Controcorrente - anno XVII - n. 20 - set.-ott. 1960

delle donne. Non so per quale sconsolato senso di dolore su tutti quei vivi che battevano le mani ho visto distintamente un fumo denso levarsl lento in pigre spirali da una tragica parola in caratteri cubitali: Totenstube. Di pensiero in pensiero mi ricordai di Lipari. A Lipari il due novembre usava portare al cimitero coi fiori e coi lumini anche un cestino di vivande. Poichè abitavamo in una casa prospiciente il cimitero avevo dovuto rendere familiare, per quanto era possibile, al mio bimbo di tre anni l'idea della morte e il due novembre gli dissi che nella notte un grande angelo col lieve battito delle ali svegliava i morti, li accompagnava a salutare i parenti, faceva un pranzetto con tutti loro in mezzo ai fiori, e quando i lumini si spegnevano Ji riaddormentava. Ripenso ora alla favola quasi antica. Dai campi di eliminazione, dalle steppe russe, dalle cantine di certe vie Tasso o dalle ville Tristi, dalle piazze, dai boschi, dai vicoli ciechi molta fatica i morti dovrebbero fare per andare alla loro casa, e troverebbero sempre la casa o un volto amico? Cosi muoiono in cuore anche le favole per i bimbi. Muoiono le favole costruite per rendere meno cruda la morte, perchè questa nostra aspra torturata vita ci getta nella morte con la brutalità delle stragi apocalittiche, cosi che la bomba atomica è solo un po' più violenta del sonnifero mortale, del nodo scorsoio, del colpo di rivoltella, deJ salto nel vuoto e la fine del vecchio è imprevista crudele ingiusta come quella del giovane. Tristi sono i ricordi di guerra e triste è la lettura dei giornali. Si direbbe che ogni sensibilità umana sia morta e che il più crudo realismo sia il nuovo fattore di civiltà; si offendono i morti e si tormentano i vivi e il nostro stesso amico ci appare talvolta una maschera 'di cartone vuota d'anima, con semplici lineari idee egocentriche come quelle d'un lupo, d'un cane senza padrone, d'un gatto selvatico. Questa maschera pare soffocare noi stessi, e con questa maschera si parla di pianificazione, socializzazione, blocco occidentale, e blocco orientale, religione e democrazia. E si discute, si minaccia, ci si offende, ci si inganna, perdendo di vista il cielo alto e azzurro che i morti non vedono più. I morti sono senza maschera. L'affetto, l'odio, la giustizia e la curiosità separatamente e spesso tutti insieme la strapparono loro, cosi essi perdendo la vita acquistarono l'anima, per modo che, qualsiasi possa essere stata la Joro fine, sono diventati per un tragico assurdo il simbolo della vita umana. Per questo non dobbiamo offenderli con l'ingratitudine, la dimenticanza, l'odio, la vanità, la menzogna, l'egoismo, la miopia, la pigrizia, la presunzione, la superbia. Le vedove, le madri private dei figli, quelli che piangono con cuore semplice sanno che i morti insegnano a vivere, danno la forza di vivere. Pensiamo ai morti per una giusta causa e ai morti per una causa non giusta, a queJli che si dettero la morte e a auelli che la morte ebbero per odio o per insania, alle innocenti vittime di tragici destini che ancora non hanno pace perchè amici o nemici nei loro miseri resti frugano in una brutale ricerca di giustizia, di difesa o anche di gloria e domandiamo loro perdono se alla fine di una penosa giornata siamo tentati di dire: felici quelli che sono morti. Perchè 'dimentichiamo che non son più per loro nè la trasparenza luminosa dell'aria nè il cielo trapunto di stelle. Ester Parri ROCCO (3.a "Rosselli ", zona sud-ovest di Firenze). E' enorme, giovanissimo, privo quasi di collo, un ammasso di muscoli e di carne, un petto che a vederlo soffoca, abruzzese. Buono - c'è stato chi gli è camminato sopra menti-e dormiva, non ha detto una parola (qualcuno dice che non se ne è accorto). In un cor,po a corpo con un tedesco, gli ha portato via un orecchio con i denti. E' specializzato nel tagliare " fette a fette" queste sconce foglie di bietola nicotinizzata; poi me ne offre dicendo: "Prendi, signor tenente, è più meglio dell'Africa". Il venerdl digiuna completamente e nella notte si ode pregare con disperata energia. (dai: Ritratti di Partigiani, di Francesco). OTTOBRE 1960 21

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