Esperienze "EL CAMPESINO" lii (Continua dal numero 37) Saltiamo a piò pari una quarantina di pa• gine compenclianti ben altri quattro anni di vita trascorsi dall!autore nell'inferno bolscevico oltre gli altri due da dopo il suo arrivo " tionfale" a Mosca nel Maggio del 1939, nelle quali pagine ò narrato del suo periodo di lavoro forzato alla costruzione della Metropolita,w di Mosca, dopo il processo intentatogli dai suoi stessi compagni di Comando in Spagna: Modesto, Lister, Ta· guena, la Passionaria ed altri capoccioni della stessa risma che chiesero il di lui ar• resto e l'immediata deportazione in Sibe• ria: cosa per il momento evitata dalle at<· torità russe che lo mandarono invece a "redimersi a mezzo del lavoro" alla Metropolitana (dal Marzo al Novembre 1941); e dt<rante il quale quadriennio ri~c\ ad organizzare il suo primo fallito tentativo di ft<ga dal quale, dei due suoi compagni d'impresa (Campillo e Lorente>, il primo spari mentre lui e il secondo dormivano in un bosco, e andarono poi a cadere fra le grinfie della Guepeu non lungi dalla sospirata libertà. dalla frontiera iraniana, a 120 Km. da Teheran. Da dove furon riportati a Mosca e rinchiusi nella prigione della Loubianka. "Durante il viaggio di ritorno a Mosca ebbi per la prima volta l'occasione d'ap• prendere cos'è un vagone di prigionieri in URSS. Quello in cui fui rinchiuso si chiamava, mi fu detto, "Il Vagone dei Trenta anni" perchè serviva al trasporto dei condannati " per spionaggio" a venti, venti• cinque o trent'anni di lavori forzati: In realtà, per tutta la vita, poichè qualunque sia il termine è raro ritornare dal bagno sani e salvi. "In un compartimento per quattro persone vi eravamo accatastati in sedici, tutti in piedi, come affastellati insieme, direi quasi agglutinati senza possibilità d'un minimo movimento, dormendo in piedi, facendo i nostri bisogni ln piedi, morendo ln piedi. E non è un'immagine! Durante quattro giorni e mezzo non fu aperta la porta per darci da mangiare o da bere o permetterci una boccata di respiro. Alla stazione di Rostov ci dettero 300 gr. di pane e delle acciughe terribilmente salate. Malgrado la fame che mi attanagliava non mi lasciai vincere dalla tentazione di mangiar• ne. Due prigionieri che lo fecero morirono di sete lungo il viaggio. "Non fu che a Mosca che sapemmo d'aver portato due morti fra noi, quando potemmo separarci, e che vedemmo due di noi cadere a terra con una rigidità cadaverica. "In tutti i trasporti di prigionieri, In Russia, ve ne è che muoiono ln piedi e viaggiano per chilometri e chilometri tenuti su dai vivi. "A Mosca ebbi pure l'occasione di far conoscenza coi vagoni cellulari. Vetture completamente chiuse, con un corridoio centrale e otto o nove cellette di circa 60x40 cm. di vano. Un guardiano vi ci spinge brutalmente per le spalle e richiude di colpo la porta. Il detenuto resta cosi serrato, in piedi, senza più potersi muovere. E così che giunsi nei primi di Marzo alla prigione della Loubianka. • • • • "A proposito dei famosi processi di Mosca, quel che stupisce particolarmente sono le cosiddette " confessioni". Com'è che i processanti si autoaccusassero cosi "volentieri" di delitti che non avevano e nemmeno potevano aver commessi? Perchè condannare sè stessi al disonore e alla morte? Iniezioni? Ipnotismo? La vera spiegazione mi sembra più semplice ed insieme più complicata. Senza fermarmi alla tesi del supremo sacrificio fatto da quegli uomini alla " causa", al partito, alla disciplina - queste Deità ch'essi stessi si son create e che han finito di diventare la loro unica ragion d'essere -, tengo a dire che tutti quelli che son passati attraverso l'istruzione d'uno di questi processi alla Loubianka {e in ogni paese satellite esiste una Loubianka), possono spiegarsi facilmente il meccanismo di tali "confessioni". "Nel corso di qtiesti processi la morte finisce per diventare una desiderata supre- ?WJ liberazione. LA SOLA POSSIBILE! " ... Un miliziano mi condusse a una specie di stretta cabina in cui non sl può tenersi che ln piedi o seduto in modo che le ginocchia forzino contro la porta. Il nome di Rabatchnik (cuccia) che gli si dà non è appropriato perchè un cane nella sua cuccia ci stà più comodo. "Due ore più tardi mi si portò a quella che chiamano "la visita medica". Una donna dai modi brutali e portante il grado di Capitano della Guepeu, si dette, sulla mia persona, alle manipolazioni le più dettagliate. Ho vergogna a descrivere l'ispezione ch'essa fece su me, dall'ano al canale dell'uretra. Mi rovesciò le palpebre con una tale brutalità da risentirne il dolore per più giorni. M'ispezionò le orecchie con un filo metallico fino a farmele sanguinare, e poi la bocca e l'esofago con un tubo munito all'estremità di una piccola ampolla, fino a farmi vomitare quattro volte di seguito. Mi avevan dato prima cento grnmmi di pane e un litro d'acqua gassosa dal gusto di sapone perchè, vomitando, potessi rivelare i " egreti " che nascondevo nello stomaco. Questo supplizio durò due ore. Alla fine mi sentii malato, disgustato e profondamente umiliato. Ed è proprio questo che si vuole ottenere: umiliare l'essere umano, ridurlo allo stato d'un oggetto, a zero. " ... Di ritorno alla mia cabina, dovetti restarvi tutta la notte completamente nudo. Al mattino ml dettero un paio di pantaloni che giungevano appena al ginocchio e una camicia a cui mancava una manica. L'umi18 CONTROCORRENTE- Ottobre 1963
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