Controcorrente - anno XIX - n. 35 - mar.-apr. 1963

leggì, anche se esse rappresentano un passo indietro nella marcia del progresso nella opinione di una parte della comunità, siano approvate. Ma non può essere lecito lo scatenamento di passioni e di azioni violente, senza compromettere la struttura stessa della nazione. Purtroppo quanto sta avvenendo indica che il punto di esplosione delle passioni è molto prossimo, e che in molte aree, per lo meno, non esiste più terreno per una razionale discussione. Mi sembra che l'azione dell'amministrazione federale in queste contingenze sia pietosamente insufficiente. Le intenzioni sono buone, non c'è dubbio, e gli sforzi per interporre l'autorità federale per favorire il riconoscimento della necessità di un rinnovamento dei costumi sono commendevoli. Ma io credo che il punto raggiunto richiede, più che misure legali, uno spirito di "leadership" che faccia appello, non soltanto alle forme nazionali, ma pure al sentimenti, forse perfino alla teatralità. Non mi pare per esempio che la proposta fatta da James Baldwin e.ll'Attorney Generai Robert Kennedy, che il Presidente degli Stati Uniti si presenti alla Università di Alabama nel giorno in cui due studenti negri dovrebbero essere ammessi, e confronti colà il governatore Wallace, che ha minacciato di impedire personalmente quanto i tribunali degli Stati Uniti hanno dichiarato legale, sia risibile. Per cei,to, se Eisenhower, allora presidente degli Stati Uniti, al tempo della crisi di Little Rock, avesse avuto il coraggio di recarsi sulla scena del conflitto, prendere per mano due bambini negri e scortarli a scuola, una gran parte delle popolazioni bianche degli stati meridionali avrebbero levato grida al cielo. Ma avrebbe qualsiasi energumeno avuto il coraggio di alzare la mano sul magistrato supremo degli Stati Uniti, quando questi avrebbe impersonato, nella sua azione, il sentimento della maggioranza della nazione? E, se anche un affronto fosse avveRivoluzione nuto, non avrebbe questa violenza messo in chiaro, una volta per sempre, che gli irreducibili razzisti si mettevano senz'altro fuori dal tessuto civile? Cinque anni son passati da quel giorno, e il processo di smantellamento di istituzioni incompatibili collo spirito di questi giorni è stato tentato non con un appello ai senti.menti, ma con l'impiego di truppe. La resistenza si è irrigidita, sotto lo stimolo di difesa di istituzioni locali, facendo appello alla necessità di preservare le libertà individuali e comunali, reagendo all'affronto sofferto per una occupazione militare. E forse l'azione, risvegliando timori di interferenza di lontane autorità in molte parti della nazione, non tanto inquinate da pregiudizi razziali, ha sollevato dubbi anche fra molti che riconoscono la giustizia delle richieste della minoranza di colore. Oggi la amministrazione Kennedy si trova ad un delicato punto: una gran parte della legislazione che essa propone al Congresso non ha possibilità di approvazione, se non attraverso la cooperazione dei rappresentanti delle aree del Sud. Inimicandosi questi, con un appello sensazionale alla nazione, il programma legislativo può essere compromesso. Ma è tempo, io credo, di domandarsi se la realizzazione di particolari programmi di legge è una cosa tanto preziosa da poter essere pagata col collasso completo della struttura sociale e civile della Nazione, colla violenza e colla alienazione dalla vita nazionale di una importante minoranza, che da un secolo attende la realizzazione di una solenne promessa. La lacerazione nel tessuto nazionale non si può fermare nei limiti di un conflitto fra due gruppi: essa fatalmente si estenderebbe ad un collasso di tutte le garanzie civili, all'arresto dello sviluppo tecnico del paese, ed anche aprirebbe quasi certamente la via alla presa di potere di un regime autoritario e razzista. Davide Jona La primavera del 1963 sarà ricordata per lungo tempo. Sarà ricordata come l'epoca quando la rivoluzione dei negri per la conquista dell'uguaglianza ebbe inizio e si estese in tutti i fronti degli Stati Uniti. Questa rivoluzione ha assunto proporzioni imprevedute. I negri hanno affrontato cani poliziotti feroci, aizzati contro di loro dai razzisti del sud. I negri hanno sfidato l'arresto in massa. Sono andati in galera a migliaia. Sono stati assaliti da folle minacciose nei restaurant pubblici. Sono stati attaccati nelle loro case con le bombe. Sono stati brutalmente assaliti ed aggrediti dai poliziotti. Essi hanno mandato i loro ragazzi ad affrontare gli uomini nelle strade. Nelle settimane, nei mesi, negli anni, c'è da prevedere che questo conflitto rallenti, diminuisca. Se ciò avverrà si tratterà di cosa temporanea. Oramai la rivolta è in marcia. Non si torna indietro. Troppo sangue. Troppa violenza. Non è possibile dimenticare quello che è successo. Le atrocità alle quali assistiamo giornalmente riportano la mente alla vita della jungla. I politicanti razzisti del sud hanno dominato la situazione per cento anm. Si sono messi sotto i piedi i diritti della gente. Sono rimasti sordi alla voce della giustizia. Hanno imposta la loro volontà. Ora basta. La nostra solidarietà va ai negri che combattono con una determinazione che porterà loro la vittoria. 4 CONTROCORRENTE - Aprile 1963

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