Caelano Salvemini: LASTORIACOMEAZIONPEOLITICA Con la scomparsa di Salvemini, che segue a pochi mesi di distanza quella di Gaetano De Sanctis, sembra si compia il ciclo mortale di una generazione di maestri che, quarant'anni fa come l'altro ieri, rappresentavano, con massima autorità, gli studi storici nel nostro Paese. Scorrendo oggi la lista dei titoli delle opere lasciate dal Salvemini, ci si accorge che egli si sentiva impegnato nella lotta politica, cui ha partecipato per mezzo secolo, in maniera solo apparentemente contrastante con la severità del suo assunto storico e con la grande influenza che egli ebbe sulla formazione di una scuola storica italiana. Nel primo quarto di questo secolo, il settimanale L'Unità di Gaetano Salvemini ebbe, per i giovani altrettanta importanza quanta poterono averne, in campo non esclusivamente politico, La Voce di Prezzolini, Lacerba di Papini o La Critica del Croce: a queste riviste, del resto, si potrebbero anche aggiungere Energie Nove e Rivoluzione liberale di Piero Gobetti. Non è una congerie di titoli, questo accostamento di periodici prefascisti, poichè, tutti assieme, rappresentano un analogo sforzo per la creazione, in Italia, di un ceto di governo espresso dalla classe dirigente borghese, veramente capace di dare all'Italia ordinamenti e istituzioni, vita politica e vita morale, corrispondenti alle idealità proprie di quella borghesia intellettuale e liberale che, anche in Italia, aspirava a una funzione di classe dominante analoga a quella conseguita in altri Paesi di moderna democrazia. Se Gaetano Salvemini si distingueva dagli altri uomini rappresentativi del movimento intellettuale e politico del suo tempo, la differenza consisteva in quella sua preparazione di storico e nella posizione di maestro di questi studi, che era il titolo stesso da cui derivava l'autorità con cui poteva parlare agli italiani. Nel suo libro Magnati e popolani di Firenze dal 1250 al 1295 (1899), si affermava un rigore di metodo storico che lo apparentava alla generazione dei positivisti per l'esigenza di rigore scientifico nella ricerca: tuttavia egli già si avvicinava ad altri storici, alcuni dei quali di lui più giovani, in una prevalente attrazione verso lo studio di particolari concreti, si direbbe quasi tecnici, dello sviluppo nella vita politica. Quella che il Croce doveva classificare come "Storiografia economico-giuridica" trovava nel Saivernini un assertore palesemente convinto della necessità di reagire alle deviazioni, spesso agnostiche, del positivismo con una critica storica rivolta all'approfondimento di fatti formali. Mentre la storiografia positivistica tendeva ad annullare le personalità dominanti della storia nella ricerca d'assieme e deterministica sull'ambiente In cui la personalità aveva operato, giungendo fino alla valorizzazione di fatti puramente come il clima o la salute, la successiva generazione, cui apparteneva il Salvemini, rappresentava, più che altro, un raffinamento del metodo positivistico, portando l'interesse dello storico su fenomeni economici, organizzativi e cioè giuridici o amministrativi e, in genere, diretti allo studio della struttura di una società attraverso un coscienzioso metodo di filologia paleografica e archivistica. La sua fama di storico, tuttavia, è assicurata maggiormente a un libro di pochi anni posteriore, La rivoluzione francese (1905), con il quale Il Salvemini ha esercitato grandissima influenza su un pubblico assai più esteso di quello raccolto nelle aule universitarie fiorentine o di quello dei pochi in grado di apprezzare e gustare il suo Magnati e popolani, molto più citato che letto. In La rivoluzione francese si può veramente dire che Salvemini ha lasciato dietro di sè il filologismo della scuola economico-giuridica, per darci un esempio di storiografia che, a più di mezzo secolo di distanza, può ancora corrispondere alle esigenze di una cultura desiderosa di ricerche storiche sensibili alla complessità e alla varietà di ogni fatto umano. Alcune pagine dell'opera salveminiana, come la analisi della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, e la conclusione che lo storico ne trae, cioè il carattere sostanzialmente polemico e negativo del documento, rappresentano uno sforzo riuscito per vedere nei fatti politici del passato non soltanto questioni di diritto o di economia, ma anche di ideologia, di sentimenti e di passioni. cioè fatti veramente umani. Non è azzardato il dire che un'opera come quella sulla rivoluzione francese spiega, anzi preannuncia, il polemista antigiolittiano, che si batte per dare al Mezzogiorno d'Italia una vita politica di tipo europeo, democratico e razionale. Nella critica degli avvenimenti contemporanei, come nei numerosi volumi di battaglia politica antifascista, nella spicciola attività giornalistica come nell'opera di maestro, la personalità unica di Gaetano Salvemini si afferma soprattutto per quel suo vivo e modernissimo riallacciarsi alla tradizione di una storiografia che sa essere quello che da Tucidide In poi deve essere ogni storiografia: opera di azione politica in sede di studio e di critica. MARIO AITILIO LEVI "EPOCA" No. 365
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