cuori tutta l'ardente passione per la verità, tutto l'amore per la libertà, tutto lo spasimo per la giustizia e nessuna compressione arriva a soffocare la voce. Di Giacomo Matteotti venne fatta una bandiera; il mucchio d'ossame sepolto nella macchia della Quartarella, al cospetto del popolo simboleggia tutto il martirio proletario di quest'epoca fosca. Chi, oggi, potrebbe dire che il popolo non ha una coscienza? Chi, oggi, potrebbe disprezzare i sentimenti delle folle? Noi abbiamo sempre amate le folle; noi che siamo suoi figli. Noi abbiamo sempre sentito nel cuore delle moltitudini il soffio ardente della passione, la volontà di procedere verso il domani. E le folle, oggi, non hanno tradito la causa. Sono vinte; ma i vincitori tremano e sentono che tutto crolla intorno a loro; anche la loro potenza e la loro onnipotenza. Giacomo Matteotti col suo martirio ci ha rivelato due grandi verità: che vi è ancora chi, in piena consapevolezza sa morire per amore dell'idea e che le masse dei lavoratori, siano essi contadini od operaj, non sono più servi incoscienti curvi sui solchi o sulle macchine, ma son·o uomini, Osservazioni perchè la luce dell'ideale illumina le loro anime. Cinquant'anni di propaganda e di educazione han dato i loro frutti. Ora bisogna procedere. Noi siam grati a Giacomo Matteotti di averci rivelate queste grandi verità che ci sono di conforto in quest'ora di umiliazione e che ci sono di sprone a combattere ancora e sempre per la rinascita della libertà. Giacomo Matteotti, cadendo sotto i colpi dei sicari, ha squassato l'enorme torre che domina la nazione. Ancora una bufera e la torre sarà un mucchio di rovine. * * * Ora Giacomo Matteotti riposa, ma Egli non è morto. Vive nella gran luce del· l'ideale, nel gran cuore del popolo e porta ovunque il soffio della spe,;anza. Egli vive nel quotidiano divenire: simbolo e bandiera. Egli è l'Immortale che ha scolpito il proprio nome nel duro granito della storia, egli non è più milite di un partito, ma è pioniere dell'Umanità. E' Immortale come l'idea di libertà ... L'idea che lo arse nel gran fuoco del sacrificio e dell'amore. Agoalo 1924. Carlo Moùischi SALVEMINIVISTODAI GIOVANI Le critiche rivolte da Prezzolini a Salvemini all'inizio di quest'anno sul Borghese (a parte il fatto che le avrei viste più volentieri scritte qualche anno fa, quando Salvemini era in vita e avrebbe potuto assumere direttamente la propria difesa) dettano qualche considerazione, anche a chi, come me, non conobbe Salvemini di persona. Ma non credo si tratti di uno svantaggio; anzi, la valutazione non può che riuscirne più obiettiva, e l'obiettività è elemento di primaria importanza nel considerare le cose da un punto di vista u storico". Non entro nel merito della parentesi americana di Salvemini: su questo punto altri, con a disposizione più dati e fatti, potranno parlare meglio di me; nè mi rifarò agli indiscutibili meriti che egli ebbe come storico e che peraltro non mi sembra si vogliano seriamente contestare). Ritengo invece necessario esaminare le due affermazioni su cui si impernia l'articolo: primo, Salvemini non ha contato nulla; secondo, egli ha sempre agito, dovunque e in ogni momento, come un agente disgregatore. Si comincia col portare ad esempio la collaborazione di Salvemini al partito socialista. La critica rivolta al socialisti di compromessi con Giolitti, che mantenevano lo stato di superiorità degli operai del nord rispetto ai contadini del sud, viene definita attività disgregatrice, e lo stesso Salvemini viene qualificato "elemento di discordia". La verità è che Salvemini, da spirito combattivo qual era, non rinunciava per amore di compromessi a sostenere le sue opinioni: egli si era reso conto dell'importanza del problema meridionale nella realtà politica e sociale italiana, e ne aveva fatto non un problema di semplice rivendicazione del sud verso il nord, e perciò aveva sempre evitato di acuire i contrasti esistenti. Ne aveva fatto un problema nazionale, che anteponeva ad altri settoriali e che considerava necessario risolvere per la vittoria della democrazia in Italia. Si tratava di problemi e di battaglie grosse, che il partito socialista non era più in grado di sostenere, e questa incapacità provocò il distacco da esso di Salvemini. CONTROCORRENTE Giugno 1962 17
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