Controcorrente - anno XVIII - n. 30 - mag.-giu. 1962

.JVNE 1962 Michele Bakounine

MICHELBEAKOUNIN ( 13 Giugno 1876 J Figlio di rm ricco proprietario di Toriok (Ru,.ia centrale), Bakounine fu allevato alla Scuola dei Cadelli di S. Pietroburgo e ne uscì a 20 anni, ufficiale d'artiglieria della guardia imperiale. Nel 1840 fece parte d'una spedizione contro gl'inaorti polacchi, e gli eccessi di ferocia cui si abbandonarono le truppe moscovite lo indignarono tanto, ch'egli ,i determinò a disertare. Si recò a Berlino e vi 1t1idiò filosofia (1841). Pubblicò a quell'epoca su "gli annali Fra11co-Te,leschi" una di•- &ertazione filosofica che gli attirò l'atten:ione degli ,tucliosi. Si recò poscia a Parigi, ove co,robbe George Sand e Proudhon e contrasse rela.=ione con i principali capi clell'eniigra.zi.one polacca. Passò a Zurigo e prese parte attivi.ssirua ai lavori dei gruppi sociali,ti. Il governo russo 11011, tardò ad essere edotto intorno alla condotta di Bakounine, il quale ricevette l'ordine di ritornare im.nicdiatam.ente a San Pietroburgo. Si rifiutò di obbedire, e le &ue proprieta furono confiscate. Bakorinine ritornò allora nella capitale francese ed entrò in qrialitti ,li redattore nel giornale " La Re/orrrte ". Nel 1847 pronunciò un discorso incitante i patrioti polacchi ad unire i loro sfor=i ai rivolu=ionari russi, per sbara=zarsi ,lello czar ed e111ancipare insicnie alla Polonia tutti gli altri popoli dell'im.pero. L'effetto pr~ ,lotto <la questo discorso fu tale che l'a,,,basciatore ruuo a Parigi, reclan,ò l'espul. alone di Bakounine dal territorio france,e. Bako1inine si rifugiò nel Belgio. Colti non cessò dal propagandare le idee rivoluzionarie, siccltè il passaggio e l'influenza s,ia si resero sensibili a Brusselles, a Liegi ed a JI erviers. Nel 1848, proclamata la repubblica in Francia. Bakou11i,1e ritornò a Parigi. Ricevette egli una 111issione ufficiale dal governo repubblicano, per tentare una agitazione dem.ocratica in Austria ed in Gernumia? Agì al contrario dietro l'i111pullfo del suo ardente tem.peran1e11to? Nessuno potrebbe preci-sarlo. Fatto è eh.e lo ritro• vianio a Praga, a Berlino, a Dres,la, e che dopo il suo passag,::io delle som.mosse scoppiano in queste cittti. Arrestato a Cla.e111uit:z,Bakounine fu portato a Koenig• stein, girulicato e condannato a n1orte (1849 ). La sua pena fu conunutata in quella ,lei lavori for:,ati a perpetriita. - L'Austria lo reclamò. A Praga /11 di 111,ovo condannato a 1norte. La Russia chiese alla s,ia volta l'estra,li::ione. F,i rinchiuso nella Jortez::a di S. Pietro e Paolo a Pietroburgo, e vi restò 8 a11ni. Aleuandro Il com.niutò la sua pena in. quella dell'esilio perpetuo in. Siberia. Arrivò colti nel 1857. Riuscì a fuggire, attraversò a piedi il territorio cltinese, toccò il Giappone e l'America e nell.a prim.avera del 1861 arrivò in l11gl1ilterra. Collaborò assie,ne ad Herzen e Ogarev nella celebre rivista "La Canipana ", e nel 1863, all'epoca dell'inaurre::ione polacca, volle recarsi in Litr,auia ,,er sollevare quei contadini, nia /ii arreatato a lt1alnto (Sve.zia) e costretto a ritor11are in Inghilterra. Recatosi a Zurigo. Bakounine prese parte più che niai attiva al 111ovi111ento aocialista. Le sue tendenze lo a1,in1ero verso il partito rfvoluziorwrio più avan=ato, e si può dire ch'egli è il vero iniziatore e fondatore dcll'anarchisnio. Era quella l'epoca della grande propaganda dell' Anociazione Internazionale dei lavoratori. Bakounine aderì all'Internazionale con l'intento ben deterniinato di iniporvisi e di dirigerlo nel senso delle sue idee comuniste e libertarie. Nel 1868 fondò la setta dei " Fratelli Internazionali '' che in nu,nero ,li cento, coatituirouo una vera polizia rivoluzio1taria internazionale. Scoppiata nel 1870 la guerra franco•prr,Hiana e catlrito l'impero, Bakounine e gli a111ici suoi tentarono a Lione un. ntovi,nento comuniata che disgraziataniente fallì. Dopo la guerra e la Coniune, i ,Iissidi s'accesero pitì che niai vivi in seno all'Internazionale, ed una scissione violenta si prod1,sse fra i seguaci di ~larx e quelli ,li Bakourrine, al Co11gre,so dell'Aia (29 settembre 1872). Fu quella l'origine ,lella Federazione del Giura, primo em.brione del rnoviniento e dell'ortcani=zazione anarchista in Europa. Egli tentò ancora, 11el 1874 a Bologna, colla collaborazione tli Andrea Costa, di Carlo Ca/ìero e di altri anarcl,ici i11ter11a::ionalisti un ,noto insurrezionale, e a/franto da un'esisten=a di lotte e di persecuzioni si ritirò a Berna, dolle si spense il 13 giugno 1876.

