Controcorrente - anno XIX - n. 34 - gen.-feb. 1963

. Il vecchio Garteiijield, con i suoi fossati e i suoi prati, che conobbi nella nuda gio• vinezza, era scomparso e al suo posto erano moderne costruzioni. Non era questa la città che rimaneva viva nel mio ricordo. Sentivo che ormai non vi sarei \Stato che uno straniero. Involontariamente, diressi i passi verso la città vecchia. Nemmeno qui si incontravano i vecchi 0/fiziersgarten e il Munsterweiher, con le sue fontanelle borbottanti, ove da fanciullo passai ore felici. Era sorta una nuova parte della città, con strade diritte e facciate uniformi che non dicevano nulla. Tramontava già, quando arrivammo alla Munsterplatz. Qui era il varco ver:,o la antica Magonza, la città della mia gioventù, ove ogni angolo mi era familiare. Lentamente abbracciai con lo sguardo i luoghi ben conosciuti, ed il mio cuore si mise a battere violentemente. Quadri di giorni lontani, sommersi nella nebbia degli anni trascorsi, ripresero di repente forma e colore. Le vecchie case mi salutavano come in sogno, ii mio cervello venne assalito da sensazioni febbrili. Sentii la dolce pressione del braccio di Milly, vidi l'interrogazione dei suoi grandi occhi scuri. Volevo dire qualche cosa, ma la voce mi mancò. Rapidamente mi ripresi, per padroneggiare la mia eccitazione interiore. Attraversai, con passi accelerati, la Groose Bieiche, fino a Umbach, per perdermi, senza obbiettivo, nel labirinto delle strade e stradette che esercitavano in me un fa,scino irresistibile. Mi sentivo leggero come una piuma e quasi non avvertivo che i miei piedi toccavano il suolo. La vecchia città rimaneva quale l'avevo lasciata. Di quando in quando qualche cosa nuova, che turbava appena l'impressione di insieme. Il cammino conduceva nella stretta S-tengrosse seguiva nella Pfa11,dhansgasse e portava alla Stadthaustrasse. Avev-o la fronte madida di sudore e la gola mi si era seccata. Ci fermammo nel vecchio Gutenberger lbolf, per rafrigerarci. Ci sedemmo, all'aperto, fra le aiuole del vecchio giardino. Con gli occhi socchiusi, sogguardavo quanto mi stava attorno. LI era la casa in cui Gio• vanni Gutenberg installò la sua prima tipo· grafia, scoperta che trasformò l'intera vita spirituale d'Europa. In questo vecchio angolo ebbe il suo punto di partenza ii nucroo potere (il potere della stampa), che doveva conquistare il mondo, fondando un regno che si è rivelato molto più duraturo di tutti i regni creati dalla ·ambizione di despoti assetati di dominio e sorti dal sangue di milioni di umani. La grande opera non apportò, certa• mente, alcun beneficio al suo geniale In• ventore. Povero, abbandonato, tradito dagli stessi suoi amici, dovette lasciare la città in cui era nato e in cui aveva lavorato e inventato, andando a finire la sua vita all'estero. La sua figura scomparve come un'ombra dalla vista dei su·oi concittadini. Però l'arte nera del patrizio di Magonza apri all'umanità prospettive di uno sviluppo spirituale le cui dimensioni e la cui portata non poteva, allora, calcolarsi. La sua invenzione aveva rotto l'incanto che Incatenava la parola scritta, e dato allo spirito l'impulso che incominciò subito ad esprimersi nelle lingue di tutti I popoli e che si estese irresistibilmente per il mondo. Rimanemmo li un bel pezzo. Quando riprendemmo a camminare, la strada era silenziosa e deserta. Lentamente dirigemmo i nostri passi verso l'antica Quintinstu.r.i, le cui bronzee campane suonavano giusta• mente le undici. Per la vecchia Schuster· gasse, arrivammo all'antico mercato. Era una tiepida e chiara notte d'estate. Dall'alto della torre della vecchia cattedrale, che s'innalzava sul labirinto delle vecchie case, la luna piena spandeva il suo argenteo splendore, avviluppando tutto in un magico fulgore. Rimanemmo cosi abbacinati davanti la vecchia fonte del mercato, beandoci del magnifico quadro senza profferir parola. Ogni realtà si dileguò da me. Mi sentivo parte di quel silenzio di sogno, che regnava senza rumore. Nelle nicchie delle vecchie case si annidavano le ombre di un tempo trascorso, che era stato portato via dalla corrente. Ogni pietra respirava oblio, in quel mondo di sogno, lontano dal mondo reale. La vecchia campana della cattedrale suonò le undici e mezza. Quei tocchi mi strapparono al sogno. Tremebondo, i profondi suoni echeggiavano nella lontananza. Era ora di cercare ove passare la notte. Riflettei un momento; poi prendemmo ii cammino della Liebfranenplatz, passando davanti il Romischen Konig, verso la Fischtor. Ci fermammo davanti una plc• cola locanda e entrammo nella modesta sala. Dopo registrato il nome e incaricato il locandiere del ritiro dei nostri bagagli dalla stazione, ci sedemmo davanti una piccola tavola. Con un amabile "Ben venuti!", la moglie del locandiere ci pose innanzi due boccali di birra. Avidamente portai il vaso alle labbra: avevo la gola secca. Rudolf Rocker 20 CONTROCORRENTE - Febbraio 1963

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