Controcorrente - anno XX - n. 37 - lug.-ago. 1963

mento di 20 mila ferrovieri con danno del serv1z10, che l'unione ritiene impossibile possa essere fatto con personale cosi ridotto. Ci andrebbe di mezzo l'incolumità del viaggiatori. Sin dall'll luglio le compagnie avevano minacciato di fare entrare in vigore Il nuovo sistema da loro preparato, cosa che la resistenza degli operai non ha permesso minacciando lo sciopero generale immediato di questa categoria di lavoratori. Si è corso al riparo, posponendo fino al 29 agosto ogni ulteriore decisione, con la speranza di arrivare ad un qualche compromesso risolutivo. Fino al momento che ,scriviamo queste note, tanto l'intervento diretto del Presidente Kennedy e quello del comitato nominato dal governo per scongiurare la crisi, e la minaccia di sciopero coll'indurre i datori di lavoro a più miti consigli e umane decisioni, non hanno cavato un ragno dal buco. Si è in cerca di misure legislative e di arbitrato obbligatorio. Entrambi servirebbero a mettere la mordacchia al lavoro organizzato, con maggiori pericoli futuri, alla stessa maniera che si è usato fare e si usa fare nei paesi retti a regime fascista e dittatoriale. Per tanto è più che logico che i sindacati si siano dichiarati in questa occasione, contrari alla proposta avanzata dal Presidente Kennedy di affidare la soluzione di questa vertenza alla ICC - la Interstate Commerce Commission. I padroni delle ferrovie sono solo interessati a tutelare i loro interessi, e decisi perciò a non cedere una iota, che permettesse di ridurre i loro profitti. Essi intendono portare una riduzione di 600 milioni di dollari annui al costo di gestione, e la via più spiccia, tanto per cominciare, è quella di licenziare 40 mila operai. Gli operai dal canto loro sono decisi a non voler perdere il pane per loro e per le loro famiglie, e sono a tutto decisi. E' la lotta per l'esistenza ed essi hanno tutto il diritto di difendere questo loro sacrosanto interesse. E' chiaro che la minaccia e l'attuazione di questo sciopero preoccupa tutta la nazione, ma è dubbio che intenerisce il cuore dei magnati delle ferrovie, che più che ai lavoratori e al bene nazionale, pensano unicamente a garantire i loro interessi, che sono costituiti dal profitto e dalla borsa. Il problema come si vede è di capitale Importanza nelle relazioni dell'automazione in continuo progresso e la forza lavoro dell'uomo, che fino a prova contraria è il solo designato a fare la spesa dello sviluppo meccanico e tecnologico dei nuovi tempi. Il problema più che nazionale è internazionale e i rapporti tra la macchina e l'uomo debbono conseguentemente andare di pari passo, se effettivamene si vuole e si è in cerca di una reale soluzione di esso. Questo non può essere ridotto alla spicciolata e con i famosi pannicelli caldi, e tanto meno con blandi provvedimenti governativi. E' questa una vera e propria rivoluzione industriale, che deve essere aggiornata al nuovi tempi e ognuno deve fare la sua parte. Ognuno deve pagare la sua quota spettante per la soluzione di quello che rappresenta l'importante e vitale problema dei tempi moderni. I primi debbono essere logicamente le eterne sanguisughe che tanto sangue hanno succhiato impunemente e arbitrariamente dalle vene dei lavoratori, che da secoli hanno dato e danno sudore, sangue, miseria e servitù. E' purtroppo ora e tempo di non far più la parte dello struzzo. Dimostrazioni razziali si stanno verificando in tutta la nazione. Atti di violenza si manifestano sporadicamente un po• ovunque e gli arresti continuano a centinaia. Picchetti, comizi, disordini e proteste sono all'ordine del giorno, e la legge marziale è stata imposta in varie località. Nonostante tutto, il movimento integrazionista prosegue la sua marcia intensificando le dimostrazioni, deciso ad ottenere quella parità che finora gli è stata negata. I vari Barnett, cocciuti razzisti della peggiore specie, inviperiti agli estremi, cercano ogni mezzo pur di ostacolare le giuste richieste del movimento integrazionista, ma dovranno purtroppo, anche se tardi, ingoiare la amara pillola. E' questa una lotta per la conquista di uguali diritti. Si tratta di dover considerare e riconoscere al dieci per cento della popolazione degli Stati Uniti, costituita dalla razza negra, gli stessi diritti, gli stessi benefici e opportunità finora godute solo dai bianchi. Prima di ogni cosa è una quistione morale, è un riconoscimento di giustizia sociale che non può oltre éssere rimandato. Ci sono logicamente molti ostacoli da superare, ma mai si comincia, mai si finisce. Non ci possono essere nella stessa nazione cittadini di prima e di seconda classe. I diritti di uno debbono essere i diritti di tutti, senza limitazione e distinzione di razza, di colore, di nazionalità e di credo. La nostra solidarietà e la nostra simpatia è con quelli che vogliono il riconoscimento di questi diritti civici e di libertà e con quanti il prossimo 28 agosto prenderanno parte alla "marcia su Washington" per significare e manifestare in difesa di questi diritti. Non ci potrà essere vera e efficiente democrazia, fino a quando i diritti di un solo cittadino, saranno conculcati. Nel corso dei lavori del recente congresso del partito missino in Italia, si sono verificati vivacissimi incidenti durante i quali sono volate sedie, pugni e schiaffi. Il neo-fascismo si è scisso in due fazioni. Una facente capo al segretario del partito Arturo Michelini, l'altra con a capo Giorgio Almirante. I primi vogliono in qualche maniera inserirsi nel sistema democratico italiano, i secondi rivendicano il carattere rivoluzionario del passato partito fascista. Fino a quando si insultano e si rompono le corna fra loro, sono affari che poco o niente cl riguardano. Tanto gli uni quanto CONTROCORRENTE - Agosto 1963 27

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