RIVISTA DI CRITICA B DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANI Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 11111kStreet, Boston 9, Mass. CONTROCORRENTisEpubiishedbi-montlliy.Mail addms: 157 Miik SL, Boston. Aldino feiicanl, Editar and Pubiislle.r. Office o1 publi,ation 157 Milk Street, Boston9, Mass. s.cood-ciass ,mli priviiegesauthorlted at Boston, Mass. Subscrlption$3 a Y""· Voi. 18-No. 6-(New Series #30) BOSTON, MASS. May-June, 1962 Voci dalla galera di Franco AGLSITUDENDTITUTTOILMONDO dicia,no c.lie n.on ci è possibile i,nniergerci nei testi di San J ua,, de la Cru x, nelle Matematiche, nel Diritto, in atudi innocenti. quando: dietro l'angolo della strada il poliziotto intima ed arresta; e le carceri ingoiano uoniini. Quaru}o nelle fabbriche l'operaio lavora con la fame in corpo e guatlagna tanto poco che e costretto talvolta a rubare. Rubare lui clte è il pri,no e l'unico derubato in questo 1nondo: sempre ed ovunque! Quarido i m.ilitari, categoria di uoutini il cui dichiarato ufficio è l'auauinio, pistola alla ntano, senza altro orizzonte eia.e le fortezze ed i fucilati, i,npongono al paese la vera legge del reginie: "E' così perchè ci /a coniodo '\ in. com.unione con. l'altra specialista in o,nicidi che è la Polizia. Ed è lo "Statuto degli Spagnoli", tulto quel che fa como,lo alle pistole. Quando la Spagna è diventata una intmensa ri&erva di cacclll: duchi e 11tarche&i cacciano anintali gran.,li e piccoli nelle loro ster,ninate te111tte e vi allevano i tori per le corritle; e vorrebbero ancora più ore di quante ne 11a il giorno per poter spendere. più danaro in ,livertintenti. "Bisogna niodernizzare ~fadrid ", gridano. Mentre la Benenierita va cacciando per le campagne i contadini af/aniati percltè- la far,te ha sem.pre voluto dire disor• dine! - JUentre tutte le cittéi sono strette in rtna 111orsadi 1ton1ini senza casa, fuggiti tla qritdcltc parte, senza la-voro nei cantpi (i 8ignori che le possiedono pensano che a lavorarli, s'i,npoveriscano), ser,za lavoro nelle fabbriche. Da NOI NON C'E' LAVORO 111ENTRE SI PRODUCE TROPPO IN GERll1ANIA, o, detto in terntini r,,ffu:iali: Piano di Stabilizzazione. Po88ono ben lasciarci qualche universitéi ••• Quando con tanto accani,nento si inculca 11el povolo l'incultura e l'ignoranza e con tanto instancabile affm,no si cerca di inipe,Iire il fiorire della sua spontanea e proprt(J crtltura: quella che generò, un tentpo, la sua socialitéi. Quando il nostro popolo voleva in/ormar&i, istruirsi, ed aveva i suoi sindacati, i partiti, co11 grandi biblioteche, aveva atenei dove di&cutere e pensare cori altri • •• la Spagna allora era un paese pervaso da un'ansia di sapere così gran,le che ancora alcuni lo ricor,lano conte un periodo straordinario, di raccolti niiracolosi, tli edizioni popolari, di rtontin.i che ,i insegnavano a leggere l'un l'altro. Adesso, TORI e FOOTBALL. Abbia,no un.iversitéi attraverso le cui porte passa soltanto il vento. AGLI STUDENTI DI TUTTO IL MONDO DICIAMO CHE AFFOGHIA/11O, che non piJssianio vivere perchè ci soffocano la scienza, perchè il niondo in cui -viviamo annienta o,r11i vita. E VORRE/11111O che neuuno ritenga possibile di vivere qu.ontlo degli uontini agon.izzano nelle carceri: ceniento e sbarre all'Est ed all'Ovest, tutte le prigioni si so1niç:lian.o. VORRE/11111O che le illgiu,ti:ie vengano 101tituite tla libere univer1ita. VORREMMO u,lire il vostro gritlo di fianco a noi/ Sentire la vostra gioia creatrice in&ieme alla nostra! JIORREM!t10, &e volete. se ci unianto, se vi pare gii,sio, lottare tutti insiem4" per rtn mondo mi{lliore, senza classi che dividano {lli uomini: cla88i per gli infelici, classi ner i soddisfatti • •• senza caste di uonti11i con il ,liritto di poter dare quoti,liananiente la 1norte - la morte entra, nella su(ldivisior1e tlf>i beni-. come il latte od il pane, in tutte le societti ingiuste-, senza caste di sorveglianti di professione il cui unico stru• mento di lavoro aia un /i8chietto, ed un .fi.1chietto non ha mai prodotto nulla, trnnne il •uo proprio suono, e bi,ogna la,ciarlo ai bantbini; senza ca,te di GOVERNANTI:

ilobbiamo e vogliamo e,tirpare ,lalie cose dò che nutre roBBEDIENZA, la ,ottomÌ•• sione, la paura che avvili,ce l'uo,no. E 'JIORRE'!tlMO che non esistarto più frontiere, nè geografie, nè credi. nè patrie, nè falsi socialismi clte inipedi-scano agli uomini di cogliere il nostro grido. J'OGLIAMO CHE FINALMENTE, L'UOMO SIA UGUALE ALL'UOMO, SEMPRE ED OJ'UNQUE. (Un gruppo di studenti anarchici di l\ladrid) POSTILLA Riproduciamo questo appello di un gruppo di studenti anarchici di Madrid. E' apparso qualche mese fa in un numero pubblicato dai gruppi giovanili anarchici di Milano e di Genova. Questo appello accorato richiama l'attenzione del mondo su una situazione disperata. Le recenti notizie sulle rivolte, attentati, scioperi in cui è ingaggiato il popolo spagnolo in questo momento, dicono che il popolo spagnolo è determinato a riacquistare la propria libertà. La tirannia del governo di Franco e della sua polizia deve scomparire. La lotta è incominciata. Il proletariato spagnolo è determinato a spazzare la dittatura che gli ha tolto il pane e la libertà. Noi dobbiamo essere pronti a dare una mano. Tutti i mezzi sono buoni. Incoraggiamo la resistenza contro l'opera terroristica del governo. Incoraggiamo l'azione dei gruppi che vogliono colpire gli strumenti a servizio della reazione. Facciamo dei comizi per attirare l'attenzione del pubblico sulla politica terroristica del movimento falangista, adottata per tenere il popolo schiavo. Reclamiamo la liberazione dei prigionieri che popolano le carceri in tutta la Spagna. Aggiungiamo la nostra voce a quella degli studenti di Madrid. Si faccia sentire la protesta viva. Colpiamo Franco e il fascismo affamatore e assassino con ogni mezzo. Facciamo il nostro dovere. Taccuino RICORDODI ROSSELLI A LIPARI Più che a Milano nel periodo di " Quarto Stato" o nel mivembre 1926 quando nelle ansie per la preparazione della fuga di Filippo Turati saliva ad ogni ora del giorno col suo passo elastico e leggero i quattro piani della nostra casa, più che al processo di Savona, io ricordo Carlo Rosselli a Lipari. L'essere Lui inviato In questa ridente isola e Parri a Ustica gli era pesato come una ingiustizia, anzi come una jattura, e quando nell'aprile del 1928 lo raggiungemmo gli parve, e lo disse, che Lipari fosse div-entata casa sua, oome lo era stata la cella di Savona per tanti mesi. A Lipari era Il signore di una rustica villa dal portico a pianterreno, la scala esterna, il pergolato di uva nera gigante, l'orto arido trasformato in giardino fiorito dalle piante annuali più gentili e iplù rapide a crescere "perchè, diceva, la villeggiatura sarebbe stata di breve durata". Ma il pianoforte sul quale cercava le melodie più care, molti libri per trascorrere le lunghe ore di sole di vento di piqggia, molta bianca oarta per fermare i sogni le meditazioni le ricerche di nuove verità non gli potevano bastare. Vedo Rosselll in casa, per le strade bianche acciottolate di Lipari, al mare, sempre con quel suo sorriso cordiale eppure assente che solo gli am1c1 comprendevano; per tutti era il giovin signore che per i molti doni avuti dal destino potendo flare quasi tutto ciò che voleva, aveva scelto di occuparsi di politica, della cosa meno facile, meno redditizia, e anche meno divertente in quei tempi, col suo animo. Ma quando giungeva a casa con la posta o parlava con mio marito o con I pochissimi che sapevano tutto di Lui, non sorrideva, o meglio la sua bocca del sorriso aveva solamente la piega, amara; allora mi pareva un grande bambino troppo grave e sapiente. Una mattina dell'estate 1928 giunse a casa nostra appena pochi minuti dopo le otto - era l'ora di libera circolazione - con due lunghe graffiature al viso, una mano ferita e un v-estito fradicio in un pacco. Appariva stanco, eccezionalmente stanco e non sor· rideva. - E' andata male, però non sono stato visto de nessuno: mi può asciugare questa roba? Dqpo un caffè cominciò a parlare: ancora lo rivedo sul tavolo della grande stanza quasi vuota con l'ampio balcone verso il ridente Piano Conte, ma quando usci aveva ritrovato la sua agilità e un pallido .sorriso. Fallito Il primo tentativo di fuga riprese a nuotare a passegiare a dar pranzi agli amici, a coprire di quella sua minuta rego4 CONTROCORRENTE - Giugno 1962

