Resistenza DANILO Era pallido, come sbiadito nei capelli e negli occhi, col viso calmo, quasi immobile: un operaio. Ma poi si vedeva che era inquieto e teso nelle guance, sotto la pelle. Anche le mani e i gesti erano cosi. Forse perchè me lo ricordo durante quell'azione. Era malato di cuore. Già una volta era andato •proprio in bocca ai tedeschi, con un ordigno sotto il braccio e quel suo fare posato. Adesso i repubblichini si dovevano riunire, alle quattro del pomeriggio, nel teatro Adriano; avrebbe parlato Graziani per incitare al tradimento. Era in novembre, se ricordo, e già s'era celebrato il 28 ottobre, a modo nostro, sparando sui ,fascisti; e s'era festeggiata la vera ricorrenza, quella del 7 nov-embre, con grandi scritte sui muri e bandiere rosse nelle piazze a ancora spari spari sui fascisti. Adesso, era la volta di Graziani. Pensammo a vari sistemi. Pensammo a un assalto in forze al momento dell'uscita; ma avevamo già visto un'altra adunata di quel tipo, lo spiegamento di poliziotti che proteggeva gli ·accessi. Pensammo a una valigia da mettere sotto il palco: era dif- .tlcile arrivarci. Poi sapemmo che il giorno prima avevano cambiato gli estintori nella sala. Allora pensammo a Danilo. Lo incontrai verso sera, nella tuta grigia da lavoro. Gli dissi di che si trattava. Lui mi ascoltò, senza tare obbiezioni. Aveva un cerchietto dorato, all'anulare, sulla sua mano d'operaio. Si accorse che lo guar· davo, e d'un tratto mi parlò della moglie dei bambini che aveva a casa. Disse: "Mi~ moglie non sa niente. Ma se mi dov-esse capitare qualche cosa ... Vorrei che quelle creature non morissero di fame". Lo disse con calma, a bassa voce. Poi parlammo del colpo da fare, e gli spiegai tutto il piano. Era semplice, a dirsi: lui, la mattina, doveva entrare nell'ingresso posteriore del teatro e andare difilato a posare un " estintore" sotto il palco dell'orchestra. Saremmo stati in tre a fargli da copertura, sulla strada. Gli feci vedere la ,pianta della sala e gli spiegai altri particolari e da che' parte doveva scappare se le cose si mettevano male. Poi gli detti un foglio scritto a macchina da mostrare alla porta se qualcuno lo avesse fermato. C'era detto: "Spett. Amministrazione, Yi Inviamo l'estintore mancante, come da Vostra richiesta ... ·•. Più che altro, per dargli sicurezza. Alle sette e tre quarti di mattina, stavo coi due compagni in vista dell'in<gresso. La porta era già aperta, e c'erano vari Individui In piedi sulla soglia. Piovigginava. Altri uomini stavano lungo I muri colle mani nelle tasche dei cappotti; all'angolo, due metropolitani, e un fascista repubblichino. Il compagno più giovane, quasi un ragazzo, parti in bicicletta per avvertire Danilo. Era tutto stabilito nei minimi dettagli: bastava fare certi gesti senza bi• sogno di dare nell'occhio. Io, dopo un po', ~i spostai una casa più In là, ml misi vicino alla fontanella e cominciammo ad aspettare. Danilo doveva partire da una bottega, in un altro quartiere. Là, durante la notte, si era allestita la bomba ad orologeria: sette chili di tritolo e tre di dinamite, intasati nell'estintore. Doveva arrivare in bicicletta. Vidi tornare il compagno più giovane; fece segno che tutto andava bene. E dopo un po' Danilo svoltò da una traversa e avanzò verso di me. Pedalava con gran lentezza. Alla fontanella si fermò e si chinò per bere. Fu allora che vidi• il suo viso, rovesciato sullo zampillo, pallido e teso cogli occhi bui mi guardava trasognato. Io mi sforzai di sorridergli, per dargli un po' di coraggio. E poi si cominciò. L'altro compagno si mosse e a:ndò ad attaccare discorso cogli uomini incappottati all'ingresso. Danilo risali in bicicletta e cominciò a pedalare. Fu come se si facesse un gran silenzio nella strada e tutt'intorno. Arrivò davanti alla porta, si fermò al marciapiedi, e poggiò la bicicletta contro il muro; poi, con mani pazienti e calmissime comintiò a svolgere la cordicella che tenev~ assicurato l'involto al portapacchi. Le vedrò flnchè vivo, quelle mani bianche e ca~te! con quei gesti interminabili, in mezzo ali aria grigia. Nessuno gli disse niente. Quando l'involto fu libero, lui lo sollevò, se lo mise sul braccio come rosse un bambino. Mentre varcava la soglia, lo straccio che avvolgeva l'estintore si apri su un lato scoprendo per un attimo, come un lampo il rosso fiammante dell'involucro. • Rimasi, con gli occhi brucianti, a fissare la porta. Un momento mi assicurai che il compagno più giovane fosse al suo posto all'angolo incontro. E non potei più staccare. lo ~guardo dal riquadro dell'Ingresso. Sentivo 11 tempo colare, battermi passo a passo: adesso varca la porta, entra sotto Il palco, gira indietro, esce dalla porta ... Non si vedeva uscire. Tre, quattro, cinque volte ho ricominciato da capo e poi mi ~no s,:narrito, non ho saputo più che cosa immaginare. Vedevo l'altro compagno che parlava con gli uomini 'lllla porta e tutto sembrava tranquillo. Ma Danilo 'non tornava. E finalmente usci. Era più pallido forse più rigido nella persona, ma calm'tssimo: le-nto. Prese la bicicletta, la portò sulla strada, vi montò su, e cominciò a pedalare: senza fretta. Venne verso di me come si era stabilito, e anch'io salii in bicicletta aspettai che mi fosse accanto e poi volam: mo via ridendo come pazzi, do! sangue che ci bruciava. • •• Da allora, non l'ho più visto. E' morto in un ~pedale, qualche tempo awresso, di polmomte, senza che si potesse far niente. Era malato di cuore. 20 CONTROCORRENTE - Ottobre 1963
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