in una delle poltrone nel suo ampio ufficio, per ricevere tutto il giorno i questuanti di favori ed altri sfaccendati. Si fanno una infinità di speculazioni su la possibile durata del governo di vero centro-sinistra. Speculazione delle speculazioni è quella che riguarda il finanziamento del nuovo partito. "L'Espresso" del 19 gennaio così chiuse il suo commento in soggetto: "Si è parlato molto su le fonti del finaziamento del nuovo PSIUP, e sono circolate voci contraddLttorie, e tutto sommato anche la meno assurda fra quante se ne sono udite in questi giorni, è quella che parla d"un finanziamento diretto da parte del partito comunista sovietico. E' indubbio comunque che almeno per qualche tempo il PSIUP non sembra destinato ad avere seri problemi finanziari. Quello che si presenta su la scena politica è dunque un partito provvisto di mezzi, di quadri, e di aggressività. Gli manca sol- ,tanto lo spazio per respirare". Finchè ci sarà danaro •non mancherà l'ossigeno. Cosa di meglio per il nuovo partito per rimanere indi-pendente dai munisti? Purchè sia salvo l'onore! * • * • ULTIMISSIMA - L'on. Randolro Pacciardi è stato espulso dal Partito Repubblicano. Chi sussidierà il suo nuovo partito? Patrocinatore di una repubblica italiana di marca gollista, sarà il generale dal lungo naso a fornire i fondi? Nomade 8 CONTROCORRENTE- Feooraio 1964

AL TEMPO DEGLI JINCAS Quando Fernando Cortez arrivò nel Messico, primo europeo ra ca]lpestare il sacro suolo degli Aztechi, trovò che in uno sterminato territorio, da secoli, quelle popolazioni vivevano in un regime eCOIJlomicoche In Europa nemmeno Tommaso Campanella avrebbe osato Immaginare. Era la regola della più perfettla umanità, della più assoluta fratellanza. Ciascun municipio si reggeva da solo, Ciascun municipio possedeva i suoi terreni (quanto slamo lontani dalla <Proprietà di Stato l'o si vedrà IJ)00 e ciascun municipio suddivideva questi !terreni fra i suol abitanti ogni cinquantadue anni, durata del secolo messicano, e corrilspondente, poco su poco già 'a due generazioni. Ma non suddivideva tutti i terreinl; una parte, chiamata "ejidos", era ril.5el"V'8.tac,on i suoi prodotti, lalle spese mlliilicipali, al mantenimento dei vecchi e degli inabili al lavoro, alle spese assistenziali insomma, ed a quelle che avrebbero potuto servire al maggior benessere della comunità, I terreni venlva1110 suddivisi ISe'Condoi bisogni e le abilità lavo1'atlve di ogni famiglia e come abbiamo detto, restavano in enfiteusi 'ad esse, per cinquantadue anni. Tuttavia, se un artigiano (poichè le attività azteche erano solamente artigiane e non esistevano vere industrie) per motivi inerenti al suo lavo110 non era in grado di lavorare il terreno <affidatogli, i suoi concittadini dovevano aiutarlo nella coltivazione. Lo stesso accadeva 4),er gli "ejldos". Ciascun cittadino doveva dedicare alla loro coltura un certo tempo della sua giornata o della sua stagione. Per quanto l'oro fosse C001osciuto ed abbondante, sebbene un po' meno dell'ar· gento del quale il Messico è il più abbondante produttore, la moneta non esisteva. L'oro veniva escavato sola.mente per farne oggetti d'arte, o per essere consegnano, quale tributo, agli imperatori i quali se ne servivano principalmente a lllCQPOedilizio. I templi erano coperti con lamine d'oro, e d'oro erano altari e suppellettili. L'unico sistema ammesso era quello dello scambio dei prodotti. A questo punto qualcuno ipotrà chiedere come si facesse per procurarsi quel prodiotti particolari che 111011 tutti I terreni e 1111:m tutti gli artigiani poSsono dare. Il fatto era risolto con un susseguente scambio di merci. Alcuni villaggi erano, per esempio, specializzati nella coltura dei pomodori. Alcuni lavorava~ i cuoi o producevano vasellami o legni lavorlati, e cosi via. Ebbene, ciascuno dei comuni eleggeva di tempo in tempo, una di quelle che chiameremmo commissioni, composta dei cittadini più avveduti eld onesti, i quali V'enlvano incaricati di recami negli altri centri, dove si producevano altri manufatti o si coltivavano altri raccolti, per cambiare l'eccesso delle mere! prodotte nel lloro villaggio, con quelle di cui avevano bisogno. Tutto questo, avvolto In una atmosfera di serenità, di fraternità