lare scrittura fogli e fogll che doveva accuratamente nascondere per sott.rarli alle perquisizioni. Non sapeva far discorsi Inutili, non sapeva perder tempo. Camminava ra,pido e Jeggel'o con quel suo pasoo lk!vemente ondeggiante come se avesse sempre dovuto passare da un lavoro ad un altro, ad un altro ancora. Nelle riunioni di amici era sempre li capo, naturalmente: del giovane capo aveva l'entusiasmo, la freschezza, la rapidità. Accanto ai suol capelli quasi biondi quelli di mio marito erano candidi, come di un padre: li guardavo e perdevo il filo del discorso. A dicembre giunsero il Mlrtillino, e la mamma che sul finire della primavera erano andati in Inghilterra a gettare le fila della fuga: il loro ritorno significava che per tutto l'inverno ncm ci sarebbero state novità. Era una giornata calda col cielo altissimo e cosi azzurro che le case parevano candide contro Il verde dei monti, di fronte al mare. Rivedo Rosselli col MirtlllinOI per mano: alto e robusto si piega sul bimbo biondo e rosa incapucciato di angora bianco e gli sorride come un papà felice: ma quando li pir~afo s'allontana alza gli occhi e !Ile segue la scia. Altri mesi di compl"e'llSione silenziosa. L'inverno e la primavera del 1929 furono lunghi, anche se Il Mlrtillino, che sorrideva come il suo papà, cinguettava le prime parole e la famiglietta nella rustica vllla pareva proprio felice. Passal'O!llo I mesi. Al principio dell'estate minuziosi piani furono concertati con l'estero, con mio marito e con gli amici: il Mirtlllino e la mamma partirono da Lipari. L'ansia e l'attesa non consentivano a ROISSellldi godere della luce, del sole, del cielo che facevano dell'Isola un meraviglioso paese azzurro verde e oro dove tutti lo amavano. Per rassicurare la direzione sulle sue Intenzioni tranquille e placide passava lunghe ore sulla spiaggia, faceva lunghe nuotate e al ritorno portava Il mio bimbo a cavalluccio per la ripida salltla di Sant'Anna fra alte siepi di fichldindia, invitava a pranzo gli amici, seguiva le vicende dei confinati e sorrideva. Il direttore della colonia in risposta ai conslgll di attenta sorveglianza venutigli da Roma scrisse: - Da Lipari non pensano di scappare neppure le mosche. - Ma il direttore sapeva che Rosselll nuotava come un delfino e scherzava sulla spiaggia mangiando 1 fichi zuccherini che Bartolo dal viso di efebo portava appena colti. Il giorno precedente quello della fuga si era particolarmente divertito a vuotarne un cestino credendo che fossero miei. Quando me ne ringraziò col tono scherzoso del ragazzo che ha fatto una mo· nellerla e senti che erano di un amico comune, e per questJo glieli avevo lasciati finire, venne fuori con una risata alta chiara e contagiosa e Infantile che fece alzare la testa al mio bambino che giuocava con la sabbia e voltare la testa al milite di guardia con la baionetta innastata. Mancavano poche ore alla fuga, questo rrostro segreto ci pareva più grande del mare. Quel giorno fece colazione con noi, tornando a casa salutò il mio bambino: - Quando ti rivedrò ml dirai buon giorno e buona sera invece di II giongic:mo" e H bosessa" e sarai il compagno di Mirtillino. - SI fermò a metà della scala e soNlse, si fermò presso il cancello e si volse a salutare. Alla sera poco dopo le venti eravamo appoggiati al muretto di S. Giuseppe mio marito, il bimbo ed io, Rosselll poco distante da noi. Udimmo lontano nel mare il battito !leve di un motore; senza parlare ci a,·- viammo verso casa. Sulla strada del Diana ci passò accanto, cl salutò appena, cl oltrepassò e si volse a guardarci. Il ricordo del suo viso di quel momento è il ricordo più vivo che ho di Lul: ansia, speranza, senso dl liberazione, tensione nervosa facevano del suo sorriso una smorfia dolorosa cosi viva e forte e umana che non ho più dimenticata. Non ho più visto Carlo Rosselli. AItri diranno dell'intelllgenza, del coraggio, della fede Sua: lo non posso che ricordare la sua ricca umanità, che gli consentiva In carcere dl curare come fratello l'amico ammalato, di giuocare coi bimbi, di sonare con tocco delicato il pia· noforte, di dare senza misura a chi ne aveva bisogno. Ora non pol'ta più bimbi a cavalluccio e ncm suona più l'Eroica, e non vede questa Italia fremente stanca e combattuta ma libera dal nemico che lo odiò, Lui che non sapeva odiare perchè e,ra buono e giovane e virtuoso. La sua fine crudele accanto si Frate1Jo1 fu uno di quel freddi delitti che non si possono vendicare se non con l'opera di tutta la vita. Le madri e le mogli che non dimenticano vorrebbero che li Suo esempio rosse legge per tutti. Ester Parri CONTROCORRENTE - Gtugno 1962 5

Donne della resistenza LivioVenlurini-RosoZonolli Alle donne dt Bologna é dedicata questa memoria di donne cadute come soldati in guerra per la Resistenza. Serva la loro testimontanza a rendere pitl estesa la lotta, più libera la strada verso la vittoria di un ordine nuovo, di pace, di lavoro e di libertà, non lontano ormai nell'avvenire. 11 I grassi scarseggiavano in tutta l'Italia occupata. Direi che era una razione da ridere che cl davano con quella nostra povera tessera. Ml ricordo, cosi, qualche cosa: per esempio un uovo al mese. Il resto In conseguenza. Però si era attaccate al nostro avere, chè almeno un giorno o due o tre durasse, e per il resto bisognava arrangiarsi. Accadde ad Imola che non dettero I grassi della tessera: il pochissimo che perveniva. Le donne attesero pazienti, andavano a chiedere alle botteghe: "Sono arrivati i grassi? " e mostravaoo la tessera con i bollini intatti. I bottegai erano ancora più costernati, temevano di perdere i clienti per le altre cose permesse, si scusavano come se fosse colpa loro. "Non sappiamo il perchè, ma I grassi non li abbiamo avuti. Quante volte siamo andati a chiedere se ce Il danno. Rispondono che non ce n'è, Credete, noi abbiamo !atto il possibile". Le donne lo sapevano che I bottegai avevano "fatto il possibile". Era loro Interesse. Non ci sarebbe stato ragione di agire altrimenti. Dipendeva dunque da quello strano governo che allora era In !talla, o almeno per Il momento nella più gran parte dell'Italia e cioè la repubblichina di Salò. La quale, a sua volta, aveva partorl to qua e là molte repubblichine che si governavano a proprio modo, avendo essa ben altri