Controcorrente - anno XV - n. 9 - nov.-dic. 1958

perciò sono difficili da amministrare. Invece la verità ricercata a fatica rimane sempre la stessa, e perciò è facile ad amministrare. Abraham Lincoln diceva che voi potete ingannare alcuni per qualche tempo, non tutti per sempre. Ma questo, probabilmente, è affare di temperamento, più che di ragionamento. Si nasce mentitori come si nasce poeti; si nasce storici e non diplomatici. I miei maestri erano nati storici, ed allenavano a rimanere tali quelli fra noi che non: erano nati diplomatici. · Nelle esercitazioni, che ci faceva fare il Bartoli, vi era un pericolo: che alunni tardi d'intelligenza portassero nella scuola secondaria uno scrupolo per le minuzie, che non deve uscire dall'università. La scuola secondaria deve essere scuola d'educazione umanistica per le classi colte, e non ,preparazione per gli storici di mestiere. Le antitossine per i pericoli contenuti nell'insegnamento di Bartoli avrebbero dovuto trovarsi nelle lezioni di Villari, Trezza, Malfatti. Ma occorrono stomachi robusti per assimilare e tossine e antiboS'sine. I più inghiottono i veleni e si arrestano li. Per fortuna le antitossine le mettono in azione istintivamente gli alunni, scansando la noia di studiare sotto i profeS90ri pedanti. III Nelle memorie dell'Hannus mirabilis" rimane un punto nero: la filosofia teoretica. La insegnava Augusto Conti. Era agli antipodi di Trezza e sosteneva la conoordanza fra la rivelazione e la ragione. Nella università, mantenuta col pubblico denaro, tutte le dottrine avevano libera entrata, e si misuravano ad armi uguali, in campo aperto. Quando morì Trezza, la Faooltà chiamò a succedergli Felice Ramorino, cattolico fervente, che partecipava senza rispetto umano alle processioni religiose sotto il saio del più umile fra i laici. · E noi rispettavamo in lui, come in tutti gli altri, la libertà e il coragg>o delle opinioni. Augusto Conti ,era uomo di fede sincera e vita dignitosa. Ma io non capii assolutamente nulla nè nella sua rivelazione, nè nella sua ragione, nè nella sua conciliazione. Il primo anno che andai ad insegnare sboria nel liceo, trovai un professore di filO'SOfiache anche lui conciliava la rivelazi,one con la ragione, e ·anche con lui gli alunni non capivano niente. Ma lui diceva DICEMBRE; 1958 che l'insegnamento della filosofia aveva, fra gli altri scopi, anche quello di educare I giovani alla umiltà, mettend'oli dinnanzi a problemi le cui soluzioni essi non potevano capire. Durante le tre ore settimanali di filosofia teoretica, io fui educato continuamente per un anno inte110da Augusto Conti alla umiltà. Ma non ci presi gusto. Dato che non capivo nulla, mentre lui parlava, mi distraevo fantasticando sulla evoluzione di Malfatti, sul Lucrezio di Trezza e col Toequeville di Villari. Per fortuna le lezioni erano stampate. Quell'anno c'erano due volumi: n buono nel vero, o morale e diritto naturale. Io non capii nulla neanche in quelli. · Il guaio fu quando vennero gli esami. Se non avessi ottenuto almeno ventiquattro in tutti gli esami, 1 avrei perduto quelle 56 lire che voi già conoscete. Visto che non ci capivo nulla, decisi di imparare i due volumi a memoria. Alla vigilia del primo appello ero arrivato appena a pappagallarmi quindici capitoli. Non so come in tanta rivelazione e in tanta ragione sia sopravvissuta la mia ragione. Rimanevano ancora quindici capitoli. Avrei potuto rinviare gli esami alla sessione di ottobre. Ma era avvelenarmi tutta l'estate, e, non ero cerbo se mentre imparavo a memoria gli altri quindici capitoli non avrei dimenticato i primi. Decisi di giocare tutto per tutto. Quando ci presentammo all'esame, il professore ci faceva estrarre da una borsa che noi chiamavamo "la forza del destino", due dei trenta capitoli, su cui dovevamo rispondere. Su uno ci era mestieri parlare in lungo e in largo; dell'altro dire in poche parole il contenuto. Avevamo il diritto di 0 ritirarci" senza danno alcuno, qualora fossimo presi da improvviso malore prima di cominciare a parlare. Se i due numeri - dissi a me stesso - cadono nella prima metà, sono a cavallo. Se uno cade nella prima metà e l'altr-0 nella seconda, un ventiquattro lo pesco. Se sono proprio disgraziato, e tutti e due i numeri cadono fra i secondi quindici, mi faccio prendere da un improvviso malore, e ritornerò in ottobre. Mentre un altro martire stava sulla graticola, pensai di ridurre da quindici a quattordici le probabilità che mi erano ostili. Pregai un compagno, che di filosofia se ne intendeva, di dirmi il succo del sedicesimo capitolo, in poche ,parole che avrei tenuto a memoria. Aveva quello appena finito, 13

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==