lavoratrice, pur lavorando ad orari radicalmente ridotti, potrebbe produrre due o tre volte tanto quanto essa fa ora senza per ciò saturare il mercato. In un altro campo ancora una rivoluzione sarà inevitabile. E questa, intaccando usi inveterati, oramai consacrati da precetti religiosi, sarà forse la più difficile da conseguire. La natura ha finora provveduto a bilanciare il numero degli individui di ogni gruppo di esseri in relazione alle possibilità di sussistenza offerte dall'ambiente in cui essi vivevano. Quando questa bilancia tendeva ad alterarsi pericolosamente, nemici naturali, pestilenze, lotte intestine hanno assottigliato il gruppo, assicurando la sopravvivenza del più adatto e sacrificando i deboli. L'uomo è intervenuto a cam~iare _le leggi di natura, ed ha piegato ammali e piante al suo volere, nell'interesse del benessere e dell'espansione generale del suo genere. Però, fino a pochi decenni fa pestilenze e carestie furono i mezzi naturali che limitarono l'espansione umana mentre l'uomo stesso, con la guerra, pro~vide d'l sè stesso alla funzione che la natura aveva assegnato ai nemici naturali di ogni gruppo di esseri: e difatti praticamente pochi individui umani, fin da quando l'uomo imparò a lanciare un sasso perirono per l'attacco di fiere, ma milioni e milioni furono abbattuti per la mano di altri uomini. Negli ultimi anni, le pestilenze furono debellate e la mortalità naturale declinò sostanzialmente: le carestie, grazie alla facilità dei trasporti e anche alla proclamata solidarietà umana nelle sventure divennero minacce limitate a gruppi umani assai ridotti. Rimase la guerra, colle sue conseguenze. Ma le statistiche provano, malgrado l'infierire dei due più grandi conflitti umani nello spazio di una generazione, che esse da sole non bastano a ristabilire un equilibrio. D'altra parte l'uomo è oramai confrontato da sue creazioni nel campo delle armi tanto potenti, che la guerra ha perso completamente la funzione di bilanciatrice fra i viventi e le risorse naturali e dei prodotti dell'ingegno: essa non bilancerebbe, ma polverizzerebbe, essa, nel creare deserti inaccessibili dove erano prati campi industrie e città, renderebbe solam;nte piil difficile la vita dei pochi superstiti in un ambiente produttivo infinitamente ridotto. Non è quindi neppure il caso di sostenere la necessità della guerra: e speriamo che di ciò siano convinti tutti i governi. Ma pure il problema resta, ed esso può essere risolto solamente da un rovesciamento di moralità consacrate, di costumi radicati e rinforzati da necessità di tempi andati, quando la metà e più dei nati non raggiungevano l'età in cui essi potevano produrre e procreare. E questa sarà certamente la rivoluzione più difficile da compiere. • • • • Certamente non sarebbe stato Kennedy il presidente che avrebbe potuto guidare la nazione in tutti i confronti, in tutti i conflitti in cui essa sarà involta quando i processi rivoluzionari, che per ora soltanto si accennano, saranno in sviluppo pieno. Molto facilmente anch'egli non avrebbe potuto resistere fino alla fine alla pressione della società in cui era cresciuto. Ma per lo meno avremmo potuto sperare che egli non avrebbe gettato il peso immenso della nazione americana al completo servizio delle forze del conservatorismo. Egli molto probabilmente avrebbe potuto preparare la nazione ad accettare i cambiamenti più urgenti, a rendere meno difficile la trasformazione dei vecchi ordini, all'interno e all'estero, ad alleggerire le inevitabili sofferenze degli individui che, senza loro colpa, saranno fatalmente chiamati a pagare per ingiustizie e privilegi da anni, da secoli incancreniti. Se la morte di Kennedy segnerà un ritorno a posizioni di forza, di autorità, di attaccamento alla tradizione, di ottusità noi dovremo piangerla ancora più amaramente di quanto ora facciamo. Davide Jona Mario Rapisardi (continua) V. "~?ngressi, accad_emie! Las?iano il tempo che trovano. Una crociata ci vorrebbe: la croc(ata della _Ragione, al grido " Fuori I Barbari! ". E non mi si parli di tolleranza, m nome di non so quale scienza. Chi ha fede nella libertà non deve tollerare questo ?'alefico rinfrondatore e rifiorire della mala erba cattolica; strapparla ad ogni cos~o bisogna, dalla scuoi~, dalla casa, dalla coscienza. La Francia l'ha finalmente capito ed ha,. scova!o le v1p_e~e. La Terza Italietta si va invece gingillando e sollucheran~o all 1~ea d un poss1blle passo a due fra Chiesa e Stato fra s Agostino in fi codta 1' Ro!'èdme e Carlo Darwin in piviale; e, tanto per comin~iare recite il " coneur • app1 della Santa Congregazione dell'Indice! Dunque indarno, o Voltaire, il tuo sovrano Sui consacrati errori Ghignò, scoccòt Fiammeggiò dunque invano I . Ca1nf0 di ~iorit d" 0 _ho fede nel g,ovam; ma m tanto barcollamento di coscienze sotto la ventata d! r;:dwne, J ~:. dov~re dei ,':'ecc~i, che rimangono ancora diritti ed impenitenti, i 'Bar~a~rf;,_ ne mten non I mgh1otta la fossa, di gridare fino all'estremo: Fuori h f se queSta prosa del poeta immortale dà noia alla magistratura non gli resta ~e~e nre~~~r- ~al hgovernNo della_ riC?struzione uno dei soliti decreti leggi per distrug1 10 ec e. on è d1fflc1le ottenerlo. NINO NAPOLITANO CONTROCORRENTE- Dicembre 1963 5
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