guai. Anche Imola era cosi: una S'OI'ta di feudo e I suoi signorotti vivevano tranquilli e sicuri e credevano chi sa con quale esagerata euforia, che il benessere non dovesse mal finire. Fini la mattina del 29 aprile, quando le donne si stancarono di aspettare i grassi, che, divisi fra tutta la popolazione risultavano per ogni famiglia un peso minimo, ma, trattenuti da oltre due mesi nelle case di quei cinque o sei reggenti, non solo procuravano una grande abbondanza alle loro cucine ma permettevano anche graditi regali ad amici vicini e lontani. Insomma le donne andarono In piazza. In cinquecento con la borsa della spesa, molte con I bambini In braccio o per mano. Si misero sotto Il municipio, cominciarono a gridare: "Vogliamo I grassi della tessera. E' ora di finirla che ve ll mangiate voi. Basta con tutte queste porcherie! " Ve n'erano di quelle venute da Sesto Imolese e Ponte Santo, in lunghe flle di biciclette. Si erano dovute buttare nel fossi per le strade perchè i caccia bombardieri cosiddetti alleati si calavano In picchiata a mitragliare gagliardamente, anche se era passata la " cicogna" e aveva trasmesso che si trattava di donne in giro per l fatti propri e non di una colonna di militari tedeschi. In mancanza di meglio qualche cosa dovevano pur fare gli aviatori di quei caccia bombardieri angloamericani. Voli di allenamento e sparare a pieno o a vuoto per non fare arrugginire i nastri delle mitragliere. In un modo o nell'altro le donne arrivarono a dar mano a quelle di Imola. E ancora gridarono per i grassi nella piazza sotto le finestre del municipio. Anzi l'arrivo delie compagne di fuori dette plù grande abbrevio alla manifestazione, e le grida aumentarono: "Basta! Bastai Dateci quello che ci viene!" senza contare parole più svelte in dialetto che in lingua, e difficilmente traduciblll. Si misero d'accordo, le donne, che una delegazione entrasse nel palazzo comunale, polchè carabinieri e militi della " guardia nazionale repubblicana ", cioè quel tali dhe volenti o nolenti od incoscienti avevano costituito il disgraziatissimo esercito di Salò, piantonavano con Indifferenza l'ingresso, non sapendo davvero in tanta confusione che misure fossero da prendere. Furono scelte sei donne tra quante aveva.no più bambini a carico. Entrarono. Gli annlge'i non ostacolano il passaggio. Una pausa di attesa dentro Il comune e fuori della piazza. Uno dei reggenti, Il responsabile, è a!:Sente. L'impiegato dell'uffi.cio annonario, pallido come uno straccio lavato, ha detto, sulla soglia dell'ufficio, che lui non ne sa niente, che "se ne vadano, signore, altrimenti potrebbero passare del guai". Le " signore" ridiscendono In ,piazza senza nulla di fatto, rinunciando Immediatamente alla loro signoria. A questo punto si comincia a far sul serio. L'intera piazza insorge, chiede a gran voce il responsabile, rimprovera le baldorie e conoscenza, grida nomi e cognomi, specifica date Infauste. Le donne dicono quello che sanno, e sanno molto, troppo per coloro che certe cose credevano dolcemente celate. Agli urli ripetuti sl sparge Il panico tra I 6 CONTROCORRENTE - Giugno 1962

mlliti della guardia nazionale repubblicana, i quali sono lasciati a sè stessi, non hanno direzione nè ordini, da quel tali reggenti che in tanto trambusto non pensano che a mettere in salvo la pelle. Soli, convulsi, travagliati da tante diverse paure, sl rammentano pertanto di avere In mano un'arma. Imbracciano i mitra, Infilano i caricatori, sl stringono l'uno all'altro chissà per un complesso dl abbietti istinti, per primo il batticuore, e poi anche un altro: quello delle responsabllltà. E cioè poter sempre dire che chi aveva sparato era il vicino. E iniatti uno dl loro spara, li più impauri:o o li più criminale. Spara due raifiche alte, sulla testa delle donne coi bambini in braccio o per mano, oppure senza bambini, radunate Insieme sulla piazza. Crede, quel tale dal mitra, che scappassero, ma le donne di Imola coraggiose vedono subito che aveva sparato alto, non ci sono morti nè feriti. Non scappano. Allora Interviene il capitano dei carabinieri, piuttosto gentilmente, e si adopera In tutti I modi a persuadere le donne di abbandonare la piazza. E' giusto, povero capitano dei carabinieri! Se succede qualche cosa ai dirigenti il guaio è tutto suo. Però, niente da fare. Siccome si dimostra abbastanza benevolo le donne gll parlano, gli spiegano li perchè non possono in nessun caso lasciar perdere. E' un diritto, non un capriccio, sono quelle poche briciole di grassi deJla tessera che aspettiamo da due mesi, ci dispiace, signor capitano, lei è molto buono, ma noi non possiamo andarcene senza che questi reggenti che certo dl grassi non hanno scarsezza nella loro cucina non cl diano assicurazioni dl quel pochissimi che ci pervengono. Intanto che parlano col carabiniere, arriva un'autobotte dei vigili del fuoco, costretti dalle camicie nere, (aperta una parentesi: ah, si certo, se non costretti, mai i vigili del fuoco sono andati contro le donne. Li conosciamo, i pompieri: salgono a un quarto piano con la scala per salvare una rondine come scendono dentro un rogo dove ci sono persone da portar fuori. Spesso sono feriti e vanno all'ospedale. Nessuno sa neppure il loro nome. Può darsi che ne escano minorati, e che non abbiano quello che gli spetta. Sia ben chiara da queste mie pagine la simpatia per i pompieri, o viglli del fuoco che dir si voglia. Chiusa la parentesi). Dunque sulla piazza arriva l'autobotte. Ma i vigili davvero non hanno voglia dl bagnare le donne. Temporeggiano, attendono, girano con l'autobotte intorno alla piazza. Arriva, allora, cattivissimo, con la rivoltella in pugno, il comandante della prima brigata nera insediata ad Imola, neppure cosl queJlo dell'autobotte si decide a mettere In moto l'Idrante, e Il brigantlsta addirittura esasperato gli strappa U tubo dalle mani, ma le donne gli sl buttano addosso, le donne in combattimento vanno a graffi e a morsi come I gatti, sono terrlbfll. Il "nero" si spaventa, molla l'Idrante nelle mani dure che lo stringono da tutte le parti, le stesse mani dure, certo con un rapido aiuto da parte del vlglll, mettono In azione l'idrante. Un getto feroce di acqua fredda investe la prima "brigata nera " d1 Imola, anche li capitano dei carabinieri si sente come sotto un temporale d'estate. Si ride nella piazza, e i militi s1 rifugiano bagnati dentro l'ingresso del municipio. Ma ecco arrivare l rinforzi asciutti, nuovi, tremendi. Subito chiudono la pompa che ha reso ,piuttosto ridicoli i loro colleghi, e poi sparano. Sparano col mitra, e, questa volta, In basso. Due donne cadono, Rosa Zanotti e Livia Venturini. Io mi domando di che stampo, di che nascita, di quale congenita perversità erano quel tali, certo giovani, Italiani, poveri, che sparavano contro le donne che assomigliavano aJla loro mamma, o soreJla o moglie, e chissà con questo che cosa credevano di ricevere. Per fortuna non ricevettero nulla per la loro "performance", che la repubblichina di Salò non pagava per I morti, li considerava di ordinarla amministrazione. Perciò quell'uno o quel due che spararono si trovarono alla fine con In mano un pugno di mosche. Le compagne si stringono attorno alle due colpite· la Rosa Zanottl, vedova e madre di sei figli; si vede subito che è In condizioni disperate. Infatti, caricata su un oarretto