Controcorrente - anno XIX - n. 35 - mar.-apr. 1963

Fuì arrestalo a Roma per colpe ed intenzioni non mie, e per sedici mesi fui trattenuto nel carcere di Regina Coeli in attesa del giudizio del Tribunale Speciale, sei dei quali in assoluto isolamento diurno e notturno. L'accusa era di attentato alla vita di Mussolini ed alla sicurezza dello Stato, che avrebbe potuto importare la fucilazione, come accadde per altri del mio stesso processo-quello di Bovone-: si sapeva che era innocente, ma si voleva fare il processo alla Concentrazione Antifascista di Parigi (che non c'entrava) per richiedere l'espulsione degli antifascisti da Parigi al Governo francese, e si voleva condannare - come si condannò a dieci anni di reclusione, ma soprattutto alla morte civile - un innocente, la cui innocenza fu riconosciuta ben Z4 anni dopo da una sentenza della Corte d'Appello di Roma, divenuta esecutiva il 28 febbraio 1956. Quella volta secondo il Codice Rocco, l'imputato, per il fatto di essere in carcere, era in presunzione di colpa: difendersi da solo non era consentilo e l'avvocato di fiducia (che fu per me l'Avv. Antonino Mario Lerrara, un egregio e coraggioso galantuomo, ahimè defunto) poteva conferire con il difeso solo pochi giorni prima del processo. Dovevo quindi preparare le testimonianze attraverso le lettere che scrivevo dal carcere a mia moglie per rivendicare la nobiltà dello scopo che mi ero prefisso, di riproporre agli italiani l'esempio e l'impegno etico politico di Giacomo Matteotti. Scrissi a mia moglie i non1i dei n1iei vecchi compagni di guerra del Carso per citarli all'udienza: nessuno venne ammesso. Essa e sua madre cercarono di parlare Giornali Italiani con la Vedova, che mì aveva scrìllo di non poter più sopportare la schiavitù nella quale era tenuta: d'accordo: con la madre dell'amico e compagno polesano mi ero perciò deciso al tentativo di espatrio. Ma neppure Lei potè venire a testimoniare al processo. Il nome di Matteotti nelle mie lettere dal carcere non potevo scriverlo perché il censore l'avrebbe cancellato: e allora riportai in una mia lettera da Regina Coeli del 28 aprile 1932 un brano della scena n· dell'alto III del "Macbeth " di Shakespeare, questo: "Dalle prime età del mondo, quando legge alcuna non vigeva tra gli uomini, fino al tempo nostro, atroci omicidi furono compiuti, a voler intendere i quali geleremmo di orrore. E fu un tempo in cui un uon10 avendo il cranio infranto se ne n10riva: e tutto con lui era cessato. Ma oggi ... ". Ma qui il censore del Tribunale Speciale dette un grosso frego nero sul brano più sotto riportato, che sarebbe stato illeggibile anche oggi, se non soccorresse il testo - eterno! - di Shakespeare, che continua: 0 Ma oggi i morti per assassinio risorgono dai loro avelli, e, pur avendo ricevute cento ferite mortali, si avanzano verso di noi minacciosi, e ci cacciano dai nostri seggi. .. ". Cosi, in casa nostra, in tempi di servitù, si poté censurare anche Shakespeare, diversi secoli dopo la sua morte, e illudersi di far tacere la voce della verità della quale cercava di servirsi un innocente. Un'infamia senza nome: n1eminisse iuvabit!" -Cerchiamo di non dimenticare. Matita Rossa Esistono nella colonia italiana di Boston due giornalucoli di limitatissima circolazione. Uno è fatto con la colla e le forbici. L'altro, da poco tempo in qua, è fatto coi piedi e con le forbici. Il primo vuole sputare giudizi di politica internazionale, sforbiciando i giornali di Milano e di Roma. Spesso lo sforbiciatore dà prova della sua confusione intellettuale, tagliando articoli che sono in contraddizione. Ma se quel tronlio signore ne capisce così poco, immaginiamo un po' il livello mentale dei suoi lettori. L'altro giornaletto è ancora più pietoso. Il suo "publishcr" capisce un po' di l'ngua italiana, o meglio, un po' di dialetto italo-americano. Quindi il suo redattore italiano può smaltire le più grosse corbellerie, in un linguaggio barbaro. Ma •anche i lettori della sezione inglese del giornale irlandese - italo-americano - democratico - repubblicano - indipendente - sono trattati come meritano, cioè, da fessi. In un recente numero questo ampolloso giornaletto bilingue, ch'è assoldato ai politicanti, disse che numerosi ( ?) lettori avevano tempestato di domande il giornale, chiedendo di sapere il nome del personaggio "storico" di cui era stata fatta allusione in un precedente numero del medesimo giornale. Finanche uno scolaretto di terza elementare avrchbe compreso che si alludeva a Hitler dati i notissimi particolari biografici. Ma nessuno degli stupidi lettori del giornale se n'era accorto!!! Se il redattore della parte del giornale in lingua inglese avesse avuto una briciola d'intelligenza, non avrebbe commesso la incredibile stupidaggine di dire che "hundreds of readers tried with no success to solve it ", cioè il "puzzle". Forse neanche il sedicente publisher che si fa anche chiamare editore, come il resto di questi impudenti publishers i quali non fanno altro che pubblicare ciò che altri scrivono per un gruzzoletto di pennies. 16 CONTROCORRENTE - Aprile 1963

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