Controcorrente - anno XX - n. 37 - lug.-ago. 1963

" Lettere a un Francese sull'attuale crisi" (Settembre 1870), "L'Impero Knouto-Germanico" e "la Rivoluzione sociale" (Ginevra 1871), La "Teologia politica di Mazzini " e "Risposta a Mazzini dl un internazionalista" (Milano 1879), "Dio e lo Stato" (Ginevra 1882) etc., etc.? Noi rinunciamo a colorire qualunque di codeste tele e ci basti averne accennata l'orditura. Della vita e delle vicende di Michele Bakounine si occuparono, per tacer d'altri, Benoit nella Istoria. del Sociali8mo (cap. 21 e passim), l'Arnaudo colla solita sua superficialità, nel volume sul Nichilismo (pag. 90 e seg.), il Bulletin de la. Federation Jurassien,e di Neuchàtel (estate 1876). Un ritratto simpatico e verista di Bakounine deve trovarsi negli scritti postumi di Herzen, col titolo "La grande Lisa" (che in russo significherebbe la gran bonacciona), nel quale son descritti il carattere, la vita intima e perfino le inevitabili debolezze dell'uomo. Reclus e Ca:flero, nell'introdu• zione al Dieu e l'Etat (1882), promisero la biografia particolareggiata; promessa che probabilmente i tristi eventi a tutti noti non consentirono compiersi. Ma una biografia completa e veramente imparziale e scientifica, pur rimanendo popolare, dl Michele Bakounine non crediamo si trovi fino ad oggi nella letteratura socialista. " La mia vita stessa ~ un frammento" diceva egli al suoi critici. Anche la storia della sua vita subirà lo stesso destino? Nel 1877 Andrea Costa pubblicò qualche foglio di una vita popolare di lui, ma non fu continuata. Speriamo che un giorno o l'altro si completi l'interrotto lavoro. * * * In attesa di una monografia biograficocritica degna dl lui, gettiamo un rapido sguardo sull'uomo e tentiamo di fissarne qualche tratto essenziale. E anzitutto guardiamolo in faccia per davvero: e consultiamone, non potendo altro, l'effigie, Alto, membruto, colossale - fronte vasta, grande testa leonina - biondo, occhi azzurri, leggermente mongolo nel pronunziati zigomi - negletto nell'abito oltre ogni dire - ogni suo lineamento, come ogni suo moto, spira la larghezza, la benevolenza e la forza - la schiettezza dell'animo e la poderosa ingenuità della fede. Nel suo ultimo soggiorno dl Zurigo (1872) i bambini delle strade - ci narra un testimone oculare - lo rincorrono coll'acclamazione festosa: der grosse R1LSse!der grosse RILS· se! (il grande russo! il grande russo!) La sua vita è irregolare e boema - vive di thè e di tabacco, e veglia le intere notti a tavolino scrivendo lettere, opuscoli, con lena indiavolata, tenendosi in rapporti con rivoluzionarii di tutti i paesi. Nulla gli sfugge, tutto assimila, tutto trasforma nel moto perpetuo del suo cervello. Sempre aperto alla confidenza, sempre pronto alla azione, avendo per canone supremo la inversione del binomio evoluzionista, ossia la necessità della rivoluzione come prece• dente logico e storico di ogni evoluzione progressiva, egli è sbalzato continuamente di luogo in luogo dal vario soffio delle speranze e della fortuna. Cosi i suoi scritti sono di rado, compiuti: suscitati dall'occasione, dall'occasione o dall'evento interrotti. La sua vita è tutta nell'azione e non serve che all'azione; una oggettivazione completa, una abnegazione assoluta dell'io. Ignora il lusso e le convenienze pigmee della vita. Quest'animo essenzialmente ideale e poetico, dischiuso a tutte le sensazioni del bello e dello squisito, rinnega l'arte come un anacronismo, come un'ignava mollezza del pensiero, finchè alle mag• gioranze ineducate e povere non sia dato goderne. Questo cuore, che nella lotta quotidiana sembra sostenuto da una specie di orgasmo ultraterreno, è il più fiero nemico dell'ascetismo, del deismo, di tutti gli assurdi e le menzogne del sentimento. Come nacque e come si svolse una cosi grande, geniale e poderosa natura? Certo, alla base d'ogni altro fattore, dobbiamo porre la razza da cui esce: quella singolare e tuttora misteriosa stirpe slava, che fonde in sè tanta dolcezza e tanta forza, tanta idealità e tanto spirito pratico, tanto slancio di feconda utopia e tanta terribilità di logica nei fatti; quella stirpe, in gran parte sonnolente ancora, ma il cui ricco avvenire basterebbe a sintomatizzarcelo il fatto significante della invasione delle idee ribelli e dell'abnegazione rivoluzionarla in quelle zone sociali, che nel vecchio occidente sono le più frivole, quietiste ed imbelli: l'aristocrazia e le donne. In filosofia e in gioventù fu hegellano, appartenendo all'estrema sinistra dl questa scuola, come hegeliani e radicali furono molti altri propagatori di libertà. Senonchè, i sette anni passati da Bakounine nella fortezza dl Pietro e Paolo, in quell'antro sotterraneo o rivellino d'Alessio, esposto alle improvvise crescenze della Neva, dove Caterina di Russia affogava le vittime delle sue vendette di imperatrice e di femmina; quegli anni nei quali la dolce attrazione del suicidio balenò più volte, come narrava poi egli stesso, al suo spirito tormentato, dovettero modificare sostanzialmente li suo idealismo dottrinale. Fatto sta che, negli scritti degli anni provetti, egli oppugna ogni idealismo come la peggior peste della Società; il che non toglie che forse le tracce dell'antico Idealismo possano riscontrarsi nella stessa unilateralità e monosillabicità del suo ideale rivoluzionario e nella facilità con cui credeva potersi, da un di all'altro collo Spirito santo della rivoluzione, mutare di pianta uno stato dl cose e di costumi che ha radici nel secoli. Del resto il pensiero di Bakounlne, in linea di prlnclpii, aveva già subito l'attrito e l'innusso dei pensatori della scuola ma• terialista e segnatamente dl Luigi Feuerbach - un altro, che fu discepolo prima, e poi l'avversario più accanito dl Hegel. E veramente Bakounine ci sembra sovratutto il figlioccio intellettuale di Feuerbach, colui che l'ateismo speculativo di questo 22 CONTROCORRENTE - Agosto 1963

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