liazìone continuava: sì voleva che ìo stesso mi sentissi profondamente ridicolo! " ... Dopo sei giorni mi si chiuse in una cella dove c'erano già cinque uomini: talmente pallidi e deboli e cadaverici che li credetti affetti da chissà quale malattia contagiosa. Uno di essi, un Lituaniano, mi disse con voce appena udibile - meno per precauzione che per mancanza di voce: "-Senza dubbio tu resterai qui un anno, ammenochè tu non muoia prima. "-Non son di quelli che muoiono cosi facilmente - risposi più per darmi coraggio veramente difficile a tirar fuori che per convinzione. "Tutt'e cinque mi guardarono stupefatti e compassionevolmente. "Mi si era certamente gettato fra quei mezzomorti per farmi comprendere quel che sarei diventato in capo a qualche giorno. " La cella non misurava più di mt 4.50x 2.40. Vi erano tre cuccette per lato. Dovevamo restare seduti con un libro in mano, ma siccome era obbligatorio che guardassimo lo spioncino aperto nella porta, era impossibile leggere. Se uno soccombeva alla tentazione di leggere e cessava di guardare verso lo spioncino, il carceriere entrava e lo prendeva a calci e pugni. Al tocco entrava un valletto tutto ben pulito, azzimato, elegante, dall'abito d'una abbagliante bianchezza, portante sur un vassoio di argento le posate ugualmente d'argento, cento grammi di pan nero e una zuppa di cavolo e pomidoro. Il contrasto fra la proprietà e l'eleganza del valletto e il servizio e il genere di pasto che ci serviva, cosi miserabile e ripugnante, era d'una tal raffinata crudeltà da costituire di per se stesso una tortura. " Dal tocco e mezzo alle 14 ci era permesso di sdraiarci sulla cuccetta. Poi, fino alle 19, dovevamo nuovamente restar seduti, rattrappiti e immobili, con Io sguardo fisso sullo spioncino. Tutto, in dettaglio, era di una calcolata diabolica crudeltà. In primo luogo, l'immobilità assoluta per ore ed ore; ma quel che era veramente terribile, CHIARIMENTO ossessionante fino a determinare uno stato d'incubo, d'ebetismo e di follia, era l'obbligo di fissare costantemente quel piccolo quadrato al dilà del quale, fisso insistentemente su no;, stava l'occhio dell'aguzzino. Quel finestrino e quell'occhio finivano per ingrandirsi smisuratamente, girando con velocità vertiginosa davanti ai vostri occhi e distruggere poco a poco la vostra intelligenza e la vostra volontà. Ed è questo lo scopo perseguito: provocare la disinte• grazio ne morale dell'individuo. "La bocca piena di bava e gli occhi disorbitanti, il Lituaniano faceva un movimento rotatorio continuo con la testa, come per inseguire l'immaginario movimento rotatorio dello spioncino. Il secondino entrava allora e d'un colpo brutale lo strappava dalla sua ebetudine. Ma subito dopo il torturante gioco ricominciava. Questa disintegrazione morale dell'individuo era completata poi dallo stato di indebolimento progressivo dovuto a denutrizione. Il detenuto non arriva a morir di fame, ma la fame cronica, sapientemente dosata e regolata, finisce per creare in lui l'ossassione animale del nutrimento. Arriva cosi il momento in cui non ha più che una idea fissa: mangiare a sazietà, mangiare qualcheccosa che non sia sempre la stessa insufficiente ripugnante cosa. "Tale è il regime durante il giorno, alla Loubianka. La notte il supplizio continua. Il sonno non vi rappresenta un riposo ristoratore. La mancanza di spazio obbliga a tener le gambe sempre ritirate. Malgrado il freddo e col pretesto d'impedirvi di far hara-kiri - con che cosa? - bisogna tenere per tutta la nottata le braccia scoperte, lungo il corpo. E sempre nella stessa posizione: la faccia rivolta verso lo spioncino... e quell'occhio che vi fissa e che finisce per imprimersi nel cervello anche durante il sonno ... Traduzione-riassunto di Virgilio Gozzoli (CONTINUA) Abbiamo letto un comunicato pubblicato nel No. 2 de LA BUSSOLA che ci riguarda. E' firmato Carlo Bianchi per i compagni d'Ancona. Prendiamo la palla al balzo per chiarire un malinteso che dev'essere chiarito nell'interesse della verità. Quando usammo la frase " attitudine dittatoriale " nella Piccola Posta nel No. 35, ci riferivamo ad individui che conosciamo per esperienza come piccoli " duci " che si sono occupati spesso di noi, giudicandoci sommariamente alla maniera dittatoriale. Ci piace dire subito, prima che la cosa sia travisata e gonfiata, che gli elementi a nome dei quali parla Carlo Bianchi, non erano coloro ai g_uali intendevamo riferirci. Questo dichiariamo con tutta franchezza, anche se qualcuno potrà vedere in questa dichia• razione un atto di leggerezza. Vi sono già troppi risentimenti personali in giro per mettere altra legna sul fuoco senza ragione. Il compagno Bianchi che firma il comunicato a noi diretto per i compagni di Ancona, prenda nota di questa nostra dichiarazione, che ci auguriamo riesca a dissipare tutti i malintesi. Noi stimiamo sinceramente i compagni di Ancona e non esitiamo a dichiararlo. a. f. CONTROCORRENTE- Ottobre 1963 19
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