~ONTIO~O . ' OCTOBER 1962 Francisco l"errer y Guardia
ALCUCNEINNSIUFRANCISCO FERRE . Ferrer nacque da genitori di modesta agiatezza. All'età di guadagnarsi da vivere entrò come ispettore nelle ferrovie. Fin dalla prima età manifestò idee liberali e di bon'ora si mescolò alle agitazioni politiche militando in principio nelle file repubblicane. Dal pensiero passa all'azione onde nel 1885 prese parte al tentativo insurrezionale di Santa Colonna del Farnèy; sconfitto il tentativo fu costretto ad esulare dalla Spagna ed andò a Parigi, ove raggiunse Zorilla, che era allora il capo dei repubblicani progressisti spagnuoli, di cui divenne il segretario personale e politico. Col Zorilla prese parte alle varie cospirazioni destinate a sollevare la penisola iberica dal giogo dei preti e del borboni. Nonostante cercava di campare la vita come rappresentante di alcune ditte vinicole, mestiere che non arrivava a coprire tutti i bisogni della vita, ma ciò non lo scoraggiava. Morto il suo amico e maestro la sua mentalità subi una evoluzione in un senso nel tempo stesso più positivo e più radicale. Cosi Lui stesso spiega il suo nuovo atteggiamento: "Quindici anni di vita a Parigi, a contatto con i repubblicani francesi dai più moderati ai più radicali, di fronte ai movimenti boulongisti, drejfusisti e nazionalisti, conseguenze di un cattivo sistema d'educazione istituito sotto una vernice di laicità, mi convinsero che non basta proclamare una repubblica perchè, per suo mezzo soltanto, il popolo possa ottenere quanto aveva sognato e ciò che da lei si aspetta". "Notai nei partiti repubblicani spagnuoli lo stesso difetto che aveva presentato il repubblicanismo francese prima di proclamare la repubblica e nei primi anni di questa: una assoluta noncuranza dell'istruzione popolare, una ignoranza deplorevole sull'importanza capitale che ha per un popolo il sistema di educazione". Sicchè il Ferrer si proponeva di fondare una scuola che poteva servire di modello. Secondo la sua opinione, a tutte le scuole che i partiti radicali desiderassero fondare per liberare l'infanzia da le menzogne insegnate nelle scuole ufficiali. Ma la sua preoccupazione era quella, che l'assoluta mancanza di mezzi finanziari non gli permettesse di dare inizio ai suoi proponimenti. Ma le circostanze vollero che più tardi il Ferrer potesse attivare il suo sogno, e potesse dire con orgoglio che in molte città d'Europa esisteva una Scuola che asseconda la sue dottrine. Ferrer durante la sua dimora a Parigi è costretto a separarsi legalmente dalla moglie per diversità di opinioni; Ferrer era ateo, anticlericale mentre la moglie era religiosissima. Tralascia di fare il piazzista di vini, che non gli dà tanto da poter modestamente vivere, e si (a nominare professore di lingua spagnuola al Filotecnico di Parigi. In qualità di professore conobbe la Signorina Menniè, in origine religiosissima, ma che si lascia convincere alla idea laica. Quando la Signorina Menniè mori, Ferrer ne ebbe in eredità una forte somma che gli fu lasciata senza condizioni scritte. Con quella !orte somma, come scriveva allora Gustavo Hervè: " ... avrebbe potuto vivere tranquillo e felice, consacrare la sua fortuna alle orgie e divenire come tanti altri, deputato o ministro. Avrebbe potuto predicare ai poveri la calma, la rassegnazione, la riconciliazione delle classi dall'alto di una tribuna ufficiale, salutato con inchini dai generali e dai magistrati. Egli ha preferito consacrare il suo tempo e la sua fortuna all'emancipazione dei proletarii, senza chieder loro alcuna ricompensa. Ora la ricompensa l'avrà: dodici palle nella schiena". Ma per ben'altro Lui viveva. La sua grande sete di libertà e di verità gli suggeriva di realizzare il suo sogno. Sicchè fondò a Barcellona la prima Scuola Moderna, che nel 1906 contava in media centocinquanta alunni d'ambo i sessi. Le scuole laiche cominciarono ad avere il loro sviluppo mercè l'opera di aiuto e di sussidio del Ferrer. Barcellona contava in seguito, 14 scuole laiche e 56 nel resto della Catalogna! Un giorno Ferrer ebbe la soddisfazione di poter riunire a banchetto 1700 allievi. A quale scopo tende la Scuola Moderna, ce lo idee in poche righe lo stesso Ferrer: "La vera questione, secondo noi, consiste di servirsi della Scoula come il mezzo più efficace per giungere all'emancipazione completa, e cioè morale, intellettuale ed economica della classe operaia. "Se siamo di accordo tutti che la classe operaia, o meglio l'umanità in generale, non deve aspettare nulla da un dio, o da un. potere sovrannaturale qualsiasi, potremo sostituire questo potere con un'altra entità, lo Stato, per esempio? No! l'emancipazione proletaria non può essere che l'opera diretta e cosciente della classe operaia stessa, della sua volontà d'istruirsi e di educa1:5L .. Si tratta di far capire a tutta la classe operaia queste verità ... Ora, l!'entre nei. smdac~ti di mestiere queste verità elementari penetrano sempre p,u fra i lavoratori adulti, cerchiamo di farle egualmente entrare nei cervelli dei fanciulli e degli adolescenti• .....
RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANI Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Mllk Street, Boston 9, Mass. CONTROCORRENTisEpublishedbl•montlliy.Mail address: 157 Milk SL, BostDn.Aldirw,f•llcanl, Editor and Publlshtr.. Office ol publi<lllion157 Milk Strttt, Boston9, Mass. Stcood·cli1S5 nali prlvilogosauthorlztd al BostDn,Mass. SUbscl'lptlon$3 • y,er. Voi. 19-No. 2 (New Serics :32) BOSTON, MASS. September-October, 1962 Panorama Americano SITUAZIONE Certamente nessuno può dimenticare per lungo tempo le ore di ansietà passate nell'ultimo mese; nessuno può senza fremere considerare quanto vicino fu il pericolo di una guerra atomica. Per il momento, la crisi appare per lo meno rimandata; per quanto tempo, nessuno sa. Ci auguriamo sia per sempre, e che gli avvenimenti delle ultime settimane abbiano messo in evidenza la profonda, innata inutilità degli armamenti nucleari, la cui capacità distruttiva annulla ogni possibile vantaggio sperato in una guerra. Se la crisi degli ultimi giorni ci può accennare ad un barlume di ottimismo, esso consiste proprio nel fatto che i due contendenti, gli Stati Uniti e la Russia, armati fino ai denti con armi micidiali, sono stati trattenuti dall'usarle proprio soltanto dal terrore di scatenare una guerra da cui nessuno poteva presumere di uscire se non disfatto. Negli ultimi cinquant'anni, una situazione di tensione internazionale come quella sviluppatasi ultimamente non avrebbe potuto essere risolta che col ricorso alle armi. Le due guerre mondiali scoppiarono entrambe sotto provocazioni di tensioni internazionali più tollerabili di quella che si generò in ottobre. Nessun governo, fino ad oggi, avrebbe rinunciato a una spedizione militare di invasione, se, come gli Stati Uniti, avessero avuto la prova che basi, sotto diretto controllo di una potenza militare avversaria di primo ordine, venivano costruite sul territorio di un altro piccolo stato minacciando l'integrità del proprio territorio. Come sarebbe stato inconcepibile per l'altro colosso militare, la Russia, di accettare di essere colto in mendacio, prima, col negare l'esistenza di installazioni militari evidentemente offensive per essere costretto ad ammetterla entro poche ore. " poi di capitolare promettendo di smantellarle. con com,eguenze che oossono facilmente essere disastrose politicamente e propagandisticamente. Se la crisi degli ultimi giorni avesse PERICOLOSA veramente dimostrato la inutilità degli armamenti moderni come mezzo per risolvere le divergenze internazionali, noi dovremmo accogliere con gioia la terribile ansia attraverso a cui siamo passati. Se essa poi portasse ad un clima diverso nelle relazioni internazionali, ove la guerra, fatta con qualsiasi mezzo venisse considerata incompatibile colle aspirazioni ed i fini di tutti i popoli, potremmo riguardare i giorni trascorsi nel terrore come la crisi liberatrice del genere umano. Purtroppo, io temo, una simile conclusione sarebbe ingenuamente visionaria. In realtà invece gli argomenti di coloro che sostenevano la necessità di reagire con militare decisione ad ogni ten_ tativo espansionistico della Russia, di non confidare, nelle trattative con essa, che sulla bruta forza escono rafforzati dagli avvenimenti. E' senza dubbio difficile per un liberale non dover ammettere che, pure usando i mezzi che più facilmente egli prevedeva conducenti al disastro, il giovane presidente americano ha dimostrato nervi di acciaio e probabilmente savia, considerata decisione guidando la sua nazione all'orlo della guerra. valutando tempestivamente la importanza delle mosse militari e, diplomatiche, ma evitando, almeno per ora, Ja guerra. I mezzi usati sono stati quelli della dimostrazione di forza, non quelli delle trattative dirette o, meglio ancora, attraverso la organizzazione delle Nazioni Unite; ,però il risultato, la preservazione di una pace, sia pure incerta, è stato raggiunto. Considerando le Informazioni che sono trapelate al pubblico, l'esperienza passata nel giudizio delle azioni di ogni potenza, non è facile ad un liberale rigettare l'argomento che denunce alla organizwzione delle Nazioni Unite, trattative diplomatiche che dessero modo di temporeggiare e dilazionare decisioni, discussioni fra nazioni in cui influenze propagandistiche avessero modo e tempo di giocare, avrebbero solamente agito i'1
favore di chi si preparava a fortificare formidabilmente le proprie posizioni militari, preparato a rompere ogni trattativa e a irridere gli ingenui quando la bilancia di potere militare fosse definitivamente stabilita a proprio favore. Che il pubblico americano sia pronto ad accettare il punto di vista dei militaristi, degli oltranzisti è molto chiaro. Un sintomo evidente della tendenza dell'opinione pubbhca può essere letta nel risultato delle elezioni in Massachusetts: il prof. Hughes, che faceva base alla sua candidatura la necessità di una nuova politica internazionale che togliesse il mondo dalle secche e dai pericoli della guerra fredda, raccolse una infima quantità di voti, meno della metà del numero di coloro che pochi mesi fa firmarono la petizione per permettergli di presentarsi come candidato. Indubbiamente la statura politica del presidente Kennedy è uscita dal travaglio della crisi cubana ingigantita, e non si può negare che egli, agendo con accortezza e buona scelta di tempo ha meritato la fiducia dei suoi concittadini. Per lo meno, resistendo alle evidenti pressioni che lo spingevano da mesi verso una invasione militare di Cuba, diretta soltanto a rovesciare un governo antipatico alla maggioranro degli americani, anzichè a eliminare una minaccia militare, ha saputo riscattare il terribile e sanguinoso errore del tentativo di invasione dell'aprile del 1961. Tutto ciò tende evidentemente ad indebolire la posizione delle correnti pacifiste e liberali negli Stati Uniti. Ma purtroppo la crisi cubana non è l'ultima, e forse nemmeno la più minacciosa crisi attraverso a cui le relazioni fra gli Stati Uniti e la Russia dovranno passare nel prossimo futuro. Se gli Stati Uniti godevano, nel mare dei Cai,aibi, una posizione strategica e logistica favorevole, ciò non è vero su altri settori, su cui una possibile crisi ,impende. Berlino, notoriamente, è uno di questi. Se a Cuba i militaristi hanno avuto ragione, o se essi appaiono di aver avuto ragione finora, poichè le trattative ancora in corso non permettono di dire ogni pericolo superato, non è certo che la reazione russa sarà la stessa in ogni altra futura occasione. La confidenza creata dal successo recente può condurre ad azioni avventate, e il freno costituito dal timore di una terza guerra mondiale può essere 'eliminato da una corrente popolare assicurata dalla fiducia che la Russia ancora una volta sarà costretta a cedere