l:l 21 gennaìo 1959 era Uscìto ài casa, con l'intenzione di procurarmi un poco di distrazione e rientrare subito. Ma giunto al centro della città fui fermato da un gruppo di agenti di polizia in borghese, ammanettato e condotto al loro comando. Quivi mi venne fatta acousa di av-ere, armi alla mano, in compagnia di altri due, fermato un'automobile ,privata e rapinato il conducente. Inoltre di avere organizzato un'associazione per commettere delitti contro la proprietà, furti ecc. Non ne sapevo nulla, nè della rapina, nè della associazione a delinquere, ero innocente e protestai ene:vgicamente la mia innocenza. Si trattava di una macchinazione infernale poliziesco-cl-erico-fascista, tendente a rigettarmi nell'ergastolo, da cui ero stato liberato il 17 Agosto 1956 per intervenuta grazia del Presidente della Repubblica, dopo 25 anni di pena sofferta (condanna, questa, riportata per l'uccisione di un ufficiale della milizia fascista e di altro fascista, con i quali ebbi un conflitto a fuoco, sulla strada ferrata, nel tratto Giungarico-Gavozzano (Grosseto), in una notte di Gennaio del 1931. Si ricorderà che in quella occasione avevo sparato contro il treno reale diretto da Roma a Pisa, dove il re Vitt. Em. III doveva inaugurare non ricordo quale delle sue infamie). Ma la protesta d'innocenza non venne presa in considerazione. Un agente provocatore mi indicava quale complice diretto nella rapina e responsabile di associazione a delinquere. Dunque fui denunciato all'autorità giudiziaria e dopo circa trenta ore d'interrogatorio trasferito alle carceri sotto tale duplice accusa. La cosa era grave, l'accusa si l()resentava circostanziata e ben combinata, e a dire il vero me ne preoccupavo assai. Scrissi a un coml()agno invocando per un Avvocato. Ma era ormai tardi, in quanto che l'incarto era stato già trasferito al giudice istruttore. Assunse la difesa il valente avvocato A. F. Branca del foro di Cagliari. In istruttoria cadde l'accusa di rapina e lo stesso agente provocatore venne scoperto e denunciato per calunnia dal magistrato. Se non che, ciò nonostante e con grande sorpresa mia e dell'avvocato Branca, il Procuratore Generale mi ha rinviato al giudizio della Corte d'Assise per rispondere del delitto, inesistente, di associazione a delinquere. Ed il 12 Dicembre 1959 la Corte mi condannava a 2 anni e 8 mesi di reclusione per questo delitto. Io e l'avvocato, d'accordo, ricorremmo in appello e il secondo processo fu celebrato il 27 Giugno 1960, dal quale ne sono uscito assolto. Ma debbo ripetere che questo processo era assai mal messo per me e che senza l'abilità professionale dell'Avv. Branca avrei potuto incorrere il pericolo di finire i miei giorni in galera. E dirò, a te, anche il mio rammarico e la meraviglia per il sepolcrale silenzio intorno a questo mio episodio dalla nostra stampa di Roma, nonostante i reiterati appelli diretti ad essa dal compagno ohe si occupava della mia difesa. Silenzio voluto da chi avrebbe dovuto invece mettere da parte i personalismi, il rancore e difendere il compagno 1Preso alla gola dal comune nemico. Invece, e come se ciò non bastasse, fu subdolamente fatta anche della maldicenza finchè io restassi isolato e abbandonato da tutti i compagni: era bassa vendetta ... I compagni d'Iglesias e altri compagni sardi e d'Italia, come la rivista "Controcorrente" e altri compagni d'America mi furono però fraternamente solidali e inviarono aiuti per la difesa, per me in carcere e per dopo la scarcerazione. E' dunque con grande riconoscenza, che invio un grazie e un fervido saluto a tutti questi compagni, e con loro anche a "Controcorrente " e all'avv. Branca. Con molti auguri e un forte abbraccio tuo ANGELO SANNA POSTILLA - Pubblichiamo di buon grado questa lettera del compagno Sanna. L'abbiamo spogliata di alcune frecciate polemiche, che non aggiungevano nulla alla spiegazione. CONTROCORRENTE ha protestato contro l'isolamento di cui è stato fatto segno il Sanna, da parte della stampa anarchica. Ciò è stato ingiusto, secondo noi. Ma non vogliamo per questo incoraggiare una polemica che non porterebbe nulla di buono. Ci scusi il Sanna. I compagni che hanno seguito questa vicenda fin dall'i?iizio sanno come regolarsi. La situazione di Sanna è sempre la stessa. Ha bisogno di essere aiutato. La sottoscrizione a suo favore è sempre aperta. Chi intende contribuire lo faccia inviando senza ritardo. E' MORTO ENZO rANTOZZI Il laconico annunzio ferale lo ha dato Umanità Nova in fondo all'ultima colonna della quarta pagina, il 6 novembre u.s. Ho visitato Enzo all'Ospedale Civile di Livorno un paio di settimane prima della sua morte. Ve lo av-evano appena traspor• tato da qualche giorno, in fin di vita. La morte ha messo fine a oltre tre anni di sofferenze fisiche e morali. Colpito da parziale paralisi cardiaca verso fine del 1956, egli ha dovuto per sempre abbandonare le sue attività ed il suo continuo correre da uno all'altro capo d'Italia. Alla sofferenza fisica che gradualmente DICEMBRE 1960 gli permetteva sempre meno i movimenti. la forzata inattività lo struggeva moralmente. La favella rapida che tanto lo distingueva, era rimasta anch'essa parzialmente impedita. Ogni volta che l'ho visitato dur'ante il 1957 ed i primi mesi del 1958, notevole era il graduale deperimento fisico. Ora che lo so morto. pur addolorato per la perdita del compagno e dell'amico di vecchia data e di vecchie lotte, sento io stesso un sollievo a sapere ch'egli non soffre più. Insieme a Castrucci, Sbrana e Mosca, 19
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