Controcorrente - anno XX - n. 38 - set.-ott. 1963

comunista, hanno in comune l'esecuzione sommaria degli avversari dei due regimi, ove regna incontrastato il terrore, la prepotenza e il dominio di pochi, che i due popoli rifiutano di accettare supinamente. La storia di tutti i tempi e quella contemporanea in modo speciale, ci dimostrano che la fratellanza, la giustizia sociale, il progresso civile dei popoli, non possono essere edificate con le dittature, che basano la forza e il loro dominio sulle punte delle baionette e nelle canne della mitraglia, e col negare ai popoli quel!e tanto decantate e purtroppo indispensabili e elementari libertà, costituite dal diritto di associazione, dalia libertà di pensiero e di stampa, pietre angolari di ogni forma di società e di emancipazione sociale. Con la crudeltà, la tirannia e il plotone di esecuzione, essi decisamente e irrimediabilmente segnano il loro tramonto. Per noi qualunque sia il colore del!a dittatura, comunque camuffata, ove non vi è diritto di cittadinanza per gli amanti della libertà di uno e di tutti, con uguali diritti e uguali doveri, giova ripeterlo, non abbiamo scelta da fare. Rimaniamo al nostro posto immutati a continuare nella lotta, per quello che ci è possibile, perchè esse siano in un non lontano domani un triste ricordo del passato. Tra dittature rosse, nere o scarlatte, non ci riesce possibile trovare la differenza. Quando essi osano parlare di libertà, di democrazia e di uguaglianza., sanno di parlare di corda in casa del!'impiccato. Da venti anni assistiamo al!a pubblicazione di memoriali, di rivelazioni, di dichiarazioni, di smentite a non finire, di testimoni oculari, di gente che vanta il merito di sapere e conoscere nei più reconditi segreti, tutto quel!o che avvenne, come e perchè avvenne durante i venti anni di fascismo, e più propriamente degli avvenimenti dell'ultima ora, quando il ducio dovette rare i bagagli, e quel castello di ipocrisia e di delitti crollò, portandosi nella melma tutto e tutti, compreso il reuccioimperatore e la sua casta di spergiuri. Chi più chi meno ci dicono dei retroscena, degli intrighi, dell'ora della resa dei conti. Si continua e si continuerà ancora nel gioco dello scarica barile, a sciupare carta e inchiostro per giustificare, ammettere, smentire, fatti e avvenimenti che non potranno mai far dimenticare e giustificare, e solo in minima parte la posizione e la responsabilità dei Savoia, dal primo all'ultimo giorno del fascismo. Di quella casa Savoia che avallò le gesta dei negrieri in camicia nera, che con il manganello, il pugnale, le bombe e la protezione reale, imposero agli italiani il ventennale regime del disonore, della galera, ove ogni più elementare diritto civile fu distrutto, e soppressa e calpestata ogni sembianza di libertà. Chi non ricorda il reuccio In camicia nera? E' storia vissuta, documentata, denuncia• ta e sempre più ampiamente ricostruita, che ci dice che la casa regnante fu complice consapevole di quel regime sanguinario di sciacalli che per mala ventura l'Italia e gli italiani hanno dovuto sopportare per venti lunghi e penosi anni. Ma in questi giorni, uno del!a sciatta, Lasagnone, l'ex re di Maggio, Umberto di Savoia, ha cacciato fuori 11grugno molto poco reale e con impari sfacciataggine ha parlato dell'armistizio, da Cascais in Portogallo, ove vive dal giorno della fuga, per dirci degli errori degli al!eati, degli avvenimenti di quel lontano 8 settembre 1943, dello smarrimento dei capi e dell'esecito e di tuta la babilonia di quei giorni, per concludere e sostenere come finale, che fu Vittorio Emanuele, suo degno padre che salvò l'Italia. Lasagnone, ha la spudoratezza di affer• mare che "in complesso fu grazie a tutte le decisioni prese dal 25 luglio in poi, che l'Italia potè firmare l'armistizio corto, poi quello lungo, diventare cobelligerante, e finita la guerra, riprendersi più rapidamente degli altri ". Scappando precipitosamente in incognito, Vittorio Emanuele, Umberto e il governo Badoglio, tra l'otto e il nove settembre 1943, prima a Pescara, indi a Brindisi e poscia in Egitto... essi non salvarono l'Italia ... ma ~alvarono indignitosamente la loro lurida pellaccia. Dopo venti anni meritavano gli italiani quest'altra beffa e questo insulto, e proprio da colui che unitamente al padre, non seppero, non vollero in venti anni nulla osare per liberare l'Italia dal megalomane che la stava conducendo verso l'inevitabile abisso, ma che invece ne approvarono tutti gli atti fino al giorno che gli eventi fecero giungere l'acqua al!a gola? Se si voleva salvare l'Italia, questo doveva essere fatto venti anni prima, e non dopo venti anni di vergogna e di rinuncie. Lasagnone dovrebbe solo tacere e mettersi la lingua dove non ci batte il sole. Ma i Savoia non si smentiscono. Traditori e buffoni sempre. Kruscev ha passato due settimane in Jugoslavia ospite di Tito, già scomunicato da Stalin che lo mise fuori dal Cominform. Non sono mancate le calorose accoglienze, le cordiali. . . espressioni e le amichevoli cerimonie, e tutto quello che in simili occasioni è richiesto come contorno. Ci sono state visite a stabilimenti industriali, fabbriche, comizi, pranzi di gala, colloqui a due, interviste, parate ecc. e finale soggiorno nella lussuosa residenza estiva del maresciallo. E qui mi si permetta di aprire una parentesi per dire che, non ho mal potuto capire perchè i dittatori sono tutti generalissimi, marescialli, gallonati e medagliati, quando in un tempo non troppo remoto, si avevano in odio perfino le monture delle guardie comunali. Tornando all'incontro dei due capi, sembra accertato che ideologicamente le relazioni sono rimaste al punto di partenza. A CONTROCORRENTE - Ottobre 1963 27

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