Controcorrente - anno XVI - n. 14 - set.-ott. 1959

SULLEPISTEDELLABESTIAUMANA I CAMPDI I STERMINI Questo racconto sulla ferocia umana ha eccitato alcuni dei nostri lettori. E88i ci hanno scritto pregandoci di non fare uso di materiale come questo. Meglio dimenticare, essi dicono. Noi siamo di parere diverso. Questi epillodt di bestialità umana devono essere sempre presenti. E' cosi che vogliamo rioordare i milioni di fratelli sacrificati dalla ferocia nazista tJ fascista. 6 - Moriremo qui, finiremo qui. Nessuno più uscirà di qui. Ed allora avvenne una cosa che ci fece rabbrividire dall'emoziC111e.Gll occhi di diamante di Viera si sollevarono. Si vede che per ascoltare meglio si era messa a sedere. Da lontano, attraverso la pioggia, attraverso li funereo, disperato ritornello sussurrato accanto a no!, ,arrivava un potente canto. Un canto che aveva vinto lo spazio, superando ogni ostacolo, le porte, il reticolato e le pareti delle baracche. Davanti a tale canto tutto scompar, tutto si acchetò. Se erano cento le voci mal!IChl!iche cantavano, o mille - non so. Dal campo degli uomini veniva una canzone che udivo per la prima volta: Sclrocà stranà maja radnàja Mnoga v niej palèj lesòv I rjèk Ja drugoj takoj strany nle znàju Gdlè tak wolno dyscit celavièk ... Nella canzone sovietica è racchiuso uno straordinario fascino che fa prorompere dal petto dell'uomo un ,grande respiro di solllevo e lo costringe a guardare In alto, nello spazio, nel quale - anche sopra le grandi città, anche sopra I campi di concentramento - volano liberi gli uccelli. In que.."ta canzone sovietica c'è qualcosa delle grandi distese della steppa, c'è qualcosa del meravlglloso sentimento di libertà. SI sentiva la canzone come fosse li ad un passo, quasl che l tetti delle baracche si fru-se-rostaccati e sollevati; l'aria ne era piena, piena ne era la notlte di Oswleclm. Come se un milione di uomini forti andasse incontro ad un secondo milione chiamandolo con questa canzCllle. Solange, una giovane Francese distesa accanto a Viera, sedette appoggiandosi su un gomito e chiamò l'ammalata: - Vlerka, Vierotcka, senti? OTTOBRE, 1959 La palma di Vlera si \Stringeva sotto Il collo, sulla ruvida tèla da prigioniera. - Sento. Sono i nostri. I prigionieri di guerra. Essi cantano cosi perchè hanno sentito, nell'aria la nostra polvere russa, IJ)erchè hanno sentito le lontane detonazlCllli dei nostri 'cannoni, per i quali anche qui ad Oswiecim la terra presto tremerà. Si avvicina la grande offensiva! Si avvicina la Ubertà! Crul ci parlava Viera con quella sua voce sommessa. E là dal campo degli uomini, CC/Il una potenza irresistibile, si espandeva nell'aria il canto della gente libera. ... Nad stranòj viesiòlyj vlèter vièjet ... • • • Era il 18 gennaio 1945. La luna inontlava cosi densamente l'aria del suo color verde come se si fosse sciolta. D'intorno I campi e le strade della Slesia erano tutti ammantati di neve. Davanti a noi lampeggiava senza sosta il frante hitleriano al fuoco delle artiglierie. Dietro a noi avanzava li rullo eompressore dell'offensiva sovietica travolgendo ogni resistenza coi suoi terribili colpi. Noi prigionieri, spinti avanti in col.onne in marcia, ci trovavamo nel mezzo. Ci era stato detto dove saremmo andati. - Nach Gross-Rosenl aD un campo di concentramento, venivano condotti con la più grande fretta in un altro situato un IJ)O'più lontano, ad ovest. I nazisti contavano che là non ci avrebbe più raggiunti l'offensiva sovietica. Dai due lati della strada, sul fossato che ci separava dal bruco, si poteva notare, di quando in quando, la salma di un prlgio- 'l'liero ucciso e un rivolo di sangue che veniva assorbito dalla neve. L'oscurità si faceva più fitta. Più Il buio era denso, tanto pie spesso si sentiva una detonazione la cui eco si ripercuoteva lontano, nei baschi di Pszczyna, e di nuovo un uomo cadeva sulla neve per accostaTVI la faccia nell'ul21

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