di fronte a fermezza e intransigenza. * * * D'altra parte molto probabilmente il mondo è ad una svolta radicale nel sistema di equilibrio militare e politico. Gli ultimi avvenimenti in Asia, lo scoppio di aperte ostilità fra la Cina e l'India, la crescente divergenza dottrinale e politica fra Russia e Cina sono manifestazioni che senza dubbio hanno significato profondo. In essenza si presenta alla Russia ancora una volta il problema dell'accesso a) mare aperto tutto l'anno per la colossale massa di ,territorio costituito dalla Russia propriamente detta e dalla Siberia. E' un problema che fu fondamentalmente nella politica russa negli ultimi trecento anni, ben prima che il potere passasse nelle mani del partito comunista: è un problema che influenzò sempre radicalmente la politica dell'impero nei rapporti con la Turchia, con l'Inghilterra, quando questa controllava direttamente o indirettamente l'India, la Persia e parecchi degli stati arabi, con il Giappone, con la Cina pure. Basta considerare la situazione di Vladivostock, unico porto siberiano accessibile tutto l'anno, collegato con H retroterr,a russo da una sola diretta comunicazione ferroviaria che, per diverse centinaia di chilometri, attraversa territorio cinese: basta'. ricordare gli sforzi dell'impero zarista per essicurare il controllo di tale linea in mani russe, seguiti da quelli comunisti per lo stesso scopo: basta ricordare come, alla fine della seconda guerra mondiale soltanto, per la debolezza del governo cinese di allora, la Russia si fosse assicurata questo controllo, solamente per riperderlo pochi anni dopo sotto pressioni, che noi non conosciamo, da parte del governo di Mao, sotto il pretesto che i due colossi comunisti non avrebbero mai potuto mantenere mire divergenti, per comprendere la delicatezza della situazione russa in Asia. Quali saranno le conseguenze di questa nuova situazione sono difficilmente prevedibili. Potrebbe darsi che, per necessità, la Russia sia costretta a irrigidirsi di più ancora nei confronti del blocco occidentale, per non essere definitivamente imbottigliata lontano dal mare aperto: può darsi che sia necessaria per essa una svolta definitiva nella sua politica. Molto probabilmente la propaganda dei gruppi militaristi americani avranno ancor più buon gioco nel forzare la situazione verso soluzioni di forza. Ed il pericolo di un guerra nucleare, allontanato per un momento, potrà risorgere, come soluzione di disperazione. Perciò l'influenza liberale, per quanto resa più difficile, potrà diventare più necessaria che mai. La soluzione dei problemi di equilibrio di potere, noi riteniamo, non sta nell'ingigantimento degli armamenti: anche per un errore, anche per l'abuso di autorità di chi si troverà a controllare direttamente un gruppo di armi nucleari, l'olocausto finale del mondo può diventare una inevitabile fatalità. La via verso la pace sta nella mutua comprensione, nella volontà di riconoscere l'inevitabilità di cambiamenti nell'ordine sociale e politico di grande parte dell'umanità, nell'abbandonare atteggiamenti moralistici che precludono adattabilità nei rapporti fra popoli. Per quanto lontana, la via della pace può essere soltanto assicurata dal lavoro paziente per condurre tutti i popoli verso il disarmo e verso una comunità umana che superi le barriere nazionali. Davide Jona 4 CONTROCORRENTE - Ottobre 1962
Due libri di Salvemini COSA FU I L I due primi volumi delle " Opere di Salvemini " pubblicati presso l'Editore Feltrinelli vedono la luce in un momento quanto mai opportuno. Sono usciti gli Scritti sul Risorgimento, a cura di Fieri e Peschedda, che in un anno di H celebrazioni" più o meno ufficiali ed addomesticate del centenario dell'unità italiana, serviranno a rimettere molte cose a posto e saranno come una ventata di aria fresca immessa negli studi risorgimentali. Vengono poi portate a conoscenza dei lettori italiani due opere fondamentali sul fascismo che poche persone conoscevano finora nel testo inglere. Ed è di queste ultime che intendiamo parlare, promettendo che il curatore, Roberto Vivarelli, un giovane studioso specializzatosi nella storia del fascismo, va assai elogiato per la cura scrupolosa con cui ha preparato questa edizione. Non solo egli ci ha dato una fedele traduzione dei due libri, che conserva nei limiti del possibile le caratteristiche dello stile salveminiano dai periodi brevi e nervosi; ma è andato pazientemente a ricercare i testi originali delle numerose citazioni italiane inserite nel testo che Salvemini dovette tradurre in inglese, lavoro questo che gli sarà costato fatica forse anche maggiore della stessa traduzione. Questo primo volume di "Scritti sul fascismo" che vede ora la luce comprende due opere: "La dittatura fascista in Italia", originariamente pubblicato in America nel 1927, e in edizione riveduta e accresciuta in Inghilterra nel 1928; e le "Lezioni di Harvard " finora inedite, che Vivarelli intitola "L'Italia dal 1919 al 1929" perchè narrano la storia della politica interna del nostro paese in quel decennio. Strettissimo il legame fra le due opere, e tuttavia ben diversa l'occasione della loro composizione, la impostazione ed il tono di esse. La "Dittatura fascista in Italia" fu concepita come un lungo pamphlet polemico di uno storico che si avvale della sua consumata abilità nella ricerca e analisi dei documenti per stendere un severissimo atto di accusa contro il fascismo. Il libro è una delle tappe principali della ventennale battaglia di un uomo contro un regime. Con esso, Salvemini, costretto ad espatriare dopo l'arresto ed il processo subiti per la sua partecipazione al "Non Mollare", intese continuare in terra di esilio la sua battaglia antifascista e si propose di svelare all'opinione pubblica internazionale di che lacrime e di che sangue grondasse la dittatura fascista. Ecco alcune delle leggende sul fascismo messe in circolazione all'estero da agenti prezzolati della propaganda fascista e trangugiate acriticamente, o peggio interessantemente, dai circoli conservatori dei paesi democratici: il fascismo avrebbe salvato l'Italia dal pericolo bolscevico e FASCISMO dal marasma economico; esso avrebbe posto termine alla paralisi di cui soffriva il parlamento; una volta giunto al potere Mussolini avrebbe restaurato l'ordine e retto il paese con fermezza e senso di giustizia. Queste leggende dovevano servire a mettere il regime in buona luce presso gli ambienti conservatori inglesi, francesi ed americani e fare apparire Mussolini come uno statista degno di rispetto a cui si potevano concedere fiducia, cooperazione e magari prestiti. Salvemini portò nella sua trattazione la passione del democratico odiatore di ogni tirannia, e tuttavia questo animo antifascista non fece velo al suo senso critico e non attenuò mai la insaziabile curiosità dello storico di razza desideroso di accertare come andarono veramente le cose in Italia dal 1919 al 1925. La cura meticolosa che Salvemini mise nel documentarsi e nel raccogliere i fatti nasceva questa volta oltre che dalla sua abituale probità intellettuale, dalla convinzione che l'unico modo per acquistare credito presso i lettori anglosassoni fosse quello di fare nelle sue polemiche affermazioni ben provate che non potessero essere smentite dagli avversari. CONTROCORRENTE - Ottobre 1962 5