che le compagne trascinano a mano, arriva morta all'ospedale. Quelle che l'hanno condotta piangono, ma non potevano far di più. Era un colpo da morte. La Livia Venturini, Invece, sembra quasi illesa. Parla sorride, dice: "Non è niente". Ma quando la prendono su le vien fuori dalla spalla un grande blocco di sangue. Anche le compagne dicono: "Non è niente", per non spaventarla, e medicano alla meglio la ferita. Lei, la mettono su una sedia sotto il portico della piazza, In attesa dell'auto· ambulanza, ma dice che sta bene e ancora vorrebbe far la sua parte alla dimostrazione. Soltanto a forza la '!)Orlano con la barella, e subito sviene durante il percorso. Intanto sono state allontanate le mamme coi bambini, per essere più sole e libere le altre di quello che vogliono fare. Vanno contro i repubblichini gridando: "Basta con la vostra sporca guerra, sparate, ammazzateci, vedrete che cosa vi succede! " Certamente nessuno si sogna di mettere In azione le armi, anzi si ritirano dentro il comune, ben felici di sottrarsi a tanto rischio. Sulla piazza rimangono vittoriose le donne. Da un lato quattro o cinque carabinieri piuttosto pallfdl in viso, stanno 11, buoni, come se ~lcessero: "Vedete, noi cl slamo per servizio comandato, ma non abbiamo fatto niente di male!" Vittoria si, ma dura, amara: una morta, una, ferita grave <e morirà In seguito). Come s'è potuto, per ordini pazzi, sparare su un mucchio di donne, anche con I bimbi In braccio? Accadde nell'aprile del 1944, cioè durante quel tempo di furore e di sterminio In cui ogni cosa più orrenda sembrava permessa. Era guerra confusa tra nemici d'altre terre e contro I nostri. e del nostri tra loro. ( Tutti sappiamo quanto furono terrlblll quegli anni, si aspettava la liberazione, si pensava alla pace col respiro dolce di un sogno. Purtroppo queCONTROCORRENTE - Giugno 1962 7

sta cosa di sparare in piazza, nostra gente contro nostra gente, è successa anche dopo la "liberazione", molte volte, come davvero quando mori uccisa sulla piazza di Imola il 29 aprile 1944 Rosa Zanotti, nessuno che aveva senso e cuore se lo sarebbero immaginato. • • • La manifestazione si scioglie. Ormai quel che si doveva fare s'è fatto: un'azione in cui due compagne son cadute, e ognuna che è sulla piazza ha corso quel rischio. Ma tacere sotto l'oppressione vuol dire morire di morte più lenta; non si <può accettare la rinuncia a difendersi. Le donne cominciano ad andarsene, eccitate e tristi, non impaurite ma indignate del metodo che divi,ene giorno per giorno più insensato ed ingiusto. Davvero, per la matta ambizione di questi assurdi, provvisori reggenti, è in gioco ad ogni momento la vita. Ed ecco da una via laterale sbucare truppe tedesche in assetto di guerra. Ognuno dei tedeschi esegue perfettamente la sua manovra, si pianta a due metri dal camerata con la "machin-pistole" sul petto e una bomba a mano pronta. La piazza è circondata. Uno spiegamento di forze veramente inutile per le donne che già se ne stavano andando. Ma questi nazisti in Italia qualche cosa devono pur fare. Cosi certo pensarono i militi terrorizzati e senza grida respinti dentro l'atrio del municipio. E li chiamarono in aiuto. Senonchè i tedeschi, inquadrati, rigidi, regolari come stampiglie, si muovono soltanto a comando, e giungono per fortuna quando la manifestazione è finita. Dico per fortuna perchè era gente per cui non significava nulla una sparatoria, adoperavano il mitra come il contadino adopera la zitppa. Il contadino taglia erba inutile, rivolta il blocco di terra che riluce al sole e darà grano. I tedeschi infilavano il caricatore, incominciavano il lavoro, chi ci fosse davanti non importava. Giovani, vecchi donne bambini. Poi il caricatore era vuoto. Si cambiava. Un lavoro come un altro. Rimasero tutti in emergenza per I funerali della Rosa Zanotti. Una disgrazia per loro che fosse morta il 29 aprile. Escluso assolutamente il primo maggio per il funerale. Le date hanno un grande valore. Rimandato al due, un giorno qualunque. Ma proprio li primo maggio nel pomeriggio la salma della Rosa Zanotti, d'accordo i reggenti repubblichini e i tedeschi invasori, cui gli si era con abbondanza ed abilità spiegato il caso, fu prelevata di nascosto dalla camera mortuaria dell'Ospedale Civile, e trasportata al Piratello, cioè al cimitero di Imola. Il Piratello, ad Imola, ha significato di grande onore ai morti, perchè è lontano, un lunghissimo viale di alberi. E chi vuol andare deve camminare molto, piano piano, sia freddo e grigio di inverno o dolcezza d'estate, l'ultima passeggiata In compagnia della bal'a. Invece i tedeschi e i fascisti non volevano niente per la Rosa Zanotti, assassinata sulla piazza per essere andata a chiedere i grassi della tessera, mamma di sei figli, donna di casa, presa a tradimento da un mitra purtroppo non messo a fuoco da mano straniera. La cosa strana fu questa: che qui,;ndo gli stessi familiari e in seguito i gruppi sempre più folti di cittadini si riunivano presso la camera mortuaria in attesa del trasporto, un signore molto distinto andava intorno di qua e di là come se fosse lui l'organizzatore della cerimonia. Non lo conosceva nessuno e parlava con tutti: "Dio mio, non succederà niente, ma bisogna stare attenti a questi fascisti. Potrebbero sparare sul corteo"? Volava in un altro gruppo preferibilmente di donne: E' un grande funerale. Speriamo che vengano anche le vostre dirigenti. Per il momento non le vedo. Pensate che saremo in molti? E voi di dove venite? Da Imola o da fuori? E i nostri paesi sono stati informati della disgrazia?". Si dette troppo d'attorno e tutti capirono di che cosa era incaricato quel signore. Il quale ebbe il senso di dover scomparire, e fu tempista, poichè si scopri che nel mulino li accanto c'era un apparecchio telefonico in linea con la caserma delle brigate nere. Accaddero altre cose in quel giorno in cui la città di Imola e i paesi vicini Intendevano almeno portare il saluto a Rosa Zanotti, morta della Resistenza. C'erano le mitragliatrici sul viale del Piratello. A Porta Bologna un cordone di militi col mitra imbracciato. Suonò perfino l'allarme aereo per disperdere la folla alla camera mortuaria, funerale senza bara, cortei alla memoria. Niente da fare. La gente si avviò tranquilla per la strada del cimitero, e più si andava e più ne veniva, dalle vie laterali, dalle case sparse. Le donne per prime arrivano al posto di blocco poco prima del cimitero, discutono, gridano: "Vogliamo assistere alla sepoltura della nostra parente" ... Sfondano il primo cordone di armati, ma si trovano davanti ai cancelli chiusi, vigilati da facce magre e squall!de di repubblichini, uomini di pochi anni che tra cattiveria e paura hano dimenticato la gioventù. • • • Il 30 maggio, un mese dalla morte di Rosa Zanotti, un mazzo di fiori appare sul posto nella piazza dove essa cadde innocente, soltanto per aver domandato i grassi della tQSsera annonaria, non certo chili ma gramn,i, come fosse roba di farmacia, che i reggenti della repubblichina di Imola tenevano per le cucine, pochi grammi per ogni tessera, ed ecco che ridiventano chili. Stavano attenti, però la Rosa Zanotti ebbe i suoi garofani rossi proprio sulla pietra della morte insensata. E il 13 giugno a Bubano, dopo tanto soffrire, morl anche la Livia Venturini. Il proiettile di mitra sparato da un poveraccio che solo di quel mitra era in potere, si era conficcato nella colonna vertebrale della Livia. Una donna sana, una forza intatta che non valeva la 1 pena di uccidere. Ma fu peggio che ucciderla, poichè rimase paralizzata alle gambe, lei, vivace, lavoratrice, avvezza alla fatica, alle lunghe strade. Si ritrovò invalida per quella pallottola sbagliata. E chi sa che cosa anche era colpito alle radici della sua vita. Un centro molto 8 CONTROCORRENTE - Giugno 1962

