Controcorrente - anno XVII - n. 23 - mar.-apr. 1961

come dell'antifascismo; mentre io, cercando di rintracciare nel movimento "vociano" una certa radice comune, avrei commes.,o un errore di metodo, avrei scritto un articolo che, sebbene "sereno, posato e senza critiche ", sarebbe stato purtuttavia "un articolo sbagliato per un indirizzo mentale molto comune ai nostri giorni". Nel rispondere a Prezzolini, mi pare necessario innanzi tutto, per sgomberare il campo da una confusione cui il suo articolo potrebbe indurre i lettori, ristabilire un dato di fatto. In nessun punto della mia recensione ho scritto che " le tendenze dei collaboratori di quel periodico erano fasci· ste "; e ho messo inveee in rilievo che "la Voce costituisce un po' il crogiuolo in cui si preparano le più diverse reazioni chimiche cui l'antipositivismo farà solo da catalizzatore: il che significa che, alla resa dei conti - la guerra, il dopoguerra, il fascismo -, da quel crogiuolo comune usciranno le più di\-erse e sin opposte reazioni". Anzi, a proposito del pessimismo di Prezzolini sul successo della "Voce" richiamavo un giudizio di Emilio Cecchi, che evidentemente facevo mio, secondo il quale "\'Olere o non volere, tutto ciò che di vivo vi era allora nella cultura italiana passò attraverso di li, e la sua influenza si fece sentire persino su uomini come Gobetti e Gramsci". E più oltre insistevo che "il tempo della l'oce fu tempo di fermenti, di ricerca affannosa e spesso confusa del nuovo, da cui potevano dipartirsi in seguito cammini disgiunti". . . . Vero è che una matrice comune tra i 11 vociani " mi sono sforzato di ricercare, ed ho creduto di individuarla in una radice "che affondava sul terreno della battaglia antisocialista e tendenzialmente nazionalistica". Ma, appunto, ho parlato di antisocialismo e di nazionalismo tendenziale, non di fascismo, perchè neppur io ignoro che nel 1909-1914 il fascismo non era ancora nato. E se poi ho parlato di fascismo, l'ho fatto riferendomi esplicitamente al dopoguerra, quando il fascismo effettivamente nacque, e l'ho fatto per sostenere, nell'ultimo periodo della mia recensione, che " con poche eccezioni, gli uomini della Voce si trovarono. dopo la guerra, dalla parte del fascismo, come protagonisti o come fiancheggiatori: anche gli oppositori appartennero a quella parto dello schieramento che approdò ai lidi dell'antifascismo molto tardi". Difatti, tra i collaboratori della "Voce", si possono ricordare come decisi antifascisti fin dalla nascita del fascismo soltanto Salveminl e Amendola; Croce, dopo aver appoggiato il fascismo, passò all'opposizione soltanto molli mesi dopo il delitto Matteotti, al principio del 1925; e quasi tutti gli altri furono, appunto, protagonisti o fiancheggiatori del fascismo. E' questo un dato di fatto che difficilmente potrebbe essere negato; e mi è parso e mi pare interessante cercare di spiegarlo, e tanto più interessante proprio in quanto, preso nel suo complesso, Il movimento "vociano" comprendeva in sè elementi 12 di\'ersi e perfino divergenti. E quella radice prevalente dell'antisocialismo e del tendenziale nazionalismo mi è parsa e mi pare offrire la spiegazione del fenomeno che, ripeto, non credo contestabile. Afferrarsi, come fa Prezzolini, all'argon1ento che la "Voce" non fu una rivista politica e non appartenne ad alcun partito, non è che una scappatoia. Le vie della Provvidenza sono infinite, ma anche quelle della politica non sono poi tanto limitate. Un periodico non strettamente politico, se ha una certa influenza, contribuisce alla creazione di un clima culturale, psicologico e in definitiva politico che non si può trascurare, e che si ha anzi il pieno diritto e persino il dovere di considerare, quando si voglia ricostruire la genesi di un movimento anche politico, ma non soltanto strettamente politico come quello fascista. L'adesione al fascismo di tanti intellettuali avvenne altra,·erso la mediazione di elementi molto più larghi di quelJi strettamente politici, e in quelle complesse vie l'analisi storica deve rintracciare i singoli elementi anche al di fuori della vita dei partiti politici in senso specifico. • • • Del resto, la vicenda personale di Prezzo· lini è la migliore dimostrazione di quanto sostengo. Giacchè evidentemente non si può dimenticare, o anche soltanto sottovalutare, il fatto che, sebbene la "Voce", come quasi tutti i periodici, si componesse dell'apporto di personalità differenti, essa era diretta da Prezzolini. E vogliamo allora esaminare un po' più da vicino l'atteggiamento di Prezzolini di fronte allo sviluppo della vita pubblica italiana e delle correnti etico-politiche degli anni a cavano della prima guerra mondiale? Eccolo nel novembre 1914, nella nuova serie della " Voce" diretta da De Robertis (di cui, proprio in questi giorni, è uscita l'antologia, insieme con quella della rivista "Lacerba ", in un volume di Einaudi a cura di Gianni Scalia), eccolo bandire la parola d'ordine: "Con Mussolini. Ora c'è il Popolo d'ltaVa e io sono a Roma per aiutare Mussolini. Sapete che è un Uomo?". Eccolo più tardi, dopo aver aderito al movimento gobettiano di "Rivoluzione Liberale" abbandonarlo e tradirlo, senza neppure aspettare la marcia su Roma, nel settembre 1922, attra\'erso quella lettera su11a "Congregazione degli Apoti ", di "coloro che non la bevono", ripresa poi con una nuova lettera del dicembre, in cui, col pretesto che per non berla bisogna star fuori dclla mischia e osservare la realtà da "storici n, sosteneva che, se il fascismo sta\'a vincendo, doveva trattarsi di "una necessità storica" e non poteva quindi essere avversato (a parte che "gli atti del governo fascista" gli sembravano "in matsima ottimi"). Commentava allora Gobetti, che Prezzolini si era fatto d'improvviso hegeliano (" tutto ciò che è reale è razionale") soltanto allo scopo di teorizzare la sua adesione al fascismo. e Nino Valeri, tornando 25 anni dopo su11a polemica nella preparazione alla Antologia della Rh,-Oluzionc Liberale", ha sottolineato "il sofisma CONTROCORRENTE

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==