Controcorrente - anno XV - n. 7 - lug.-ago. 1958

trascorsero la prima notte di prigionia in relativa tranquillità. Come pensare che quella notte sarebbe remata senz'alba? L'indomani, gli agenti che li avevano tratti in arresto volevano dei nomi, erano interessati a sapere chi essi avevano visitato. Naturalmente, in simili circostanze, per evitare disturbi ad altri, essi dissero qualche innocua bugia. Perchè indiziare altri, perchè rendere possibile che gli agenti prendessero nella stessa rete altri amici e compagni? Al momento dell'arresto sia Sacco che Vanzetti vennero trovati armati. Questa insignificante infrazione di legge sarebbe andata indubbiamente inosservata se ,gli arrestati non fossero stati prima italiani e poi anarchici. Essi tentarono di giustificarla, col ricordare agli agenti, le difficoltà dei tempi e le numerose aggressioni a mano armata che si succedevan,o con un crescendo allarmante nei dintorni di Boston. Si erano protetti per essere In grado, se del caso, di potersi difendere. Rimasero sereni e tranquilli, null'altro potevano prevedere che una condanna di deportazione; ma il Procuratore Distrettuale e le autorità di polizia, pensavano di già a ben altro. Da tempo erano rioercati vanamente dei banditi che, in una prima occasione, avevano tentato di rapire e di uccidere e che in un secondo assalto, avevano rapito ed avevano ucciso. Ecco caduti nelle mani delle autorità inquirenti due italiani, anarchici, armati, fuggiaschi dalla coscrizione militare, organizzatori di scioperi e di comizi. Essi erano soli, poveri, membri di una comunità straniera, allora più disprezzata e vilipeisa di ogni altra. Chi mai avrebbe osato contestarne l'arresto, chi mai avrebbe avuto l'ardire di difenderli? Ove trovare migliore materiale per riuscire a placare il clamante furore della stampa e del pubblico che reclamava l'arresto degli audaci aggressori che avevano terrorizzato la New England per finirla con le ricerche infruttuose e difficili, e rendere poosibile la riscossione delle taglie offerte per la soluzione dei crimini avvenuti? Sarebbe bastato trasformare questi due modesti ed ignoti lavoratori italiani in due pericolosi banditi e tutto si sarebbe in breve risolto. Il fatto che essi eranJO degli anarchici si prestava a meraviglia per montare l'opinione pubblica contro di loro. Nelle 22 menti traviate dei difensori della legge balenò l'Idea dell'infame congiura. Col nascere dell'idea la macchinazione era facile, e contro Sacco e Vanzetti si elevarono infamanti accuse. Le Innocue bugie dette la sera dell'arresto, servirono più tardi al boia in toga per fondarvi sopra le basi del suo cavil!O'SO castello teorico della "ooscienza della colpa". Questo divenne uno dei capisaldi in sostegno della sua diabolica avversione che gli fece odiare i due "anarchici bastardi" e che si inasprì sempre più durante i <sette anni che gli furono necessari per completare la sua opera maledetta. Questa tesi della "coscienza della colpa", dovette ben turbare la coscienza del vecchio despota il giorno che, pur avendo raggiunto il supremo istante eh-e gli permise di pronunziare la condanna di morte, non riusci a trovare il coraggio per poter guardare in viso le :sue vittime. ' Fu Invece costretto ad alzare gli occhi al cielo, forse in muta supplica di perdono, verso il suo dio, in nome del quale uccideva due innocenti. Rivendicazione Questi i preludi vicini e lontani che generarono la tragedia di Dedham. Le due vittime attendono ancora la !0110 rivendicazione giuridica. Questa rivendicazione è più necessaria allo Stato del Massachusetts che ne permise l'ingiustificato assassinio e non ad essi che seppero vivere e morire da forti. Tutto il mondo civile seppe allora e sa oggi il perchè essi caddero. E l'Italia? E gl'italiani che non sanno ancora distinguerli dai "Bruneri e Canella"? L'Italia di ieri fece poco o nulla per tentare di strapparli alla morte che non meritavano. L'Italia di oggi potrebbe e dovrebbe fare ciò che mm fu pO'.ssibilefare all'Italia di ieri per rivendicare e onorare la loro memoria. A questa Italia, nella quale ancora speriamo, dedichiamo uno degli ultimi pensieri che Vanzetti espresse dalla cella della morte anche in nome del suo compagno di pena: "Quel che desidero maggiormente in questa ultima nostra ora di agonia è che il nostro caso ed il nostro fato siano compresi in tutta la loro entità e che possa servire come una tremenda lezione a tutte le forze che combattono per la libertà, acciocchè le nostre sofferenze e la nostra morte non siano state invano". CONTROCORRENTE

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