Controcorrente - anno XX - n. 37 - lug.-ago. 1963

Tutto questo Mantovani indica chiaramente quando, polemizzando con Farinelli, dice che in " un movimento organizzato, la prima cosa che va rispettata, è quella di accettare le decisioni collettive, anche se non vi si concorda completamente". E aggiunge: "Questo rispetto alle decisioni collettive è stata sempre la mia divisa, anche quando mi professavo individualista". Vuol con questo egli dirci di aver rinunziato ad ogni sua prerogativa di individualità, quel tanto di individualità che ogni persona, individualista o altrimenti, dovrebbe gelosamente conservare e proteggere? Evidentemente Mantovani ignora o vuole ignorare l'esistenza del diritto delle minoranze e dell'individuo. Chi, come chi scrive, non si è mai definito " individualista ", non ha nemmeno mai creduto alla subordinazione della sua coscienza al volere altrui. Laddove non è possibile intendersi come conviene fare tra esseri socievoli, si addiviene al distacco, ma senza necessariamente rovesciare su la parte avversa insulti e calunnie. Quale fosse la divisa di Mantovani quando si professava individualista, non è qui il caso di discutere. La sua affermazione l'accetti chi vuole. Comunque, rimane sempre il fatto che chi accetta subordinatamente i deliberati del gruppo, accetta il principio del governo delle maggioranze dei partiti, nello Stato. Dove va cosi a cacciare Mantovani il tanto decantato principio anarchico sul "libero accordo?". Perchè dunque voler ridurre il Movimento l'organizzazione anarchica, (se ci fosse), al livello di ogni altro partito politico, con l'obbligare tutti i suoi aderenti ad accettare i deliberati maggioritari con i quali si dissente? Mantovani dice: e "anche quando non vi si concorda completamente". Proprio qui casca l'asino. A chi sta a decidere la gradazione, fino a qual punto la maggioranza può coercere la volontà dell'individuo o della minoranza? Se tutto ciò è da accettarsi, è evidente allora che in base a tale "principio" lo Esecutivo della Fai ha votato unanimemente censure e condanne. E' il principio che viola il pensiero e la coscienza dell'individuo, che lo asservisce all'altrui volontà, forzandolo con metodi intimidatori, ad abdicare la propria volontà. E' quello che impongono i partiti politici italiani e tutti i partiti comunisti del mondo e ogni regime dittatoriale. • • • • Non meno interessante nello scritto di Mantovani è la ecclesiastica concione contenuta in quanto qui riporto in pieno. " Si tuona da alcuni contro le cosiddette " scomuniche" in nome della libertà del dissenso (che nessuno si sogna di limitare> - perchè a un dato momento un gruppo di compagni, a cui il Convegno di Senigallia ha affidato il compito di coordinamento dichiarando di non voler nulla da spartire con gruppetti e pubblicazioni (si trovano sempre i mezzi per un tale genere di "attività") specializzati nella calunnia di bassa lega e nella denigrazione sistematica del Movimento e dei suoi uomini più attivi (vedi in particolare Carrara), oppure con uomini bollati come agenti dell'OVRA da una dimentica Federazione Laziale, oppure con sedicenti giornalisti che buttano fango sul Movimento italiano servendosi di fogli socialdemocratici, a scopo di inconfessabili disegni e di antichi rancori personali". Mantovani mostra avere certamente una dura cotenna quando afferma che nessuno di loro sogna di limitare il dissenso, e non ci indica quale gruppo di " compagni " delegò l'Esecutivo della Fai, oltre che di "compiti di coordinamento", di quello di apparato giudiziario stile stalinista. E prosegue: "E che, in nome di quale principio si vorrebbe obbligare a considerare dei compagni gente simile, e a lavorare insieme, quando alla loro inconsistenza morale si aggiunge, per alcuni di essi, una assoluta incompatibilità ideologica, di costume, di educazione anarchica?,, Se Mantovani avesse studiato direttamente sotto la guida di Loyola, non avrebbe potuto far meglio. Mi dispiace dire, ma nel brano citato si incontra tutto il pattume di una mentalità distorta, sia dalla passione cieca di parte, sia soltanto dal desiderio di inveire contro chi ha ardito muovergli delle critiche. Il suo dire è un insieme di accuse velate, insinuazioni, distorsioni e menzogne. Come l'atto d'accusa e di sentenza è formulato, in certi passaggi potrebbe riferirsi a chiunque dei bersagliati, come potrebbe anche conglobare insieme tutti i miscreanti accusati, processati e condannati nella camera· di consiglio della FAI. Non sono addentro delle querele della Fai con i gruppi di Carrara, la Federazione Laziale, i compagni di Torino o l'individuo accusato del più infame crimine che si possa attribuire a qualsiasi persona: spionaggio. Senza entra re in dettagli della sfuriata mantovaniana e faista, mi domando come mai possa persona dotata di ordinaria intelligenza ingoiare quanto Mantovani cerca loro servire. E mi domando ancora, su quale base Mantovani legifera, accusa e condanna senza specificare fatti e nomi, senza dire a chi ognuna delle insinuazioni nate dalla cattiveria borghiana e da lui ripetute e fatte sue sono dirette. Con accuse talmente cervellotiche, prodotto di mente maligna e malata o l'insieme delle due, l'inquisizione alimentava i roghi con vittime umane, Stalin debellava anarchici ed ogni altra opposizione; Franco ha macellato e schiavizzato la parte più bella del popolo spagnolo; Hitler e Mimmler immolavano le loro vittime. E qui pongo a Mantovani e tutti gli anarchici Faisti e non faisti questa domanda: "Si è mai qualcuno interessato ad accertare se l'accusa d'essere stato un agente dell'OVRA diretta a una certa persona sia stata mai suffragata da prove? Qualsiasi anarchico che vale il suo· sale, prima d'accettare una tanta accusa, non importa contro chi diretta, dovrebbe domandare la presentazione delle eviaenze a chi l'accusa muove. 18 CONTROCORRENTE - Agosto 1963

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