Controcorrente - anno XVII - n. 21 - nov.-dic. 1960

affetti, per il numero di persone che da essa attendono una risposta ai propri pro· blemi, ad influenzare l'equilibrio internazionale immediato infinitamente di più di qualsiasi delle rivoluzioni precedenti, limit!ate, almeno nella loro fase iniziale, ad entità nazionali, molto ,più ristrette e definite. Non è la rivoluzione che pone sol· tanto nella fossa i rimasugli di una società medioevale, scalzata da secoli di inefficienza, corrotta ed incapace di adattarsi alle necessità di un nuovo ordinamento produttivo. E' invece l'esplosione di forze messe in movimento non da una evoluzione delle capacità produttive e dirigenti locali, ancora embrionali nella massima parte delle aree affette, ma da una speranza quasi miracolosa che la indipendenza politica necessariamente risolva pure il problema della creazione di una classe dirigente, in generale finora neppure preparata nei ranghi di una intelligentsia rivoluzionaria, della trasformazione industriale del paese, necessaria per sbalzare una società locale da ordinamenti sociali ed economici simili a quelli abbandonati dalle popolazioni europee diverse migliaia di anni fa a tenori e sistemi comparabili a quelli delle nazioni più avanzate, e della eliminazione immediata delle strutture economiche che, pur rappresentando ed agendo in favore di lontani sfruttatori, son pur tuttavia l'unica organizzazione produttiva esistente e funzionante. Quindi una situazione, che può diventare più pericolosamente esplosiva, se una qualsiasi delle grandi potenze modernamente attrezzata commette un errore di valutazione, anche se benevolmente ispirato. • • • Tutto ciò avviene pure quando la intolleranza di una parte della popolazione americana è ingaggiata in una lotta all'ultimo Discussioni sangue per impedire la realizzazione, nell'ambito nazionale, del principio fondamentale della eguaglianza di tutti i cittadini, indipendentemente dal colore della pelle. L'eco delle vergognose dimostrazioni di New Orleans sono troppo ovvie per richiedere un altro richiamo. Come pure tutto ciò avviene quando troppo facilmente l'opinione pubblica americana è indotta a spiegare la sete di indipendenza, la necessità di bilanciarsi in una posizione neutrale nella contesa fra i colossi americano e russo di cosl grande parte dell'umanità con un complotto comunista diretto alla dominazione mondiale. • • • Sarà in grado la nuova amministrazione degli Stati Uniti, ipotecata crune è dalla necessità di alleanze cogli elementi più retrivi del proprio partito, limitata nella sua azione dalla stretta sorveglianza di una opposizione fondamentalmente conservatrice che si è dimostrata tanto possente alle elezioni, interpretare correttamente i sintomi delle crisi in gestazione? Sarà in grado la nuova amministrazione di prospettare nella necessaria luce, senza deformazioni o scappatoie demagogiche, i principi fondamentali di una nuova politica, di portare l'opinione pubblica del paese ad un esame realistico della situazione, abbandonando fa.ciii premesse? Sarà la nuova amministrazione il veicolo ~r la parola di un vero, e certamente grande, statista, abile a salvare, anzi a realizzare, i principi fondamentali della costituzione americana, ad annonizzare l'or· dinamento politico e sociale degli Stati Uniti colla evoluzione rapidissima del resto del mondo, ad evitare, forse, una catastrofe mondiale? Davide Jona PARTITI o SINDACATIOPERAI? Nel presente momento politico italiano, dopo l'orgia delle ultime elezioni amministrative, giova riportarci sul tema se i partiti socialistici (che vanno dal partito socialista democratico a quello comunista), ,potranno assolvere il compito postosi come partiti della classe operaia. Cinquant'anni e più d'azione politica legalitaria, hanno appieno dimostrata l'inconcludenza e la fallacia di tale azione. Dal Congresso di Genova (1892) in poi, i partiti che sono comparsi sull'arena politica, si sono sempre più avvolti in un riformismo banale ed esasperante. Questi partiti hanno dato troppa importanza ai loro programmi minimi per migliorare le sorti delle masse lavoratrici. Il risolvimento della questione sociale (programma massimo), è stato sempre rimandato alle proverbiali calende greche! La classe lavoratrice italiana fu più vicina alla rivoluzione nel primo dopo-guerra che non oggi, non ostante la Repubblica fondata sul. .. lavoro, con l'articolo 7 che la strozza 6 e che bisogna mandare in frantumi. Se allora il proletariato non realizzò la rivolu· zione che si ,agognava, lo fu perchè le forze del conservatorismo sociale come espresse dal riformismo socialista, s'opposero ai conati rivoluzionari degli operai organizzati. In piena Camera dei Deputati, Ludovico D'Aragona si vantò che egli ed i suoi colleghi confederali avevano impedito quella rivoluzione che gli estremisti volevano. Infatti, gli ordini ed i contr'ordini dei dirigenti la Confederazione del Lavoro confusero le masse e le disarmarono. I sindacalisti rivoluzionari (Unione Sindacale Italiana) e parte degli an'archici (per lo più malatestiani) furono lasciati alla mercè delle carezze delle autorità locali e provinciali (violenza legale, se di tale cose ,si può parlare), e le bande fasciste distruttrici ed assassine fecero il resto con la loro violenza extra· legale. Con manovre subdole la Confederazione riusci a salvare la sua pellaccia fin dentro il regime fascista, ma il suo tradimento CONTROCORRENTE

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