SULLEPISTEDELLABESTIAUMANA I CAMPDI I STERMINI Questo racconto sulla ferocia umana ha eccitato alcuni dei npstri lettori. Esm ci hanno scritto pregandoci di non fare uso di materiale conw questo. Meglio dimenticare, essi dicono. Noi siamo di parere diverso. Questi epi.oodi di best·ialità umana devono essere sempre presenti. E' cosi che vogliamo rioordarn i milioni di fratelli sacrificati dalla ferocia nazista e fa,..cista. 4 La canzone della mamma è melodiosa e di una ISOI'prendente bellezza accresciuta dall'armonia di una lingua sconosciuta in cui quella sola parola è comprensibile a tutti. Il canto è svanito nel silenzio. E' difficile indovinare se Alegri -sappia che •ne è di sua m'adre dalla quale la guerra l'ha separata ad un cel'to momento della sua vita. E' difficile indovinare se e in quale parte del mondo quella oanzone abbia potuto raggiungere quel cuore di madre, l'unico cuore capace di un affetto illimitlatx>. Da quale parte avrebbe dovuto rivolgere la sua canzone Alegrl per raggiungere il cuore della sua mamma? Alle spire di fumo che E:'3Conodal camino del crematorio, alla lontana Grecia o ad una località ig!llota del mondo in cui madre e figlia si sonoi sperdute? Tutt'intorno i giunchi sussurrano al vento, le piante palustri ondeggiano, quasi un accompagnamento alla canzone che le ha coperte come la rugiada mattutina. Alegri oalnta un'altra canzone che comincia con le parole " O tal~ chasis " il cui significato mi pare sia "Oh ritorna!" E' una canzone di nostalgia. La parola " nostalghis " vi isi ripete spesso. Il oanto è assai melodioso, è un'invocazione In cui ricorrono toni smorzati di tristezza e di nostalgia. Per questa canzone, Alegri, dovresti ricevere In ricompensa una coppa di vino dorafo. Questla è la ricompensa che dovresti ricevere dalle mani 1plù care, dalle ma:ni che potrebbero, esse sole, alleviare il tuo dolore. Oggi Oswlecim e dintorni sooo luoghi deserti. Un cimitero intemazlonale vi si stende per chilometri e chilometri. Le prigioniere che in estate si affaccendavano ai margini degli stagni erano già morte in autunno. Le loro salme, gettate nel ereCIUCNO, 1959 matorio, erano andate in fumo, come innumerevoli altre oolme prima e dopo le loro. Estinguendosi ogni ge'Ilerazione di abita·nti del campo lasciava il posto libero a nuqvi convogli di prigionieri. Alegri mori come un flore candido e d'elicato, calpe.rtato dalla guerra inumana. • • • Un giorno il treno del crematorio scaricò sul binarlo run gran numero di prigionieri. Stavamo appoggiate con la schiena ad un piccolo gabinetto situato a poca distanza dal reticolato e potevamo ooservare la gente che veniva avanti sulla strada del crematorio. Stavamo a guardare in silenzio. Ero più che altro stupita che quella immensa folla avesse potuto essere inga:rma~a a tal punto da false promesse e menzogne. In quel momenoo Edyta Links, che lavorava all'ufficio del campo, mi si accostò e dis~-e con un fl1 di voce: - E' gente della mia città. La guardai. Senza perdere di vista lo scalo affollato dai ,nuovi venuti, aveva portato una mano alla bocca, come per soffocare un grido. Improvvisamente mi prese per un braccio e si alzò in rpunta di piedi. - E' Szarika, Szarika, la vedo - esclamò a voce bassa. Poi sussurrò: - Mia sorella Szarika ... mia mamma ... mia nanna ... Le hanno rportate qui. Seguì un momento di silenzio. Che consigliarle? Che dirle mentre assisteva allo sterminio della sua famiglia? La natura era soffusa di una tranquillità cosi ,profonda che tutto mi 1sembrava irreale. La folla procedeva lentamente, avanzando silenziosa come in un film muto. Dal crematorio si alzava uni fumo denso, a larghe volute. Edyta fece qualche passo avanti. Da allora non distogliemmo più lo sguardo da lei. Fummo colre dallo lSgomento al pen21
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==