Lo storico che di qui a cinquant'anni scriverà la storia dell'Italia nel periodo fascista, potrà servirsi di tanti documenti che ci sono ancora ignoti, ma non potrà mai possedere la conoscenza diretta degli uomini e delle cose che ebbe un Salvemini, il quale aveva partecipato direttamente alla loro politica fra la fine del secolo scorso ed Il 1925, e seguito gli avvenimenti giorno per giorno con passione, procurandosi informazioni di prima mano da coloro che ne furono i protagonisti. Ne "La dittatura Cascista in Italia" Salvemini delinea vigorosamente in un centinaio di pagine un quadro storico del quadriennio 1919-1922 che negli anni successivi riuscirà ad arricchire e colorire nei particolari, ma non s,entirà più il bisogno di modificare sostanzialmente. E' una spiegazione composita di un fenomeno complesso che non si può fare risalire ad un'unica causa. Il fascismo può essere ben compreso solo facendone la storia. Una cosa è il patriottismo esaltato e l'antibolsc,evismo dei fascisti della prima ora nel 1919-1920, ed un'altra il fascismo del 1921, finanziato dagli agrari e dagli industriali per distruggere lQ istituzioni del movimento operaio; mentre nel 1922 è in primo piano l'attività di quei generali e ufficiali superiori i quali vedono con favore la soppressione del regime parlamentare, perchè ritengono che un governo autoritario farà una politica più favorevole agli interessi de la casta militare. Da marcia su Roma è giudicata da Salvemini come un colpo di Stato contro li Parla.mento ed il re, realizzato dalle camicie nere colla connivenza di molti generali e ufficiali superiori dell'esercito e della marina. Altri nodi centrali dell'interpretazione Salveminiana sono i seguenti. La crisi del dopoguerra. fu meno grave di quanto i fascisti vollero far credere, e il paese era già in via di ripresa prima che il fascismo andasse al potere. Nel biennio rosso (1919-1920) vi furono torbidi più o meno gravi, ma mai una vera situazione rivoluzionaria. In questo biennio, e fino alla occupazione delle fabbriche, Mussolini fu ancora più estremista. dei socialisti massimalisti. Ma, se non si può parlare di situazione rivoluzionaria. nel primo dopoguerra, la occupazione delle fabbriche e di molte migliaia di ettari di terra da parte dei contadini, dette al ceti capitalistici la sensazione che si fosse giunti sull'orlo dell'abisso, e la paura li spinse a finanziare il movimento controrivoluzionario delle squadre fasciste. Da marcia su Roma fu fatta e affrettata. non, come sl disse dai fascisti, per porre riparo alla paralisi del IJ)arlamento ma per impedire che questa paralisi 'avesse termine con la formazione, nell'autunno del 1922, di un governo antifascista basato su una ampia maggioranza di cui avrebbero fatto parte popolari, socia.listi unitari e altri gruppi democratici. Un buon terzo del volume è occupato dalle testimonianze sui crimini compiuti dai fascisti prima e dopo la marcia su Roma. Basterebbe questa sola raccolta di nudi fatti per condannare definitivamente il fascismo. Con questa documentazione del " terrore fascista" Salvemini recideva alle radici il mito del duce governante con fermezza e giustizia, dopo la marcia su Roma, e ~ostrava ai tempo stesso quanto fosse mgmsta. l'accusa mossa con leggerezza dagli stranieri agli italiani di essersi lasciati privare della libertà senza combattere. Nonostante il fascismo godesse dell'appoggio dell'esercito della polizia, della magistratura, di buon~ parte della sta.mP,a, ossi_~dei poteri del vecchio stato "!Iberale , c1 vollero ben due anni di guerra civile, in cui perirono alcune migliaia di antifascisti e qualche centinaio di fascisti, e quattro anni di governo dispotico per costringere l'opposizione antifascista nelle catacombe dell'azione clandestina. L'ultimo terw del volume è un magistrale resoconto dell'affare Matteotti, ricostruito attraverso i docul'Th?nti del tempo, fra cui i memoriali Finzi, Rossi e Filippel!i e la requisitoria del Pubblico Ministero Santoro nel processo intentato al gen. De Bono. Lo storico conduce per mano il lettore attraverso l'intricata massa del materiale documentario con rara perizia, e giunge alla conclusione che Mussolini risulta condannato dinanzi al!a storia come il mandante del delit Lo, anche se i giudici, oramai asserviti alla dittatura, si guardarono bene dal riconoscerlo. La pubblicazione de " La dittatura fascista in Italia" fu una battaglia. perduta per la propaganda fascista all'estero, e per uno è.ei suoi agenti più attivi, Luigi Villari. Applicando le buone regole del metodo storico, Salvemini dimostrò che Villari alterava i fatti, talora per leggerezza, ma il più delle volte scientemente, per accreditare all'estero la versione circa l'avvento e lo sviluppo del fascismo fabbricata in Italia. dell'affare Matteotti, Salvemini esprime un giudizio assai severo sul contegno dei deputati di opposizione durante I sei mesi successiv,i al delitto. Secondo lui, i leaders dell'opposizione avrebbero dovuto affrontare Mussolini alla Camera e non ritirarsi sull'Aventino. In possesso delle rivelazioni gravissime contenute nei memoriali Rossi, Finzi e Filippelli, essi avrebbero dovuto chiedere che venisse nominata una commissione parlamentare d'inchiesta per far luce sull'affare, anzichè restare passivi per diversi mesi, nutrendo fiducia nell'intervento di un re che aveva già trangugiato senza fiatare marcia su Roma, creazione della milizia e legge elettorale fascista. Vi erano gravi rischi personali da correre per alcuni di loro, ma difficilmente il regime avrebbe potuto sopravvivere ad un secondo delitto Matteotti. Chi conosca il temperamento di Salvemini sa bene che queste non sono le parole di uno stratega politico da tavolino. Se fosse stato deputato nel 1924, si può essere sicuri che egli avrebbe attaccato risolutamente Mussolini alla Camera cosl come fece nel 1920 con D'Annunzio, allora considerato un eroe nazionale. 6 CONTROCORRENTE - Ottobre 1962
