Controcorrente - anno XVIII - n. 30 - mag.-giu. 1962

Manonera ILPROCESSO Al FRATIDIMAZZARIN Messina, marzo Padre Carmelo, padre Venanzio, padre Agrippino e padre VUtorlo si alzano alle sei del mattino nella cella del carcere giudiziario di Messina. "Domine libera non a tentalione ... " recita padre Carmelo che è Il più vecchio di tutti, ottantatrè annl e un'immensa barba bianca, e gli altri tre frati, in ginocchio sul pavimento, con le barbe ancora arruffate dal sonno, rispondono In latino alle invocazioni canoniche del vegliardo. Quindi padre Venanzio che è il più robusto prende la scopa e comincia a ripulire adagio la camerata, padre Vittorio l'ifà i letti, e padre Agrippino che è laureato in teologia e intende arrivare alla libera docenza, studia in silenzio la "Summa" di S. Tommaso d'Aquino. Essi sono i frati-briganti di Mazzarino, i protagonisti della più incredibile storia criminale del dopoguerra. Padre Carmelo si chiama Luigi Galizia e ha ottantatrè anni; padre Venanzio si chiama Liborio Marotta ed ha quarantasei anni; padre Vittorio, cioè Ugo Bonvissuto di quarantun anni, è il più elevato in grado ecclesiastico poichè guardiano del convento; padre Agripplno infine è il più dotto e giovane di tutti; si chiama Antonio Ialuna ed ha trentanove anni. La vicenda ebbe inizio con due fucilate a lupara il 5 novembre 1956 nel convento dei frati cappuccini posto alla periferia di Mazzarlno, sulle estreme montagne della Sicilia che guardano il mare dell'Africa. Per trenta mesi l'intera popolazione del paese, diciottomila abitanti, ne rimase terrorizzata, visse In una specie di continua angoscia; appena cadeva la sera le strade si spopolavano rapidamente. Talvolta, si udiva arrivare il passo lento di un monaco: egli passava arrotolato nel grande salo, col sacco delle elemosine sulle spalle. Bussava ora all'una, ora all'altra 1>0rta, e la gente di quella casa sbiancava per il terrore. Ritorniamo all'inizio, a quelle due fucilate. Era quasi sera e nel convento tutti i frati erano intenti alla preghiera, ognuno nella sua cella. Cinque frati, più Il rettore provinciale e il cuoco frate Gaetano che, abbasso, nella vecchia cucina, Intanto faceva cuocere le verdure della zuppa serale. An<'he padre Agrippino era inginocchiato sul pavimento della cella, immerso nella meditazione, quando improvvisamente egli vide una cosa terribile: cioè l'usclolo della cella socchiudersi con un lievissimo scric• chiolio e due canne di fucile sporgere lentamente, volgendosi adagio verso di lui. Ebbe appena il tempo, d'istinto, di rotolarsi a terra che le due fucilate rimbombarono 11uasi contemporaneamente. I pallettoni fracassarono le testate del letto. Sono proprio quelle due fucilate la chiave di tutto questo maledetto imbroglio. Il punto di partenza della storia. La difesa dei frati sostiene che quello fu Il biglietto da visita dei banditi per terrorizzare I religiosi e farne delle facili pedine del loro gioco criminale. L'accusa viceversa afferma che furono I monaci ad architettare quella diabolica messa ln scena In modo da avere una giustificazione umana dei loro futuri crimini. Passarono due mesi e padre Agrippino chiese udienza a padre Costantino, rettore CONTROCORRENTE - Giugno 1962 13

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