Per noi socialisti libertari, abituati obiettivamente a studiare e giudicare i vari dittatori, la spiegazione è semplice: Un Hitler, un Mussolini, uno Stalin e altri dittatori megalomani avrebbero infatti guardato principalmente, o solo, al proprio prestigio personale lanciando il proprio popolo a testa bassa, fino jn fondo, nella guerra pazza, strafregandosene delle ter11ibili conseguenze; ma Krusciev invece si è rivelato un dritto ed un abile calcolatore ... e qui bisogna dargliene atto! Errano però coloro che lo credessero un ,pacifista. Non lo è! Per molto tempo ha fatto la voce grossa giocando e speculando sulla paura altrui, come uno spaventa passeri, ed è riuscito quasi sempre nei suoi intenti, a guadagnar terreno, valendosi anche della prudenza altrui; ora invece si è accorto che ha osato troppo, sfidando l'America direttamente, e da buon giocatore ha saputo ritirarsi in tempo, ottenendo apparentemente una sconfitta, ma furbescamente una nuova vittoria strategica, salvando cioè Cuba da un'occupazione americana e l'avanguardia del comunismo, per l'infiltrazione nell'America del Sud; cosa che viene già attuando. Ha capito inoltre che la guerra a base atomica, fra Russia e America, si sarebbe risolta in disastrose conseguenze e sconfitta per entrambe, favorendo unicamente il sottile gioco della politica cinese, di Mao, che mira da tempo, aizzandoli, l'un contro l'altro, all'indebolimento dei due avversari, per espandersi nel mondo e averne il totale dominio, grazie alla sua numerosa e crescente popolazione. La riprova di tutto ciò si è avuta allorchè, approfittando del possibile conflitto, tra Russia e America, la Cina ha cercato subito di trarre profitto per tagliare l'erba sotto le gambe dei russi, attaccando e occupando basi strategiche in India, ed ha fatto immediata marcia indietro appena si è accorta che Russia e America non venivano più alle mani. Ora cerca nuovamente di aizzare la Russia, accusandola di tradimento e di doppio giuoco, nella speranza melliflua che Russia e America, prima o poi, vengano seriamente a conflitto, fra loro, per un qualunque altro motivo, onde rimanere arbitra o padrona della situazione in seguito. Ma Krusciev ha compreso il sott!le giuoco cinese e prudentemente, per ora, parla di coesistenza pacifica, molto più che si è accorto, a tempo, che la tigre americana ha delle spaventose zanne atomiche, anche se gli artigli sembrano di carta. 'Ma il giuoco delle varie potenze non potrà durare a lungo poichè le spese militari degli armamenti reciproci minacciano seriamente l'economia di ognuna di esse: alla guerra atomica forse subentrerà preferibilmente la guerra ideologica, fatta a base di propaganda scientifica e d'infiltrazione strategica. I popoli perciò avranno la loro vittoria sugli imperialismi e sui vari sfruttatori, d'ogni risma, solo se impareranno a ragionare colla 'Propria testa puntando concordemente sulla realizzazione di una società libera, amministrativamente pianificata e controllata, ideologicamente libera da pregiudizi e catene. Pesaro 4-1-1963 Guglielmo Ricci RITORNO DALL ESILIO Erano passati trent'anni. Il treno cam• minava: lentamente attraverso lo Eiserna Bruche. Davanti ai miei occhi si estendeva la vecchia città circonfusa dal soave fui• gore del sole pomeridiano. Sovrastava il formicaio delle case la vecchia cattedrale che si elevava poderosa, fino al cielo. Il Bery salutava la Stephens1,rm. In lontananza, brillavano le due torri della chiesa di Pietro, fra lo azzurro splendore. In alto la Ei8erne Turm, un avanzo della fortificazione medioevale della città, e vicina la Halzturm con le sue quattro feritoie, ove Johannes Blucker, chiamato Schinderhannes, rimase prigioniero con venti compagni di destino, prima che il freddo coltello della ghigliottina troncasse il filo della sua vita. Gli azzurri monti di Taurnus si ergevano nello sforido di una lontana nuvolaglia. Il vecchio "Padre Reno" mormorava, lasciando scori,ere le 'Sue volute verdi-scure. Era lo stesso vecchio quadro di molti anni innanzi, nulla era cambiato; ero cambiato io stesso, presso che divenuto un altro, dopo i lunghi anni di esilio. Nella Neutor il treno rallentò un poco, per entrare di poi nel lungo tunnel che cl condusse in pochi minuti alla stazione principale. Lasciammo i nostri bagagli nel deposito e ci avviammo, con passi rapidi, verso l'uscita. Dacchè avevamo lasciato Francoforte ero in preda ad una singolare inquietudine, avevo profferito qualche par-Ola; ed anche Milly, che sospettava quanto si manifestava in me, rimaneva muta e concentrata. Nel centro della piazza della stazione giarriva una bandiel'a nero-rosso-dorata. Fra i numerosi transitanti si vedevano anche molti soldati, bianchi e "di colore", dell'esercito francese di occupazione, le cui uniformi, variamente colorate, davano alle vie una apparenza strana. CONTROCORR~NTE - Febbraio 1963 19
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