Altro motivo ricorrente nel llbro, la critica dell'insipienza dei socialisti In Ispecie massimalisti, che commisero madornali errori psicologici (minacciare una rivoluzione che non avevano la forza di scatenare, sabotare i lavori del Parlamento, perseguitare gli ufficiali, ordinare scioperi politici a ripetizione) tutte cose che contribuirono a irritare e stancare la popolazione ed a creare il clima della " controrivoluzione preventiva". Ma ancora più gravi furono le responsabilità degli uomini di governo nel '20-21 di un Giolitti Presidente del Consiglio e di un Bonomi suo Ministro della Guerra, i quali permisero che i fascisti ricevessero dai comandi 1nilitari armi, munizioni e camions per le loro spedizioni punitive. E' probabile che le accuse salveminiane all'èquipe giolittiana rinfocoleranno le polemiche, e che si troveranno dei giolittiani superstiti i quali cercheranno ancora una volta di attenuare le responsabilità dello statista piemontese. Ma, come negare che Giolitti pensò di utilizzare i fascisti per "fare le elezioni " nel 1921 e ridurre con il loro appoggio la forza parlamentare di socialisti e popolari? E' un fatto incontenstabile che il fascismo si ingrossò a valanga proprio durante l'ultimo ministero Giolitti. In certe occasioni, il non opporsi, il lasciar fare, equivale praticamente all'aiutare. Interesserà pure l'interpretazione della marcia su Roma come di un colpo di Stato favorito da un gruppo di generali, J quali, assieme ai nazionalisti, avrebbero preferito un ministero Salandra con Mussolini in sottordine, e non furono quindi interamente soddisfatti del suo esito. Se ci siamo soffermati più a lungo su "La dittatura fascista in Italia " ciò non significa che le dispense di Harvard abbiano minore importanza. Al contrario, In esse si ritrova la formazione più matura del pensiero storico di Salvemini sulle origini e lo sviluppo del fascismo fino ai Patti Lateranensi, dopo altri lunghi anni di riflessione e paziente raccolta di nuove informazioni. Ma, se troviamo qui una narrazione più organica ed un procedere più sereno e distaccato da storico più che da politico, nessuna delle tesi principale sostenute nel primo libro viene modificata. Tenendo presente che nel 1937 Salvemini pubblicò "Under the axe of Fascism ", e nel 1943 "What to do with Italy ", egll deve aver lavorato a queste dispense fra il 1937 ed il 1942. E più che di vere dispense universitarie si tratta di un'opera compiuta di cui Salvemini si servi per una serie di lezioni sul fascismo. Come ricorda Vivarelll nella prefazione, lo storico della Chiesa Giorgio La Piana cooperò con Salveminl, e ci risulta che i due amici discussero insieme la materia del libro capitolo per capitolo. Ma la stesura, la si ricava dallo stile riconoscibilissimo, deve essere stata Interamente di Salvemini, ed è probabile che la competenza e la larga Informazione di cui disponeva La Piana in materia di storia della Chiesa, siano state utilizzate soprattutto nei capitoll riguardanti il \"aticano ed il Partito Popolare. Ci si può chiedere perchè Salvemini non abbia pubblicato in vita questo libro. A coloro che lo esortavano a farlo rispondeva sempre che intendeva lavorarvi ancora, modificarlo e arricchirlo. Ciò dimostra la sua incontentabilità ed il suo "perfezionismo", giacché il lettore non avverte aHatto di trovarsi dinanzi ad un'opera che l'autore giudicava non ancora degna di pubblicazione. Le dispense di Harvard sono un ampliamento e rifacimento de "La dittatura fascista in Italia". Alcuni brani sono presi di peso da quest'ultimo libro e travasati nell'altro. Nelle dispense la documentazione sulle violenze e sui delitti dei fascisti e sull'affare Matteotti è limitata all'essenziale, mentre ci si dilunga assai rpiù agli avvenimenti politici del quadriennio 19191922. Gli ultimi due capitoli delle dispense portano la narrazione sino al 1929 e sono più brevi dei precedenti. E' evidente che allo storico interessò soprattutto studiare le origini del fascismo e il modo in cui riusci ad insediarsi al potere. Il 1929 fu scelto come termine ad quem della narrazione, perchè egli dovette considerare i Patti Lateranensi e l'appoggio crescente dato dalla Chiesa cattolica al regime fascista in cambio ùel Concordato come il coronamento dell'edificio totalitario costruito colle leggi eccezionali degli anni precedenti. Mentre ne "La dittatura fascista in Italia" Salvemini si era astenuto dall'andare a rintracciare i sintomi della malattia fascista nel periodo liberale, nelle dispense harvardiane la sua attenzione si sofferma sul colpo inferto al prestigio del Parlamento durante la crisi del maggio 1915. Un breve capitolo introduttivo, intitolato "Italia dal 1871 al 1919 ", più che altro è derivato a criticare giudizi errati e superficiali di scrittori anglosassoni sul cinquantennio liberale. Ed il gustoso capitolo "L'arretratezza dell'Italia" e il "Volkgeist ", è una garbata polemica condotta con fine ironi~ contro lo storico inglese Trevelyan ed altri autori stranieri che spiegavano li fascismo colla maturità politica degli italiani, quasi che fossero per natura popoli democratici e popoli negati alla democrazia. Che Salvemini tralasciasse " pour cause" di occuparsi delle deficienze dell'Italia liberale nel primo libro polemico si comprende facilmente. Se avesse dato rilievo a quelle deficienze avrebbe indebolito la sua tesi e fatto il gluoco dei fascisti. Ma può ~embrare strano che la stessa preoccupazione di non scavare troppo nel passato prefascista si ritrovi anche nella trattazione storica di Harvard a chi ricordi che negli anni In cui militava nel partito socialista e dirigeva "L'Unità", Salveminl era stato uno dei critici 'Più severi del regime oligarchico prefascista. La cosa si spiega cosi. Dinanzi al ritorno all'assolutismo sia pure in forme rammodernate rappresentato dal regime fascista, Salvemini non può che difendere l'It,aliett:a liberale vituperata dai fascisti e preferisce sottolineare I progressi avutisi CONTROCORRENTE - Ottobre 1962 7
in ogni campo in cinquant'anni di regime libero anzichè punti deboli dell'Italia prefascista. Chi legga le dispense di Harvard con l'animo sgombero da preconcetti dovrà riconoscere che mai vi fu accusa più infondata di quella mossa a Salvemini dai nazionalisti e fascisti di essere un antiitallano. Al contrario, da queste pagine, come da tante altre dello storico pugliese, traspare un amore per l'Italia ed una difesa del popolo italiano di fronte all'opinione internazionale, che ne fanno uno dei continuatori degli uomini del Risorgimento. Questi due libri rappresentano uno dei frutti più maturi del pensiero storiografico di Salvemini, e a nostro giudizio, sono Corriere Italiano quanto di meglio sia stato finora scritto sulle origini del fascismo. Da essi non potranno d'ora in poi prescindere quanti si oè<:upano di questo periodo della storia italiana, e faranno bene a leggerli quei giovani l quali si affacciano alla vita politica e vogliono farsi un'idea chiara di cosa sia stato il fascismo e di come sia riuscito ad insediarsi al potere. A