che noi, uomini moderni e "civili", stentiamo ad immaginare. Ora ci chiediamo: era, questo, dal punto di vista economico, comunismo o anarchia? Tenendo conto del tempi, 1a rispos'tla ci sembra ovvia: anarchia. Anarchia, in quanto i beni non erano dello Stato se non in senso simbolico, polchè, effettivamente, appartenevano, "ln ~rti uguali ad ogni Individuo", alla comunità, e venivano assegnati, secondo i bisogni di ciascuna tlamiglia e la sua ca.pacità lavorativa. Anarchico, poichè il fatto si/esso della suddivisione ogni cinquantadue anni, rappresentava il possesso di essi da pa,me del popolo e non dello Stato, il quale non ne era che l'amministratore temporaneo, chiamiamolo cosi, di permuta. Anarchico, perchè l'assenza stessa della moneta significava l'impossibilità di tesaurizzare, cosi come lo stato d'enfiteusi dei terreni significava l'impossibilità di accaparrare latifondi. Ottocentomila indiani furono arsi dalla furia "epuratricen degli Inquisitori. E nacque una forma ibrida di stato moderno, durato tllno a pochi anni or sono, fino a quando, la rivoluzione socialista tentò di ricondurre il paese alle antiche Istituzioni. L'esperimento non si ,può dichiarare fallito; è necessario alttendere ancora qualche ~no, per vedere dove andrà a sfociare questo stato di C!osetranlSitorlo. L. A. C. CONTROCORRENTE- Febbraio 1964 9

GENTE 44 - Pagina di Diario III. 28 Luglio, 1914 Le prime informazioni sulle fortune e il prestigio ottenuti da coloro che sono più in vista, sono sufficienti per stimolare ricerche di materiale col quale inchiodare alla gogna gli avventurieri. Basterà sfogliare I giornali menzionati per racimolare i documenti necessari. Di tempo in tempo questi giornali, che invariabilmente fanno a gara nell'esibizione di patriottismo e nell'esaltazione delle glorie della patria, si sono dilaniati con furia selvaggia, svelando truffe ed imbrogli, organizza ti e perpetrati dal "confratello" rivale ai danni dell'emigrato, che è sempre la vittima delle frodi organizzate in nome della patria. Uno degli italiani più in vista è Carlo Barsotti, proprietario e direttore de Il Progresso Italo-Americane. Egli è l'astro maggiore dei patrioti di professione. Si è servito de "Il Progresso" come il bandito si serve della carabina per svaligiare la vittima. Stando a quello che si dice e si stampa, la sua specialità O stata quella di aprire sottoscrizioni per erigere monumenti a Italiani illustri, i cui nomi si prestano a speculazioni senza fine - Dante, Colombo, Verrazzano, ed altri. Delle sottoscrizioni iniziate non ha mai dato conto, nonostante i "confratelli" quotidiani newyorkesi glieli abbiano chiesti con insistenza non sempre pulita e garbata. Non si è mai preoccupato di chiarire sospetti e accuse. Fra Il Progre88o Italo-Americano e gli altri quotidiani menzionati, vi sono state polemiche sanguinose. Le accuse lanciate contro Barsotti avrebbero Indotto qualsiasi altro a farsi saltare le cervella o a nascondersi per sempre in una fogna. Non Barsotti. Barsotti se ne è servito come benemerenze patriottiche. Barsotti si è sempre considerato Il custode ufficiale del patriottismo italiano in America. Anche quando si è detto e provato che Barsotti si è servito delle banche da lui fondate (e finite In bancarotta) per svaligiare i cafoni, non ha battuto ciglio. Anche quando si è detto che Barsotti si è servito del bordelli per far vuotare le tasche agli imbecilli, non ha querelato o usato la rivoltella. Barsottl ha la cotenna più dura di un rinoceronte. In seguito alle polemiche Il nome di Barsottl era divenuto una combinazione di sinonimi - ladro, bancarottiere, tenitore di prostriboll, ingaggiatore di crumiri, ricattatore. Barsotti ha continuato a fare Il patriota. E patriota lo considerarono sempre coloro che stavano al timone del governo italiano, nella Roma eterna. Egli volle essere fatto Cavaliere e fu fatto Cavaliere. Egli volle essere fatto Commendatore e fu fatto Commendatore. Egli volle essere fatto Grand'Ufflciaie della Corona d'Italia e fu fatto Grand'Ufflciale della Corona d'Italia. Tutto ciò è strano se non addirittura Incomprensibile. Le imprese di Carlo Barsotti hanno avuto eco nelle corti di giustizia d'America e d'Italia. I giudici americani l'hanno