ignudi, pietrificati dalla morte nelle ultime fasi di una lotta disperata per sopravvivere; vedono uomini che, passando sopra i corpi esanimi del loro compagni di sventura, avevano cercato di raggiungere la porta o si erano lanciati contro I muri e là avevano esalato l'ultimo respiro, con la bocca spalancata, gli occhi fuori dell'orbita, la fisionomia sconvolta dall'angoscia, in un atteggiamento terrorizzato. Da quando si era chiusa alle loro spalle la porta della cella a gas, i condannati avevano avuto abbastanza tempo per accorgersi di trovarsi di fronte alla fine Inevitabile. Ma il grido di morte emesso oon tutta la forza del loro organismo, Il grido di avvertimento per coloro che li avrebbero seguiti, Il grido di avvertimento rivolto a tutta l'umanità Ingannata con criminosa premeditazbone era stato soffocato, infrangendosi contro le pareti della cella. Fuori tutto è silenzio. Il fumo continua ad uscire dai camini dei crematori dove ogni giorno si bruciano migliaia di esseri umani. . . Il lezzo dei cadaveri si spande tutt'intorno al crematori, diventa quasi una cosa materiale. I prigionieri lo respirano giorno e notte. Esso fa dar di volta il cervello. Nel campo la pazzia è assai diffusa. Noi siamo vissuti accanto ad un'immensa fabbrica della morte che rendeva irriconoscibile ogni valore umano. Seweryna Szmagkwska <Continua) ROMAGNA 1944 - LOTTA PARTIGIANA L'ECCIDIO DEL CARNAIO CARNAIO! Monte dal nome lugubre! E sinistri pure i nomi delle località vicine: TIMBA, Trappola, Ospedaletti, Terzo dove anticamente si svolsero cruenti epilSodi,guerreschi che nè storici nè cronisti però ricordano. Mattinata estiva, calda, afosa. Sulla cima dell'altura, spoglia di alberi, si staglia sul cielo sereno, la piccola cappella votiva eretta dalla pietà dei rurali che vissero trepidanti la tremenda giornata, ricordo dei ventotto cittadini, oolpltl da piombo nazista. Volgendo lo sguardo Intorno la chlostra del monti dell'Alta Romagna e del colli protesi verso il mare, appare annebbiata da un sottile velo che Induce alla malinconia. Sulla bianca strada provinciale, qualche raro camion sollevava la polvere, e qualche carro agricolo tirato da buoi condotti da un colono coraggioso che malgrado i pericoli Incombenti, si attarda anoora, per amore della sua ,terra, all'usato travaglio, mentre tutto intorno affiora il presagio di una grande tragedia. La feroce rappresaglia provocata dalla uccisione di due militari nazisti ad opera dei partigiani appostati nella zona, ebbe luogo il 25 luglio 1944 alle ore ventidue, consumata con la usuale ferocia nemica In cima al monte dal nome già triste. 26 Il paese di S. Pietro, sede del Comando tedesco, era quel giorno silenzi.oso, e sovrastava sui pochi rimasti nelle case, un incubo opprimente, mentre nella piazza grande scorazzavano tedeschi armati di mitra, minacciosi, adirati. Non si può dire se per caso, o per deliberato propcxsito, proprio nella casa dai nomi dolcissimi "della Madre e del Fanciullo" furono condotti I ventotto catturati, compresi tre poveri ricoverati nella Casa dei Vecchi, prelevati cosi per far numero, che in quel momento nè capi nè gregari perdevano tempo a riflettere sulla particolare enormità del crimine che stavano per compiere, fortemente contrariati soltanto perchè le vittime erano solo ventotto e non cinquanta come richiedeva il "superiore comando"• Dietro i vetri delle ampie finestre, al piano terreno, si sarebbero visti visi pallidi, occhi interrogativi, sguardi ansiosi chiedenti di sapere quale sarebbe stata la loro sorte. Nessuno aveva comunicato la decisione del Comando di piazza, ma quasi tutti avevano intuito quale sarebbe stata la tragica conclusione. Fu detto, è vero, ad essi, per abituale menzogna piuttosto che per pietà, che sarebbero stati trasportati in CONTROCORRENTE
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