tutti costoro, la storiografia salvemlana non offre soluzioni facili o comode evasioni in concezioni metafisiche o deterministiche della storia. Questa è fatta dalle minoranze. e soprattutto dagli individui; i quali sono responsabili delle loro azioni. Enzo Tagliacozzo COSI ' VANNO L E COS E Firenze, Ottobre 1962 Quanti eventi clamorosi i un mese solo! In anticipazione dell'apertura del Concilio Ecumenico, Giovanni XXIII ha viaggiato a Loreto ed Assisi. Ha voluto pregare San Francesco per chiedergli aiuto per la buona riuscita del Concilio. Pare un po' strano che un Papa debba rivolgersi a dei subalterni quand'egli è supposto di essere in diretta comunicazione con Dio nella sua veste di Vicario di Cristo in terra. Ad ogni modo, queste cose li Papa le conosce meglio di noi e se l'intervento di San Francesco e la madonna di Loreto sono necessari per Il suo successo del Concilio, sia pure cosi. Egli è però che li Papa stesso qualche tempo fa ha espresso li timore che il diavolo ficchi le sue corna nella faccenda ed è possibile che egli abbia voluto premunirsi prenotando aiuti nelle sfere celesti, timoroso, più che del diavolo, della incerta saggezza dei padri conclllari. Uno stuolo di v-escovi di vari paesi del mondo lo hanno preceduto o accompagnato nel viaggio fatto in treno presidenziale messo a sua disposizione dal governo italiano. Capo scudiere durante la gita è stato li Presidente del Consiglio dei ministri Flanfani, ed a rendere umile omaggio al capo del cattolicismo non è mancato li Presidente della Repubblica, l'on. Segni. Altro che separazione tra Stato e Chiesa! Abbassa sempre più li groppone "Pantalone " e paga le spese. • • • Uno tra gli ultimi pesci grossi a giungere a Roma è stato il "bombardato" cardinale Spellman. Più di lui ritardatari sono stati i messi della chiesa russa. tanto gentilmente fatti Intervenire da Nikita Krusciov. I due siederanno nel Concilio in veste di osservatori, come faranno gli altri prelati cristiani non aderenti aJla Chiesa di Roma. Dovranno star zitti per tutta la durata del Concilio che si prolungherà per qualche tempo entro li 1963. Per I russi almeno, provenienti dal paese ove li silenzio è oro, li tener la bocca tappata non dovrà essere cosa difficile. Il Papa, il quale contrariamente alle inclinazioni del suo predecessore Pacelli se la intende bene con i giornalisti, il giorno dopo l'apertura del Concilio con uno dei più grandi spettacoli coreografici di tutti I secoli, ha voluto incontrarsi con la stampa nella più famosa " Cappella " del mondo, la Sistina. Tra la massa degli scribi interv,enuti non sono mancati l rappresentanti della stampa comunista e l'inviato della agenzia Tass. In quest'occasione, il Santo Padre, prendendo veramente il diavolo per le corna, ha riparlato di " pace"; probabilmente In parte ispirato dalla presenza del contingente comunista, anch'esso propagatore di pace mentre prepara la guerra. Vi son tante prospettive di pace, ed a quale li sant'uomo alludesse io non saprei dire. Certo è che in gestazione è anche la Pace tra la chiesa romana ed il bolscevismo. Non mancano le indicazioni. Dal telegramma di Krusciov congratulando Giovanni XXIII nella ricorrenza del suo ottantesimo anno, all'attenuata guerra della Chiesa al "comunismo" e l'invito speciale della stessa alla consorella russa e conseguente intervento dei messi al Concilio, tutto punta al possibile amplesso. Non di questo, ma di qualcosa che il Papa ha detto ai giornalisti nella " Sistina" voglio qui occuparmi. Dopo aver esortato a proclamare i veri motivi che ispirano la Chiesa, il pontefice ha continuato: "Cosi, grazie a voi molte prevenzioni potranno essere dissipate. Servendo la verità voi avrete perciò stesso contribuito a quel disarmo degli spiriti che è la condizione prima per l'istaurazione di una vera pace su questa terra". (Benny Lai - Nazione, 14 Ott.) li disarmo dello spirito è stato a tutti i tempi uno dei primi obiettivi della Chiesa. li disarmo dello spirito è sempre servito al dittatore di tutte le specie a fare scempio delle libertà e del po' di benessere di cui godevano I popoli. li disarmo dello spirito significa pure la fine della volontà. Facile è dominare chi questa ha perduta. 8 CONTROCORRENTE - Ottobre 1962
... * ... COMMEMORAZIONI - Il Partito Socialista italiano ha commemorato il settantesimo anniversario della sua fondazione. Settant'anni di febbrile attività, di lotte per il miglioramento della classe proletaria, di polemiche interpartitarie e con avversari; di scissioni e spezzettamenti; agitazioni memorabili per la conquista del benessere e la libertà; vittorie e sconfitte, fino ,all'ultima tanto contestata, prima che il fascismo trionfass-z. Poi la lotta clandestina contro il nu.:,vo schiavismo fino alla guerra aperta nelle formazioni partigiane: la Resistenza e la Vittoria. I festeggiamenti si sono svolti in un clima di promesse per il futuro. Il ParUto Socialis,a, dopo alcuni anni di stasi durante i quali aveva quasi perduta la sua identità perchè legato al P.C.; si è di nuovo inserito nella ,,ta politica italiana, preparato ad assumere quelle responasbilità che non seppe far sue nel 1922, contribuendo a quella maniera P.l trionfo fascista. Ma mentre si osanna la nascita del partito con cortei, sbandieramenti, messaggi congratulatori di amici ed avversari e discorsi grandiloquenti, tra i tre rampolli che hanno avuto origine dallo stesso ramo dopo la scissione di Genova, si disputa la gloria di ieri e di oggi. Soc'alisti, comunisti e socia! democratici disputano reclamando la priorità agli onori e si punzecchiano senza sparger sangue. Comunque, il P.S. ha celebrato, e la manifestazione di Roma ha dimostrato che esso è una forza viva in marcia verso ... verso dove? Staremo a vedere tra non molto la rotta che prenderà il centro-sinistra. Contemporaneamente, a Saint Imier (Svizzera) si è riunito un gruppo di anarchici per commemorare il novantesimo anni. versario della storica riunione alla quale intervennero molti dei giganti del pensiero anarchico. Niente sbandieramenti o cortei. L'evento è passato inosservato. All'infuori della stampa anarchica, nessun altro giornale ha notato il raduno. Oltre a non far più paura, gli anarchici neppure attraggono attenzione. Si son troppo distaccati dalle masse proletarie e non han saputo attrarre elementi giovani. Particolarmente intellettuali aventi una mente arredata con pensieri originali. Il massimo esponente del movimento italiano qualche tempo fa ha scritto nel suo giornale: " Anche se siamo restati quattro gatti, siamo temuti ". Da chi. non l'ha detto. Una lettera a Nenni chiedendo posto ufficiale nella manifestazione socialista di P'azza del Popolo al Colosseo, è rimasta senza risposta. Una semplice telefonata di un subalterno socialista ha informato