classificato "uomo il cui giuramento non ha alcun valore, avendo deliberatamente altra volta giurato il falso". Il suo nome è stato più volte bollato dalle corti locali, che lo dichiaravano banchiere fallito con depositi di migliaia di lavoratori italiani, colpevole di brogli gravissimi nelle varie sottoscrizioni promosse dal suo giornale per monwnenti, disastri e per la Croce Rossa. Barsotti non si è mai mosso solo, quando si è trattato di organizzare frodi a danno degli emigrati, con iniziative che avrebbero dovuto - secondo le sue premesse - onorare gli italiani e la patria. Si è mosso sempre con l'avallo di nomi di gente che al pari di lui si voleva mettere in vista per investirsi dell'autorità di rappresentare le colonie italiane. Nei suoi comitati erano sempre i nomi dei compari, prominenti e grandi patrioti come lui. Dai documenti presentati al processo di Roma apparivano i nomi di cavalieri, di commendatori, di banchieri, di giudici, di preti, di avvocati, di giornalisti. Il proprietario de Il Progresso ltalo-American-0 era l'insegna, il maestro di cerimonia, il cassiere, l'ingegnere della frode. Per ammissione fatta dallo stesso Barsottl al processo di Roma, i nomi di altri cavalieri, di altri commendatori, figuravano nelle sottoscrizioni per cifre ingenti, ma che non versarono mai. Questo prova come essi avallassero deliberatamente la frode. Un esempio specifico: per il monumento a Giovanni da Verrazzano il commendatore Luigi Solari sottoscrisse la somma di 500 dollari, che - come risultò dal processo - non versò mai. Il tribunale di Roma, in data 21 Dicembre 1912, emetteva contro Carlo Barsotti una sentenza in cui fra l'altro si legge: In riguardo alla più importante e grave accusa, che cioè il Barsotti si sia sempre rifiutato di rendere I conti delle sottoscrizioni promosse per monumenti e disastri nazionali, e che sia stato pubblicamente accusato di appropriazione di parte dei fondi raccolti, il Tribunale dall'attento studio dei documenti esibiti, dallo scrupoloso esame del testimoniale raccolto, ha tratto il pieno convincimento che realmente mai i conti siano stati resi esattamente e regolarmente, e che delle molte somme riscosse non tutte furono integralmente erogate o versate; dalla rigorosa disamina dei cennati documenti, e specialmente di quelli presentati dallo stesso querelante, si scorge in maniera assai manifesta, come i resoconti delle sottoscrizioni, anche per cifre Ingenti, o siano stati molto succintamente riportati nel giornale di Barsotti, o siano stati riprodotti in relazioni oltremodo monche, sommarie e vaghe, con contabilità con10 CONTROCORRENTE - Febbraio 1964

fusa e sfornita in gran parte di pezze di appoggio, giustificative delle spese eseguite. Il querelante, inoltre, ha presentato una infinità di note ed appunti sconnessi, fatture ed elenchi di spese, senza alcuna garanzia di veridicità, pezzettini di giornali o di carte stampate, incollate su libri ingialliti dal tempo e dal sole, e su cui vedonsl scritti che evidentemente appaiono vergati di recente. Egli, per riparare alla effettiva mancanza del rendiconti, è ricorso ad un espediente che il tribunale al certo non può non de• plorare: ha all'ultim'ora foggiato delle larve o simulacri di rendiconti fittizi di somme raccolte e spese molti anni or sono, credendo con questi mezzi potersi sottrarre al peso della grave accusa che su lui incombe. Difatti per il monumento a Colombo, viene allegata a processo una dichiarazione sottoscritta da diciassette sconosciuti individui, dei quali non sono riportati il domicilio, professione ed età: dichiarazione resa avanti un notaio d'America, un tal Canale, il quale non accerta la identità delle persone sopra citate, nè autentica affatto le firme in calce a detto suo atto, che è redatto nel 14 Novembre 1911., In detta dichiarazione è attestato che il monumento a Colombo, i sottoscrittori dell'atto potevano affermare che li rendiconto fu regolarmente dato, mentre giova sul proposito ricordare che il cennato monumento era stato innalzato nel 1892. Ugualmente per il monumento a Verdi si esibisce un rendiconto senza data, consistente in un mezzo foglio di carta scritta, la cui firma è autenticata dallo stesso notalo Canale, il