~ !ui chi-amato. Metto la mano nella forza del destino e ne cavo fuori uno dei primi quindici e px,oprio il sedicesimo; recito il primo come un campanello elettrico; dò un riassunto dell'altro; e prendo trenta e lode. Quel trenta e lode, rubato facendo le vìste di capire quello che dicevo, mi sarà rinfacciabo giustamente nella valle di Giosafatte. Sottentrò a me li compagno filosofo, e prese un diciotto. Non c'è giustizia a questo mondo. La filosofia teoretica si studiava allora solamente al primo anno. Dopo aver superato quel golfo delle tempeste, non dovei temerle più. Debbo aggiungere ad onor del vero, che al quarto anno, quando seguii il corso di storia della filO'sofia con Felice Tocco, e questi passò in rassegna i filosofi del secolo XVIII, da Locke e Kant, io capii - o almeno mi illusi di capire - tutto quanto quei filosofi avevano detto, e questa volta il trenta e lode non lo rubai agli esami.· Molti cervelli sono filtri alla rovescia: le idee entrano chiare ed escono oscure. Attraverso il filtro di Tocco le idee entravano iOSCUre d uscivano chiare. Dicono che Kant è oscuro. Il Kant di Felice Tocco era difficile, ma non era oscuro. Consentitemi di aggiungere, sempre a titolo di verità, che Lucrezio, e Platone nel Convito, nel Protagora, n-ell'ApologJadi Socrate e nel Critone, e Aristotile nella Politica, e San Tommaso d'Aquino, li ho sempre capiti. Invece quando ho cercato di capire certi filosofi del secolo XIX e XX è ricominciata sempre per me la educazione alla umiltà. Ma più volte innanzi a costoro mi sono sentito uguale a un contadìno pugliese per le vie di Napoli; ho SOSpettato che qualcuno mi volesse imbrogliare. Un luminare dell'idealismo, G>ovanni Gentile, - quando la politica che lo capivo e lui non faceva non ci aveva ancora divisi, e la filosofia che lui faceva e io n:on capivo, non ci poteva dividere - voleva convincermi che anche io ero filosofo, perchè ogni uomo ha una sua filosofia per quanto non ne abbia la coscienza, mentre i filosofi veri e propri ne hanno la coscienza esplicita. Se cosi 'Stanno veramente le cose, io sono rimasto sempre alla fase della incoscienza. Dicono anche che la filosofia è il pensiero che ripensa se stesso. A me li semplice pensare un pensiero cO'st'atanta fatica, che dopo averlo pensato non mi resta più lena per costringerlo a ripensare se stesso. 14 Galileo dice: "Oscuratamente possono scrivere tutti, chiaro pochi". Chiarezza nella espressione è probità nel pensiero e nell'azione. Oscurità ,nella espressione produce, se già non na·sconde, obliquità morale. Ho lasciato per ullimo il maestro più buono di tutti, quello al quale non posso pensare senza che gli occhi ml si inumidiscano: l'im.egnante di paleografia, Cesare Paoli. Nel suo mestiere era tenuto uno fra i migliori in Europa. Ma nessuno avrebbe scoperto in quell'uomo semplice lo scienziato che egli era. Cominciava col pascolarci coi tac-simili delle scritture più facili e più belle, le minuscole caroline e quelle del quattrocento, e a poco a poco ci conduceva fino ai più selvaggi corsivi dell'undicesimo secolo. Andavo la sera a casa a leggergli i miei lavorucci al lume della lampada a petrollo, mentre i suoi bambini ruzzavano nella camera vicìna. · Uno dei nostri scrittori migliori, Augusto Monti, ha scritto che tutti possono essere padri, pochi sanno essere il papà; suo padre fu per lui li papà. Cesare Paoli fu per me il papà. Alla fine del primo anno, quando andai a salutarlo per le vacanze, mi mise nelle mani un grosso libro: Imbart de la Tour, Les elections episcopales dans les eglises de France du IX au XII siecle. Ne facessi la recensione per l' Archivw storico che egli dirigeva. Io non sapevo nulla, ,nè delle elezioni episcopali, nè dei secoli IX o XII. Ma il papà mi aveva affidato quel libro; dunque credeva che me la sarei cavata. Toccava ora a me. Lavorai tutta quella estate a leggere e a riassumere il libro, scoprendo una storia ecclesiastica, di cui non avevo mai avuto sentore, e alla quale sono rimasto sempre affezionato come dilettante. Tornato dalle vacanze, mi misi a leggere altri libri di ·storia medievale francese. Alla fine cucinai la recensione, ed ebbi anche la sfrontatezza di fare alcune critiche a quello che era già uno dei migliori storici francesi. Paoli stampò quelle sei pagine, e me le pagò 18 lire. In quegli anni di appetiti formidabili, la moneta di conto fra noi non era la lira; era la bistecca; una lira due bistecche; 18 lire 36 bistecche. Senza contare l'orrore! Per colmo di felicità l'autore del libro mi scrisse una lettera, ringraziandomi per la diligenza della recensione. Fu cosi che cominciai a far gemere i torchi per la "titolografla", guadagna! i primi diritti d'autore, CONTROCORRENTE
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