i redattori di Uman;u. Nova, (il suo direttore ,più d'altri) ch'essi potevano partecipare al corteo senza speciali permessi. Dopo novant'anni, gli intervenuti a Saint Jmier sono stati pochi di numero e di raporesentanza. Questo è forse giustificato dalla fretta ed assenza di pubblicità con la quale la riunione è stata preparata. Umanità Nova aveva annunziato a grandi caratteri la part0cipazi·one di Mantovani e Borghi. Ma poi solo il primo è intervenuto, soltanto per la ,prima giornata del confabo. Il secondo, colto da leggero malore ha dovuto starsene a casa, negando al consesso i lumi dell'esp~rienza dei suoi anni. La riunione, apparentemente, dai resoconti pubblicati da U.N. sembra non ha suscitato n·zppure l'entusiasmo del buon vecchio e sempre giovane Frigerio. Peccato che Borghi non ha potuto dire che novant'anni prima a Saint Imier c'era stato anche lui. Non può dire d'esserci stato neppure questa volta, salvochè s. sia fatto rappresentare dal suo spirito. Probabilmente un bel giorno si ricorderà che egli effettivamente fu presente alla riunione del 1872; prima della reincarnazione nel suo presente essere. Egli è un uomo che sa rifare la storia. Uno degli esempi più recenti, l'inserirsi nel gruppo fondatore di Umanitàd Nova. E' vero che ci ha conficcato anche Meschi, ma Meschi quella storia la racconta ben diversamente. In occasione del settantesimo anniversario del Partito Socialista italiano, la F.A.I. ha pubblicato un manifesto di saluto, borbottando un poco per certi errori commessi dal socialismo ufficiale e ricordando i massacri degli operai di Berlino ordinati dal socialista Scheidemann. Strano che il manifesto non ha trovato maniera di r'cordare i massacri bolscevichi in Russia e paesi occupati. E perchè niente delle più recenti fucilazioni di Cuba? A Saint Imier ci sono stati troppo assenti. Son mancati gli inglesi, i russi, gli olandesi. .. Rappresentati son-o stati i paesi firmatari dei deliberati della conferenza: Belgio, Bulgaria, Spagna, Francia, Italia e Svizzera. Il rappresentante italiano, assente dal convegno la seconda giornata, ha protestato per il comma IV della deliberazione fin_ale. Con questo comma il convegno ha solidarizzato e si associa " in particolare alla lotta dei popoli iberici, slavi e non sl~vi, com_e anche quella del popolo cubano, 111 opposizione con la nuova dittatura". Mantovani a\Tebbe voluto l'aggiunto: ... "in opposizione con la nuova ditta~ura (Cuba) che dovrà tuttavia essere rovesciata dalle forze rivoluzionarie interne, senz!I l'intervento delle armi e dei dollari di Washington". Ben detto ma perchè non ha Mantovani aggiunto ... '" e senza che la dittatura castrista sia rafforzata a detrimento del popolo cubano dalle armi e danaro russo" ( ???). Quando si professa di essere ugualmente opposti ai due blocchi. par si finisca sempre con trovare attenuanti per il blocco bolscevico. Ad essere miscreante è sempre Washington. Uh! ... * * * Ad infondere un po' di vigore nel dormiente movimento anarchico italiano sono stati i giovani studenti che a Milano han CONTROCORRENTE - Ottobre 1962 9
rapito il console di Spagna. Azione decisiva senza accodamenti ai padroni di Mosca. La stampa di destra e di sinistra ha fatto del tutto per non valorizzare il bel gesto anarchico che ha avuto nel mondo più ripercussione della esplosione di tutte le bombe termonucleari detonate insieme. · Dei giornali han subito parlato di " comunisti", di invito al console a leggere Carlo Marx, di insegne con falce e martello trovate nel luogo dove il console era stato tenuto prigioniero. Si è tentata la eterna speculazione di far credito ai comunisti di ogni bella a7ione, non imporla da chi compiuta. Se questa volta i moscoviti non sono riusciti a trar vantaggio dai bello episodio, non significa che non ci proveranno altra volta. Basta preparare il terreno. Si incomincia a non più parlare di anarchici. Tempo fa una pubblicazione socialista definiva Sacco e Vnnzetti II sindacalisti". Ora si cambiano i connotati degli anarchici spagnoli. Ecco quanto scriveva "L'Espresso" del due settembre in uno di quegli articoli non firmati che hanno tutto Il sentore di essere ammaestrati. Titolo: "Il partigiano sindacalista". - " ... E' dubbio però che il Fronte di Liberazione Popolare ha acquistato in Spagna, negli ultimi due anni, un notevok! grado di c(ficienza. Si tratta di uno dei più originali fenomeni politici degli ultimi anni, perchè raggruppava in un unico movimento oppositori di provenienza Ideologica e sociale diversa, come marxisti, cristiani, ex anarchici, (sottolineatura nostra) e sindacalisti della U.G.L. (Un ton Genernl de Trabajo) ... Bello quell'ex anarchici e si noti, non si nomina affatto la CNT (Conferenza National de Trabajo), la maggiore organizzazione sindacale di Spagna, ancora oggi assai viva, diretta da anarchici, operando da Tolosa. Abbiamo assistito ad un i:rande comizio anti-franchista a Firenze, al quale hanno parlato socialisti, comunisti ed il sindaco demo-cristiani. Vi è stato anche presente e ha parlato brevemente uno spagnolo. Non una parola è stata detta, nessuna allusione fatta all'epi~odio di Milano. Tutti gli oratori han reclamato libertà per la Spagna ma nessuno si è ricordato dei paesi tenuti in cattività dal bolscevismo, nessuno ha fiatato sull'im·aslone cinese dell'India, eccetto lo spagnolo. Fin'ora a Franco le cose sono andate bene ... troverà egli il suo Sante Caserio? * * * Parte del 'Popolo italiano, quello imbonito di mentalità bolscevica, in questi giorni di blocco navale intorno Cuba, pare abbia perduto ogni senso d'equilibrio. Evidentemente 22 anni di dittatura fascista ha poco insegnato anche a tanti che il fascismo han combattuto. Si osanna la ditt:atura castrista e se ne reclama una per l'Italia. Quella comunista questa volta. Ma allora, a cosa è valso Il liberarsi di Mussolini e le sue orde? Il clamoroso anti--americanlsmo ha tutto il sapore del risentimento che molti italiani ancora nutrono per la sconfitta amministrata dagli Stati Uniti. Son giorni questi in cui l'isterismo generato dalla propaganda comunista ha ridotto ogni altro part,to, molti gruppi e uomini di si11i3tm a delle succur.ali più o meno susservienti al partito bolscevico. E' stata come una gara a chi si inchinasse più profondamente a Castro e Krusciov. Le bassezze vociate e scritte non hanno avuto limite. Ora che Krusciov ha fatto la sua ritirata strategica, ammettendo l'armamento nucl~are di Cuba, nella ritirata, uno per uno, lo stanno seguendo i servi. Noi non diciamo soltanto "Giù le mani da Cuba " agli SU, ma lo strilliamo anche a Krusciov aggiungendo: "Giù le mani dai pnc!;i che tenete in soggiogazione ". * * * 16 Novembre Mentre scrivo queste note si sta concludendo a Varese il processo a carico dei simpatici giovani