importante, una zona vitale distrutta. Le fecero il funerale a Bubano, la portarono a braecia le compagne. Venne la gente da Imola. Tutti si ricordavano la causa della sua morte a trentun anni. Impensata e non meritata, lei puve come Rosa Zanotti; lei maggiormente cosciente delle proprie sofferenze e della sorte che l'aspettava. Vide a1>punto la morte arrivare pian piano, e forse non le dispiacque troppo, a causa Panorama di quelle sue gambe inutili, incapaci di camminare. Renata Vigano' NOTA-Questo capitolo chlude la serie di ritratti delle donne della resistenza di Renata Viganò. Continueremo con altri episodi, non limitati alle donne. L'epopea della registenza non deve essere dimenticata. FASCISMO, DURO A MORIRE Diciassette anni fa, dopo la guerra più costosa, più sanguinosa, più selvaggia mai combattuta nel mondo, la sconfitta militare e la distruzione degli effimeri imperi nazista, fascista e nipponico parvero segnare la fine del fascismo. Gli avvenimenti che hanno seguito la fine della seconda guerra mondiale hanno provato una volta di più quanto fallace e miope fosse l'ideologia fondamentale del nazi-fascismo: cioè quanto fuori tempo fosse una teoria di governo imperniata sul principio della supremazia razziale di un gruppo di uomini, investito da una trascendentale autorità del diritto di reggere le sorti del mondo, di asservire e sfruttare a suo esclusivo vantaggio altri popoli, anzi di annientarli fisicamente se cosi pareva opportuno. Si può anzi proprio dire, dopo il crollo degli imperi coloniali, dopo il sorgere ad indipendenza di nuove nazioni, quasi tutte di colore, che in realtà Hitler e Mussolini dettero la prova più colossale della loro incapacità di prevedere a tempo lo sviluppo delle correnti di pensiero e di tendenze degli uomini, di interpretare i loro bisogni, e di preparare la loro azione politica in armonia al prevedibile assestamento umano. Mancando miseramente ln questa funzione, essi hanno dimostrato al mondo di essere proprio l'opposto di quanto l'adulazione dei loro seguaci Il faceva parere: cioè grandi statisti destinati a proclamare all'umanità i nuovi principi da cui essa doveva essere condotta. Più ancora che un disastro militare degli Imperi nazisti e fascisti, la scomparsa, tragica in un senso, teatrale in un altro, di Hitler e Mussolini parve chiudere per sempre un sanguinoso periodo storico, in cui violenza e sopruso ebbero valore di legge, in cui pregiudizi razziali giustificarono (se di giustificazione si può parlare) i più sanguinosi massacri. Essa parve augurare un'alba di ragionevolezza nei rapporti fra gli umani, e il tramonto definitivo delle pazze teorie fasciste. * * * A diciassette anni di distanza quale bilancio possiamo tirare? Qui, negli Stati Uniti, siamo passati attraverso al periodo di follia maoartista: un periodo in cui tutti gli "slogans" del fascismo furono usati, un periodo che riempi di terrore chi aveva assistito al crollo delle istituzioni democratiche in Europa, e vedeva qui in America la macchina intimidatrice del gangsterismo politico in azione, e in azione con perfetto successo. Un vero miracolo, la fatuità di McCarthy, accoppiata alle particolari condizioni della società americana, ha evitato per gli Stati Uniti il flagello di un nuovo fascismo. Ma l'eredità di quel periodo non è ancora scomparsa. Ne sono prova le varie Birch Societies, la timidità ancora persistente in molti elementi che furono liberali vent'anni fa, la faciloneria e la impreparazione p"olitica della generazione che passò attraverso le scuole fra il 1946 ed il 1955, la permanente tendenza a accusare di comunismo qualsiasi tentativo di combattere il conformismo generale, e sopratutto la virulenza delle relazioni fra gruppi razziali differenti in buona parte della nazione. Un fascismo scoperto e formale è stato evitato qui ma le sue radici continuano a gettare nuovi rampolli. La stessa ondata di scandali investe praticamente tutti i livelli delle gerarchie ,politiche del paese può facilmente farsi rimontare a una basica incapacità di chi si getta nella carriera politica a valutare le proprie responsabilità, i diritti dei propri concittadini e i limiti che un concetto di governo veramente democratico deve imporre ai pubblici ufficiali e ai governanti. Altrove, lo spettacolo è più an~ora terrorizzante. La Francia, perno dell E_uropa occidentale, patria dei concetti ~~it1ci che hann'o riconosciuto in ogni ind1v1duo una intangibile dignità e il diritto alla libertà, è in rapida disintegrazione _sotto i colpi di un vero ed autentico fascismo, finora trattenuto soltanto da un De Gaulle, egli stesso fondamentalmente autoritario e disprezzatore delle autonome libertà politiche. Il processo di fascistizzazione della Francia rimonta a decenni fa, dopo il fallimento del fronte popolare, dopo la trap:ica esperienza della guerra civile sPanuola. Esso ha condotto all'abblezlone della disfatta militare. del servaggio ai nazisti garantito da Petain e da Lavalle: interrotto per breve tempo dalla lotta civile e partigiana contro gli Invasori, dalla liberazione per opera, ,più che di francesi, vincolati alla schiavitù dall'ignavia di chi li vendette a Hitler, degli americani e degli inglesi, questo processo ha ripreSo sotto lo stimolo dei militari e degli sfruttatori delle colonie, incapaci di adattare sè stessi e la CONTROCORRENTE - Giugno 1962 9

loro patria alla nuova atmosfera mondiale. I falsi orpelli di una grande Francia, potenza mondiale, signora di colonie, destinata a reggere un grande impero sono stati fatti passeggiare su e giù, fino a che si sono persi i confini fra grandezza morale e grandezza di potenza. L'inasprimento della guerra di liberazione d'Algeria ha esaltato ancora di più la tendenza nazionalista e sopraffattrice dei coloniali. Le loro azioni selvagge in Algeria, rendendo estremamente difficile, se non impossibile, un ravvicinamento fra le comunità indigene e europee in Algeria all'inevitabile momento in cui l'Algeria conquisterà la propria indipendenza, condurrà fatalmente all'esodo di varie centinaia di migliaia di francesi o di elementi europei, che di francese non hanno che la formale nazionalità, verso la madrepatria. Sarà una lunga processione di spostati, esaltati dallo spettacolo del loro improvviso immiserimento, difficilmente adattabili a nuove condizioni sociali, il più delle volte assai meno attraenti di quelle elle una posizione di predominio politico garantiva loro in Africa. Sarà senza dubbio un facile apporto alle forze di estrema destra, che cercano sfogo alla propria delusione in un sogno di violenza e di evasione alla realtà. La Germania occidentale, se pure ha potuto esprimere di tanto in tanto coraggiosi elementi pronti a fare ammenda (per lo meno morale) dei trascorsi sanguinosi del periodo hitleriano, è ancora sempre controllata da troppi scampati alla purificazione