Frammenti di storia SALVEMINFIUORUSCIT Nel numero del 24 settembre 1932 del " Bollettino mensile " della Federazione Giustizia e Ubertà del Nord America, di cui in New York av-eva cura Roberto Bolaffio, Salveminl, spiegando gli scopi di Giustizia e Libertà, indicava come una vera e propria " compagnia della morte " quella esigua minoranza di uomini che in tutti i partiti e fuori di tutti i partiti si batteva in Italia nelle trincee più avanzate e •più pericolose contro il fascismo. "Uno può essere anarchico, socialista, repubblicano, ma può essere obbligato alla inazione dalle necessità della propria famiglia, da malattie, dagli anni, dal suo stesso temperamento alieno dalla lotta e dai pericoli. Gli anarchici, i socialisti, i repubblicani sono molti ma quelli disposti a mettersi allo sbaraglio in Italia sono pochi. E' molto se è possibile metterne insieme un centinaio in una grande città, qualche decina in una delle città minori, due o tre in un centro rurale ". A quella minoranza di resistenti andò sempre il rispetto, l'affetto, la gratitudine di Salvemini, che non per elezione era stato costretto per un venticinquennio ad emigrare. Nessuna presunzione, nessuna immodestia egli, infatti, usò mai nel valutare il suo impegno di fuoruscito, il sacrificio dei suoi amici e dei discepoli, che in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti resistettero per un ventennio " alla propaganda fascista, organizzata ovunque con inaudita larghezza finanziaria e abbondante personale ... , condussero molte persone a dubitare di quanto i propagandisti fascisti andavano novellando; le educarono ad orientarsi intelligentemente innanzi agli incidenti della politica interna ed estera mussoliniana; e, quando v-enne il disastro, denunciarono gli errori che i diplomatici inglesi e americani (conquistati dalla propaganda fascista nei vent'anni precedenti) commettevano nel trattare i problemi italian1 ". La lotta in Italia era stata più dura, i sacrifici meno compensati, la resistenza più meritoria. " Chi rima&e in Italia, riuscendo a scansare la ,galera, non arrendendosi ai fatti compiuti, tenendo duro per anni ed anni, salvando l'anima, non mollando, ebbe vita assai più difficile e più meritoria di chi fu costretto ad emigrare. La resistenza passiva riesciva sempre più difficile, anche quando la indipendenza economica esimeva da quelle umiliazioni a cui doveva sottostare chi aveva da guadagnare il pane per sè e per la sua famiglia, anche quando la indifferenza per ,gli onori immunizzava contro gli incitamenti più insidiosi di resa a discrezione. Dopo anni di lotta estenuante, anche uomini di fermo carattere si fiaccavano. Chi in Italia per anni non cedè mai, deve essere ricordato con riconoAGOSTO 1961 scenza e ammirazione maggiore di chi emigrò". Con questo atto di umiltà si chiude il recente volumetto postumo di Salvemini, le " Memorie di un fuoruscito ", note autobiografiche dal 1922 al 1934,edito dall'editore Feltrinelli nella "Universale Economica", a cura di Gaetano Arfè, uno dei più intelligenti e vivaci discepoli del Maestro. Gli anni che vanno dalle sconcertanti giornate della marcia su Roma e dalle convulse agitazioni provocate dal delitto Matteotti alla emigrazione definitiva di Salvemini in America (1934) sono stati rivissuti in questo stralcio di autobiografia politica con lo spirito dello storico, che le proprie vicende personali colloca con fedeltà e con cura nella ricostruzione di momenti del passato, fitti di personaggi e di avvenimenti. La marcia su Roma sorprese Salvemini a Parigi. Dopo l'esperienza parlamentare del '19-20 egli si era appartato dalla vita politica attiva ed era tornato al suo mestiere di storico e ai suoi doveri di insegnante. L'avvenimento non lo inquietò persuaso com'era che l'esperienza fascista avrebbe avuto un breve ciclo di sviluppo e che la dissennatezza dell'antifascismo ufficiale non avrebbe alterato il corso degli avvenimenti. La stessa tempesta polemica provocata dal su·o espatrio clandestino nell'autunno del 1923, al!orchè fu costretto a recarsi In Inghilterra senza il passaporto negatogli dal governo fascista, ,per un corso di lezioni su " La politica dell'Italia dal 1871 al 1915 " nel King's College dell'Un'iversità di Londra, non gli impedl di tornarsene tranquillamente a Firenze per le sue lezioni e ai suoi studi. "L'assassinio di Matteotti mi dette uno scossone. Mi dissi che, av-essi o non a\l'eSsi :fiducia negli antifascisti ufficiali, era mio dovere non rendermi complice con la mia inerzia di un regime infame, come avevo fatto negli ultimi tempi. Anche ad ess-ere solo, dovevo dire un no risoluta e pubblico a quel regime: fà quel che devi, avvenga che può". Solo dal giugno 1924 l'antifascismo ebbe nel Salvemini il suo più tenace, inflessibile, duro esponente. L'ostilità frenetica degli universitari rascisti, le violenze delle squadracce fiorentine, l'incanag!imento di molti suoi colleghi, i pacifici consigli dei pavidi non lo distolsero dalle lezioni, disturbatissi· me, nè dalla partecipazione alle prime pubbliche manifestazioni antifasciste e dalla complicità nella redazione e nella diffusione del foglietto clandestino di propaganda antifascista, il "Non Mollare". Segui l'estate calda del '25. Arrestato a Roma 1'8 giugno su denunzia di uno dei tipografi, che aveva stampato qualche 15
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