che un mese fa hanno preso in ostaggio il console di Spagna a Milano per scuotere la coscienza del mondo in protesta contro la sentenza di morte pronunziata da un tribunale giberna di Barcellona a carico di un giovane studente anarchico antl-franchisla, il quale aveva lanciata una innocua bomba nei pressi della villa di Franco. L'azione dei giovani studenti anarchici di Milano ottenne quello che si prefiggeva, la commutazione della sentenza del condannato. Ora i giudici Italiani hanno nelle mani la loro sorte. E' evidente che per non creare troppa nubbiicità che spiacerebbe al dittatore di Spagna, il processo è stato tenuto in una città secondaria. La stampa se ne occupa ma in misura assai limitata. Come è detto in una precedente corrispondenza, non si è voluto vnlorizzare l'azione anarchica che ha riscosso tante simpatie del pubblico. Oggi il Pubblico Ministero ha concluso col domandare per tutti gli accusati, ad eccezione di uno che non ha avuto molto a che fare con l'episodio, delle condanne piuttosto lie,·i - undici mesi di carcere col beneficio della condizionale e la non iscrizione della sentenza. Questo solo basta a suonar condanna al regime franchista. La contlnuRz'one del processo è stata rimandata a martedl prossimo. Comunicherò il risultato finale. * * * In occasione degli eventi cubani, Umanità Nova, a firma della Federazione Anarchica Italiana ha pubblicato un paio di manifesti murali, l'ultimo dei quali per il suo linguaggio decisamente antl-americano e comunlsteggiante ha suscitato e sta suscitando le proteste di molti anarchici da tutte le parti d'Italia. Gli estensori del manifesto sono ora occupati a trovare giustificazioni per il loro operato e non v'è dubbio che la faccenda sarà ogi:etto di grande dibattito al prossimo <'Onp;ressodella FAI che si terrà Il prossimo mese. Il manifesto consistente in proclama contro la guerra e tutte le dittature, cosi concludeva: "Ma non c'è nessuna dittatura CONTROCORRENTE - Ottobre 1962
che giustifica la dittatura del cosidetto modello universale delJa libertà, il quale salta -al collo di un piccolo popolo che si contorce nelle difficoltà di una rivoluzione, che ha il diritto di non chiedere il modello a nessuno, nemmeno a noi, per farla e per difenderla, per criticarla o per ossequiarla, ma che in ogni modo ha pagato con una lunga sequela di decenni di miseria più nera, di ignoranza più cupa, la soggezione al signorile "vicino", che impiantava postriboli per i suoi degenerati e per le povere figlie del popolo comperate per le piazze di tutto il mondo per avere il modello di bellezza da offr.re ai letti dei loro ruffiani", Non sarebbe certamente un male se il Congresso lavasse la mente dell'autore di tale illuminata prosa con soda caustica e SDJ)oneda bucato. . . . CONDANNA AL REGIME FRANCHISTA 21 Novembre La Corte di Varese ha pronunziato la sua sentenza nel c-aso dei dodici valorosi giovani anarchici coinvolti nel sequestro del console di Spagna a Milano. La mitezza delle sentenze, se così tecnicamente dobbiamo chiamarle, suona aspra condanna al regime dittatoriale di Spagna. L'ambasciata spagnola a Roma ha tentato un colpo grosso, forse credendo che gli avvocati del collegio di difesa fossero davvero un mucchio di imbecilli. Ha presentato una lettera di un giurista di Madrid intesa ad attenuare la gravità delle condanne imposte al processo di Barcellona, condanne che han provocato il ratto del console. La lettera ammetteva che vi era stata ad un tempo una condanna a morte ma che questa poi era stata commutata alla pena di trenta anni di reclusione. Nella traduLETTERA ITALIANA Carissimo Felioani, zione della lettera presentata alla corte, l'ambasciata ha omesso tale ammissione allo sco;>o di fare apparire che non vi era mai stata sentenza di morte. Il regime franchista è rimasto di nuovo scornato. Ecco le sentenze e la motivazione della corte. Varese, 21 novembre Il tribunale di Varese, oggi alle 18,45, ha pronunciato la sentenza contro i dodici imputati di aver rapito il vice console di Spagna a Mil::no, dottor Isu Elias. Il tribunale ha ritenuto tutti gli imputati, tranne l'autista Vaccari, responsabili dei reati loro ascritti. e, con l'applicazione delle attenuanti generiche e quelle di aver agito per motivi di particolare valore n1orale e soci:iJe, ha condannato Gianfranco Pedron, Amedeo Be'rtolo e Alberto Toniolo a sette rnesi di reclusione e venti giorni di nrrestO ciascuno; Vittorio Dc Tassis a sette n1esi di reclusione e un 1ncse di arresto; Luigi Gerli a se'tte mesi di reclusione, Giorgio Bertani a cinque mesi di reclusione e un mese di arresto, Giovanhattisla Novello Pagrlianti e AlcssanlclTo S:1rtor'i a cinque mesi di reclusione, Aldo Nobile e Giampieri Dell'Acqua n quattro mdsi d1 i reclusione, Aimone Fornaciari a quattro mesi di reclusio.ne e un mese di arresto. Il tribunale ba concesso n tutti gli imputati il beneficio d'ella sospensione condizionale della pena e della non menzione sul carteUino pennie. Vincenzo Vaccari è ~lato assolto dall'imputazione di eoncorso in sequestro di persona, pcrchè il fatto non costituisce ffato. Il tribunale ha dis11osto la scarcerazione immediata di tutti gli imputati giudicati in stato di detenzione, se non detenuti 1>cr altra causa. Nomade Ancona, 14 aprile 1962 a parte ti ho spedito il numero del 12 c. m. della rivista fascista " il borghese ", numero che riporta una lettera di Agostino De Biasi relativa ai suol rapporti americani con Giuseppe Prezzolini e una risposta di quest'ultimo. In detta lettera troverai nuovi elementi - anche se Prezzolini nella risposta si arrampica sugli specchi per confutarli - per alimentare la tua sana polemica tendente a smascherare un individuo che non ha nemmeno il coraggio di ammettere il suo passato di lacchè dei nerocamiciati, malgrado le sue sbavature antisalveminlane. Seguo con molto interesse "Controcorrente" che ritengo una delle più vive e battagliere pubblicazioni di parte nostra. Ho letto nell'ultimo numero la risposta che hai dato a Pirani di Brooklyn relativa alla spedizione della rivista al mio indirizzo. Hai fatto bene ad assicurarlo che spedisci regolarmente, come io posso assicurarti di riceverla altrettanto regolarmente. Forse, prossimamente, avrò bisogno di una buona pubblicità di " Controcorrente " per l'edizione di un opuscolo della "Collana Libertaria " che tratta della vicenda "Sacco e Vanzetti ". Il compagno Italo Garinei di Torino è già al lavoro per la parte redazionale. Conosco Il grande interesse che hai sempre avuto per il caso dei nostri due Martiri e son sicuro che non ci lesinerai la tua fraterna collaborazione. Buone cose e stammi sano, Federazione Anarchica Italiana Ancona tuo LUCIANO FARINELLI CONTROCORRENTE - Ottobre 1962 11
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