del nazismo. L'alleanza, più che benevolmente tollerata '!)er tanti anni dai vincitori, fra conservatori e rimasugli fascisti è tale da far dubitare quale sarà la via che la Germania prenderà in caso di una crisi. E siccome una crisi può avvenire, più che per ragioni interne tedesche, come riflesso di una fascistizzazione palese della Francia, a cui la politica economica tedesca è fortemente legata, il prospetto per il futuro è scoraggiante. Esacerbazione in senso fascista è stata evidente, e probabilmente ancora sussiste in Belgio, alimentata anche qui come in Francia dalla impreparazione a confrontare una nuova situazione politica, economica e sociale provocata dal dismembramentlo di un vasto e ricchissimo impero coloniale. Un processo simile sta avvenendo in Portogallo, che, sotto la ferma mano di Salazar, non ha certo bisogno di essere ulteriormente spronato sulla via del fascismo. Il c'onflitto sociale fra i pochi possidenti e le masse enormi di diseredati dell'America del Sud non '!)are sia generalmente risolvibile in un senso di ragionevole democrazia. In troppi dei paesi sud-americani la scelta appare possibile solamente fra un Castro e le varie cricche militari, agenti agli ordini della finanza locale od estera. In verità apare che l'unica funzione delle forze armate delle nazioni americane a sud del Messico, da oltre un secolo, non sia mai stata altro che prevenire lo sviluppo di una democrazia locale. Altre reclute ad un risorgente fascismo saranno certamente trovate fra le varie centinaia di migliaia di coloni bianchi, che da vari decenni si sono stabiliti nell'Africa centrale e meridionale, spossessando gli indigeni delle migliori terre, delle risorse naturali più facilmente sfruttabili: è verissimo che, senza l'intervento di questi coloni, la più gran parte dell'Africa sarebbe ancora una giungla inesplorata, e le nuove nazioni che stanno sorgendo ad indipendenza non avrebbero nemmeno avuto una spinta ad uscire da un ordinamento di primitive tribù. Ma il fatto sta che l'esem- ,pio di operosità e di preparazione tecnica dei coloni europei ha risvegliato i '!)opoli indigeni, ed ha indicato loro il loro diritto a reclamare libertà e riconoscimento. La marea che sposterà i padroni bianchi è irresistibile: la reazione montata dai coloni del sud Africa, ispirata al più gretto razzismo, non può far altro che rendere più difficile la integrazione anche in quei territori ove una normalizzazione di rapporti fra europei e africani avrebbe potuto essere attuata. Dove si riverseranno questi spodestati padroni bianchi, quando le relazioni, già molto peggiorate in questi ultimi due o tre anni, diverranno impossibili con coloro che furono fino ad un decennio fa considerati servi per destino naturale? Molti senza dubbio cercheranno di rientrare nelle varie patrie di origine, con cui per moltissimi ogni relazione è stata rotta da una o due generazioni: molti altri, sopratutto di origine inglese, probabilmente cercheranno di rifarsi una vita nei pochi territori, C'OmeAustralia e Nuova Zelanda, che possono ancora offrire loro la possibilità di fare una vita non troppo diversa da quella condotta nei territori in sviluppo. Ma per ognuno di essi, oltre alla rovina economica immediata, sta in prospetto un amaro periodo di adattamento, esasperato dai ricordi di una vita di privilegio garantita dalle classificazioni razziali, inasprito dalle difficoltà di immettersi in un ambiente nuovo, in cui nessuno sarà pronto a riconoscere loro diritti a cui da lungo tempo sono abituati. * * * L'Italia, a considerare solamente le condizioni di ambiente, dovrebbe essere uno dei pochi paesi in cui il fascismo non dovrebbe '!)rosperare. La disfatta militare, accolta in generale filosoficamente, in molti casi con gioioso sollievo, lla tolto di colpo agli italiani il problema di •adattarsi alla scomparsa delle colonie. In verità le colonie italiane non erano mai state altro che un appendaggio di pompa, e pompa assai costosa per l'economia della madrepatria. La capacità produttiva industriale italiana non aveva necessità di sbocchi garantiti e controllati in aree coloniali e la penuria di capitali di investimento avevano sempre tarpato le voglie degli imperialisti. Quindi era stato in un momento eliminata una delle cause della irrequietezza che può condurre a soluzioni autoritarie. Il tremendo sviluP'PO economko degli ultimi dieci anni sopratutto ha dato agli italiani la prova più indiscutibile eh~ il benessere economico aveva nulla a che fare colla grandezza CONTROCORRENTE - Giugno 1962

imperiale. La più estesa conoscenza dei vari problemi italiani, della educazione di grandi masse, della riabilitazione tecnica di imponenti aree e gruppi di popolazione, della necessità di un nuovo approccio alla giustizia sociale pot,•va parere sufficiente ad una spinta verso la completa eliminazione delle eredità fasciste nella vita del paese. Purtroppo invece ,embra che nessuno di questi fattori sia stato suCficlente a sradicare la mala pianta. Anzi, invece di intristire, essa appare ravvivarsi negli ultimi tempi. Malgrado la svolta a sinistra del governo, o forse proprio a causa di tale svolta, che allarma i conservatori, l'attività fasciste si sono riaccese. I recenti vergognosi episodi a Roma, in cui Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli, fra altri, sono stati aggrediti e bastonati in pieno giorno, a pochi passi da una sezione della polizia, quando uscivano da una commemorazione del martirio della Spagna, indicano una situazione di estrema gravità. Si tratta di Roma, centro di attrazione di tutti gli spostati, allettati dalla vita corrotta l' irresponsabile di una "gang" internazionale: si tratta di Roma, città per eccellenr.a parassitaria, in cui una buona parte degJ; affari sono imperniati su contatti più o me• no loschi fra procacciatori di protezioni e dubbi produttori. E' in Roma certamente ove è più facile assoldare manganellatori, dove masse di illusi e spostati si gettano Discussioni alla politica di violenza come sfogo al pro· prio fallimento. Ma, anche al di fuori di Roma, ove le elezioni locali precedenti a quelle in corso al momento in cui queste note sono scritte dettero al Movimento Sociale Italiano una posizione soltanto inferiore, in numero di aderenti, ai cristiano democratici e al comunisti, la forza dei gruppi che rimpiangono i tempi dell'ollo di ricino e del manganello è impressionante. Nelle scuole, ove pure i giovani non dovrebbero guardare al futuro colla apprensione della generazione del primo dopo guerra, l'influenza dei fascisti è fortissima, se pure combattuta. Perfino alcune recenti sentenze di magistrati sono state tanto grettamente ispirate a pregiudizi di razza, o a voluta cecità di fronte a palesi prove, da far pensare che esse sono state pronunciate con vent'anni dl ritardo. Chi scrive non riesce a scorgere una ragionevole spiegazione delle cause per la sopravvivenza del fascismo italiano. Per altro, come tendenze fasciste sono minacciose in paesi in cui dislocamenti economici e sociali di gruppi popolari importanti possono favorire movimenti totalitari, esse continuano a sussistere pericolosamente anche dove l'ambiente non dovrebbe favorirne l'esistenza. Davide Jona IL REFERENDUM Nulla di più democratico di un referendum sopra un dilemma di fronte al quale ciascuno abbia la