quale firma il suo atto senza attestare se esso sia l'originale o la copia. Cosi per Jl monumento a Verrazzano, il Barsotti presenta un opuscolo apologetico dell'opera sua, ed un rendiconto che porta la data anche del 1911. Dalla relazione ufficiale deJla Croce Rossa Italiana risulta che il Barsotti inviò a detta istituzione Lire 365.000 per sottoscrizioni raccolte a New York, per soccorrere le vittime del 1908, mentre dal resoconto pubblicato nel " Progresso Italo-Americano " si ricava che le somme a tal uopo raccolte siano state Lire 435.000. Se uno volesse spulciare ancora per documentare le " benemerenze" di Barsotti non si finirebbe più. Bisognerebbe sfogliare ed analizzare le sottoscrizioni fatte per le vittime dei terremoti, avallate dal Re e daJla Regina Elena, che il servilismo di una stampa lecchlna ed abbietta, ha fatto credere persone di cuore e di nobili sentimenti. Questi illustri personaggi, appartenenti alla abominevole stirpe savoiarda, con i messaggi inviati a Barsotti - e da lui pubblicati con vanità pomposa nel suo giornale - non sono stati meno responsabili dei dulcamara coloniali, nell'avaJJare la frode. Ma se Barsottl poteva essere considerato " maestro " in queste imprese fraudolente, gli altri giornali, gli altri prominenti, gli altri patrioti, avevano la loro parte di responsabilità. Il loro tacito consenso era egualmente colpevole, anche se non offriva materiale da tribunale. Riepilogando. Come possono essere le colonie italiane - tutte le colonie italiane, da New York a San Francisco - migliori di quello che sono, con questi lestofanti che pretendono guidarne il cammino? Gli articoli di Giacosa, di Barzini, di Scarfoglio e di altri che cl hanno dato il desolante quadro del come vivono gli italiani nella "Piccola Italia" di New York e d'America, non devono essere ignorati. Ma essi avrebbero avuto un effetto benefico se le loro penne maestre si fossero trasformate in staffili e avessero bollato a sangue la cotenna dei lestofanti che si sono messi l'emigrato italiano sotto i piedi, per creare il loro piedistallo, facendosi credere del grandi benemeriti. MASSIMO LORIS • 45 - Il banchetto a Segni Antonio Segni, ritornato a Roma dalla sua visita di prammatica a Washington, con chiassose soste nelle colonie italo-americane, avrà preso una forte dose di ma• gnesia calcinata per guarirsi dell'indigestione di pietanze italo-americane e di discorsoni che non dicevano un'acca. Gli stessi discorsi che sarebbero stati pronunziati per un qualsiasi altro capo di governo o primo ministro, monarchico o repubblicano, fascista o papalino. La bolsa retorica degli oratori coloniali non muta mai. I medesimi richiami alla gloria di Roma dei Cesari o alla terra degli uomini di genio. Una volta furono Giolitti e Orlando, Mussolini e Balbo, Scelba e Fanfani, Gronchi e Storchi ·a ricevere il plauso dei panegiristi di professione. Oggi i pisciaparoloni hanno salivato davanti a Segni che sembrava un cagnolino accatarrato, e a Saragat, il quale sogna di sedere in Campidoglio. Se l'Ambasciatore Fenoaltea ed il nobiluccio ch'è Console Generale dei cafoni di New York (giacchè la breva gente non fa la ronda al consolato), non avessero calate le brache davanti al primo rempollo del defunto m'agnate della sabbia, Pope, alias Papa, il banchetto in onore del Presidente Segni non sarebbe degenerato in un'altra manifestazione del periodo poco edificante di Carlo Barsotti, il tenitore di prostiboli che volle essere il padre putativo deJla colonia italiana, dirigendo ogni sua attività dalle colonne del Regresso, servendosi delle penne di venali redattori. Aggiungiamo che Barsotti era un semi-analfabeta. Ma se gli mancava la cultura, controbilanciava le sue deficienze con una insuperata faccia tosta. E tale caratteristica è anche oggi uno dei principe.li requisiti di tutto il personale del gi.ornalaccio di New York, dai redattori ai corrispondenti. Un fascio di gramigna. Il cronista dell'organo dei prominenti, dei cafoni ·arricchiti, del cafoni semi-letterati, delle pe.ccHiane, dei consoli timidi e vruri, ha ficcato in ciascun paragrafo i nomi di Fortune Pope, quello del recente scanCONTROCORRENTE - Febbraio 1964 11

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