collettive e ignoravano la proprietà privata, mi aveva insegnato non esser vero che la proprietà privata fosse innata nella natura umana, come mi era stato sempre detto; il resto era venuto da 'Sè. Rimase trasecolato. Disse: "Seminiamo malve e nascono rosolacci". · Naturalnl€nte discutevamo anche di questo. Una volta mi disse che sarei finito male; e non è detto che alla fine non debba dimostrarsi profeta. Ma nè a lui nè ad alcuno dei suol colleghi venne mai in mente di violare la nostra libertà o far distinzioni politiche fra noi e gli altri. Ho detto che in Via Lungo il Mugn:one, ogni >sera, noi risolvevamo tutti i problemi alla luce della dottrina marxista Questo è l'ufficio della religione, e spiega il suo fascino: risolve tutti i problemi, anche gli insolubili. La nostva era una religione coi suoi dogmi e coi suoi sacerdoti. Anche il terzo anno universitario, nel quale mi si rivelò quella religione, fu un "annus mirabilis", sebbene non quanto il primo. Non tutte le religioni rimangono intatte per l'eternità. I dogmi si sfaldano. I sacerdoti troppo spesso si rivelano sagrestani. La dottrina marxista è un filtro meraviglioso per svegliare le anime dormienti. Ma chi ne abusa, rimbecillisce. Eppure chi ha una volta 'SCoperto nel suo spirito la sorgente da cui le religioni rampollano, non vede più inaridirsi quella fonte, dogmi o non dogmi, sagrestani o non sagrestani. · Non tradirà mai gli ideali della sua gioventù, anche quando dovrà ricordarsene con un po' di indulgente ironia. I credenti della chiesuola che si raccoglievano la sem, nel 1894, in via Lungo il 111ugnone, non hanno mai tradito gli ideali della loro gioventù. Nell'inverno del 1944, conversando in America con un amico, mi venne detto, chissà come, che, tutto compreso, quel gruppo di amici, che si era formato a Firenze fra il 1692 e il 1895, non potevano dolersi di avere avuto cattiva fortuna. Uno era stato Impiccato dagli austriaci; sua moglie e un alti,o avevano dovuto rifugiarsi in Svizzera; uno era stato sbalzato nell'America meridionale; io nell'America settentrionale; due erano rimasti in Italia: non ne sapevo nulla, ma ero sicuro che anche eS'Si avevano conservato il rispetto di se stessi. Poter chiudere gli occhi alla luce, dicendo: Cursum consummavi, fidem servavi, quale migliore successo nella vita? Questo è quello che conta. L'amico mi guardò interdetto e tacque. · Due anni dopo mi disse: "SpeS'so ho ripensato a quanto mi diceste quella volta. Avevate ragione". Le persone di educazione inglese sono spesso lente a capire, ma capiscono sempre per il verso buono. Invece di farvi una lezione di storia, ho sprecato un'ora, lodando il buon tempo antico: sintomo di senilità galoppante. Ve ne chiedo scusa. Non lo farò più. Pietro Gori e la patria Quando ci coprivate ài fango e ci legavate i polsi e ci cacciavate in esilio quali distruttori della famiglia, della religione, della patria, noi pure piangemmo il nostro mare e il nostro cielo azzurro d'Italia, e nelle nuove patrie che adottammo lungo il vagabondaggio non inutile oltre monte ed oltre mare, sentimmo anche noi il culto e la venerazione fatta di desiderio del natio loco lontano; noi pure, e noi più che gli altri, rivolgemmo sempre il pensiero più gentile a questa patria, da cui ci avevate scacciati; - ma non per questo mai sentimmo il bisogno di uccidere coloro che non avevano avuto la sorte di nascere sotto un cielo azzurro come il nostro, sulla riva d'un mare così odoroso come il mare della Liguria. E imparammo così, accanto all'amore di patria, l'amore degli uomini, e imparammo a ripetere ogni giorno la formula dell'augusto Tolstoi, che invita i soldatini di tutto il mondo a non sparare contro i loro fratelli, quando anche ciò venga loro comandato .•. - PIETRO GORI. FEBBRAIO, 1959 11
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