facoltà di esprimere il suo diniego. Ahimè, non vi è regola nella quale non sia possibiJ.e incontrare una eccezione. Il capo del Governo vi offre di decidere: se voi accettate di farvi tagliare la testa Immediatamente o se preferite devolv-ere a lui il diritto di fissarne il giorno. Rispondete! Cosi a un di presso l'otto aprile il popolo francese ha votato nel referendum Indetto dal caPO della nazione francese, accettando Il già fatto e dandogli insieme carta bianca per il da farsi nell'avvenire. Poteva rispondere no, ed in tal caso Il Capo imme· diatamente avrebbe applicato l'articolo 16 della costituzione, assumendo I pieni poteri, come se già non li avesse!! Il referendum francese, ed ,è già Il secondo manovrato con la stessa macchiavelllca impudenza, è la vera irrisione della democrazia, è la sanzione chiesta al popolo da un dittatore vero e proprio che cova nel suo seno, come all'epoca dei Cesari, Il destino della nazione intera. Ci guardiamo bene dal protestare, anzitutto perchè sarebbe tempo perso, poi perchè ogni popolo ha i Governi che merita. L'Indifferenza totale del francesi, per ciò che le alte gerarchie decidono, non ha limiti; e ciò è anche logico, da che mentre le frazioni privilegiate manovrano a loro piacimento i fili della commedia, l'enor~e maggioranza se la passa alla meno pegg_10, lavora, mangia, si diverte, panem et c1rcenses. Che vuole mal di più? Un popolo francese buono fino all'inverosimile, che si adatta; intelligente quanto basta per z:imettersi volta e volta a rifare Il proprio bozzolo, lasciando perdere Il resto, sul quale non ha presa, e del quale quando può, fa a meno. Si tratta di una vita in simbiosi, di due entità diverse, ognuna con una propria personalità, il di più dell'una serve a meraviglia all'altra, senza pretendere di intromettersi nel metabolismo del vicino. I morti di questo ultimo periodo sono a centinaia. In tempo normale uno solo avrebbe potuto galvanizzare l'opinione pubblica, paralizzare un Gov-erno; viceversa qui si sono adattati, e direi che, -se passasse un giorno senza vittime, senza sold-up, senza scoppi di dinamite, quasi quasi ci sarebbe di che meravigliarci, e farebbe maggior impressione una tale notizia delie cronache quotidiane e in Algeria e nella madre patria. Dettagli della vita politica, come le vittime CONTROCORRENTE - Giugno 1962 11

delle automobili nelle strade! a che impressionarsi se ciò permette egualmente alla grande maggioranza H suo quieto vivere, le sue quotidiane occupazioni, i suoi affari, i suoi amori? Qualcuno vi vede una vittoria continua dell'individualismo, e forse non a torto; il ch·e non sta certo a vantaggio del concetto di progresso sociale e di collaborazione ad un avvenire di progresso. Evidentemente in Francia non comanda Peron, o Salazar, o Krutcheff, ma quando la storia sarà fatta e posteriori molti nomi verranno posti in una unica rubrica, da che vi sono tiranni coi guanti ed altri senza, vi sono sfumature e prospettive che mentre appannano una visione immediata, poi finiranno di svanire come nebbia al sole, e la realtà, grattata all'osso, non potrà fare a meno di mostrarsi nella sua nudità. Vi è un aspetto nuovo della democrazia in tutto ciò, un aspetto ignorato che risalta alla luce del sole: e che cioè appunto la democrazia invece di essere la iprotezione, Il .dominio della maggioranza, oggi sta divenendo la protezione, il dominio delle minoranze. Il che in realtà è stato alla base del regime democratico, il quale si è sostituito ad un consenso generale imposto ora con la forza, ora con la demagogia, permettendo il formarsi a viso aperto di. .. appunto di minoranze. Queste <non erano tollerate in tempi di aperto imperialismo, oggi hanno la via libera, anzi sono confortate, sospinte, protette, sl che con la loro molteplicità finiscono di fare a meraviglia il gioco della minoranza al potere, per abilità di capi o per la ipotenza del denaro, quando non è delle armi. E' cosi in fondo che è avvenuto in Argentina di recente, dove un 35 per cento di Peronisti hanno sconvolto l'andamento normale della vita degli altri 65 per cento non Peronisti, sulla base del diritto ad esistere di minoranze, quanto mai incapaci a intendersi, quando poi non entri in gioco l'altra minoranza organizzata che possiede le armi: ora le navi da guerra, ora gli aeroplani, ora le baionette. Se nei piccoli problemi quotidiani il singolo aguzza l'ingegno e sotto la sferza del bisogno diventa un competente a risolvere l'immediato stato di disagio, nei grandi problemi collettivi poche sono le menti capaci di abbracciare tutto il complesso, cosi che a meno di dedicarvi tempo e cultura, di essi problemi si scosta o si rifiuta la soluzione più elegante, più seducente, preparata in cucina dai delegati delle masse a tal uopo, riducendo la democrazia ad una popolare complicità verso <tale o tal altro clan, dove la competenza si fonde tutt'uno con l'immediato vantaggio che offre il posto occupato. Episodio stupendo di tale sostanza democratica la si è avuta di recente in Italia dove, dopo la proiezione di un film sul divorzio è stato chiesto agli spettatori di alzare la mano se favorevoli a tale istituto. Una enorme maggioranza di mani si agitarono in alto. Allora, stupito, lo stesso che aveva inte1'!)ellato la platea chiese quanti fra i presenti fossero cattolici. La stessa selva di mani si agitò nella sala. Divorzisti e cattolici erano, nello stesso momento, l'enorme maggioranza del presenti; fotografia più esplicita non si sarebbe potuta cogliere della coerenza delle maggioranze! Il che vuol dire che per questo il sistema democratico sia da riprovare, o si debba ritornare agli imperatori, ai tiranni, al duci di esecrata memoria. Vuol dire però che lo spirito democratico è urta cosa e le forze democratiche sono altra cosa; che in fondo quel 51 per cento che domina il 49 restante è dal punto di vista matematico ineccepibile, da altri punti di vista soggetto a qualche miglioramento!! L'evoluzione della razza umana è in corso, è in sostanza, una continua rivoluzione con le sue vittime e le sue atrocità, ,alla quale la miglior collaborazione possibile consiste nel migliorare la cultura, i dialoghi, le informazioni, gli esempi, per gli uomini che di essa democrazia sono chia· mati a servirsi, afflnchè resti, piuttosto diventi, una cosa seria. Domenico Pastorello COSE SERIE ... Lo scritto su la niia visita a Villa/alletto, apparso su. lo scorso nuniero tli " Con.• trocorrente ", abbisogna tli una correzione ed una piccola CODA. " La Stampa. " di Torino pubblicò a suo tempo una breve rettifica alla fantastica storia a me auribi,ita. Avevo giéi. inviato la cor·risponde11za a " Controcorrente" lorquando a Nervi, il giorno dei funerali della Giovanna Berneri, in un restaurante ed alla pre•enza di Yirgilio Goz;:;oli mi fu nwslrato il ritaglio del giomale contene11te la RETTIFICA. In aeguito al non 1'oluto evento, ,nolte persone si so110 affrettate a con,plimentarmi per qualcosa attribr,itami ma ,la me NON FATTA. Il ,lirettore di un settinianale ro,nano ha invece trovato scusa per ricoprirnti di abr,•i e,l insulti. Ai prhni lto potuto spiegare il percltè i loro co,nplimenti erano del tutto irnmeritati. Al •econdo, al momento po••o soltanto dire: GRAZIE. HUGO ROLLANO 12 CONTROCORRENTE - Giugno 1962

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